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venerdì 20 settembre 2013

Diari di Venezia70 PARTE 2: il festival "pieno di piscio e vento". E cervi morti



Ed eccoci alla seconda ed ultima parte dei miei Diari Veneziani: se nel primo capitolo mi sono concentrata sulle cose più frivole e pratiche, ora non avrò alcuna pietà. 
Adesso si fa sul serio: si parla del concorso, dei film, delle conferenze stampa
Della ciccia insomma.
Per parlare dei film e dei temi di Venezia 70 utilizzerò la suddivisione in capitoli che, chi è stato al festival lo sa, è stata una della costanti della Mostra. 
Cercherò di usarne meno di 59, non sono una sadica come Il Tedesco*.

*NOTA: Il Tedesco è una delle tre figure che compongono la Triade Malefica di Venezia70 cui mi sono riferita per tutta la durata del festival. La triade è composta da: - Il Tedesco, ovvero Philip Gröning, il regista di The Police Officer's Wife- Il GrecoAlexandros Avranas, regista di Miss Violence- Il Cinese, che poi non è cinese ma taiwanese, alias Tsai Ming-Iang, autore di Stray Dogs


1. IL PASSAGGIO DI GESTIONE E LA COMPETIZIONE CON ROMA E TORONTO

Da quando è stato istituito il Festival Internazionale del film di Roma, ovvero 8 anni, Roma e Venezia si sono fatte la guerra. 
E Venezia era il festival prestigioso e Roma quello poraccio. 
Venezia serio VS Roma troppo commerciale.
E Roma troppo vicino a Venezia come date.
E.... ora che ho sperimentato entrambi penso che si tratti di una guerra fra poveri.

E' vero, Venezia ha più storia, in teoria dovrebbe essere il festival più importante insieme a Cannes, ma, siccome siamo nell' Italia in cui la cultura è un optional se non un peso, penso che abbia perso molto del vecchio smalto.
Inoltre Roma sarà sicuramente più commerciale, però ha una location migliore e un red carpet che il Lido se lo sogna.
La cosa inquietante è che, almeno per quest'anno, la qualità dei film di Venezia non era tanto diversa da molti dei film visti a Roma nelle passate edizioni. 
Barbera dice che questo è stato il festival "del rischio", delle "scelte scomode", ma secondo me la verità è che c'era rimasto ben poco da scegliere.
Quest'anno a Müller basta davvero poco, a mio avviso, per fare meglio di Barbera.

Perché tra i due litiganti il terzo gode: se dovessi scegliere l'anno prossimo penso che in questo stesso periodo andrei sicuramente a Toronto, altro che Italia.
Molti dei film presentati quest'anno a Venezia sono passati pochi giorni dopo anche a Toronto, e il filmone che doveva sbaragliare la concorrenza, ovvero 12 Years A Slave di Steve McQueen, è andato proprio in Canada, dove ha, ma guarda un po', pure vinto.

"Venice and Rome suck my chocolate salty balls!" *

*Se non l'avete capita sappiate che potreste essere delle persone meglio: supporto tecnologico.


2. LA GIURIA

Io lo sapevo che con Bertolucci in giuria ce scappava la porcata.
Tuonò.

Altro indizio l'aver riesumato dal nulla gente come Virginie Ledoyen.

La meglio era senz'altro la mitica Carrie Fisher, che purtroppo nessuno si è filato perché irriconoscibile. L'ho anche beccata all'Excelsior una volta e stavo per chiederle una foto, poi chi era con me mi ha detto: "No! Conserviamo un bel ricordo di quando era la principessa Leyla e non ora che sembra Jabba!". E mi sono smontata.

"Jabba era popo bono ar forno co' e patate!"


3. LA SIGLA INTRODUTTIVA

Ogni festival ha la sua sigla introduttiva che viene proiettata prima di ogni film.
Considerando che, se volete vivere appieno l'esperienza festival e non affrontarlo come una gita di liceo andando solo in giro a stalkerare attori, festeggiare e bere, dovete vedere almeno 3 film al giorno, quindi la sigla introduttiva diventa la vostra costante nel buio della sala. 
Ovvio che se questa sigla è insopportabile presto diventerà una specie di "cura Ludovico". 
La sigla di Venezia70 ha un'animazione orrenda.
Il rinoceronte è ok, ma il tizio truce che ti imbruttisce alla fine non si può guardare.

Il rinoceronte invece ha qualcosa di mistico: sono ancora convinta che il film di Garrell, La jalousie, sia stato preso in concorso solo perché ad un certo punto mostra una cartina del Lido di Venezia appesa a un muro e una suppellettile a forma di rinoceronte su una mensola. Messaggi subliminali?


"Mi raccomnado non lo guardà a quello che te imbruttisce!"


4. LE PERVERSIONI SESSUALI

Se dovessimo trovare un tema portante di Venezia 70 sarebbero sicuramente le perversioni sessuali: al Lido c'erano anche James Deen, protagonista di The Canyons, e Stoya (questi invece sapete chi sono, eh?! Ve possino!) che lo ha accompagnato, e paradossalmente i due attori porno sono stati i più tranquilli. 
Gli altri film non si sono fatti mancare nulla: umiliazioni fisiche e psicologiche, violenza domestica, evirazioni, gerontofilia, pedofilia, necrofilia... 
Sembrava di essere a un festino di Trimalcione

"Ma che schifo! Questi sono pazzi!"


5. CACCA E PIPI'

Potremmo soprannominare Venezia 70 "Will Scarlet": come il fratello di Robin Hood (quello di Kevin Costner) il festival è stato "pieno di piscio e vento". 

Non sto scherzando: cacca e pipì si sono viste ovunque!

Scott Haze in Child of God ha evacuato praticamente addosso alla telecamera (pulendosi poi con un ceppo di legno...), in Stray Dogs c'è un'inquadratura fissa di 2 minuti sul protagonista che urina in un campo, in Via Castellana Bandiera c'è addirittura un incrocio di flussi di pipì: ma che siamo pazzi?! Non lo sapete che non si devono MAI incrociare i flussi?!
E noi che pensavamo che il ricorrere a gag su cacca e pipì fosse una prerogativa dei Vanzina o al massimo degli Avengers: ah che stolti!

"Ma non vi vergognate?! Pulitevi almeno, cribbio!"


6. I CERVI MORTI

Meno male che gli animalisti non sono anche cinefili sennò avrebbero rotto un giorno sì e l'altro pure. Accanto a perversioni sessuali di varia natura, a Venezia 70 si è visto almeno un cervo morto al giorno: finito con un colpo di pistola in The Police Officer's Wife, scuoiato da Nicolas Cage con un coltellaccio in Joe, investito con la macchina in Night Moves.... Una metafora sottile? O il risultato di diverse generazioni traumatizzate da Bambi?

"Ma perché?! Non vi abbastava?!"


7. IL SADISMO

La cosa più lampante di Venezia 70 è stata una dose massiccia di sadismo: non solo tra i protagonisti dei vari film, ma soprattutto nei confronti degli spettatori.

L'estenuante suddivisione in capitoli di The Police Officer's Wife (59-capitoli-59! preceduti tutti da un cartello di inizio e seguiti da uno di fine!), le interminabili sequenze a camera fissa, viste sia nel Tedesco, nel Greco che, non ne parliamo, nel Cinese-Taiwanese, le angoscianti scene in cui personaggi allucinati guardano in camera e cantano canzoncine irritanti, viste ancora una volta sia nel Tedesco, che nel Greco che nel Cinese-Taiwanese... Perché questo? Perché torturare lo spettatore in questo modo? 

La risposta è arrivata quando, chiedendo a dei colleghi perché pensassero che un film dove ci sono 20-minuti-20! di primo piano immobile di 2 che guardano fissi in un punto fosse un capolavoro, mi sono sentita dire: "Perchè è estenuante!". 
Bene. 
A quanto pare non c'è un sadico senza un masochista.

"15 minuti di uno che stringe un cavolo?! Cazzarola regà, voi state male! Fateve curà!"


8. L'ASSURDO

Di momenti trash e assurdi ce ne sono stati a fiumi in questo festival, ma alcuni sono veramente da gran premio: in Stray Dogs c'è una scena di 15-minuti-15! in cui un uomo prima acceca un cavolo (la figlia povera ci ha disegnato sopra occhi e bocca per renderla un totem sostitutivo della madre, almeno così m'è sembrato di capire n.d.r.), poi lo soffoca con il cuscino, poi lo picchia, poi lo mangia e infine ne abbraccia i resti in lacrime. 
CAPOLAVORO!
Sì, in un film di Bruno Liegi Bastonliegi.

O ancora: l'aliena Scarlett Johansson di Under the Skin è una strana creatura che abborda gli uomini, gliela fa annusare, poi li annega in una misteriosa pozzanghera nera tutti eccitati e insoddisfatti. A un certo punto però l'aliena si incuriosisce, vuole scoprire cos'è questa cosa per cui tutti questi uomini si fanno ammazzare così volentieri, e allora invece di ammazzarlo, l'ultimo tizio se lo porta a letto. Ma, colpo di scena: l'aliena, al contrario del palazzo del cinema, non ha, come hanno esclamato i miei vicini di proiezione, "il buco"! 
La scena in cui l'aliena-Scarlett prende una lampada e, in posizione ginecologica, si controlla in mezzo alle gambe è da Razzie Award.

E infine: Lindsay Lohan che recita in un film porno (The Canyons), scritto da uno che una volta faceva cose come Taxi Driver, in cui sono state tagliate tutte le scene di sesso e sono rimaste solo le scenette di raccordo tra un amplesso e l'altro. Teribbbbile.

"......"


9. LE COSE BELLE

Da quello che ho scritto fino ad ora sembra che a Venezia 70 si siano viste solo cose orribili: non è vero! Ci sono state anche ottime pellicole.

Gravity di Cuaron, fuori concorso, è quasi un capolavoro: sembra proseguire il racconto di 2001 Odissea nello spazio dell'astronauta che si perde nel vuoto, il 3D è funzionale, forse presenta le più belle scene ambientate nello spazio mai viste al cinema e Sandra Bullock, qui additata sempre come la cagna maledetta, si comporta egregiamente. Miracolo!

Die andere Heimat - Chronik einer Sehnsucht di Edgar Reitz: uno dei film più belli visti al festival. Prequel degli altri tre capitoli di Heimat, con il suo splendido bianco e nero, girato con mano sapiente e recitato egregiamente da giovanissimi attori - il protagonista, Jan Dieter Schneider, esordiente, è il mio nuovo mito: mentre girava il film ha trovato anche il tempo di laurearsi in medicina - è stato un viaggio emozionante pieno di suggestioni. 
Questo è il tedesco che ci piace: le quattro ore di durata in questo caso non sono per nulla pesate, a dimostrazione che se chi dirige il film è un artista la pellicola potrebbe durate anche 10 ore. O 25, come il secondo Heimat. 

The Wind Rises, ultimo film di Hayao Miyazaki, è bellissimo, ed era il mio Leone d'Oro.

Tom à la ferme  è ipnotico e affascinante e avrei dato proprio al giovane prodigio Xavier Dolan il Leone d'Argento per la regia.

Philomena di Stephen Frears, anche se non è un classico film da Leone d'Oro, grazie alla sceneggiatura brillante e alla coppia mastodontica formata da Judi Dench e Steve Coogan, è stata una delle migliori pellicole viste a Venezia 70.

Locke, altro film fuori concorso, è un filmone, con un Tom Hardy strepitoso.

Walesa. Man of Hope di Andrzej Wajda, film biografico e storico senza un briciolo di retorica, pieno di ritmo e ben girato, con un protagonista eccezionale, è un'altra pellicola che mi ha colpito, purtroppo anche questa fuori concorso. 

The Zero Theorem di Terry Gilliam con Christoph Waltz. E ci potremmo fermare qui. Grande accoppiata, il film ricorda molto Brazil, ha qualche pecca, soprattutto nella parte centrale dove forse si dilunga un po' troppo, ma alcune trovate e la scena del buco nero sono meravigliose. A me me piace.

Why don't you play in hell? di Sion Sono: capolavoro. Follia totale, cinefilia a mille, ironia, prese in giro di Tarantino come se piovesse. I due capi della Yakuza interpretati  da Jun Kunimura e Akihiro Kitamura sono formidabili, la ragazzina adorabile e lo spot del dentifricio è già un cult. La canzoncina è stata la mia personale colonna sonora di Venezia70.

Fantastico anche il ragazzino protagonista di Joe, Tye Sheridan, che si è, giustamente, meritato il Premio Mastroianni, commovente il fatto che Nicolas Cage sia tornato a recitare alla grande (sempre in Joe) e meravigliosa la bambina di La jelosie di Garrell.

"Ooooh! Meno male và!"




10. LA PREMIAZIONE

E quindi eccoci arrivati alla premiazione.
C'è da dire che me la sono tirata perché appena ho visto il film greco, Miss Violence, con la sua fotografia triste e grigiastra, la regia angusta fatta tutta in interni, le scene di sesso violento, l'argomento scabroso, la metaforona, neanche troppo sottile, "della Grecia stuprata dai suoi padri", ho detto: questo vince.

Quando ho visto pure il tedesco, appena sono riuscita a riprendermi, ho temuto che vincesse qualcosa. 
Ed è andata proprio così.

Il premio a Stray Dogs ci può stare, l'ho inserito nella triade malvagia perché effettivamente richiede impegno, però è diverse spanne sopra agli altri due.

Mi dissocio dai premi all'asse greco-tedesco dunque: hanno premiato due film anche molto simili, nei temi e nella fattura, oltre che brutti.

Per quanto riguarda Elena Cotta è uno scandalo che abbia vinto la Coppa Volpi al posto di Judi Dench, però in effetti la divina Judi ha Oscar e premi in abbondanza, una Volpi in più o in meno non fa differenza per lei.

Per quanto riguarda il Leone d'Oro non sono molto convinta: Sacro GRA è un discreto film, è l'altra faccia della medaglia più scaciata e verace di La grande bellezza di Sorrentino, è un ritratto di molte di quelle fasce sociali di cui non parla nessuno, è un'Italia più nascosta e drammatica, e l'averla portata in luce fa onore al film di Rosi. Però tutto il contesto che hanno montato intorno al film mi sembra poco genuino: dicono che si tratti di un documentario, ma mi è sembrato tutto molto studiato e programmato. La verità poi è che sì, è un buon film, ma l'impressione è che abbia vinto perché la concorrenza non fosse poi così agguerrita.

La verità è questa: a Venezia 70 sono mancati veri leoni (e perdonatemi al battuta facile).
In edizioni passate c'erano Malick, Paul Thomas Anderson, Herzog... quest'anno la gente è stata felice quando ha visto recitare Sandra Bullock! SANDRA BULLOCK!

E, ovviamente, era il mio primo festival di Venezia sul campo.
Che culo.

"Ma chi so' 'sti quattro pezzenti? Puzzano!"

giovedì 19 settembre 2013

Diari di Venezia70 PARTE 1: "Adoro Venezia quando sogna pecore blu e porci rossi"



Dieci giorni fa si concludeva la mia prima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.
A qualche giorno di distanza mi sono finalmente decisa a raccontare la mia esperienza per la gioia (?!) dei lettori di questo blog da qualche tempo un po' trascurato.
C'è tanto da dire e spero di ricordarmi tutto.

Andiamo con ordine.
Se sognate di andare alla Biennale di Venezia da quando eravate piccoli ma la cosa vi spaventa perché è il più antico e, insieme a Cannes, prestigioso (in teoria) festival di cinema del mondo, non abbiate paura: chiedete un accredito. Ottenere l'accredito non è così difficile: certo vi sbatteranno nell'elenco giallo (se vi dice bene) o, più probabile, in quello verde (malissimo), ma comunque potrete andarci. 

Ah l'accredito!
Questa tesserina maledetta il cui colore deciderà il vostro destino in quei 10 fatidici giorni.
Per mia fortuna avevo alle spalle una testata nota che mi ha consentito di avere un accredito blu alla prima botta (non mi odiate) il che ha parecchio facilitato le cose. 



Per chi non è mai stato a Venezia la cosa sembrerà bislacca, ma, è incredibile, in quei giorni il festival si trasforma in una vera e propria società a se stante, in cui ci sono caste ben precise, e il colore che porti in petto può fare la differenza tra vedere un film o fare file lunghissime per poi magari rimanere fuori dalla sala. 
Bisognerebbe fare uno studio sui meccanismi psicologici che scattano durante il festival: la camminata di chi entra con il rosso e le espressioni fameliche di chi ha il giallo sono indescrivibili. C'è tutta la storia dell'umanità negli sguardi ai due lati delle transenne che separano le file. 

La gerarchia è così:

- VERDE (cultural): chi sei te? C'hai dato i soldi ma mo' sta bono e non rompe
- GIALLO (media): ah, voi fa er giornalista te?! Aahahahahhah!
- BLU (periodicals): sei ok, ma non ci crede troppo
- ROSSO (daily): prego, mi passi pure addosso con le scarpe quando entra in sala
- ROSSO (professional): quando entra vuole pure una fetta di culo?

Non sono battute.
È effettivamente così (magari dette con accento veneto che mi è a tratti incomprensibile).
Ho visto scene apocalittiche, cose che voi umani non potreste immaginare.
All'entrata del film Night Moves stavo pure per essere linciata dalla fila dei gialli che mi hanno urlato contro frasi del tipo "De chi sei amica tu?!", "Noi scriviamo esattamente come te!", "A morte!" perché sono riuscita a entrare e loro no: questo festival crea odio e caste come nemmeno nell'India coloniale. 

Detto questo, il Lido (almeno per me) è stato una mezza delusione.
Dalla cartina sembrava Manhattan e invece è un rettangolino maleodorante di terra pieno di casette che vivono solo in funzione del festival del cinema. Seriamente: ma questi cosa fanno i restanti 350 giorni dell'anno?! Penso che ci sia un tasso di follia altissimo al Lido di Venezia e la prova è che alcuni residenti hanno decorato così case e giardini:

Non si legge ma sul portone c'è un cartello con la scritta "Pig House"


Tra un po' spunta fuori Jack Torrance


Creepy.

Se vogliamo parlare poi del sostentamento anche lì sono dolori: mediamente il cibo è di scarsa qualità e si paga carissimo. Il miglior piatto che ho mangiato sono stati gli spaghetti al nero di seppia, che pare qui siano tipici, e la pasta con le vongole veraci (che però i veneti chiamano in un altro modo che inizia per "C" che ora non mi ricordo). Assolutamente da provare invece lo Spritz: costa poco, in media 2,50 - 3 euro, e lo sanno fare da dio: in più qui si usa servirlo con una grossa e succosa oliva verde. Una goduria.

Spaghetti al nero di seppia


Spritz con l'oliva!

Un grande mistero del Lido di Venezia è che non ci sono cestini per l'immondizia
Provate a liberarvi di una bottiglietta di plastica vuota: potreste portarvela dietro per ore!

Altra incognita: questi fiori.
Qualcuno sa a che pianta appartengono?

Chiamate il Chi l'ha visto botanico. O la dottoressa Ellie Sattler


Un vantaggio al Lido però c'è: si arriva facilmente al palazzo del cinema e ci si può arrivare a piedi. Al massimo in bici. Punto fondamentale: per stare al festival bisogna prendere assolutamente casa al Lido. I traghetti fanno troppi scherzi, tipo saltare arbitrariamente alcune fermate: la follia pura.

Arriviamo dunque al palazzo del casinò: altra delusione.
Da piccola quando vedevo le immagini in tv mi sembrava enorme, bellissimo, maestoso: invece è un palazzetto abbastanza piccolo che se non avesse le decorazioni con su il logo "Venezia 70" sembrerebbe uno stabilimento balneare. Per non parlare del red carpet!
Un rettangolino con qualche piccolo gradino: una miseria.
E' vero che sono abituata male perché l'Auditorium Parco della Musica di Roma dove si tiene il festival del cinema ha un red carpet lunghissimo e imponente, però cavolo, mi aspettavo qualcosa di meglio.
(Questo non mi ha impedito però di fare foto farlocche in giro per il festival).
La Sala Grande invece dentro recupera esteticamente, ma, rispetto sempre alla sala Santa Cecilia dell'Auditorium di Roma, non sembra affatto così "grande".

Il red carpet



Proiezione di Sacro GRA in Sala Grande

Altro shock: il celeberrimo hotel Excelsior è una pacchianata micidiale.
Da fuori sembra un'attrazione kitsch di Disneyland!
Non ci potevo credere! 
Il molo di arrivo all'hotel, quello che in anni di riprese ci hanno fatto sognare mentre dive come Brigitte Bardot ci posavano sopra i loro divini piedi, è minuscolo.
Per fortuna poi l'Excelsior all'interno si riprende: la vista sul mare è bella e suggestiva.

Interni dell'Hotel Excelsior



Passiamo ora alle cose positive: i drink gratis dello spazio Disaronno e i meravigliosi cornetti al cioccolato dello spazio Maserati.
Non sto facendo pubblicità, ma, dopo 3 ore di film tedesco che mi ha fatto passare la voglia di vivere, i drink gratis dello spazio Disaronno mi hanno tirato un po' su.

L'unica reazione possibile a The Police Officer's Wife

Purtroppo però anche qui c'è la fregatura: i drink gratis sono durati solo i primi 2 giorni, poi ogni sera c'erano feste a inviti, che, se hai ottomila film da vedere e recensire, devi per forza saltare o lasciare a metà. Inoltre gli ospiti medi erano del calibro di Mal e cantanti di simil vigore: ma anche no. E poi: ma a voi piace il Disaronno? A me insomma. Il drink migliore era il Sour, con il limone che copriva il dolce del Disaronno. Di quelli ne ho bevuti davvero tanti.

spazio Disaronno a Venezia70

E veniamo alla mitologica terrazza Maserati.
Situata all'interno dell'Excelsior, entrarci è una sfida.
Bisogna chiedere il pass i primi giorni ma trovare la mail giusta a cui chiederla è una caccia al tesoro. Tutti negheranno che tu abbia fatto le cose per bene e i due altissimi bodyguard posti a guardia dell'ingresso come Scilla e Cariddi cercheranno sempre di rimandare il tuo ingresso pronunciando la frase di rito "provi domani verso mezzogiorno". Conquistato il pass le cose non cambiano molto: ottenere accrediti per le interviste è una lotta, ma alla fine ci si riesce.
Una volta che si entra però, sembra il Valhalla: cornetti buonissimi (soprattutto quelli con le gocce di cioccolato), biscotti, succhi di frutta, caffé e cappuccini gratis serviti a bordo piscina. A completare il quadro delle bellissime auto posizionate ad arte nel giardino intorno all'acqua. 

Terrazza Maserati a Venezia 70


E veniamo invece alla vera sorpresa di Venezia 70: la sala stampa.
Per chi ha passato diversi anni a scrivere in quello sgabuzzino senza finestre che era la press room del festival di Roma (e che per fortuna ora è stato abbandonato) la sala stampa di Venezia sembra un sogno: spaziosa, luminosa, con caffé e cappuccini offerti gratis a ogni ora da belle ragazze sempre sorridenti. Meraviglioso.

area wi-fi sala stampa Venezia 70

Un sentito grazie alle ragazze che hanno preparato caffé e cappuccini ogni giorno


Tra le belle cose poi non si può non citare i meravigliosi cuscini-giganti dell'area ristoro (roba che se avessi un loft da arredare me ne comprerei subito uno) e il "muro del pianto", dove gli spettatori hanno espresso i loro commenti sui film. 
Qui di seguito i miei preferiti:













Piccole delusioni personali a parte, forse perché le aspettative erano troppo alte, il festival di Venezia ha comunque il suo perché ed è sicuramente un'esperienza da fare almeno una volta nella vita se si è appassionati di cinema. 
Se uno vuole incontrare attori e registi può farlo facilmente perché gli spazi sono piccoli e di hotel ce n'è uno solo. Quindi se siete cacciatori di autografi e foto questo è il vostro regno.
Poi si incontra tanta gente, si fa amicizia, ci si diverte, soprattutto si vede e parla di cinema per dieci giorni come se non ci fosse altro al mondo. 
Di contro sarebbe bello se fosse un festival dal respiro più ampio, in sostanza il mio disappunto principale sta nella constatazione che sembra tutto un po' "provinciale". 

Per i film e il concorso dovrete attendere la seconda parte dei miei personali "diari di Venezia", e lì sì che saranno dolori.

Comunque, e in questo veramente la Biennale è unica, la cosa più bella del festival è proprio Venezia (e adesso chi è la campanilista?!): anche se i film possono deludere, la città resta sempre uno spettacolo. Come diceva un dottore molto più figo di me "Adoro Venezia!".









sabato 7 settembre 2013

Amazzonia






Come suggerisce il titolo, Amazzonia è ambientato nella foresta pluviale più famosa del mondo: a guidarci alla scoperta di questo mondo fatto di vegetazione lussureggiante e animali di ogni tipo è un cicerone particolare, non un avventuriero con il cappello alla Indiana Jones, ma una scimmietta, precisamente una scimmia cappuccina.
Amazzonia inizia con un volo: a seguito di un incidente, la scimmia Sai, nata e cresciuta in cattività, si ritrova improvvisamente catapultata nel suo habitat naturale e, proprio come succederebbe a una persona, si trova inizialmente disorientata e impaurita dalla vastità della foresta. Durante il suo viaggio Sai incontra animali di ogni tipo, dai coccodrilli ai giaguari, passando per serpenti boa e uccelli colorati. Ben presto Sai capisce che se vuole sopravvivere deve trovare i suoi simili e convincerli a farsi adottare da loro. 

Utilizzando le mille espressioni della scimmia cappuccina protagonista, spesso più convincenti e varie di quelle di tanti altri attori in carne e ossa, il regista Thierry Ragobert, capo montatore e produttore per più di dieci anni dell'oceanografo Jacques Yves Cousteau, ci porta nel cuore di un macrocosmo dalla bellezza unica da proteggere e preservare, ormai sempre più in pericolo a causa dell'invasivo intervento dell'uomo. 

Grazie alle riprese spettacolari, cui si aggiunge un buon 3D, Amazzonia è un documentario all'ennesima potenza, che impartisce una magnifica e divertente lezione di ecologia. Prodotto in collaborazione con Sky, in Italia il film è narrato dall'attore Alessandro Preziosi e distribuito nel circuito di cinema del gruppo The Space.





La citazione: ""

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥

Uscita italiana: 23 marzo 2014


Titolo originale: Amazonia
Regia: Thierry Ragobert
Anno: 2013
Cast: (voce narrante) Alessandro Preziosi
Colore: colore, 3D
Durata: 83 minuti
Genere: documentario
Sceneggiatura: Thierry Ragobert, Johanne Bernard, Luiz Bolognesi, Louis-Paul Desanges, John Kaylin, Luc Marescot  
Fotografia: Gustavo Hadba, Manuel Teran
Montaggio: Thierry Ragobert, Nadine Verdier
Musica: Bruno Coulais
Paese di produzione: Francia, Brasile
Casa di produzione: Biloba
Distribuzione italiana: The Space Movies

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