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venerdì 10 ottobre 2014

GUILLERMO DEL TORO: 50 ANNI DI MOSTRI

Il regista messicano cresciuto a pane e racconti di Lovecraft compie 50 anni: traguardo che si accompagna a una maturità artistica e stilistica all'insegna dell'amore per i mostri e il fantastico 




Chissà come festeggerà i suoi primi 50 anni Guillermo Del Toro, regista messicano originario di Guadalajara e ora residente a Los Angeles, dove, accanto alla residenza in cui convive con la moglie Lorenza e le figlie Mariana e Marisa e, possiede una casa-studio, ribattezzata “The Bleak House”, vero e proprio museo per cinefili, dove custodisce oltre settemila film, migliaia di libri (tutte prime edizioni rare) e memorabilia che farebbero impazzire qualsiasi collezionista, tra cui una statua a grandezza naturale dello scrittore Howard Phillips Lovecraft, sua fonte di ispirazione. Forse si regalerà un nuovo pezzo per la sua collezione, sicuramente festeggerà davanti a una tavola riccamente imbandita, lui che ha provato a essere vegano per quattro anni e poi ha ceduto, e che ha dichiarato di “non fidarsi dei registi troppo magri”. 

Per Del Toro la bulimia del corpo è seconda solo a quella dell'amore per il cinema e i mostri, passione che lo accompagna fin dalla tenera età: per sua stessa ammissione, da bambino aveva sogni lucidi in cui vedeva strane creature invadere la sua stanza: "La paura per quelle creature non mi faceva andare in bagno, tanto da farmi letteralmente bagnare il pigiama. Feci un patto con loro: sarei diventato loro amico a patto che mi lasciassero andare in bagno. Faccio la pipì normalmente da allora ma ora convivo con i mostri". Il fantastico e il sovrannaturale hanno influenzato il regista da sempre, a causa della sua educazione cattolica e della nonna che tentò in più occasioni di esorcizzarlo per via della sua passione per le creature inquietanti. 

Appassionato di letteratura gotica e fantastica, amante di Kubrick e Hitchcock, divoratore di fumetti e manga, Guillermo Del Toro è riuscito a costruire uno stile riconoscibile, fin dagli esordi come makeup artist cinematografico, professione svolta per dieci anni prima di passare alla regia, riuscendo nell'intento di raccontare storie già viste con un approccio originale, lezione appresa da un altro dei suoi riferimenti culturali, Stephen King, di cui cita spesso la frase: “Tutte le canzoni sono già state cantate, bisogna quindi riuscire a raccontare una vecchia storia con una nuova voce”. 

Ripercorriamo quindi la vita e la carriera di uno degli autori più interessanti, poliedrici e personali del panorama cinematografico contemporaneo. 


Religione, insetti, obitori e fantasmi 



Uno stile così particolare come quello di Del Toro non può che essere nato da una fantasia fuori dal comune colpita da elementi singolari: la cultura cattolica del regista, per sua stessa ammissione, lo ha profondamente segnato (non a caso croci e angeli sono sempre ben presenti nei suoi film), così come i colori forti del suo paese d'origine, il Messico. Amante fin da piccolo di insetti, orologi e meccanismi in generale, Del Toro ha cominciato a disegnare a sette anni e già allora vendeva fumetti realizzati da lui a parenti e amici. Il colore ha importanza fondamentale per il regista, che tende a dare un significato a ogni tonalità: amante del color ambra, dominante in tutte le sue opere, Del Toro tratta quasi con sacralità il rosso, simbolo del sangue e della vita. Anche la morte ha avuto grande effetto su di lui: la violenza del luogo dove ha vissuto da bambino e la vicinanza a un obitorio durante un periodo della sua adolescenza lo hanno segnato, portandolo a documentarsi su malattie e parassiti e ad appassionarsi alle immagini di organi e fluidi biologici, inseriti in ogni sua pellicola. Del Toro ricorda inoltre spesso un episodio particolare della sua infanzia: afferma di aver percepito distintamente, a 12 anni, il fantasma dello zio, esperienza all'origine del film La spina del diavolo. Una testimonianza che in bocca a qualunque altro regista sembrerebbe una trovata pubblicitaria o uno scherzo, ma che raccontata da Del Toro assume tutto un altro valore. 


Le fonti di ispirazione 



Accanto al background familiare e ambientale, non si possono non citare i riferimenti culturali del regista: estimatore ai limiti del fanatismo di Stanley Kubrick e Alfred Hitchcock, Del Toro spazia da racconti dell'orrore, in particolare il gotico vittoriano, a fumetti e manga, mostrando ammirazione in particolare per H.P. Lovecraft, Stephen King, Victor Hugo, Charles Dickens e Oscar Wilde. Per quanto riguarda la musica ha detto di amare soprattutto Pink Floyd e Peter Gabriel, mentre il film che più lo ha segnato è La moglie di Frankenstein, con Frankenstein a guidare la sua personale top3 dei mostri preferiti, seguito dal mostro della lagune e l'uomo lupo. La passione di Del Toro per la letteratura lo ha inoltre portato a curare la collana della casa editrice Penguin dedicata ai racconti dell'orrore. 


Necropia e "gli incubatori di idee" 



I primi passi di Del Toro nel mondo del cinema sono cominciati molto presto grazie alla sua passione per il trucco di scena: il regista ha fatto del suo amore per i modellini e i materiali una vera e propria professione. Istruito da Dick Smith, makeup supervisor di L'esorcista, Del Toro ha realizzato, a 21 anni, il suo primo cortometraggio, Dona Lupe, nel 1985. Makeup supervisor per dieci anni, Del Toro ha anche fondato la sua compagnia di trucco cinematografico, chiamata Necropia. Fin dall'adolescenza, tutto il lavoro di Del Toro è documentato in una serie di diari che il regista chiama “incubatori di idee” e che non ha mai abbandonato nel corso degli anni: a ogni film Del Toro comincia un nuovo diario e pare che li conservi tutti gelosamente tranne quello di Cronos, finito nelle mani di James Cameron e mai più restituito. Questo zibaldone pieno di appunti e disegni è diventato un volume, edito da Harper Design, chiamato “Guillermo Del Toro's cabinet of curiosities – My notebooks, collections and other obsessions” e uscito nel 2013. 


Cronos 



L'esordio al cinema di Del Toro risale al 1993: in Cronos, suo primo lungometraggio, il regista ha inserito tutte le sue ossessioni. Un anziano proprietario di un banco di pegni trova un oggetto misterioso in grado di donare la vita eterna: tra angeli, congegni, insetti, lo sguardo innocente di una bambina e vampiri, lo stile del regista è già ben preciso e riconoscibile, con il tentativo, riuscito, di raccontare il vampirismo al tempo stesso come un sacramento e una dipendenza, cercando di ricreare la mitologia vampiresca attraverso l'alchimia. La pellicola segna anche l'inizio della collaborazione di Del Toro con il suo attore feticcio, Ron Perlman, con il quale instaura da allora una fruttuosa collaborazione e un'amicizia anche fuori dal set, e con il direttore della fotografia Guillermo Navarro. Il successo è clamoroso: il film vince nove riconoscimenti in patria e si aggiudica il premio della Settimana della Critica al festival di Cannes. 


Il lato oscuro di Hollywood e un rapimento 



Con un tale successo al film d'esordio, il richiamo di Hollywood non si è fatto attendere a lungo: il secondo film del regista è Mimic (1997), pellicola che Del Toro collega al periodo peggiore della sua vita. Ancora una volta Del Toro parla di insetti e malattie, ma questa volta deve scontrarsi con i fratelli Weinstein, che non gli concedono il final cut del film. Contemporaneamente, suo padre viene rapito in Messico e liberato dopo 72 giorni in seguito al pagamento di un riscatto: Del Toro decide quindi di lasciare la terra natia e trasferirsi a Los Angeles. Vergognatosi per anni del suo secondo film, nel 2011 Del Toro si è tolto una soddisfazione: in quell'anno è uscita la versione "director's cut" di Mimic, che lo ha finalmente riconciliato con la più sfortunata delle sue creature: “Ora posso dire di amare tutti i miei film”, ha commentato il regista. 


Tequila Gang e La spina del diavolo 



Scottato dall'esperienza hollywoodiana, a fine anni '90 Del Toro ha fondato la sua casa di produzione, La tequila gang, ed è tornato girare nella sua lingua madre, lo spagnolo, realizzando, nel 2001, La spina del diavolo, storia di fantasmi ambientata durante la Guerra Civile Spagnola, periodo storico che lo appassiona, e primo film di una “trilogia spagnola” dedicata all'infanzia, che comprende anche Il labirinto del fauno, e al momento ancora incompiuta. 


Pace fatta con Hollywood: Blade e Hellboy 



Il brutto rapporto di Del Toro con Hollywood si è finalmente risanato grazie a Blade II (2002), film con protagonista Wesley Snipes tratto dai fumetti Marvel. Sul set di questo film Del Toro ha conosciuto Mike Mignola, creatore di Hellboy, con il quale si è creata una proficua collaborazione che ha portato il regista messicano a dirigere ben due film dedicati al diavolo rosso interpretato da Ron Perlman. Per dirigere Hellboy, personaggio di cui è un grande fan, Del Toro ha rinunciato a Blade III: al film si è aggiunto poi, nel 2008, il sequel, Hellboy Golden Army e pare che arriverà presto anche il terzo capitolo. 


Il labirinto del fauno, gli Oscar e i piedi a panino 



Dopo tanti vampiri e diavoli, la consacrazione di Del Toro è arrivata nel 2006 con un film scritto e diretto dal regista, Il labirinto del fauno, struggente storia di una bambina che vede creature e mondi misteriosi sullo sfondo della Guerra Civile Spagnola. I dolci occhi della protagonista Ofelia (Ivana Baquero) mostrano allo spettatore un mondo sotterraneo fatto di ombre e magia, in cui creature allo stesso tempo affascinanti e terrificanti incarnano le paure e i sogni di una bambina costretta a crescere prematuramente. Una storia che ha incantato e commosso il pubblico di mezzo mondo, in cui il talento visionario di Del Toro, creatore del design e di tutte le creature del film, è espresso al meglio, portando la pellicola a vincere ben tre premi Oscar, tra cui quello per la miglior fotografia di Guillermo Navarro. Del Toro ha raccontato un aneddoto curioso sulla serata degli Oscar del 2007: “Ricordo che avevo le scarpe strette perché ho i piedi come Fred Flintstone: sono panini umani! Ero allo stesso tempo immensamente felice e piegato dal dolore”. 


Pacific Rim e computer grafica 



Da amante degli effetti speciali di fattura artigianale, Del Toro ha dichiarato di amare anche il digitale ma di utilizzarlo sempre come ultima risorsa. Per realizzare un suo sogno d'infanzia, il regista messicano ha però abbracciato in toto la computer grafica e il green screen: Pacific Rim (2013), scontro titanico tra robot e mostri alieni, ovvero jaeger e kaiju, è un tripudio di effetti speciali, che il regista ha diretto “con l'entusiasmo di un bambino di 11 anni”. Buon successo commerciale, soprattutto in Cina, e grande omaggio ai cartoni animati giapponesi. Il sequel, già annunciato, arriverà nel 2017. 


I progetti mai realizzati: “Il fallimento è successo latente” 



Accanto a tanti film che portano il suo marchio indelebile, ci sono anche diversi progetti sognati dal regista e mai andati in porto: il film tratto dal libro di Lovecraf "Alle montagne della follia" è uno spettro che continua a sfuggire da anni a Del Toro, mentre persa per sempre è la sua versione di "Lo Hobbit", che inizialmente avrebbe dovuto dirigere e che poi è stato invece affidato a Peter Jackson. Sui due anni passati in Nuova Zelanda a lavorare a "Lo Hobbit", di cui è rimasto co-sceneggiatore, Del Toro ha detto: “Fare un casino è essenziale. Penso al fallimento come a successo latente. Ogni esperienza nella vita è neutra: sta a noi trasformarla in un'evoluzione o in involuzione”. Tra gli altri progetti sfumati di Del Toro figurano anche una serie di animazione horror per la Disney chiamata Disney Double Dare You, fatto che ha spinto il regista ad avvicinarsi alla Dreamworks, e la regia dei nuovi film di Star Wars, per cui inizialmente si era fatto il nome di Del Toro, affidati poi a J.J. Abrams, episodio che il regista ha commentato così: “Pensare di dirigere Star Wars è come pensare di uscire con una supermodella: non penso a queste cose”. 


The Strain 



Uno dei progetti più personali del regista è senz'altro The Strain: nata come una trilogia di romanzi scritta a quattro mani con l'amico Chuck Hogan, la saga sui vampiri, ribattezzati "strigoi", di Del Toro è stata trasformata quest'anno in una serie televisiva prodotta da FX insieme a Carlton Cuse, sceneggiatore di Lost. Nella serie, che deriva direttamente dalle ossessioni giovanili del regista e si rifà ai suoi primi lavori cinematografici, Del Toro cerca di creare una nuova mitologia vampiresca e riunisce in una sola opera tutti i suoi elementi caratteristici: il gusto per il dettaglio macabro, gli organi sotto formalina (immagine che ha dato il la alla storia e che Del Toro ha ritrovato disegnata in un suo diario risalente a 22 anni fa), le luci al neon, i parassiti, i vampiri e l'eterna lotta tra razionalità e sentimento. Un prodotto di genere ben confezionato, che Del Toro ha scritto, diretto e curato nel design, soprattutto quello delle creature. La prima stagione si è conclusa in questi giorni e tornerà per una seconda, e presumibilmente anche una terza, il prossimo anno. 


Trovare se stessi nelle storie 



Il successo di Del Toro è dovuto alla sua vasta cultura, che spazia da riferimenti alti alla cultura pop, all'insaziabile curiosità, che continua a stimolarlo anche a 50 anni (sua la frase "la curiosità per me è tutto: quando perdiamo la curiosità perdiamo l'immaginazione e diventiamo vecchi"), all'entusiasmo da appassionato folle (e nerd) e a un gusto per il dettaglio e l'immagine che lo rende immediatamente riconoscibile. Amato da colleghi e amici (tra cui figurano anche i registi messicani di maggior successo come Alfonso Cuaron, Alejandro Iñarritu e Robert Rodriguez), con cui tende a collaborare più volte come nel caso di Perlman e Navarro, la vera forza di Del Toro sta nell'amare profondamente la fantasia e le storie, storie in cui ama perdersi e ritrovarsi, a prescindere da quello che pensa la gente, come ha ribadito con forza più volte: “Raccontiamo storie perché abbiamo un vuoto nel cuore. Questo vuoto non si riempie con il successo, ma con le storie che raccontiamo. Anche se a volte non sono apprezzate, io amo le mie storie a tal punto che le critiche degli altri non mi fanno mai dire "la devo smettere" ma piuttosto "fanculo, devo prevalere!"”.


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THE STRAIN: COMMENTO AL FINALE DELLA STAGIONE 1, THE MASTER

Eph e gli altri si preparano a combattere una battaglia disperata contro il Maestro, mentre New York si appresta sempre più a diventare l'Inferno sulla Terra 




Plot 

Rinvigorito dal sangue del Maestro, Palmer è pronto a servirlo con ancora più devozione dato che, come gli rivela Eichorst (Richard Sammel), non ha ancora ottenuto l'immortalità: per quella è essenziale che il Maestro inietti nel suo corpo il verme. Come prima cosa, Palmer si reca al banco dei pegni di Setrakian (David Bradley) e confisca tutte le armi e i libri del vecchio: l'uomo prende addirittura il cuore di Miriam (Adina Verson). Disgustato dal comportamento del suo superiore, Fitzwilliam (Roger R. Cross) decide di abbandonarlo. Palmer va dunque dal segretario della salute Maggie Pierson (Maria Ricossa), allarmata dal video trasmesso da Eph (Corey Stoll) e decisa a dichiarare la quarantena per Manhattan, e la uccide: il dottor Barnes (Daniel Kash), sconvolto, si dimostra molto più favorevole a collaborare e blocca l'operazione. Non se la passa meglio Gus (Miguel Gomez) che, prigioniero, scopre di essere stato reclutato dai vampiri cacciatori di strigoi per diventare il loro "guerriero della luce", non temendo il sole. Gus viene così a sapere che il Maestro non è l'unico vampiro originale: ci sono altre tre creature come lui, dormienti, protette da questa seconda fazione di vampiri. 

Nel frattempo Eph e Fet (Kevin Durand) trovano il nido del Maestro, che si trova in un vecchio teatro comprato dal cantante Bolivar (Jack Kesy), ora uno degli strigoi. Studiando il luogo, i due scoprono che i vampiri stanno ricostruendo la bara del loro padrone. Organizzatosi, il gruppo decide di attaccare in pieno giorno, così da poter sfruttare la luce del sole: grazie alla dinamite di Fet, il gruppo riesce ad arrivare al Maestro, ma Eichorst li separa. Dutch (Ruta Gedmintas), Nora (Mía Maestro) e Fet affrontano Eichorst, mentre Setrakian e Eph inseguono il Maestro: dopo una lotta durissima, il dottore riesce a spingere il Maestro fuori da una finestra, in pieno sole. Contrariamente a quanto credevano però, il Maestro riesce a sopravvivere e scappa attraverso le fogne della città. Spinto dal figlio Zach (Ben Hyland), Eph torna a casa, dove trova Kelly (Natalie Brown), ormai totalmente trasformata: distrutto, l'uomo cerca di ucciderla, ma la donna scappa. Per la prima volta dopo anni, il dottore beve un bicchiere di alcool e, insieme agli altri, lascia la città, ormai territorio del Maestro. 


Cosa ci è piaciuto 

La battaglia del gruppo contro il Maestro: articolata come un videogioco a livelli, in cui i protagonisti procedono passo dopo passo verso il mostro più importante (e che per questo ricorda vagamente il film con Bruce Lee L'ultimo combattimento di Chen), la lotta di Eph e gli altri è il pezzo forte del finale, con una serie di duelli e scontri al cardiopalma. Interessante anche la scoperta dell'esistenza di altri tre vampiri originali dormienti, fatto che ricorda la saga di Underworld, e che rende il Maestro una sorta di Lucifero staccatosi dai suoi simili per hybris. 


Cosa non ci è piaciuto 

L'incontro tra Eph, Zach e Kelly trasformata avrebbe potuto essere più emozionante e invece si conclude molto in fretta: scelta sicuramente più fedele al libro e più realistica, ma che smorza leggermente il pathos del finale. Il fatto però che questa non sia l'ultima stagione e che Kelly sia scappata, fa supporre che l'incontro clou con Kelly arriverà in futuro. 


L'angolo del mostro 

Grazie agli occhi di Gus scopriamo che il Maestro non è il solo vampiro originale esistente: ci sono altri tre esseri come lui, tenuti dormienti da un'altra fazione di vampiri che ha come scopo quello di eliminare la progenie del Maestro. 




What's next 

La seconda stagione di The Strain è stata confermata e, presumibilmente, Guillermo del Toro e Chuck Hogan faranno coincidere i nuovi episodi con il secondo libro della loro trilogia letteraria. Esperimento riuscito di Del Toro (Leggi il nostro speciale sul regista), che, come un alchimista, ha creato una summa dei suoi primi lavori, attingendo a vari elementi di Cronos (1993), soprattutto per quanto riguarda i parassiti come creatori di vampiri, e Mimic (1997), i cui mostri-insetto ricordano molto gli strigoi dotati di pungiglione, cercando di realizzare una sua personale versione del vampirismo, visto allo stesso tempo come un sacramento e una dipendenza, The Strain ha portato l'horror con l'h maiuscola in televisione. Grazie a effetti speciali artigianali, alla tensione basata soprattutto sulle atmosfere e all'azione ben orchestrata, The Strain ha uno stile ben preciso, grazie soprattutto al tocco inconfondibile di Del Toro, che ha creato dei mostri terrificanti e affascinanti allo stesso tempo. Il regista messicano ha dichiarato che cercherà di essere molto più presente nella seconda stagione, sia sul set che in fase di scrittura, e questo non potrà che giovare alla serie, che ha comunque già dimostrato di poter appassionare il pubblico con questi primi 13 episodi, entrando di diritto nella rosa delle migliori serie di genere presenti in televisione. Per quanto riguarda i personaggi, alcuni sono già da ora dei "pezzi da novanta", Setrakian, Fet e Eichorst su tutti, anche grazie al carisma dei loro interpreti, mentre altri aspettano ancora di sbocciare, come Gus. Nella nuova stagione ci aspettiamo dunque di scoprire qualcosa in più sulla faida nata tra il Maestro e gli altri vampiri originali e magari di vedere una grande battaglia tra i due schieramenti.


Voto: 3,5/5


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sabato 19 luglio 2014

THE STRAIN: COMMENTO ALLA PREMIÈRE NIGHT ZERO

Guillermo Del Toro porta in tv la saga letteraria Nocturna, scritta insieme a Chuck Hogan, imbastendo un racconto che si ispira ai grandi classici horror e che è impregnato delle ossessioni del suo cinema 




Plot 

All'aeroporto JFK di New York un aereo proveniente da Berlino si ferma misteriosamente sulla pista di atterraggio: le luci sono spente, il comandante non risponde alle chiamate e i passeggeri non si muovono. Temendo un attacco terroristico di natura infettiva, la polizia chiama l'epidemiologo Ephraim Goodweather (Corey Stoll), capo del CDC, Centro per il controllo e prevenzione delle malattie infettive. Giunto sul posto, il dottor Goodweather si trova di fronte a una scena raccapricciante: tutti i passeggeri del volo sono morti eccetto quattro superstiti: le vittime sembrano totalmente dissanguate e non presentano segni di violenza. Grazie alla lampada a raggi UV, la dottoressa Nora Martinez (Mia Martinez), biochimica collega e amica di Ephram, scopre inquietanti e misteriose tracce biologiche sull'aereo. Nel frattempo nella stiva del velivolo viene ritrovata una grande cassa di legno, con intagli che raffigurano la Morte, colma di terra. 

Effettuando indagini e dissezionando alcuni dei cadaveri, il team di scienziati scopre che tutte le vittime hanno un taglio nel collo all'altezza della carotide e che dei parassiti filiformi hanno infestato i loro corpi. L'unico a conoscenza dei fatti sembra essere l'anziano proprietario di un banco dei pegni, l'ebreo Abraham Setrakian (David Bradley), sopravvissuto all'olocausto e proprietario di un singolare bastone il cui imponente manico a forma di lupo nasconde un'affilata spada. Setrakian tenta di avvertire Goodweather rivelandogli che i corpi vanno distrutti tagliando loro la testa e bruciandoli, aggiungendo che la cassa, che lui chiama bara, è di fondamentale importanza e non va perduta: il dottore lo crede pazzo e lo fa arrestare, ma quando la cassa sparisce misteriosamente, apparentemente sollevata da un'ombra nera, l'epidemiologo torna sui suoi passi. Quando Ephraim e Nora arrivano sul posto è già troppo tardi: la bara è stata rubata: il responsabile è Gus (Miguel Gomez), un delinquente assoldato da Thomas Eichorst (Richard Sammel), seguace del Maestro, entità che ha promesso l'immortalità a Eldritch Palmer (Jonathan Hyde), billionario anziano e malato, che vuole ottenere l'immortalità e lavora in coppia con Eichorst. 


Dal libro alla tv 

Il regista, sceneggiatore, produttore e autore Guillermo del Toro porta sul piccolo schermo, insieme a FX, The Strain, primo capitolo della trilogia horror Nocturna, di cui fanno parte anche i capitoli The Fall e The Night Eternal, scritta insieme a Chuck Hogan e pubblicata a partire dal 2009. Scritta ispirandosi ai grandi classici della letteratura horror, su tutti Dracula di Bram Stoker, di cui riprende diversi elementi e suggestioni come la bara piena di terra, la serie si rifà all'horror puro, in cui i mostri sono orripilanti e incutono paura, distaccandosi nettamente dal filone adolescenziale e sensuale visto negli ultimi anni al cinema e in tv. Recuperati i veri mostri, Del Toro può dare completo sfogo alla sua creatività, riempiendo il racconto delle sue ossessioni: il design delle creature è spaventoso e curatissimo, così come quello delle scenografie, che rispecchiano il gusto per il gotico e la tecnologia dell'autore messicano. Facendo ampio uso di luci al neon, tute ermetiche, lame dalla storia antica e avvolgendo i suoi personaggi con un'oscurità cupa e impenetrabile, Del Toro dà il suo marchio distintivo alla serie, di cui ha diretto l'episodio pilota, conferendole un'estetica ben precisa che porta il suo tocco inconfondibile. 

The Strain è un prodotto 100% made by Del Toro anche per quanto riguarda i temi e le dinamiche: ritroviamo infatti diversi elementi che si ricollegano ai suoi film come Cronos (i vampiri e la ricerca dell'immortalità), Mimic (gli scienziati che cercano di scoprire le cause di una misteriosa epidemia), Blade II (altro approccio di Del Toro con i vampiri) e anche Pacific Rim (la stanza segreta di Setrakian con reliquie dei mostri e il gusto per la dissezione). Oltre alla mano di Del Toro si sente però anche il tocco di Carlton Cuse, produttore esecutivo e autore di Lost: alcuni elementi sembrano derivare proprio dalla serie con protagonisti i naufraghi del volo Oceanic 815 (l'aereo come luogo in cui nasce l'azione e l'inquadratura dal basso della botola) oltre che da Fringe (l'epidemia sull'aereo che spalanca un mondo che sembrava impossibile), serie creata sempre dal team di Lost. Inoltre, come in molti dei lavori di entrambi gli autori, la storia è simbolo dell'eterna lotta tra la razionalità e il mistero, tra scienza e fede, tra il mondo del visibile e quello dell'invisibile, rappresentati dai due personaggi principali ovvero il dottor Goodwheater e Setrakian. 


Un cast ad alto tasso nerd 

A dare vita ai personaggi di The Strain è un cast che renderà felici i fan di numerose saghe: il protagonista Corey Stoll è stato Ernest Hemingway per Woody Allen in Midnight in Paris e Peter Russo in House of Cards, Mía Maestro, la collega di Goodweather Nora, ha già dimestichezza con i vampiri avendo partecipato ai due film conclusivi della saga di Twilight nel ruolo di Carmen, David Bradley, Abrahm Setrakin, è sia Gazza nella saga di Harry Potter che Walder Frey ne Il trono di spade, e Sean Astin, che qui interpreta Jim Kent, collega di Epham e Nora al CDC, è Sam di Il signore degli anelli. Un cast sicuramente messo insieme non a caso da Del Toro, che notoriamente ama il genere fantasy. 


L'angolo del mostro 

Da Del Toro non possiamo che aspettarci mostri dall'aspetto disgustoso e allo stesso tempo affascinanti, come quelli visti in Il labirinto del fauno, quindi chissà quali sorprese ci attendono in questa serie tratta dai suoi romanzi: per il momento però il regista ha sapientemente dosato con il contagocce l'elemento mostri, limitandosi a mostrare gli striscianti parassiti bianchi, visti anche sul poster promozionale, che tanto hanno turbato i passanti americani. 




What's next 

The Strain è ancora tutto da scoprire: nel primo episodio, della durata di 70 minuti, sono stati introdotti i personaggi principali ed è stato definito lo stile dell'opera, ora però bisogna entrare nel vivo dell'azione. Tutte le domande devono avere risposta: chi è il Maestro? Qual è il suo obbiettivo? Come mai Setrakian conosce così bene i fatti? 


Voto: 4/5


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domenica 2 febbraio 2014

SUPERCLASSIFICA CINEMA 2013



Rullo di tamburi e squilli di trombe: per il sesto anno consecutivo arriva la SUPERCLASSIFICA CINEMA di Eyes Wide Ciak!.
Meno in ritardo dell'anno scorso ma di nuovo un po' fuori tempo, la classifica che celebra tutto, ma proprio tutto, anche le cose più fuffose, dell'anno cinematografico appena passato, torna di nuovo per la gioia di chi, da Alta Fedeltà in poi, non può fare a meno di stilare graduatorie.
Dopo quelle del 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012 arriva dunque quella del 2013, stilata seguendo la solita regola: si celebra il meglio e il peggio delle pellicole uscite nelle sale italiane dal 1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2013
Ancora una volta, grazie alla sempre poco lungimirante distribuzione italiana, questa classifica è falsata rispetto a quanto accaduto al cinema nel mondo: basandosi semplicemente sulle uscite italiane, l'annata 2013 sembra infatti un po' sotto tono, per non dire fiacca, se invece si considerano le uscite nel resto del mondo è una delle migliori degli ultimi anni. Film incredibili come The Wolf of Wall Street, Her e Snowpiercerer (che ho avuto la fortuna di vedere in anteprima a vari festival e anteprime, sì lo so, odiatemi) da noi stanno uscendo in questi giorni, e dovranno quindi rientrare nella classifica del 2014, mentre alcuni filmoni usciti anni fa sono arrivati da noi soltanto recentemente e quindi si trovano nella classifica 2013. 
Detto ciò, tutte le categorie più futili e nerd ci sono sempre, così come la TOP 20 e la WORST 10.
Non indugiamo oltre quindi.
Scateniamo l'inferno.


CATEGORIE INANIMATE

MIGLIOR VESTITO
Ex aequo tra i costumi di Liberace (Michael Douglas) in Dietro i candelabri di Steven Soderbergh e il completo blu di Django (Jamie Foxx) in Django Unchained di Quentin Tarantino. 




MIGLIORI SCARPE
Le scarpe bianche e nere di Stoker di Park Chan-Wook




OGGETTO CULT
Gli Jaegers di Pacific Rim di Guillermo Del Toro





MIGLIOR MEZZO
Il "tooth wagon" di Django Unchained di Quentin Tarantino






CATEGORIE BELLE

ATTRICE PIU' BELLA
Blanca Suarez in Gli amanti passeggeri di Pedro Almodovar



ATTORE PIU' BELLO
Henry Cavill in Man of Steel di Zack Snyder



ATTRICE PIU' SEXY
Adèle Exarchopulos in La vita di Adèle di Abdellatif Kechiche



ATTORE PIU' SEXY
Benedict Cumberbatch in Star Trek Into Darkness di J.J. Abrams



ATTRICE PIU' ELEGANTE
Zhang Ziyi in The Grandmaster di Wong Kar-Wai



ATTORE PIU' ELEGANTE 
Leonardo DiCaprio in Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann




CATEGORIE VIETATE AI MINORI

MIGLIOR NUDO
 Hugh Jackman in Wolverine - L'immortale di James Mangold



MIGLIOR SPOGLIARELLO
Ramona (Sabrina Ferilli) in La grande bellezza di Paolo Sorrentino



MIGLIOR SCENA DI SESSO
Adèle (Adèle Exarchopulos) e Emma (Léa Seydoux) in La vita di Adèle di Abdellatif Kechiche




CATEGORIE MIXATE

MIGLIOR CATTIVO
Ex aequo tra Calvin J. Candie (Leonardo DiCaprio) in Django Unchained di Quentin Tarantino e Crystal (Kristin Scott Thomas) di Only God Forgives di Nicolas Winding Refn




MIGLIOR STORIA D'AMORE
Adèle (Adèle Exarchopulos) e Emma (Léa Seydoux) in La vita di Adèle di Abdellatif Kechiche



MIGLIOR BACIO
Adèle (Adèle Exarchopulos) e Emma (Léa Seydoux) in La vita di Adèle di Abdellatif Kechiche



MIGLIOR TRAVESTIMENTO
Tutti quelli di Denis Lavant in Holy Motors di Leos Carax con particolare grande affetto per Monsieur Merde




MIGLIOR SCENA DI BALLO
Il compleanno di Gep Gambardella in La grande bellezza di Paolo Sorrentino




MIGLIOR ANIMALE
Il cane Sparky di Frankenweenie di Tim Burton




CAZZATA DELL'ANNO
Quest'anno c'è un intero film che rientra nella categoria cazzata dell'anno, ovvero Comic Movie: un aborto che non si capisce come abbia potuto vedere la luce. Tra le varie assurdità di questo film però ce n'è una che vince per bruttezza e inutilità: Hugh Jackman con i testicoli sul collo che cerca di sedurre Kate Winslet. Perché?!






CATEGORIA SCENE

SCENE CULT
Il jaeger Gipsy Danger colpisce un Kaiju con una nave mercantile in Pacific Rim di Guillermo Del Toro




SCENA TRASH
Alien (James Franco) suona "Everytime" di Britney Spears al piano in Spring Breakers di Harmony Korine



LE 8 MIGLIORI SCENE

1) Il pianosequenza iniziale di Gravity




2) La danza in motion capture di Holy Motors




3) La scena a Mont Saint Michel di To the Wonder




4) Tim (Domhnall Gleeson) e suo padre (Bill Nighy) tornano indietro nel tempo insieme in Questione di tempo




5) La lotta nel pub in The world's end




6) Elsa costruisce il palazzo di ghiaccio in Frozen




7) L'entrata in scena di Smaug in Lo Hobbit - La desolazione di Smaug




8) L'uso di Space Oddity in I sogni segreti di Walter Mitty







CATEGORIE LEGGENDARIE

PERSONAGGIO DELL'ANNO
Gep Gambardella (Toni Servillo) in La grande bellezza di Paolo Sorrentino



FRASI DELL'ANNO

"Look at my shiiiit!" da Spring Breakers

"Direttore della CIA: chi è lei?
Maya: Sono la figlia di puttana che ha trovato questo posto, signore" da Zero Dark Thirty

"What the fuck does WTF mean?!" da The world's end

"C'è un limite ai traumi che una persona può sopportare prima di mettersi a urlare in mezzo alla strada" da Blue Jasmin

"La nostra vita non è nostra. Da grembo a tomba, siamo legati ad altri passati e presenti... E da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro" da Cloud Atlas

"Sono belli i trenini che facciamo alle feste, vero? Sono i più belli del mondo... perché non vanno da nessuna parte" da La grande bellezza


GESTO DELL'ANNO
Il doppio dito medio di James Franco in Facciamola finita di Evan Goldberg e Seth Rogen





CATEGORIA ATTORI

MIGLIOR COPPIA
Adèle Exarchopulos e Léa Seydoux in La vita di Adèle di Abdellatif Kechiche e menzione speciale per la coppia Stallone-Schwarzenegger finalmente insieme in Escape Plan




PEGGIOR COPPIA
Liam Hemsworth e Amber Heard in Il potere dei soldi di Robert Luketic



MIGLIOR ATTRICE
Cate Blanchett in Blue Jasmin di Woody Allen




MIGLIOR ATTORE
Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman in The Master di Paul Thomas Anderson



PEGGIOR ATTRICE
Lindsay Lohan in The Canyons di Paul Schrader



PEGGIOR ATTORE
Jaden Smith in After Earth di M. Night Shyamalan





CATEGORIA REGISTI

MIGLIOR REGISTA
Alfonso Cuaron per Gravity



PEGGIOR REGISTA
Il collettivo di Comic Movie




CATEGORIA COLONNE SONORE

MIGLIOR COLONNA SONORA ORIGINALE
Steve Price per Gravity di Alfonso Cuaron

MIGLIOR COLONNA SONORA NON ORIGINALE
Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann

MIGLIOR CANZONE
"Young and Beautiful" di Lana Del Rey in Il Grande Gatsby  di Baz Luhrmann



CATEGORIA TITOLI

MIGLIOR TITOLI DI TESTA
Il grande e potente Oz di Sam Raimi




MIGLIOR TITOLI DI CODA
Il grande e potente Oz di Sam Raimi





WORST 10

1) COMIC MOVIE di registi vari



2) COLPI DI FORTUNA di Neri Parenti



3) IL POTERE DEI SOLDI di Robert Luketic



4) WOLVERINE - L'IMMORTALE di James Mangold



5) AFTER EARTH di M. Night Shyamalan



6) SHADOWHUNTERS - CITTA' DI OSSA di Harald Zwart



7) ATTACCO AL POTERE - OLYMPUS HAS FALLEN di Antoine Fuqua



8) MISS VIOLENCE di Alexandros Avranas



9) LA MOGLIE DEL POLIZIOTTO di Philip Groning



10) MOEBIUS di Kim Ki-duk





TOP 20

20) CLOUD ATLAS di Lana e Andy Wachowski



19) SOLO DIO PERDONA di Nicolas Winding Refn



18) RE DELLA TERRA SELVAGGIA di Behn Zeitlin



17) FRANKENWEENIE di Tim Burton



16) CONFESSIONS di Tetsuya Nakashima 



15) LINCOLN di Steven Spielberg



14) TO THE WONDER di Terrence Malick



13) STAR TREK INTO DARKNESS di J.J. Abrams 



12) THE WORLD'S END di Egar Wright



11) IL GRANDE GATSBY di Baz Luhrmann




10) QUESTIONE DI TEMPO di Richard Curtis



9) ZERO DARK THIRTY di Katryn Bigelow



8) RUSH di Ron Howard



7) THE MASTER di Paul Thomas Anderson



6) PACIFIC RIM di Guillermo Del Toro



5) DJANGO UNCHAINED di Quentin Tarantino



4) LA VITA DI ADELE di Abdellatif Kechiche



3) LA GRANDE BELLEZZA di Paolo Sorrentino



2) HOLY MOTORS di Leos Carax



1) GRAVITY di Alfonso Cuaron



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