mercoledì 28 ottobre 2009

Dear Lemon Lima


C'è un certo tipo di cinema americano semi-indipendente, semi-fuori dagli schemi che in questi ultimi anni si è fatto spazio tra le grandi produzioni.

Basti pensare a pellicole come Donnie Darko e Little Miss Sunshine, che parlano di ragazzi giovani e giovanissimi alle prese con un sistema scolastico e una società che li vuole tutti omologati, tutti uguali e fedeli al sogno americano.

Che poi questo sogno americano ormai non si capisce più bene che cosa sia.

In Dear Lemon Lima la protagonista è Vanessa, una quattordicenne mezzo americana e mezzo eschimese: ebbene sì - non ci credevo nemmeno io - la pellicola è ambientata in Alaska!

Savanah Wiltfong e Shayne Topp


Una scelta curiosa, credo infatti che sia uno dei pochissimi film ambientati in questo stato U.S.A. E dopo pochi minuti capiamo subito perchè. La scuola di Vanessa è un istituto super conservatore, in cui i "diversi" sono accettati solo formalmente e le tradizioni degli eschimesi sono ridicolizzate a mera attività ricreativa.

Vanessa si ritrova presto confinata nel gruppo dei "FUBAR" (Fucked up beyond all recognition), sorta di nerd scarsi dal punto di vista sportivo e per questo emarginati socialmente.
Guardando il film si capisce benissimo da dove arriva il macchiettistico personaggio di Sara Palin, fissata con fucili, tradizioni, sport e concorsi di bellezza.

Come in ogni commedia finto ingenua che si rispetti il gruppo di sfigati avrà il suo riscatto ma a duro prezzo. Alla fine Vanessa capirà che essere integrati non vale la perdita della propria individualità e che la diversità spesso è una ricchezza piuttosto che uno svantaggio.



Carino, garbato, colorato, semplice e ben scritto: bellissimi i titoli di testa che prendono vita dalle pagine del diario della protagonista e azzeccati tutti i giovanissimi interpreti.

Un piccolo film gradevole e simpatico che dà una bella lezione di classe ed eleganza ai nostrani film su quattordicenni & co. di mocciana memoria.

La citazione: "Caro Lemon Lima, oggi è il primo degli ultimi giorni della mia vita"

Voto: ♥♥♥

Hachiko


Preparate i fazzoletti.
Sì proprio così.
Anche se siete dei duri, anche se avete le braccia piene di tatuaggi, a Natale vi rifiutate di andare al cenone di famiglia e le budella mostrate nei film splatter non vi impressionano nemmeno un pò, qui i lucciconi li avrete per forza.

Stiamo parlando di Hachiko, film tratto da una storia realmente accaduta nel Giappone degli anni '20 e qui spostata in America ai giorni nostri.

Richard Gere


Il regista strappalacrime Lasse Hallstrom non si smentisce: chiama Richard Gere, la faccia da buono per eccellenza, nel ruolo del padrone di Hachi, il cagnolino di razza purissima che trova smarrito alla stazione di treni, e li mette vicini per un mix attentatore.

Tra il musetto dolce del cane e quello di Gere - tra i due non si sa chi è più cane - l'effetto lacrima è assicurato.

Non stiamo qui a svelarvi il colpo di scena, ma posso assicurarvi che nonostante l'indice di glicemia altissimo, i buoni sentimenti sparati a mille manco fossimo in un cartoon Disney, il film ha un suo perchè.

Sarà merito del cane che è troppo carino (vi lascio immaginare gli "ooooh" e gli "uuuuh" che sentirete in sala durante la proiezione quando si vede il cane...), sarà merito della musica sdolcinata ma la pellicola scorre facilmente, fa ridere e intenerire, insomma alla fine è perfetto per tutti: bambini, famiglie, fidanzatini, anziani, amanti dei cani...

E non stupitevi se a film finito, riaccese le luci, vedrete un sacco di occhi lucidi!


La citazione: "Good boy!"

Voto: ♥♥♥


martedì 27 ottobre 2009

Viola di mare


Tratto dal romanzo "Minchia di re", Viola di mare è un film pieno di difetti ma che voglio sostenere.

Primo perchè è una storia coraggiosa per l'Italia: due ragazze lesbiche che cercano di amarsi a tutti i costi nella Sicilia dell' '800 andando contro le convenzioni sociali, affermando il loro diritto di sposarsi solo per amore, slegandosi dalle imposizioni della Chiesa e ribadendo la loro individualità come donne e come persone. Roba fantascientifica per i tempi che corrono nel nostro paese!

Poi perchè sembra che al cinema ci sia una discriminazione nella discriminazione: se l'omosessualità maschile è stata ampiamente trattata sul grande schermo, lo stesso non si può dire di quella femminile. Si è parlato di cawboy gay, transessuali, ermafroditi, bisessuali, libertini di vario tipo ma di donne che amano le donne quasi mai. Come se non esistessero anche le lesbiche!

Isabella Ragonese e Valeria Solarino

Poi c'è l'aspetto interessante di come viene rappresentata la donna: nel film non c'è solo il rivendicare il diritto di amare chi si vuole, ma anche quello ad essere rispettate in quanto donne. Il padre padrone non sopporta la figlia principalmente perchè non è un maschio piuttosto che perchè omosessuale.

La storia è presto detta: come una Lady Oscar siciliana, Angela è odiata dal padre che voleva un figlio per mandare avanti l'azienda di famiglia. La ragazza non è sottomessa come le altre donne del paese e non capisce perchè non può decidere liberamente del proprio destino. In più si innamora di Sara, dolce e remissiva, ricambiata.

Il film ha dei momenti buoni: i bei paesaggi dell'isola siciliana, l'innamoramento molto dolce e quasi poetico tra le due, la musica rock di Gianna Nannini (che si sarebbe potuto sfruttare di più) e l'interpretazione sorprendente della Solarino che è perfettamente credibile nel ruolo. Purtroppo però nella parte centrale e soprattutto nel finale si perde, troppa carne al fuoco e troppa fretta di mandare avanti la storia. Anche la regia si perde a questo punto, rovinando qualche buona idea dell'inizio.

Valeria Solarino

In sostanza quando sono entrata nella sala pensavo che avrei visto una pellicola inguardabile e invece non è così: se ci fosse stato un pò più di coraggio però - e per coraggio non intendo le scene d'amore tra le due che anzi sono ampiamente sdoganate - si sarebbe potuto realizzare una pellicola veramente sconvolgente ed importante.

Ma forse, visti i tanti temi scottanti messi in ballo, era chiedere veramente troppo per un film italiano.


La citazione: "Per volersi bene c'è solo un modo"

Voto: ♥♥

Tra le nuvole


Ryan Bingham (George Clooney) fa un lavoro infame: è assunto per licenziare altre persone.

Parte, prende un aereo, si siede alla scrivania e dice ad un perfetto sconosciuto che deve liberare per sempre la sua postazione di lavoro. Un compito ingrato e per stomaci forti visto che spesso il neo-disoccupato dà di matto o si dispera.

Ci sono però alcuni vantaggi: alberghi di lusso, ristoranti all'ultima moda e tanti, tanti voli in aereo. Talmente tanti che Ryan sta per diventare uno dei pochissimi privilegiati ad aver accesso ad una carta speciale che dà diritto ad avere il proprio nome sulla fiancata di un aereo.

Ma a rovinare tutto arriva Natalie (Anna Kendrick), una 23enne di primo pelo che vorrebbe rendere telematico il lavoro dei "licenziatori di professione": non più contatto umano ma un brutale congedo tramite videochat.


Anna Kendrick e George Clooney

Nel frattempo Ryan incontra Alex (Vera Farminga), una femme fatale che potrebbe far vacillare la sua granitica opposizione alle relazioni serie.

Una riflessione dolce-amara sulla crisi che ha colpito il mondo in questo ultimo anno e sull'aspetto sempre più cinico e spietato dei rapporti interpersonali sul lavoro. Non più una comunità fatta di e da persone ma una serie di numeri e cognomi piazzati dietro un'anonima scrivania, pronti a susseguirsi l'un l'altro come in uno sterminato formicaio. Rapporti difficili non solo sul lavoro: anche nel privato, Ryan si costruisce un guscio duro per non impegnarsi e non soffrire e chissà se è davvero il suo l'atteggiamento sbagliato. Alla fine a rimetterci sono l'intimità e il rispetto: due valori fondamentali che sembrano non avere più peso nella società globale e consumistica di cui facciamo parte.

George Clooney e Vera Farminga

Jason Reitman dopo Thank you for smoking e Juno, torna a parlare di temi sociali con l'uso intelligente dell'ironia e del registro comico: George Clooney è quindi l'interprete ideale per questo ruolo, con quel suo sorriso marpione e lo sguardo di chi la sa lunga.

Ben scritto, ben diretto, ben recitato: un buon film, forse anche troppo lindo e pinto, perfettino e dalla parte del pubblico, ma comunque piacevole e ben strutturato.

Un pò di cattiveria in più basterebbe a fare di Reitman un ottimo autore, ma il ragazzo è ancora giovanissimo e gli diamo fiducia sperando che diventi più incisivo.

Per il momento i suoi film sono degli amabili passatempi spesso molto divertenti.


La citazione: "Metteranno la mia faccia sulla fiancata di un aereo!"

Voto: ♥♥♥ 1/2

A Serious Man


Parlare della nuova fatica - che poi fatica non credo proprio, visto che i due terribili fratelli si divertono un mondo a fare i loro film - dei Coen è difficile.

E' difficile perchè non siamo di fronte a un film strutturato come gli altri.

Intanto si comincia con una sorta di "cortometraggio" nel film, un prologo - spettacolare tra l'altro - ambientato nella vecchia Russia, parlato in Yiddish, dove una coppia di contadini entra in contatto con un corpo posseduto dal demonio. Divertentissimo.

Si passa poi all'improvviso all' epoca contemporanea, anni 60-70 per la precisione, non ci sono nè computer nè cellulari, ma comunque c'è già la tv. Che si rompe sempre.


Michael Stuhlbarg


Il nostro "uomo serio" è Larry Gopnik, un professore ebreo di matematica onesto e coscienzioso, che cerca di fare tutto con il massimo della precisione e della correttezza. E per questo tutto gli va male! La moglie vuole divorziare, i figli sono dei piccoli mostri insopportabili, il fratello è mezzo suonato, la vicina di casa è disinibita e gli passa droghe leggere, i vicini goy sono assassini muniti di fucili e i suoi studenti cercano di corromperlo.
Come se non bastasse il sostegno religioso di cui avrebbe tanto bisogno è al limite del ridicolo: la serie di rabbini che il povero Larry incontra per un consiglio sono delle macchiette comiche leggendarie.

Un film che ha una storia esile, in fondo si tratta semplicemnte delle disavventure quotidiane di un professore ebreo di provincia, ma la rappresentazione è davvero geniale.

I Coen allestiscono una serie di scene che vanno dal surreale al grottesco, dal comico al drammatico. Sembra che abbiano unito lo stile assurdo di Bunuel alle gag dei fratelli Marx. Un mix insolito, nero, geniale: l'ironia dei due fratelli prende in giro tutti, anche il pubblico!


Richard Kind


Dopo il capolavoro Non è un paese per vecchi e il, a torto, sottovalutatissimo Burn after reading i Coen tornano a disorientarci e sorprenderci allo stesso tempo. Ad essere sbeffeggiate questa volta sono soprattutto le manie della comunità ebraica, ma i vicini non ebrei fanno una figura altrettando ridicola. Per non parlare dello studente coreano. Insomma i Coen non risparmiano nessuno: dall'alto della loro intelligenza si divertono a ironizzare su tutto e tutti, anche su se stessi.

Menzione di merito al grande protagonista Michael Stuhlbarg che farà sicuramente strada.

Questa volta i terribili fratelli non hanno risparmiato proprio nessuno: con una risata hanno seppellito proprio tutti.


La citazione: "When the truth is found to be lies, and all the joy within you dies..."

Voto: ♥♥♥♥

Uscita italiana 5 dicembre 2009

domenica 25 ottobre 2009

Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo


Diciamolo subito: Parnassus o si ama o si odia, non ci sono vie di mezzo.

Kitsch, caotico, eccessivo, ambizioso e ruffiano: a seconda del vostro carattere o dell'umore del momento queste caratteristiche possono essere pregi o difetti.

Terry Gilliam è uno che riempie i suoi film di personaggi, dettagli, costumi, colori, follia. Spesso risulta smisurato, ma altre volte la sua estrosità è ben incanalata e regala pellicole originali e fuori dal comune, una su tutte "Paura e delirio a Las Vegas".

E questo è il caso di Parnassus.

Heath Ledger


Il dottor Parnassus, il sempre verde Christopher Plummer, è un santone dotato di poteri superiori devoto al bene. Un giorno come gli altri, bussa alla sua porta niente meno che il diavolo, con le fattezze e l'inconfondibile voce del grande Tom Waits, giunto a proporgli una scommessa: Parnassus avrà la vita eterna se riuscirà ad ottenere 12 seguaci prima di lui. Il diavolo però, si sa, ne pensa sempre una più degli altri e con un secondo patto fa promettere a Parnassus che in cambio della giovinezza dovrà cedergli il suo primogenito una volta che questi avrà compiuto 16 anni.

Passati centinaia di anni il momento è arrivato: Valentina, splendida figlia di Parnassus, ormai ridotto a fenomeno da baraccone, sta per compiere 16 anni.

Il diavolo arriva per prendersi il suo premio, ma a scompigliare il corso degli eventi arriva Tony, un misterioso e affascinante sconosciuto senza passato.

Faust, Bella addormentata, Alice nel paese delle meraviglie: molte sono le fiabe e le storie da cui Parnassus trae spunto e molti gli stili pittorici a cui fa riferimento (i fiamminghi, Magritte, fino alle fotografie di moda), per un miscuglio folle e affascinante dal forte impatto visivo.

Fantastici e perfetti gli interpreti: un magnetico Heath Ledger, che cambia voce e accento in ogni scena del film dimostrando che il cinema ha perso un grandissimo attore, il sempre eccelso Johnny Depp che in soli 5 minuti ruba la scena a tutti e un buon Colin Farrell. A deludere è invece Jude Law, troppo esagerato e troppo intento ad imitare la mimica di Depp per risultare convincente.


Lily Cole


Un film che dietro la patina dorata e caotica parla di temi universali come l'eterna lotta tra bene e male, dell'interessante evoluzione del concetto di spiritualità attraverso i secoli e dell'importanza delle scelte e del libero arbitrio.

Un racconto sull'essenzialità di raccontare storie: una storia, buona o brutta che sia, vale la pena di essere narrata, affinchè non si perda mai il gusto della narrazione e con esso una parte fondamentale di quello che significa essere uomini.

L'importante non è la storia in sè, ma la sua messa in scena: finchè ci sarà qualcuno che racconta una storia saremo sicuri che il mondo va avanti.

Non cercate la logica e la perfezione a tutti i costi: spesso l'importante è il viaggio, non la meta.


La citazione: "Niente è per sempre, nemmeno la morte!"

Voto: ♥♥♥♥

Il Concerto


Una melodia che viene da lontano e allo stesso tempo ci sembra così vicina e calda.
Una manifestazione di gioia, malinconia, passione e rimpianto. Sensuale ed eterea allo stesso tempo. E' il concerto per pianoforte e orchestra n. 21, andante, di Mozart, suonata dagli artisti del Bolshoi.

Basterebbe questa scelta d'apertura per fare di "Le Concert" un capolavoro.

Allargando il campo dell'inquadratura vediamo che a dirigire non è un direttore d'orchestra ma un semplice inserviente. E' Andrei Filipov, un tempo celebre e stimato artista, declassato brutalmente per aver avuto il coraggio di difendere i musicisti ebrei della sua orchestra contro il regime sovietico.


Aleksei Guskov


Con nella mente le note del concerto per violino e orchestra di Čajkovskij, Filipov ha una grande occasione: venuto a conoscenza dell'intenzione del Teatro Chatelet di Parigi di ingaggiare i musicisti del Bolshoi per un concerto, l'ex direttore decide di rimettere in piedi la vecchia orchestra e di presentarsi a Parigi al posto del vero Bolshoi.

Da qui sotterfugi, scambi di ruolo, passaporti falsi, bugie, rimedi dell'ultimo minuto: i 50 elementi che riesce a riunire sono un'accozzaglia di personaggi coloriti e simpatici, travolgenti con le loro storie vissute e l'assoluta mancanza di disciplina unita magicamente a un talento fuori dal comune.

L'arte e l'ispirazione, il talento e la tecnica: la musica si nutre di tutti questi elementi, ma al di là dei virtuosismi a contare davvero è la sua capacità di arrivare al cuore, di risvegliare sentimenti primitivi ed astratti allo stesso tempo.


Mélanie Laurent


Il regista di Train de vie, Radu Mihaileanu, ci porta per mano in un viaggio attraverso la musica e quello che rappresenta per gli uomini: la musica è vita, è l'essenza stessa dell'essere umano.


Nella scena finale tutto è perfetto: la musica si unisce alla vita, la quotidianità dei personaggi e il loro passato alle note antiche e preziose di Čajkovskij, la solennità all'umorismo e il dolore alle lacrime di gioia, per una sequenza che entra di diritto nella storia del cinema.

Un film appassionato, sentito, magico: un capolavoro dei nostri tempi, in grado di unire l'immortalità e la solennità della musica classica all'estrosità del mezzo cinematografico.

Imperdibile.


La citazione: "Non andiamo a fare un concerto. Faremo IL concerto!"

Voto: ♥♥♥♥

Uscita italiana: 5 febbraio 2010

sabato 24 ottobre 2009

Broderskab - Brotherhood


Danimarca, giorni nostri. Lars è stato appena congedato dall’esercito perché sospettato di omosessualità.
Jimmy fa parte di un gruppo che inneggia alle idee razziste e violente di Hitler. Si incontrano grazie ad amici comuni. Comincia così questa storia durissima e cupa su un’inedita Danimarca contemporanea, in apparenza così civile e tollerante.

Tra i due, che si trovano a condividere la stessa casa da ristrutturare, come in un Brokeback Moutain nordico scoppia una passione travolgente, sbocciata a poco a poco tra assi di legno, grondaie da riparare e bagni al mare notturni. Una storia appassionata ma segnata fin dall’inizio: il gruppo non tollera certo gli omosessuali, anzi la notte se non va a caccia di immigrati si diverte a pestare ragazzi colpevoli di amare in modo “diverso”.

Thure Lindhardt e David Dencik


Il giovane regista Nicolo Donato, qui alla sua prima prova cinematografica dopo diverse esperienze televisive e una carriera nel mondo della fotografia di moda, affresca un racconto dal forte impatto visivo ed emotivo: bellissima la prima scena d'amore tra i due, con primissimi piani che creano perfettamente la sensazione d'incerta e travolgente intimità.

Lars e Jimmy con intensi giochi di sguardi delineano con garbo una storia d'amore in piena regola che deve affrontare un ambiente apertamente ostile a qualsiasi sentimento d'amore e tenerezza. Il regista ci mette di fronte all'ossimoro di un amore sbocciato nell'odio, con tutto l'effetto tragico tipico dei drammi shakespeariani.

Ben girato, ben fotografato, ben recitato: un'opera prima sorprendente e convincente, forse con qualche sbavatura nel finale ma che si candida di diritto come una delle migliori pellicole in concorso quest'anno al Festival del cinema di Roma. Sperando che venga distribuito in Italia, non ci stupiremmo se arrivasse a vincere qualche premio.

La citazione: "Vieni via con me!"

Voto: ♥♥♥1/2

Pubblicato su
MPnews.

Conferenza stampa "Broderskab - Brotherhood"

Un'altra storia di omosessualità al Festival del cinema di Roma che mai come quest'anno ha affrontato l'argomento: dopo Viola di mare e Plan B anche in Broderskab - Brotherhood del giovane regista danese Nicolo Donato, qui alla sua prima prova al cinema dopo vari lavori per la tv, si parla di una coppia gay. Un tema non facile: oltre all'omosessualità qui c'è anche il neo-nazismo.

Nicolo Donati (foto di Valentina Ariete)


Il regista, in conferenza stampa insieme agli attori protagonisti, ha chiarito subito però che: "Quando abbiamo cominciato a girare questo film volevamo realizzare una storia d'amore. La violenza, il nazismo non sono così importanti: la cosa fondamentale è l'amore tra queste due persone". Resta il fatto però che il violento gruppo nazista ha un ruolo importante: "Ho voluto inserire una storia d'amore nel contesto nazista per far vedere che l'amore è un sentimento forte, non puoi dirgli di no, e per dimostrarlo ho voluto inserirlo in un ambiente dove l'amore non è accettato per testimoniare che alla fine l'amore è più forte e inevitabile".

Thure Lindhardt (foto di Valentina Ariete)


Anche Thure Lindhardt, che nel film è Lars, ha sottolineato che: "E' interessante vedere come questi due elementi così inconciliabili tra loro interagiscano nella storia". Per un altro personaggio del film invece, Patrick, interpretato da Morten Holst, il gruppo nazista ha una valenza diversa: "Patrick entra nel gruppo perchè così può ottenere il rispetto della sua famiglia" ha chiarito Donato, che ha aggiunto: "Se la tua infanzia non è stata buona non hai in seguito rispetto per te stesso. Così a un certo punto hai bisogno di sentirti parte di un gruppo. I ragazzi si incontrano inoltre nel gruppo e Lars scopre questi sentimenti in se stesso. Loro scoprono di essere gay all'interno del gruppo e anche se è un gruppo di nazisti in un certo senso li aiuta a capire chi sono veramente".

Morten Holst (foto di Valentina Ariete)


Anche gli attori hanno detto la loro su alcuni aspetti del film, Thure Lindhardt ha infatti raccontato un aneddoto: "Girare la scena del bagno nell'acqua gelata è stato traumatico: l'acqua era veramente gelida! Gli uomini sicuramente capiranno il mio dramma..." mentre Morten Holst ha aggiunto: "Siamo entrati così tanto nella storia che spesso abbiamo girato e basta senza ripetere le scene. Anche per questo siamo riusciti a girare in sole sei settimane". E proprio il personaggio di Patrick ha fatto pensare a Iago e su questo aspetto l'attore ha detto: "Non ne abbiamo parlato nella preparazione del film ma in effetti i due personaggi hanno alcune caratteristiche in comune. Sono molto contento che vi abbia dato questa impressione".

Una storia dura e affascinante che speriamo possa trovare una distribuzione anche in Italia.


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Conferenza stampa "Les Regrets"

Cedric Kahn, giovane regista francese autore di Roberto Succo, ha presentato al Festival di Roma la sua ultima fatica, Les Regrets, insieme alla nostra Valeria Bruni Tedeschi.

Les Regrets è un'intensa storia d'amore tra due persone, ormai non più giovanissime, che si ritrovano dopo quindici anni di lontananza. Una storia che descrive in maniera efficace l'ossessione che la passione amorosa a volte scatena, dando alla narrazione una tinta quasi thriller: "Ho cercato di dare questo effetto anche con l'aiuto della musica" ha detto il regista, che ha affermato: "I protagonisti sono perseguitati dal loro passato. Il tema del film è molto psicologico, è una storia di sentimenti. Ma non è questo che mi interessa, io volevo rappresentare la lotta tra l'istinto e la ragione, il conflitto tra la razionalità e i sentimenti. Così ho dato più rilevanza al linguaggio del corpo, facendo prevalere il gesto sulla parola".


Cedric Kahn e Valeria Bruni Tedeschi (foto di Valentina Ariete)


Valeria Bruni Tedeschi, attrice italiana ormai naturalizzata francese, ha raccontato come sceglie i suoi personaggi: "La cosa più importante è il regista. Se il regista mi piace posso accettare di fare il film anche senza leggere la sceneggiatura". Sul suo personaggio invece: "Con Maya ho delle affinità. Se non ci fosse un ponte tra me e il mio personaggio non potrei fare il film. E' un personaggio in conflitto con se stesso, per questo è molto interessante, perchè è molto umana, non va giudicata ma capita. Lavorare sulla paura, sull'incertezza è una sfida che mi ha molto appassionato. Per prepararmi ho pensato al film con Meryl Streep I ponti di Madison County. La Streep è un'attrice che mi ispira molto, mi piace".

L' attrice regista si è invece alterata quando le è stato chiesto di sua sorella Carla: "Questa domanda se la tiene! Non sopporto che mi si parli dalla mattina alla sera di mia sorella!".


Valeria Bruni Tedeschi (foto di Valentina Ariete)


Les Regrets vuol dire i rimpianti, il regista ha spiegato perchè un film su questo tema: "L'interrogativo che pone questo film è il confine tra la fantasia e la realtà. L'idealizzazione del passato che impedisce di vedere la realtà: questo soprattutto per il personaggio di Valeria. Volevo raccontare una storia in cui dei personaggi sono in bilico tra paura e desiderio: se prevale la paura non si sta vivendo la vita che si dovrebbe vivere. Inoltre questi personaggi hanno difficoltà a crescere, perchè non riescono a scegliere: ogni scelta prevede il rinunciare ad un'altra cosa, fa parte della vita".

Una conferenza stampa di livello alto, finalmente, all'altezza di un film che coinvolge e appassiona grazie anche all'intensità dei due protagonisti.


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martedì 20 ottobre 2009

Les Regrets

Amore senza fine in salsa francese


Lui torna nella città natale per la morte della madre. Lei è tornata lì dopo aver vissuto in Sud Africa. Si incontrano per caso in mezzo alla strada. I loro sguardi si incrociano per un attimo. E tutto torna all'improvviso.

Comincia così questa storia d'amore irruenta e passionale, che travolge i due protagonisti e lo spettatore. Matthieu e Maya, con i volti vissuti e intensi di Yvan Attal e Valeria Bruni Tedeschi, sono due ex amanti che non si vedono da 15 anni, ma che nel momento in cui si rivedono ritrovano tutta l'intensa passione di un tempo. Ormai entrambi sposati, architetto lui e insegnante lei, non hanno più nulla in comune se non il rimpianto per quella stagione d'amore passata insieme.

Il breve incontro dà il vita ad un secondo round sentimentale. Ma le incertezze, le paure, le questioni in sospeso sono sempre le stesse e il grande conflitto interiore dei due mette a dura prova la loro ritrovata relazione. Ossessione, frenesia, passione: non solo a 20 anni si possono provare sentimenti così totalizzanti, e il lavoro, la quotidianità non possono offuscare i desideri di tutti noi.

Valeria Bruni Tedeschi e Yvan Attal


Spesso nelle scelte delle persone, soprattutto quando si tratta d'amore, a prevalere sono due sentimenti: la paura e la passione. Scegliere in base a uno di questi due impulsi irrazionali comporta necessariamente la perdita di qualcosa d'importante. E il regista ci mette di fronte proprio a questa tragica sensazione: l'essere in bilico tra quello che si vorrebbe e quello che non si può avere, allo scontro della realtà contro la fantasia.

Un film prettamente francese: nei sentimenti, nelle ambientazioni, nella presenza continua di vino rosso e scene d'amore ma allo stesso tempo nuovo nello stile. Pieno di irrazionalità, d'azione, d'irruenza, con tinte quasi thriller verso la fine.

Un nuovo modo per parlare d'amore, vino e campagna francese che, nonostante l'argomento visto più volte, intrattiene con ritmo, soprattutto grazie alla bravura dei due protagonisti.

Da gustare come un buon vino corposo e forte.



La citazione: "Perchè mi hai lasciato 15 anni fa?"
Voto: ♥♥♥
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Plan B

La storia di un insolito corteggiamento



Mai come in questi ultimi anni il tema dell'omosessualità è stato tanto attuale al cinema.

Dal 2006, anno dello splendido I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee, le pellicole con protagoniste coppie gay sono incrementate esponenzialmente. E visti gli ultimi fatti di cronaca sembra non sia una scelta casuale. A parlarne questa volta è l'argentino Marco Berger, giovane regista di appena 30 anni, al suo primo film dietro la macchina da presa.

In Plan B Bruno scopre che la sua ex ragazza, che egli stesso aveva lasciato sei mesi prima, ha trovato un nuovo amore: Pablo. Pablo fa il fotografo, è bello e tenebroso e Bruno scopre in se stesso sentimenti di profonda gelosia e invidia.

Decide quindi di riconquistare la sua ragazza. Ma dopo un po' questo non gli basta. Per separare i due innamorati il ragazzo escogita un piano complicato e insolito: sedurrà Pablo.


Manuel Vignau e Lucas Ferraro

Conquistando pian piano l'amicizia del rivale e cercando di sedurlo, Bruno scopre che forse non agisce per riottenere la sua ragazza ma perché è terribilmente e irresistibilmente attratto da Pablo.

Una pellicola sicuramente originale nell'idea ma non all'altezza della situazione: anche se ci troviamo di fronte ad un'opera prima certe ingenuità nella realizzazione sono imperdonabili.

La fotografia troppo buia ci impedisce di entrare in sintonia con le immagini che vediamo, i lunghissimi primi piani fissi sui volti dei due protagonisti alla lunga stancano anche il più paziente degli spettatori - se non siete David Lynch è sempre meglio evitare - e rimane inspiegabile la scelta di inquadrare continuamente palazzoni grigi dall'aria spoglia e triste.

Le migliori intenzioni se realizzate con povertà di mezzi espressivi non possono salvare un film: quello che c'era di buono nella storia va inesorabilmente perso con l'inadatta padronanza del mezzo cinematografico del giovane regista argentino.

Alla fine non resta che l'interminabile gioco di sguardi dei due protagonisti e una tremenda noia.


La citazione: "Lui è più bello di me?"

Voto:

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Moja Krew - My flesh, my blood

Una cupa storia di sangue, amore e disperazione nella Polonia contemporanea



La boxe al cinema, si sa, funziona sempre.
Paul Newman, Clint Eastwood, Michael Mann, sono solo alcuni dei grandissimi nomi del grande schermo ad aver affrontato l'argomento. Alla lunga lista si aggiunge il polacco Marcin Wrona che con questa sua opera prima mette in scena una storia dura, spietata, al limite del grottesco, ma con una lieve vena poetica sullo sfondo.

Il pugile di successo Igor non può più andare sul ring e preso dallo sconforto si autodistrugge tra droghe, sesso a pagamento e risse da bar. Fino a che non incontra una giovane vietnamita che lavora clandestinamente in un piccolo ristorante.
Due mondi sulla carta lontani anni luce ma nella sostanza uniti dalla stessa disperazione: l'emarginazione sociale, la mancanza d'amore, l'abbandono da parte del resto del mondo.
C'è un pò di tutto in questa pellicola: la metafora della vita come lotta, l'immigrazione clandestina, la difficoltà dei rapporti umani, la malattia, la violenza, quel mistero chimico e psichico che è l'affezionarsi in particolare ad una persona che va al di là della comprensione logica.

Eryk Lubos e Luu De Ly

A colpire sono soprattutto l'innocenza estrema e l'ingenuità dei due personaggi nonostante la sconcertante realtà sociale che li circonda: il violento e ottuso pugile nasconde sentimenti dolci e desiderio di paternità mentre la ragazza nonostante la diffidenza di cui si corazza è pronta ad amare una persona tanto diversa da lei. La bella e la bestia ai giorni nostri.

Colori grigi, neon abbaglianti, il bianco splendente di una parete o del cielo. Anche i colori, i vestiti, il cibo sono elementi essenziali del film, raccontano mondi e storie diverse così come i volti dei due protagonisti: nelle cicatrici e nei lividi di lui, si rispecchiano la pelle liscia e i capelli neri di lei, in una danza metropolitana e sanguigna che stringe la bocca dello stomaco in una morsa.

L'impatto visivo ed emotivo è notevole: per essere un'opera prima di carne al fuoco ce n'è davvero tanta e questo regista è da tenere d'occhio.
Nella speranza che possa vedere la luce dello schermo anche in Italia, non possiamo che definire questa pellicola una piacevolissima sorpresa da non perdere.

La citazione: "Tu puoi darmi un figlio?"

Voto: ♥♥♥

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Incontro Tornatore-Muccino

Continua la tradizione degli incontri faccia a faccia del Festival del Cinema di Roma: arrivati alla quarta edizione tocca alla strana coppia Tornatore-Muccino.

Mario Sesti e Piera De Tassis hanno presentato l’incontro dell’anno: Tornatore vs Muccino, i due registi italiani al momento di maggior successo, tra i pochi ad avere la possibilità di gestire grandi budgets e girare nella terra promessa del cinema, l’America.
L’incontro si è svolto in maniera colloquiale: Tornatore e Muccino si sono parlati come se fossero stati davanti ad una tazza di caffè, tanto che Muccino è arrivato a chiamare il regista siciliano “Peppuccio”.
Svolte le formalità di rito, saluti, sorrisi e battutine - Muccino ha detto a Tornatore: “Su Baaria ero scettico perché a volte il tuo stile è troppo ridondante, a volte vuoi dire troppe cose tutte insieme. Invece è il compimento del tuo discorso sulla tua terra” e Tornatore: “Mi sono sentito dire spesso questa cosa della ridondanza. Forse nessuno ha pensato che in realtà è il mio stile!” – si è passati alla visione dei frammenti delle pellicole scelti dai due registi.
L’uomo delle stelle, Come te nessuno mai, Nuovo cinema paradiso, La ricerca della felicità, Sette anime, Una pura formalità, Malena, L’utimo bacio, La leggenda del pianista sull’oceano: tutti i più grandi successi dei due registi.


Mario Sesti, Giuseppe Tornatore, Gabriele Muccino e Piera De Tassis (foto di Valentina Ariete)

Muccino ha rivelato che per lui rivedere i suoi vecchi lavori è una vera sofferenza: “La scena di Come te nessuno mai non la vedevo da quando ho fatto il film. Mi vergogno sempre dei film che ho fatto! Figuriamoci dei cortometraggi che ho realizzato a 22 anni…” e Tornatore: “Io questa cosa l’ho superata, perché comunque bisogna pensare che tutto quello che facciamo fa parte di un percorso. I nostri vecchi film sono come i disegni della scuola materna di un pittore”.
Muccino continua: “Questo è vero: nei miei vecchi cortometraggi rivedo gli stessi temi dei miei film e ogni volta miglioro gli stessi argomenti”.
I due registi hanno poi parlato del loro rapporto con le pellicole che realizzano: “Un film lo vedi 70 volte al montaggio, poi ci sono le anteprime, lo rivedi per un anno intero, quindi subito dopo la promozione hai un rifiuto. Solo dopo anni e dopo che hai staccato il cordone ombelicale puoi riavvicinarlo. Chi dice il contrario non sa di cosa parla!” così Muccino, Tornatore invece: “Solo dopo anni riesco a rivedere un mio film, perché a quel punto ho passato la fase ossessiva del vedere tutti i difetti e voler cambiare delle scelte”.

Giuseppe Tornatore e Gabriele Muccino (foto di Valentina Ariete)

I due si sono confrontati anche sulle aspettative che hanno riguardo le loro opere, Tornatore ha affermato: “A volte vedo colleghi che dicono “stavolta ho fatto un grande film!”, io non ci riuscirei mai! E anche se lo pensassi non lo direi!”, Muccino: “Io l’ho detto e pensato. Ma mi sbagliavo!”.
Sul citazionismo ricorrente nella loro cinematografia invece: “Nei miei film ci sono spesso riferimenti espliciti al cinema: un poster, una battuta, frammenti di altre pellicole..” ha detto Tornatore, Muccino dal canto suo: “Io invece so esattamente dov’è che rubo! Io avrei voluto essere Scola, Fellini, Germi, Allen, Leone ma non sarò mai loro e vorrei esserlo, per questo rubo! Ma non è una cosa facile. Bisogna essere bravi anche in questo. E’ un’arte!”.
L’incontro è durato quasi due ore, non sempre scorrevoli, spesso i due si sono piccati a vicenda, ma nel complesso è stata un’esperienza molto interessante: da questi eventi si impara sempre qualcosa e nel pubblico nasce spesso la sensazione di aver sbirciato con curiosità dietro le quinte del grande cinema.

venerdì 16 ottobre 2009

Festival Internazionale del film di Roma 2009


E finalmente ci siamo!
Anche quest'anno sono camuffata da giornalista e con il mio maggggico pass stampa giallo posso accedere a tutte le proiezioni-eventi-incontri della quarta edizione del Festival di Roma.

Quest'anno la grande star della manifestazione è Meryl Streep che però approderà a Roma solamente l'ultimo giorno.

Nel frattempo molte star hanno già fatto sapere che non verranno a prendersi il freddo glaciale che ha avvolto come una morsa Roma in questi ultimi giorni (e mandando all'aria tutto il mio programmino di acchittaggio con vestitini sfiziosissimi ma ahimè troppo leggeri...): Colin Farrell, Anthony Hopkins e i belli di Twilight Robert Pattinson e Kirsten Stewart, non ci saranno.

Ci saranno però: Christopher Lee, Paz Vega, Richard Gere, Giuseppe Tornatore, Gabriele Muccino, George Clooney, i Cohen, Terry Gilliam e la già citata Meryl Streep.
Per le fan esaltate di vampiri e pallidoni vari è vero non ci sarà Pattinson, però pare saranno presenti molti altri attori del cast tra cui la mitica Dakota Fanning.

Intanto finalmente ho scoperto come sono le borse di questa edizione e la soffiata di Lessio era fondata: le "esclusivissssime" bags del Festival sono realizzati con delle vere locandine!

Tanti i film scelti tra cui: La rivolta delle ex (!), un film scialbone con Gere e Diane Lane di cui non ricordo il nome (!!), Coco avant Chanel (!!!), Benjamin Button, Gran Torino, Una notte da leoni, pare pure Rocknrolla ma non le ho viste e 17 again!!! E indovinate un pò quale hanno rifilato alla sottoscritta?! Ovviamente quella con la faccia orrenda e odiosa di Zac Efron! Dopo varie proteste, sbroccamenti e disgusto la mia borsa si è magicamente mutata in quella di "Gran Torino" con il faccione coriaceo e fantastico di Clint al posto di quella barbie di Efron. E meno male!

Dopo questa introduzione al Festival come al solito frivolissima, mi impegno a aggiornarvi giorno per giorno su tutto cioò che vedo, annuso e commento al Festival.
Tra un pò metterà anche la galleria di foto e, non temete, anche quest'anno ci sarà la carrellata delle scarpe!
^_^

Citazione cinematografica n. 84

"Ho già un piede nella tomba e non voglio che mi si pesti l'altro!"

da: Il tempo delle mele

Denise Gray e Sophie Marceau


Titolo originale: La boum
Regia: Claude Pinoteau
Anno: 1980
Cast: Sophie Marceau, Claude Brasseur, Brigitte Fossey, Denise Grey

Superga Cinema On Air - Sesta Puntata 15/10/2009: Il Laureato


Nella sesta puntata di Superga Cinema On Air abbiamo parlato di "Il laureato", eccelso film di Mike Nichols che ha lanciato la carriera del gargantuesco Dustin Hoffman.

In più, Festival del Cinema di Roma, Harper's Island, Genova e State of Play.


RIASCOLTARE LA SESTA PUNTATA DI SUPERGA CINEMA ON AIR CLICCATE QUI!

sabato 10 ottobre 2009

Fortissimamente radio!

E siamo a due!

Dopo Superga Cinema On Air su Radioimago, continuo a parlare di cinema su Radiorizzonti!
Avrò una rubrica di 10 minuti in cui parlerò dei film in uscita questa settimana.
Il nome della rubrica è Radiovisioni e andrà in onda tutti i venerdì alle 19:35.
Potete ascoltarmi sintonizzandovi sul sito della radio www.radiorizzonti.net oppure, se siete del Salento, sulla frequenza 103.4

Se avete 10 minuti oggi magari fate un salto! ^_^

venerdì 9 ottobre 2009

Citazione cinematografica n. 83

"Avrò solo dieci secondi per giustificare tutta la mia esistenza."


da: Momenti di Gloria

Nicholas Farrell e Nigel Havers
Titolo originale: Chariots of fire
Regia: Hugh Hudson
Anno: 1981
Cast: Nicholas Farrell, Nigel Havers, Ian Charleson, Ben Cross, Daniel Gerroll

Superga Cinema On Air - Quinta puntata: Alta Fedeltà

Qui potete scaricare la puntata di oggi di Superga Cinema On Air dedicata al film Alta Fedeltà.

RIASCOLTATE LA QUINTA PUNTATA DI SUPERGA CINEMA ON AIR!


giovedì 8 ottobre 2009

Superga Cinema On Air - Quinta Puntata 8/10/2009: Alta Fedeltà


Mi raccomando oggi pomeriggio alle 17:25-17:30 sintonizzatevi su www.radioimago.net per ascoltare la quinta puntata di Superga Cinema On Air dedicata al film di Stephen Frears Alta Fedeltà.

Parleremo poi di Red Cliff di John Woo e Being Erica in Cinema+, di Ricky di Ozon e del dvd di Louise-Michel in Cinerunner.

In più: succose news in Cinenews, le uscite della settimana e tanto altro!

A oggi pomeriggio!

domenica 4 ottobre 2009

Nemico Pubblico


Da queste parti aspettavamo con ansia il nuovo film di Michael Mann.

Maestro della suspence e del “fomento” cinematografico, Mann è uno dei pochissimi registi in grado di rendere grandiosa la "coattaggine" al cinema.

Riprese in digitale che danno l'idea di un filmato amatoriale, colori intensi, luci artificiali, musica onnipresente e ossessiva, personaggi spesso al limite della legalità e quasi sempre apertamente antisociali e violenti ma con uno charme irresistibile. Questo è il cinema di Mann. Un cinema che spesso non si nutre di messaggi profondi o di storie complesse ma che sa comunicare emozioni violentissime. Un cinema che grazie al suo stesso linguaggio dice qualcosa. Mann parla muovendo la macchina da presa. Poco importa quale sia il contenuto.

A volte questo stile paga – come in L'ultimo dei Mohicani, pellicola “da fomento” per eccellenza, e in Collateral- a volte meno – in Miami Vice la vena coatta e trucida era, a nostro avviso, troppo presente- resta il fatto che le pellicole di Mann non si possono liquidare facilmente, perchè comunque ti tengono inchiodato alla poltrona per tutta la loro durata.

Mann poi, grazie al suo grande senso dello spettacolo, sa scegliere i suoi attori con una maestria eccezionale. In Nemico Pubblico a vestire i panni di John Dillinger, criminale americano degli anni '30, è uno straordinario Johnny Depp.


Johnny Depp


Johnny Depp è uno di quegli attori speciali in grado di interpretare qualsiasi personaggio, a tal punto da inventare per ogni ruolo una diversa camminata, un diverso modo di guardare, ogni volta è in grado di trasformarsi completamente e qui ci regala una prova altissima.

Il suo John Dillinger è allo stesso tempo un ragazzo di provincia e uno spietato criminale, una mente pronta e brillante e un amante appassionato, un romantico e un assassino. Mann e Depp ci trascinano in una caccia all'uomo frenetica e ossessiva, in cui i criminali sono molto più affascinanti degli uomini di legge e le azioni sconsiderate e antisociali dei primi sembrano molto più sensate di quelle assenate dei secondi.

Il fascino del singolo che si dissocia dalla collettività, che cerca una sua via personale e che si ribella alle leggi comuni affascina molto il regista e con lui anche noi ci ritroviamo a fare il tifo per Dillinger che si commuove davanti a un film e che è disposto a tutto pur di salvare la propria donna piuttosto che per poliziotti grassocci dalla mano pesante che fanno il loro dovere senza arte nè parte.

Grandiosa l'apertura del film con tre sequenze inanellate in serie veramente memorabili: la fuga dal carcere, l'inseguimento nel bosco e la prima rapina, spettacolare inoltre la lunga sequenza centrale nella foresta di notte.


Johnny Depp e Marion Cotillard


Johnny Depp assolutamente da incoronare con l'Oscar: il suo sguardo nella macchina quando la folla lo saluta vale da solo l'intero film. Bravissimi anche Marion Cotillard e Christian Bale, che quando è diretto da un grande regista ci sa fare.

Forse un pò confuso nella parte centrale, forse un film non necessario, forse senza una vera morale: ma chi se ne importa. Qui è in ballo l'amore per il cinema e la sua potenza espressiva: e noi, per quanto fosse scontato e melenso, ci siamo emozionati quando abbiamo sentito: “Goodbye black bird”.

La citazione:

"- E tu cosa vuoi?

- Tutto!"


Voto: ♥♥♥♥

Uscita italiana: 6 novembre 2009


Momento Di Vero Godimento n. 23

sabato 3 ottobre 2009

Citazione cinematografica n. 82

"Per quanto il vento ululi forte, una montagna non può inchinarsi ad esso."

da: Mulan





Titolo originale: Id.
Regia: Tony Bancroft e Barry C0ook
Anno: 1998
Cast: Lea Saloga, Eddie Murphy, Donny Osmond


venerdì 2 ottobre 2009

Basta che funzioni


Qui non diremo bentornato Woody. Non lo diremo perchè da queste parti crediamo che il caro vecchio cinico Allen non sia mai andato in vacanza, tranne forse quando si è fermato a Barcellona, e non abbia mai avuto un “calo creativo”. Anzi. Abbiamo amato moltissimo la trilogia londinese alleniana e siamo ancora fermamente convinti che rappresenti, se non l'unico, uno dei pochi esempi di cinematografia in grado di inquadrare alla perfezione l'intricato e imprevedibile calderone degli eventi umani, quella che chiamiamo “vita”. O almeno la vita delle grandi città. E se con Match Point il discorso è stato più facile e comprensibile ai più, purtroppo meno capiti ed apprezzati sono stati Scoop e Sogni e delitti, quest'ultima grandissima e, ahinoi, sottovalutatissima pellicola.

Avendo cercato di esporre i suoi temi, con gli anni inaspriti e solidificati da un cinismo sempre più senza speranza, con un registro narrativo drammatico, ovvero lontano dalla cinematografia a cui ci aveva abituato negli anni, senza ottenere lo stesso impatto che di solito le sue commedie raggiungono, Allen ha pensato bene di tornare alla consolidatissima formula vincente: New York, un cinico ipocondriaco e gli idioti che lo circondano.


Evan Rachael Wood e Larry David

Già perchè questo Basta che funzioni non fa altro che dire le stesse cose che anche Match Point, Scoop e Sogni e delitti affermano: la vita non ha senso, l'amore e la razionalità non sono che costrutti dell'uomo per placare l'atroce angoscia che una vita senza scopo produce e che tutti per quanto intelligenti, ricchi o innamorati siamo in balia del caso, o, come la chiama Allen, della fortuna.

Il titolo già dice tutto: se il mondo non ha senso, il 90% delle persone che ci circondano sono idiote – dei “vermetti” per la precisione- e non c'è un Dio in cui riporre le nostre speranze l'unica cosa sensata da fare è rubare un pò di felicità finchè si può, non importa quale sia la fonte.

Questa è una prima ovvia lettura, l'altra, a nostro avviso, è un'ulteriore presa in giro del pubblico: visto che con il tono drammatico non tutti sono stati in grado, o non hanno voluto, recepire il messaggio, Allen spiattella il suo pensiero dritto in faccia allo spettatore, gli spiega passo passo qual è la sua idea dell'esistenza, proprio come Boris fa con Melody. Ecco perchè “basta che funzioni”. L'importante alla fine è trovare il proprio posto nel mondo e il proprio equilibrio e se proprio non ci si riesce almeno che si rimedi una nicchia e un pò di routine in grado di placare gli attacchi di panico.


Patricia Clarkson

Battute di altissimo livello, citazioni colte, musica classica e jazz, personaggi favolosi – non solo Boris, Marietta, la madre di Melody è un capolavoro di scrittura interpretata superbamente da Patricia Clarkson-: Allen fa finta di non esserci, di guardare tutto dall'alto, ma in ogni dettaglio del film la sua presenza è palpabile, tanto che guardando Larry David sembra di vederlo. Woody è davvero un genio, lo sa, se ne compiace e ci gioca. Ma a differenza di Boris e dei suoi personaggi nevrotici e ipocondriaci sa come muoversi nel mondo e giocare col pubblico. Il cinema è la sua finestra sul mondo e poterci sbirciare dentro, a meno che non siate dei vermetti, è davvero un piacere.

La citazione: "Ma perchè tutti gli psicotici religiosi vengono a casa mia?!"

Voto: ♥♥♥♥1/2

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