venerdì 20 settembre 2013

Diari di Venezia70 PARTE 2: il festival "pieno di piscio e vento". E cervi morti



Ed eccoci alla seconda ed ultima parte dei miei Diari Veneziani: se nel primo capitolo mi sono concentrata sulle cose più frivole e pratiche, ora non avrò alcuna pietà. 
Adesso si fa sul serio: si parla del concorso, dei film, delle conferenze stampa
Della ciccia insomma.
Per parlare dei film e dei temi di Venezia 70 utilizzerò la suddivisione in capitoli che, chi è stato al festival lo sa, è stata una della costanti della Mostra. 
Cercherò di usarne meno di 59, non sono una sadica come Il Tedesco*.

*NOTA: Il Tedesco è una delle tre figure che compongono la Triade Malefica di Venezia70 cui mi sono riferita per tutta la durata del festival. La triade è composta da: - Il Tedesco, ovvero Philip Gröning, il regista di The Police Officer's Wife- Il GrecoAlexandros Avranas, regista di Miss Violence- Il Cinese, che poi non è cinese ma taiwanese, alias Tsai Ming-Iang, autore di Stray Dogs


1. IL PASSAGGIO DI GESTIONE E LA COMPETIZIONE CON ROMA E TORONTO

Da quando è stato istituito il Festival Internazionale del film di Roma, ovvero 8 anni, Roma e Venezia si sono fatte la guerra. 
E Venezia era il festival prestigioso e Roma quello poraccio. 
Venezia serio VS Roma troppo commerciale.
E Roma troppo vicino a Venezia come date.
E.... ora che ho sperimentato entrambi penso che si tratti di una guerra fra poveri.

E' vero, Venezia ha più storia, in teoria dovrebbe essere il festival più importante insieme a Cannes, ma, siccome siamo nell' Italia in cui la cultura è un optional se non un peso, penso che abbia perso molto del vecchio smalto.
Inoltre Roma sarà sicuramente più commerciale, però ha una location migliore e un red carpet che il Lido se lo sogna.
La cosa inquietante è che, almeno per quest'anno, la qualità dei film di Venezia non era tanto diversa da molti dei film visti a Roma nelle passate edizioni. 
Barbera dice che questo è stato il festival "del rischio", delle "scelte scomode", ma secondo me la verità è che c'era rimasto ben poco da scegliere.
Quest'anno a Müller basta davvero poco, a mio avviso, per fare meglio di Barbera.

Perché tra i due litiganti il terzo gode: se dovessi scegliere l'anno prossimo penso che in questo stesso periodo andrei sicuramente a Toronto, altro che Italia.
Molti dei film presentati quest'anno a Venezia sono passati pochi giorni dopo anche a Toronto, e il filmone che doveva sbaragliare la concorrenza, ovvero 12 Years A Slave di Steve McQueen, è andato proprio in Canada, dove ha, ma guarda un po', pure vinto.

"Venice and Rome suck my chocolate salty balls!" *

*Se non l'avete capita sappiate che potreste essere delle persone meglio: supporto tecnologico.


2. LA GIURIA

Io lo sapevo che con Bertolucci in giuria ce scappava la porcata.
Tuonò.

Altro indizio l'aver riesumato dal nulla gente come Virginie Ledoyen.

La meglio era senz'altro la mitica Carrie Fisher, che purtroppo nessuno si è filato perché irriconoscibile. L'ho anche beccata all'Excelsior una volta e stavo per chiederle una foto, poi chi era con me mi ha detto: "No! Conserviamo un bel ricordo di quando era la principessa Leyla e non ora che sembra Jabba!". E mi sono smontata.

"Jabba era popo bono ar forno co' e patate!"


3. LA SIGLA INTRODUTTIVA

Ogni festival ha la sua sigla introduttiva che viene proiettata prima di ogni film.
Considerando che, se volete vivere appieno l'esperienza festival e non affrontarlo come una gita di liceo andando solo in giro a stalkerare attori, festeggiare e bere, dovete vedere almeno 3 film al giorno, quindi la sigla introduttiva diventa la vostra costante nel buio della sala. 
Ovvio che se questa sigla è insopportabile presto diventerà una specie di "cura Ludovico". 
La sigla di Venezia70 ha un'animazione orrenda.
Il rinoceronte è ok, ma il tizio truce che ti imbruttisce alla fine non si può guardare.

Il rinoceronte invece ha qualcosa di mistico: sono ancora convinta che il film di Garrell, La jalousie, sia stato preso in concorso solo perché ad un certo punto mostra una cartina del Lido di Venezia appesa a un muro e una suppellettile a forma di rinoceronte su una mensola. Messaggi subliminali?


"Mi raccomnado non lo guardà a quello che te imbruttisce!"


4. LE PERVERSIONI SESSUALI

Se dovessimo trovare un tema portante di Venezia 70 sarebbero sicuramente le perversioni sessuali: al Lido c'erano anche James Deen, protagonista di The Canyons, e Stoya (questi invece sapete chi sono, eh?! Ve possino!) che lo ha accompagnato, e paradossalmente i due attori porno sono stati i più tranquilli. 
Gli altri film non si sono fatti mancare nulla: umiliazioni fisiche e psicologiche, violenza domestica, evirazioni, gerontofilia, pedofilia, necrofilia... 
Sembrava di essere a un festino di Trimalcione

"Ma che schifo! Questi sono pazzi!"


5. CACCA E PIPI'

Potremmo soprannominare Venezia 70 "Will Scarlet": come il fratello di Robin Hood (quello di Kevin Costner) il festival è stato "pieno di piscio e vento". 

Non sto scherzando: cacca e pipì si sono viste ovunque!

Scott Haze in Child of God ha evacuato praticamente addosso alla telecamera (pulendosi poi con un ceppo di legno...), in Stray Dogs c'è un'inquadratura fissa di 2 minuti sul protagonista che urina in un campo, in Via Castellana Bandiera c'è addirittura un incrocio di flussi di pipì: ma che siamo pazzi?! Non lo sapete che non si devono MAI incrociare i flussi?!
E noi che pensavamo che il ricorrere a gag su cacca e pipì fosse una prerogativa dei Vanzina o al massimo degli Avengers: ah che stolti!

"Ma non vi vergognate?! Pulitevi almeno, cribbio!"


6. I CERVI MORTI

Meno male che gli animalisti non sono anche cinefili sennò avrebbero rotto un giorno sì e l'altro pure. Accanto a perversioni sessuali di varia natura, a Venezia 70 si è visto almeno un cervo morto al giorno: finito con un colpo di pistola in The Police Officer's Wife, scuoiato da Nicolas Cage con un coltellaccio in Joe, investito con la macchina in Night Moves.... Una metafora sottile? O il risultato di diverse generazioni traumatizzate da Bambi?

"Ma perché?! Non vi abbastava?!"


7. IL SADISMO

La cosa più lampante di Venezia 70 è stata una dose massiccia di sadismo: non solo tra i protagonisti dei vari film, ma soprattutto nei confronti degli spettatori.

L'estenuante suddivisione in capitoli di The Police Officer's Wife (59-capitoli-59! preceduti tutti da un cartello di inizio e seguiti da uno di fine!), le interminabili sequenze a camera fissa, viste sia nel Tedesco, nel Greco che, non ne parliamo, nel Cinese-Taiwanese, le angoscianti scene in cui personaggi allucinati guardano in camera e cantano canzoncine irritanti, viste ancora una volta sia nel Tedesco, che nel Greco che nel Cinese-Taiwanese... Perché questo? Perché torturare lo spettatore in questo modo? 

La risposta è arrivata quando, chiedendo a dei colleghi perché pensassero che un film dove ci sono 20-minuti-20! di primo piano immobile di 2 che guardano fissi in un punto fosse un capolavoro, mi sono sentita dire: "Perchè è estenuante!". 
Bene. 
A quanto pare non c'è un sadico senza un masochista.

"15 minuti di uno che stringe un cavolo?! Cazzarola regà, voi state male! Fateve curà!"


8. L'ASSURDO

Di momenti trash e assurdi ce ne sono stati a fiumi in questo festival, ma alcuni sono veramente da gran premio: in Stray Dogs c'è una scena di 15-minuti-15! in cui un uomo prima acceca un cavolo (la figlia povera ci ha disegnato sopra occhi e bocca per renderla un totem sostitutivo della madre, almeno così m'è sembrato di capire n.d.r.), poi lo soffoca con il cuscino, poi lo picchia, poi lo mangia e infine ne abbraccia i resti in lacrime. 
CAPOLAVORO!
Sì, in un film di Bruno Liegi Bastonliegi.

O ancora: l'aliena Scarlett Johansson di Under the Skin è una strana creatura che abborda gli uomini, gliela fa annusare, poi li annega in una misteriosa pozzanghera nera tutti eccitati e insoddisfatti. A un certo punto però l'aliena si incuriosisce, vuole scoprire cos'è questa cosa per cui tutti questi uomini si fanno ammazzare così volentieri, e allora invece di ammazzarlo, l'ultimo tizio se lo porta a letto. Ma, colpo di scena: l'aliena, al contrario del palazzo del cinema, non ha, come hanno esclamato i miei vicini di proiezione, "il buco"! 
La scena in cui l'aliena-Scarlett prende una lampada e, in posizione ginecologica, si controlla in mezzo alle gambe è da Razzie Award.

E infine: Lindsay Lohan che recita in un film porno (The Canyons), scritto da uno che una volta faceva cose come Taxi Driver, in cui sono state tagliate tutte le scene di sesso e sono rimaste solo le scenette di raccordo tra un amplesso e l'altro. Teribbbbile.

"......"


9. LE COSE BELLE

Da quello che ho scritto fino ad ora sembra che a Venezia 70 si siano viste solo cose orribili: non è vero! Ci sono state anche ottime pellicole.

Gravity di Cuaron, fuori concorso, è quasi un capolavoro: sembra proseguire il racconto di 2001 Odissea nello spazio dell'astronauta che si perde nel vuoto, il 3D è funzionale, forse presenta le più belle scene ambientate nello spazio mai viste al cinema e Sandra Bullock, qui additata sempre come la cagna maledetta, si comporta egregiamente. Miracolo!

Die andere Heimat - Chronik einer Sehnsucht di Edgar Reitz: uno dei film più belli visti al festival. Prequel degli altri tre capitoli di Heimat, con il suo splendido bianco e nero, girato con mano sapiente e recitato egregiamente da giovanissimi attori - il protagonista, Jan Dieter Schneider, esordiente, è il mio nuovo mito: mentre girava il film ha trovato anche il tempo di laurearsi in medicina - è stato un viaggio emozionante pieno di suggestioni. 
Questo è il tedesco che ci piace: le quattro ore di durata in questo caso non sono per nulla pesate, a dimostrazione che se chi dirige il film è un artista la pellicola potrebbe durate anche 10 ore. O 25, come il secondo Heimat. 

The Wind Rises, ultimo film di Hayao Miyazaki, è bellissimo, ed era il mio Leone d'Oro.

Tom à la ferme  è ipnotico e affascinante e avrei dato proprio al giovane prodigio Xavier Dolan il Leone d'Argento per la regia.

Philomena di Stephen Frears, anche se non è un classico film da Leone d'Oro, grazie alla sceneggiatura brillante e alla coppia mastodontica formata da Judi Dench e Steve Coogan, è stata una delle migliori pellicole viste a Venezia 70.

Locke, altro film fuori concorso, è un filmone, con un Tom Hardy strepitoso.

Walesa. Man of Hope di Andrzej Wajda, film biografico e storico senza un briciolo di retorica, pieno di ritmo e ben girato, con un protagonista eccezionale, è un'altra pellicola che mi ha colpito, purtroppo anche questa fuori concorso. 

The Zero Theorem di Terry Gilliam con Christoph Waltz. E ci potremmo fermare qui. Grande accoppiata, il film ricorda molto Brazil, ha qualche pecca, soprattutto nella parte centrale dove forse si dilunga un po' troppo, ma alcune trovate e la scena del buco nero sono meravigliose. A me me piace.

Why don't you play in hell? di Sion Sono: capolavoro. Follia totale, cinefilia a mille, ironia, prese in giro di Tarantino come se piovesse. I due capi della Yakuza interpretati  da Jun Kunimura e Akihiro Kitamura sono formidabili, la ragazzina adorabile e lo spot del dentifricio è già un cult. La canzoncina è stata la mia personale colonna sonora di Venezia70.

Fantastico anche il ragazzino protagonista di Joe, Tye Sheridan, che si è, giustamente, meritato il Premio Mastroianni, commovente il fatto che Nicolas Cage sia tornato a recitare alla grande (sempre in Joe) e meravigliosa la bambina di La jelosie di Garrell.

"Ooooh! Meno male và!"




10. LA PREMIAZIONE

E quindi eccoci arrivati alla premiazione.
C'è da dire che me la sono tirata perché appena ho visto il film greco, Miss Violence, con la sua fotografia triste e grigiastra, la regia angusta fatta tutta in interni, le scene di sesso violento, l'argomento scabroso, la metaforona, neanche troppo sottile, "della Grecia stuprata dai suoi padri", ho detto: questo vince.

Quando ho visto pure il tedesco, appena sono riuscita a riprendermi, ho temuto che vincesse qualcosa. 
Ed è andata proprio così.

Il premio a Stray Dogs ci può stare, l'ho inserito nella triade malvagia perché effettivamente richiede impegno, però è diverse spanne sopra agli altri due.

Mi dissocio dai premi all'asse greco-tedesco dunque: hanno premiato due film anche molto simili, nei temi e nella fattura, oltre che brutti.

Per quanto riguarda Elena Cotta è uno scandalo che abbia vinto la Coppa Volpi al posto di Judi Dench, però in effetti la divina Judi ha Oscar e premi in abbondanza, una Volpi in più o in meno non fa differenza per lei.

Per quanto riguarda il Leone d'Oro non sono molto convinta: Sacro GRA è un discreto film, è l'altra faccia della medaglia più scaciata e verace di La grande bellezza di Sorrentino, è un ritratto di molte di quelle fasce sociali di cui non parla nessuno, è un'Italia più nascosta e drammatica, e l'averla portata in luce fa onore al film di Rosi. Però tutto il contesto che hanno montato intorno al film mi sembra poco genuino: dicono che si tratti di un documentario, ma mi è sembrato tutto molto studiato e programmato. La verità poi è che sì, è un buon film, ma l'impressione è che abbia vinto perché la concorrenza non fosse poi così agguerrita.

La verità è questa: a Venezia 70 sono mancati veri leoni (e perdonatemi al battuta facile).
In edizioni passate c'erano Malick, Paul Thomas Anderson, Herzog... quest'anno la gente è stata felice quando ha visto recitare Sandra Bullock! SANDRA BULLOCK!

E, ovviamente, era il mio primo festival di Venezia sul campo.
Che culo.

"Ma chi so' 'sti quattro pezzenti? Puzzano!"

5 commenti:

  1. La triade malefica di Venezia, curiosamente, è quella che batte tutti gli altri film (a questi, forse, aggiungeresti Die Andere Heimat e il documentario di Wang, entrambi considerati stupendi ma "estenuanti")! Si torna sempre al solito discorso interminabile del rapporto tra cinema e pubblico, e si rischia di imboccare una strada che è un vicolo cieco. Ma dire che il film di Groning è brutto (termine, poi, un pò presuntuoso se non basato su alcuna argomentazione) è un azzardo pazzesco, per me è stato il film più audace, il film che meglio ha esplorato nuovi linguaggi cinematografici (a che servono i Festival?), e ha meritato appieno il premio ricevuto. Sul sado-masochismo di quelli che dicono "Perchè è estenuante", Lynch (se è Giuda nell'Ultima cena in cima al tuo post, conosci forse la frase) ha detto:

    "Le idee sono simili a pesci.
    Se vuoi prendere un pesce piccolo, puoi restare nell’acqua bassa. Se invece vuoi prendere il pesce grosso, devi scendere in acque profonde.
    Laggiu’ i pesci sono piu’ forti, piu’ puri.
    Sono enormi e astratti, davvero stupendi"

    Detto ciò, non te la prendere, il tuo diario mi è piaciuto! Soprattutto la prima parte in cui distruggi (giustamente) i limiti di un festival che dovrebbe essere il centro del mondo del cinema e invece è attrezzato nel modo più provinciale (italiano). Se vuoi vieni a leggere il nostro speciale

    http://icineuforici.blogspot.it/search/label/VENEZIA%2070

    Ciao!

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    1. Oh scusa dimentica la prima frase, hai ragione nella triade malefica ci sta benissimo Il Greco: il film è effettivamente una ciofeca (con validissime argomentazioni)

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    2. La triade ha battuto gli altri film perché, in termini semplici, aveva un'aura "più da festival" nella confezione: film lunghi, girati con espedienti "autoriali" come piani fissi, piani sequenza, con protagonisti temi "forti". In realtà secondo me è aria fritta.

      Sull'uso del termine "brutto": In questo riassuntino mi sono limitata a brevi descrizioni, per le argomentazioni serie arriveranno le recensioni.

      Ho letto "In acque profonde" di Lynch e se lo ami non lo accosterei a questi due: se la sognano la sua abilità nel creare film che sembrano usciti direttamente dall'inconscio.

      "Estenuare" al cinema per me ha un significato preciso: percepisco questa fatica quando sento che l'autore mi vuole per forza portare nella direzione che lui ha in mente e usa artifici stilistici e narrativi destinati a "pilotare" le emozioni dello spettatore. Per me questo non è un artista: è un mestierante. E il tedesco e il greco mi son sembrati proprio questo.

      A dimostrazione di ciò sta il fatto che, come ho scritto nel diario parte 2, Heimat invece è il tedesco che mi piace: anche se dura quattro ore non ho "per nulla sentito "fatica" perché a dirigere c'è un autore con la A maiuscola.

      Grazie per il tuo commento e per esserti preso la briga di rispondermi così dettagliatamente! :D
      Se l'anno prossimo saremo tutti e due di nuovo a Venezia magari ci si incontra.
      :)

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    3. Volentieri! Accredito permettendo...

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  2. Come ti detto di persona, purtroppo la tua 'prima volta' a Venezia ha coinciso con l'edizione più sottotono degli ultimi dieci anni. Questo per dirti che, a mio avviso, di solito tra Venezia e Roma c'è un abisso in termini di qualità: ovviamente sto parlando del concorso (è da quello che si giudica un festival: a portare 'Catching Fire' fuori concorso son buoni tutti, basta tirar fuori i soldi... ma ha un senso portare ai festival questi film?). E a Venezia, come hai detto tu, i grandi nomi ci sono sempre stati (non solo Malick, Anderson e Kitano ma, in tempi non remoti, anche Tarantino, Altman, Sokurov, Scorsese, Von Trier... mentre a Roma non si sono mai visti. Purtroppo la concorrenza sempre più forte del Festival di Toronto fa soffrire molto il Lido e, come dici te, noi italiani siamo bravissimi a farci le guerre tra poveri. Sarà anche vero che quest'anno a Muller basterà poco per fare meglio (ma ancora voglio vedere) però ancora non riesco a capire a cosa serva al cinema italiano (e non solo) una rassegna come quella romana: troppo 'povera' per diventare grande e troppo grande per essere un concorso di nicchia. Per ora è un ibrido informe che, potrò sbagliarmi, ma non serve a nessuno.

    Riguardo i film, sono d'accordissimo con te sulla famigerata triade: film come 'il greco' e 'il cinese' non li farei vedere nemmeno al mio peggior nemico, mentre 'il tedesco' secondo me è bello ma davvero troppo 'tosto': non avrò mai il coraggio di rivederlo! Comunque sono TOTALMENTE D'ACCORDO che c'è molta 'aria fritta' spacciata da cinema d'autore: l'ha scritto anche il buon Alberto Crespi su 'L'Unità': il concorso di quest'anno è stato un campionario allucinante e efferatezze e volgarità varie. Che indubbiamente vengono premiate solo per il loro sensazionalismo, ben sapendo che tanto non avranno alcuna possibilità di inserirsi nei mercati ufficiali... e vabbè.

    Chiudo, infine, spezzando una lancia sul film vincitore: che nessuno se l'è filato e nessuno se lo sta tuttora filando (numero di copie in tutta la Toscana: UNA ! ) per me è un bel film, anche se Rosi in passato ha fatto molto di meglio. Ma premiare un documentario è stata una scelta coraggiosa e significativa, che ha sdoganato un genere cinematografico finora sempre ingiustamente sottovalutato. Spero che il pubblico, almeno in quelle poche sale dove sarà proiettato, renda al film il giusto premio.

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