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sabato 31 agosto 2013

Philomena








Philomena Lee (Judi Dench) è un'anziana signora inglese appassionata di romanzi rosa e fortemente credente che nasconde un segreto: da giovanissima rimase incinta e, ripudiata dalla famiglia, fu costretta a trovare rifugio presso le suore del convento Roscrea, in Irlanda. Qui dopo pochi anni, le suore le strapparono il figlio, Antony, dandolo in adozione e impedendo alla madre di ricevere qualsiasi notizia sul suo destino. 
Martin Sixsmith (Steve Coogan) è un ex giornalista della BBC caduto in disgrazia, dalla vasta cultura, ateo e scettico: una coppia improbabile, che però intreccia il suo destino quando la donna chiede al giornalista di aiutarla a scoprire cosa ne è stato del figlio perso quasi 50 anni prima.

Tratto dal romanzo The Lost Child of Philomena Lee di Martin Sixsmith, Philomena racconta la vera storia di una madre e di un figlio che non si sono mai incontrati, separati dal fondamentalismo cieco di suore che si sono macchiate di delitti terribili in nome della fede: la storia di Philomena Lee non è infatti un caso isolato, di storie simili ce ne sono a decine.

Con una storia tanto eclatante sarebbe facile attaccare senza riserve le istituzioni religiose anche in maniera violenta, ma la forza del film di Stephen Frears, e della sceneggiatura curata dallo stesso Steve Coogan, sta nell'esprimere le proprie perplessità laiche basandosi solo sulla forza dei fatti e mostrando come una signora ignorante ma buona e dalla fede incrollabile e un uomo colto ma irascibile e scettico, riescano a essere molto più caritatevoli e compassionevoli di chi si nasconde dietro un abito religioso. 

Grazie alla scrittura intelligente e brillante, che sa dosare sapientemente i momenti drammatici con altri più leggeri e che sa fermarsi sempre un attimo prima di scadere nella retorica e nella lacrima indotta a comando, Philomena sa commuovere e divertire, informa e fa riflettere, in un mix perfettamente equilibrato proprio del grande racconto. Oltre all'eleganza stilistica di Frears e all'ottima scrittura, gran merito della riuscita del film va inoltre ai suoi due interpreti: Steve Coogan dimostra di essere un attore a tutto tondo, non solo un ottimo comico ma anche un bravo interprete drammatico, e Judi Dench si conferma sempre più come una delle più grandi attrici mai viste sullo schermo. I numerosi scambi di battute tra i due sono scanditi con tempi comici perfetti ed è un piacere sentire parlare i due attori con il loro impeccabile accento british (motivo per cui se ne consiglia la visione in lingua originale).

Una delle pellicole più applaudite alla 70esima edizione della Mostra del cinema di Venezia.

Judy Dench e Steve Coogan


La citazione: "Io non ho abbandonato mio figlio"

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥1/2

Uscita italiana: 19 dicembre 2013


Titolo originale: Philomena
Regia: Stephen Frears
Anno: 2013
Cast: Judy Dench, Steve Coogan, Anna Maxwell Martin, Mare Winningham, Michelle Fairley, Ruth McCabe
Colore: colore
Durata: 94 minuti
Genere: drammatico
Sceneggiatura: Steve Coogan, Jeff Pope
Fotografia: Robbie Ryan
Montaggi0: Valerio Bonelli
Musica: Alexandre Desplat
Paese di produzione: Regno Unito, Francia, USA
Casa di produzione: BBC Films, British Film Institute
Distribuzione italiana: Lucky Red


martedì 3 gennaio 2012

J. Edgar


Vita, ossessioni e segreti di J. Edgar Hoover.
Dopo la biografia di Nelson Mandela, Clint Eastwood torna a parlare di un personaggio storico, fondamentale nella storia americana: quel J. Edgar che, per 35 anni, è stato a capo dell'FBI guidandola con pugno di ferro e sopravvivendo a 8 presidenti degli Stati Uniti.

Il film tratta un arco temporale di 50 anni, partendo da un giovanissimo Hoover entrato a far parte a soli 24 anni dell'FBI, che nel corso degli anni diventa la figura chiave dei servizi segreti americani, introducendo tecniche di investigazione innovative basate sul metodo scientifico, una selezione rigidissima di agenti e collaboratori ed intuizioni geniali come l'archiviazione delle impronte digitali.

Al regista dagli occhi di ghiaccio però non interessa il racconto storico, almeno non principalmente, e così i gangster, la lotta per i diritti dei neri, il maccartismo e l'omicidio dei Kennedy passano in secondo piano rispetto alle ossessioni personali e ai conflitti interiori del suo ambiguo protagonista. 
Maniaco della precisione, dell'ordine e della puntualità, con il complesso dell'altezza, la passione per i bei vestiti, la fobia dei germi e la mania del controllo Hoover è una figura complessa, ambigua, chiusa in se stessa e difficilmente analizzabile: le sue straordinarie intuizioni e la sua efficienza si scontrano con metodi non sempre ortodossi nell'ottenere le informazioni e con motivazioni che, nel racconto di Eastwood, a volte sembrano nate più da frustrazioni personali che non dall'interesse per il bene del paese.

La figura pubblica di Hoover, visto ora come un paladino della giustizia ora come un uomo che abusa del proprio potere, è rigida ed impenetrabile: nel film Leonardo DiCaprio, che interpreta il protagonista, è ripreso infatti sempre in ambienti chiusi, in quegli uffici che diventano la sua casa e la sua tomba.  La figura privata invece, di cui si sa pochissimo, è ritratta come un uomo pieno di insicurezze, schiacciato da una figura materna esigente, una perfetta Judy Dench, e da un padre che è poco più di un'ombra marginale nella sua esistenza. Un privato fatto di piccole manie soffocate, di aspirazioni frustrate, di un senso di grandezza mai del tutto appagato. Ma è soprattutto sulla sua, presunta, omosessualità sempre negata e mortificata che si concentra il racconto: il rapporto di Hoover con il suo fedele braccio destro Clyde Tolson, interpretato da Armie Hammer, è sofferto e commovente, un rapporto impossibile durato oltre 30 anni, che in alcune scene del film regala dei momenti veramente toccanti.

Proprio come il suo protagonista, J. Edgar è un film non facile: condensare in due ore oltre 50 anni di storia americana e di una vita è una vera impresa, che ad Eastwood è  parzialmente riuscita. 
Il tocco del regista c'è sempre, asciutto e privo di moralismi ingombranti, ma la narrazione a volte fa fatica a procedere, forse per i troppi avvenimenti da raccontare che spesso rendono prolisso il racconto. Il lavoro fatto sul personaggio è però notevole: la parte finale del film, quella della vecchiaia di Hoover, è una commovente analisi di un uomo che, ormai giunto alla fine della propria vita, riflette sul suo vissuto, sugli errori, le occasioni mancate e che rispecchia il percorso umano del regista, che, a più di 80 anni, sembra interrogarsi sempre di più sulla morte.

Straordinario Leonardo DiCaprio, che si evolve insieme al suo personaggio, fornendo un' interpretazione eccellente, nonostante il pesante trucco impostogli. 
Bravo anche Hammer, alla sua prova più convincente, la già citata Judy Dench e un po' sacrificata invece Naomi Watts, nel ruolo di Helen Gandy, segretaria storica e fedelissima di Hoover, il cui personaggio non è analizzato a dovere. 

E' interessante inoltre notare come Eastwood sia estremamente attento ai talenti che vengono dalla televisione, presenti in grande quantità nel cast: lo stesso Hammer viene da Gossip Girl, così come Ed Westwick, nel ruolo di un agente che raccoglie le memorie di Hoover, da True Blood arrivano invece Denis O'Hare e Stephen Root, nel ruolo di due consulenti della scientifica, da Dexter Geoff Pierson nel ruolo di Palmer e da Burn Notice Jeffrey Donovan, che ha già lavorato con Eastwood in Changeling

In una piccola scena è commovente inoltre vedere Lea Thompson, alias Lorraine McFly di Ritorno al futuro, qui realmente anziana e non invecchiata dal trucco.

Criminale il doppiaggio italiano che toglie non poca forza alla performance degli attori.

Leonardo DiCaprio

La citazione: "Una società che non impara dal passato non ha futuro".

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥

Uscita italiana: 4 gennaio 2012

Titolo originale: J. Edgar
Regia: Clint Eastwood
Anno: 2011
Cast: Leonardo DiCaprio, Armie Hammer, Naomi Watts, Judy Dench

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