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venerdì 1 agosto 2014

The Jackal: “Ormai siamo una macchina da guerra”

Abbiamo incontrato gli youtubers e filmmakers The Jackal, forti del successo del secondo episodio di “Gli effetti di Gomorra – La Serie sulla gente”, con la guest star d’eccezione Salvatore Esposito, che ha superato in questi giorni il milione di visualizzazioni su YouTube: ci hanno parlato di come nascono i loro video, dei progetti futuri e di come le Vrenzole hanno vissuto l’esperienza al Giffoni Film Festival 




Si sono persi in Google, sono stati Gay Ingenui e Negri Sbiaditi, ora sono Vrenzole che commentano fatti di attualità di ogni tipo e hanno sperimentato sulla propria pelle gli effetti di “Gomorra – La serie, hanno girato video per 99 Posse e Pirelli, gli altri youtubers italiani guardano a loro come a un punto di riferimento (a ottobre distribuiranno infatti il film di Claudio Di Biagio e Luca Vecchi Vittima degli eventi), hanno ottenuto più di 27 milioni di visualizzazioni su YouTube, hanno uno studio che è ormai la loro seconda casa, e che hanno ribattezzato “bat caverna”, amano le serie tv e il cinema d’azione e fantascienza anni ’80: sono i The Jackal, gruppo napoletano che in pochi anni è diventato il collettivo più apprezzato, e cliccato, del web. 

Formato da 10 persone, il gruppo è organizzato nei minimi dettagli: i volti noti sono quelli di Ciro Priello, Simone Ruzzo e Roberta Riccio, detta Proxy, gli attori, ma dietro le quinte ci sono anche Giuseppe Tuccillo e Francesco Capaldo, alias Francesco Ebbasta, registi e montatori, Alfredo Felco e Nicola Verre, responsabili degli effetti speciali e della post-produzione, Danjlo Turco, autore delle musiche e degli effetti sonori, Antonella Di Martino, scenografa, e Andrea Leone, il produttore esecutivo. I The Jackal sono riusciti a distinguersi dal resto dei filmmakers di YouTube, soprattutto per la qualità tecnica dei loro video, che ha portato anche diversi premi, come quello alla Miglior Webserie per “Lost in Google” al Gran Galà del Cinema 2013. Il gruppo di ragazzi non si limita infatti a mettersi davanti a una telecamera e a inscenare sketch, ma si occupa di ogni aspetto della produzione, dal suono agli effetti speciali: Danjlo Turco è un vero e proprio sperimentatore del suono, per il corto “The Parker” ha messo insieme diverse registrazioni per creare i passi del parcheggiatore abusivo, come avrebbe fatto una produzione di alto livello, mentre per lo stesso lavoro Antonella Di Martino ha creato un cancello in polistirolo del tutto simile a uno vero da distruggere in una scena. Grazie inoltre all’attenzione per l’attualità, i The Jackal sono sempre sul pezzo, commentando con i loro video sia fatti di cronaca che reality televisivi, piuttosto che i mondiali di calcio. 

Al Giffoni Film Festival, dove hanno presentato il secondo episodio di “Gli effetti di Gomorra – La Serie sulla gente” (la prima puntata è stata condivisa sui social da Roberto Saviano in persona, che li ha definiti “bravissimi, la realtà artistica italiana più brillante degli ultimi tempi”), i The Jackal hanno stupito tutti avvalendosi per il nuovo episodio della partecipazione straordinaria di Salvatore Esposito, interprete di Genny Savastano nella serie originale. Un successo che è diventato virale: in pochi giorni il video ha superato il milione di visualizzazioni. Non solo sketch e corti però: il gruppo in futuro vorrebbe fare anche cinema, ha già pronte in cantiere diverse sceneggiature, e magari si farà promotore di una distribuzione online, come già accade in America con canali come Netflix. 


Come nascono i vostri video? E come fate ad essere sempre sul pezzo? Avete una squadra segreta di scimmie che vede tutto il possibile e vi aiuta a scegliere gli argomenti su cui concentrarvi? 

Simone Ruzzo: “Per i video noi viaggiamo nel tempo: sappiamo già cosa accadrà nel futuro” 

Alfredo Felco: “In realtà siamo scimmie” 

S.R.: “Siamo scimmie che viaggiano nel tempo” 

Nicola Verre: “Ecco questa è già un’idea: una serie su scimmie che viaggiano nel tempo!” 

Ciro Priello: “Questa sarà una serie fichissima!” 

A.F.:” Time traveling monkeys!” 

Giuseppe Tuccillo: “Noi abbiamo uno studio che ormai è come una seconda casa: è lì che nascono le idee e vengono sviluppate. Troviamo un concept, lo giriamo, lo montiamo, lo musichiamo e poi lo pubblichiamo. Le idee nascono perché stando insieme, vedendo gli stessi film e le stesse serie tv, parlando e scherzando troviamo un tema che ci piace e proviamo a metterlo in video: siamo diventati una specie di macchina, appena intuiamo che abbiamo avuto un’idea buona proviamo subito a girarla”. 

A.F.: “Siamo proprio una macchina bellica” 

N.V.: “Una macchina bella” 

Avete realizzato video come “Gli effetti di Gomorra – La serie sulla gente” e “Il trono di spoiler“, quindi siete molto attenti al mondo delle serie tv: quali sono quelle che seguite e che vi ispirano? 

G.T.: “Doctor Who” 

A.F.: “Doctor Who” 

Francesco Capaldo: “Breaking Bad” 

S.R.: “Il trono di spade” 

C.P.: “Per me è diventata Gomorra, prima era Breaking Bad ma ora assolutamente Gomorra” 

N.V.: “Scrubs” 

A.F.: “Diciamo che andiamo anche un po’ a periodi: per esempio quando c’era l’ultima stagione di Il trono di spade eravamo tutti impazziti e parlavamo solo di quello” 

F.C.: “A me piace molto pure Carabinieri” 

Roberta Riccio: “A me Un Medico in Famiglia: mi ha formato” 

Roberta Riccio, alias Proxy: tu sei una delle poche donne del gruppo. Com’è stare in mezzo a tutti questi ragazzi quando in realtà la prima donna è chiaramente Ciro? 

R.R.: “Sì, la prima donna è assolutamente Ciro. Si sta bene, è un bell’ambiente, mi sento a mio agio. Comunque nel gruppo c’è un’altra ragazza, Antonella, la scenografa. Siamo tutti alla pari quindi non ci sono problemi” 

C.P.: “Io proprio perché mi sento prima donna a volte combatto con lei perché vorrei fare sia il ruolo maschile che quello femminile, quindi ogni tanto abbiamo delle discussioni” 

R.R.: “Si a volte abbiamo delle discussioni perché lui vuole apparire di più in video” 

A proposito di donne: le Vrenzole come si sono trovate al Giffoni Film Festival? 

S.R.:”Troppo bell’! Arove l’avete accattato ‘stu tappeto blu?!” 

C.P.: “Troppo bell’! Un sacco di gente mammamia. U’ tappeto blu! Bellissimo! O vuogl’ pur’io a casa, bello stiso!” 

Al Giffoni Film Festival avete presentato il vostro ultimo video su Gomorra – La Serie con la partecipazione straordinaria di Salvatore Esposito: continuerete a farne altri? 

F.C.: “Non penso continueremo. Credo che la serie si sia esaurita con il cammeo di Salvatore Esposito alias Genny Savastano. Volevamo prendere un po’ in giro l’effetto che ha avuto in tutta Italia questa serie che, soprattutto a Napoli, ha cambiato il modo di parlare degli spettatori”. 

A.F.: “Noi nel nostro ufficio dopo aver visto Gomorra ci parlavamo solo così” 

C.P.: “Si sono creati due clan nel nostro ufficio: il clan Priello e il clan Ruzzo. Con battaglie ogni tanto” 

F.C.: “A differenza di Vrenzole, che si basa su argomenti di attualità e quindi può durare e essere longevo perché una volta possiamo parlare del terremoto, una volta della finale dei mondiali sfruttando la forza comica delle nostre vrenzole e del rap di Ciro, questo è un format un po’ più limitato, se non gli dai delle svolte non può durare oltre i due episodi a mio parere. Poi magari ci scapperà il terzo con la prossima stagione e avere anche un cammeo di Salvatore Conte non sarebbe male” 

Voi siete molto organizzati anche per quanto riguarda la distribuzione e oltre ad aver collaborato anche con altri youtubers distribuirete il film di Claudio Di Biagio e Luca Vecchi “Vittima degli eventi”: vi sentite un po’ come “i padrini” dei filmmakers italiani di YouTube?

G.T.: “Noi gestiamo tutto: tutto passa da noi. Simm’ nui i chiù forti!” 

F.C.: “Se hai bisogno di un video sai chi chiamare” 

C.P.: “Simm’ arrivati fino a o’ basso Lazio!” 

A.F.: “Claudio e Luca ormai sono amici e in un primo momento li abbiamo aiutati molto per il crowdfunding del loro film: abbiamo spinto il progetto perché ci sembrava valido” 

F.C.: “È molto bella l’idea di poter creare una rete, come hanno già fatto gli youtubers oltre oceano che seguiamo da anni, e quindi poter creare un appoggio mediatico attraverso le diverse fanbase di tutti gli artisti per lanciare prodotti che valgono, come credo sia il film su Dylan Dog, che promette molto bene”


Pubblicato su TvZap.

lunedì 28 luglio 2014

Paolo Ruffini e Frank Matano: “Noi i nuovi Boldi e De Sica? Magari”

I due comici, al Giffoni Film Festival per ritirare il premio Explosive Talent Award, ci hanno parlato del film “Tutto molto bello”, in uscita a ottobre, e del loro sodalizio artistico 



Paolo Ruffini e Frank Matano sono la nuova coppia della commedia popolare italiana: insieme hanno girato “Fuga di Cervelli, film d’esordio dietro la macchina da presa del comico toscano, un’esperienza talmente positiva da convincerli a unire le forze anche per la seconda pellicola da regista di Ruffini, “Tutto molto bello, che uscirà nelle sale cinematografiche il prossimo 9 ottobre. Nel nuovo lungometraggio i due sono futuri padri che si incontrano in ospedale mentre aspettano che le rispettive compagne partoriscano; protagonisti del film anche Chiara Francini, Angelo Pintus, Gianluca Fubelli, volti noti al pubblico di “Colorado, show condotto da Ruffini, e la modella e showgirl Nina Senicar

Il comico toscano e il fenomeno del web di Caserta sono arrivati insieme al Giffoni Film Festival per ritirare il premio Explosive Talent Award: un’esperienza particolare per Matano, che quattro anni fa era tra il pubblico del festival e si era cimentato come intervistatore, arrivando a fare delle domande all’attrice premio Oscar Susan Sarandon. Oggi i ruoli si sono ribaltati ed è Matano a rispondere alle domande: lo abbiamo infatti incontrato insieme a Ruffini proprio a Giffoni, dove ci hanno parlato del nuovo film insieme, del loro rapporto, dei progetti che hanno in cantiere e della polemica nata dopo la conduzione di Ruffini ai David di Donatello


Paolo Ruffini e Frank Matano: siete in nuovi Boldi e De Sica del cinema italiano? 

Paolo Ruffini: “Voi potete dirlo, non è che noi possiamo impedirvi di farlo” 

Frank Matano: “Io non lo so, non sono neanche nella fase di pubertà del recitare, quindi per ora posso solo dire che mi sta cambiando la voce e ho degli strani bisogni sessuali” 

P.R.:”Magari essere come Boldi e De Sica: vorrebbe dire fare 25 film insieme e i maggiori incassi della storia del cinema italiano. Ma non credo che riusciremo a fare tanto: magari, ma magari pure essere come Bud Spencer e Terence Hill! Oppure Gianni e Chinotto. O era Pinotto?” 

Siete alla seconda collaborazione, dopo “Fuga di cervelli” a ottobre uscirà infatti “Tutto molto bello”: com’è nata questo sodalizio artistico? Vi siete trovati bene insieme? 

F.M.: “In realtà ci odiamo. No davvero, a me lui non sta simpatico, poi non capisco perché c’ha quel bianco nei capelli” 

P.R.: “Io non lo capisco quando parla! No, ci vogliamo molto bene, infatti è un problema grave per i film” 

F.M.: “A Paolo voglio veramente bene, grazie a lui ho fatto tante cose che mai avrei pensato. Mia mamma ancora si chiede come mai sto facendo queste cose” 

P.R.: “Lui è un gran talento, potrò dire che ha fatto il primo film con me. Anche se già mi tradisce: ora va a fare i film con Bisio, lasciamo stare” 

F.M.: “Me l’ha detto mia mamma, mi ha detto: fai un film con Bisio per favore? Quando mi faccio la doccia penso a Bisio” 

Nel vostro prossimo film insieme, “Tutto molto bello”, che uscirà il nove ottobre, interpretate due futuri padri: potete dirci qualcosa? 

P.R.: “È l’attesa di due futuri padri che si incontrano in ospedale mentre attendono il lieto evento e una serie di rocambolesche avventure li porta invece lontano dall’ospedale: si ritrovano in mezzo a inseguimenti, esplosioni, incontri discutibili, tra cui quello con Angelo Pintus e Gianluca Fubelli che è un rocker fallito, un emiro che li porta in una villa dove succedono delle cose pazzesche, incontrano Nina Senicar…” 

F.M.: “Fortunatamente sono successe tutte queste cose nel film, sennò era una noia” 

P.R.: “Ma in che senso scusa?” 

F.M.: “Nel film io lo convinco ad andare a mangiare una pizza e succedono tutte queste cose: meno male che mi è venuta questa idea, altrimenti il film sarebbe stato 90 minuti di noi che aspettavamo i figli che nascono in ospedale” 

Su TvZap abbiamo un socialscore che analizza social network come Facebook e Twitter e stila una classifica dei personaggi più cercati su internet: in questi giorni tu sei al primo posto, segno che il web ti segue molto. Tu sei nato su internet: sei ancora legato a questo mezzo o ormai vuoi dedicarti solo al cinema e alla televisione? 

F.M.: “Mi sa che mio cugino si è fatto una serie di account fake e mi vota e scrive di me….Scherzi a parte: ora si sono tutti accorti di internet quindi questo è il momento più stupido per abbandonarlo. Infatti sulla mia pagina Facebook cerco di caricare ogni giorno qualcosa di originale, mentre su YouTube, lo ammetto, devo cercare di impegnarmi un po’ di più. Quindi grazie a tutti quelli che mi seguono, grazie cugino!” 

Paolo, sempre a proposito di social: cosa ci puoi dire sulla bufera che si è scatenata dopo la tua conduzione dei David? Con Valerio Mastandrea poi vi siete sentiti e chiariti? 

P.R.: “Mi ha fatto molto piacere perché le critiche sono tutte attenzioni: in questo mestiere se uno ha delle attenzioni vuol dire che ha raggiunto il suo obbiettivo. Noi siamo sempre al centro dell’attenzione e quando questa si sovraffolla è meraviglioso. Poi è un piacere sapere che il paese si mobilita perché io dico “topa” alla Loren: mi sembrano cose importanti tali da essere condivise nei salotti buoni dell’intellighenzia italiana. Quindi molto volentieri. Con Mastandrea nessun problema, ma nessun problema con nessuno. Sono convinto che ci sono tante cose belle a cui pensare però se le persone vogliono concentrarsi su questo ben venga. Poi sai che c’è, per me era un complimento straordinario” 

Oltre al nuovo film avete altri progetti in cantiere? 

F.M.: “Il 2 settembre inizio le riprese a Napoli di un film insieme a Claudio Bisio. Sono molto contento e soprattutto mia mamma: stranamente ora lei sta sempre insieme a me, solo quando c’è Bisio e improvvisamente mi dice: puoi uscire dalla stanza? No, mamma. E poi stasera devo andare a un matrimonio” 

P.R.: “Io un remake di Tom e Jerry con Sophia Loren: io faccio il gatto e lei la topa”


Pubblicato su TvZap.

sabato 26 luglio 2014

Braccialetti Rossi: “La forza dell’amicizia dà coraggio”

I protagonisti della fiction “Braccialetti Rossi”, dopo aver visitato il reparto pediatrico dell’ospedale di Salerno, hanno incontrato il pubblico del Giffoni Film Festival, che li ha accolti come grandi divi, e hanno anticipato grandi novità per la seconda stagione 




Ricevere più applausi del divo Richard Gere era difficile ma i ragazzi protagonisti di “Braccialetti Rossi” sono riusciti nell’impresa: accolti come delle star, i giovani attori sono stati sorpresi da tanto successo, ma hanno mantenuto i piedi per terra: prima di incontrare il pubblico del Giffoni Film Festival il gruppo è infatti andato a trovare i pazienti del reparto pediatrico dell’ospedale di Salerno: “Stamattina siamo andati tutti insieme al reparto pediatrico dell’ospedale di Salerno, alcuni ragazzi erano molto gravi ma sono stati felici di vederci: è stata un’emozione fortissima” ha detto Aurora Ruffini interprete di Cris, che ha continuato: “Abbiamo ricevuto tantissimi messaggi da ragazzi di qualsiasi età, da bambini di 7 anni a donne e uomini di 30, ma voglio ricordarne uno in particolare: un ragazzo malato ci ha ringraziato perché con l’aiuto della serie a scuola per la prima volta è stato visto come normale, si è sentito accettato, ci ha ringraziato di questa normalità che gli avevamo regalato”. 

Non solo messaggi di ringraziamenti: Mirko Trovato, interprete di Davide, ha raccontato un curioso aneddoto: “Un giorno mi è arrivato a casa con il corriere un mobiletto strano: un uomo di 60 anni mi aveva regalato un grande uovo di Pasqua!”. Il riscontro con il pubblico è stato molto forte, la storia di questi ragazzi malati che si incontrano in ospedale e diventano amici ha commosso ogni tipo di spettatore e i ragazzi sono contenti del loro lavoro: “Molte persone che vivono la malattia ogni giorno hanno trovato la forza di lottare e andare avanti grazie alla fiction: hanno visto in noi qualcosa che li ha spinti a trovare uno stimolo. La cosa bella è che li abbiamo raccontati come dei ragazzi normali: che si innamorano, che diventano amici. Sono malati ma sono ragazzi come tutti gli altri” ha detto Brando Pacitto, interprete di Vale. 

Non solo i protagonisti sono fieri del risultato finale: anche Eleonora Andreatta, direttore di Rai Fiction, ha lodato “Braccialetti Rossi”: “La cosa che mi ha colpito è che una volta visto si ha la sensazione che sia un prodotto necessario: è una cosa importante, gli adolescenti e i ragazzi di oggi potranno portarsi nel loro percorso di crescita una storia importante come questa. All’estero ci hanno fatto i complimenti ma ci guardavano anche con scetticismo perché pensavano fosse un prodotto difficile. Inoltre per la prima volta su Rai1 si porta un gruppo di ragazzi sconosciuti e che interpretano dei malati. Il pubblico più giovane è quello che ha accolto con più calore il progetto e questa è una cosa bellissima”. 

Per i fan della serie ci sono inoltre buone notizie: ci sarà sia una seconda che una terza stagione, entrambe composte da quattro episodi ciascuna. Le riprese della seconda stagione partiranno ad agosto e gli autori ci tengono a puntare tutto sulla sceneggiatura, che sarà poi tradotta in immagini sempre dal regista Giacomo Campiotti. Abbiamo incontrato dunque i protagonisti di “Braccialetti Rossi”, che ci hanno dato una notizia che farà molto piacere ai fan della serie e in particolare del personaggio di Davide. 


Qui al Giffoni siete stati accolti con grande calore: vi aspettavate questo successo? Siete stati applauditi più di Richard Gere. 

Carmine Bruschini: “No, ma siamo sempre molto emozionati”. 

Aurora Ruffini: “Non ce lo aspettavamo, soprattutto dopo così tanto tempo dalla fine della fiction: vedere così tanti ragazzi ora che siamo a luglio e la fiction è finita a marzo e trovarli ancora così entusiasti è fantastico”. 

Nella fiction siete un gruppo molto unito: anche sul set è stato così? Siete diventati amici? 

Mirko Trovato: “Assolutamente si!” 

Brando Pacitto: “No in realtà ci odiamo!” 

C.B.: “Abbiamo fatto un grande lavoro e sul set c’era un bel clima” 

Stamattina siete andati al reparto pediatrico dell’ospedale di Salerno: sentite la responsabilità dell’importanza che ha avuto il progetto? 

B.P.: “Questo è stato l’aspetto più bello: le persone che vivono nella realtà la malattia hanno reagito in modo positivo a Braccialetti Rossi, sono stati coinvolti e a loro volta ci hanno coinvolto nella loro esperienza” 

Luigi Piscicelli: “Il bello è che adesso si sentono forse valorizzati e rappresentati” 

A.R.: “Una cosa che mi fa sorridere è che ora ricevo delle foto di persone che subiscono un’operazione e mi mandano la loro foto scrivendomi “adesso ho un braccialetto rosso anche io! Evviva i braccialetti rossi!”. Abbiamo dato loro un pensiero positivo” 

Per la seconda stagione potete anticiparci qualcosa? 

B.P.: “Davide ci sarà!” 

M.T.: “Sì ci sarò! Scrivetelo anche sui muri: Davide vive!”


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venerdì 25 luglio 2014

Richard Gere: “Netflix e HBO salveranno il cinema”

L’attore, ricevendo il premio Truffaut al Giffoni Film Festival, ha parlato del suo rapporto con Hollywood, dell’importanza di raggiungere un livello più profondo di coscienza e di come la tv oggi abbia maggiore peso del cinema 




Jeans, camicia candida come la chioma e numerosi bracciali al polso lo splendido 65enne Richard Gere, accompagnato dal figlio Homer, è arrivato al Giffoni Film Festival per ritirare il Premio Truffaut, felice di aver avuto la possibilità di tornare in Italia, paese che ama: “Sono felice e onorato di essere qui – ha detto Gere – Colgo ogni occasione per venire in Italia: qui ho tanti amici e anche mio figlio, che è qui con me oggi, adora venire in questo paese. Amiamo la costiera Amalfitana e siamo contenti di essere per la prima volta al Giffoni”. 

Il divo americano ha sfatato il mito di Hollywood come di un luogo orribile con queste parole: “Ogni volta che vengo in Europa noto come tutti abbiano l’idea di Hollywood come se fosse questo mostro vorace. In realtà è solo un posto dove si fanno i film: non ha niente di particolare. Ognuno, anche chi lavora nel cinema, ha i suoi demoni e non hanno a che fare con Hollywood”, ha avuto un pensiero per tutti i ragazzi accorsi per vederlo: “Sono commosso da questi ragazzi che hanno avuto tanta motivazione nel venire qui e che si sono impegnati nello scrivere e nel proporre idee: credo che siano straordinari. Qui si incontrano tutti insieme a prescindere dalla loro provenienza e vengono a condividere un’esperienza comune: questo è quello che bisogna portare con sé anche quanto il Giffoni sarà finito. Questa è una delle esperienze che amo: che non si esaurisce nel momento ma che lascia qualcosa e li rende cittadini del mondo”. 

Visto il suo impegno umanitario, scontato chiedergli la sua opinione sul conflitto israelo-palestinese, domanda cui l’attore, buddista da anni, ha risposto in maniera filosofica: “Un maestro zen giapponese, molti anni fa, mi disse che lui non prendeva una decisione fino a che non riusciva ad abbassare il ritmo dei suoi respiri a 7 al minuto: con questo voleva dire che l’essere umano tende a reagire in maniera emotiva e impulsiva alle cose. Le prime reazioni che si hanno appartengono alla superficie: non riflettono, non vanno a fondo della coscienza. Non bisogna rimanere in superficie: bisogna arrivare al fondo della nostra coscienza per capire che noi siamo un tutt’uno e quindi la reazione violenta non ha senso. Ognuno di noi non dovrebbe reagire a un livello superficiale, ma trovare un’umanità e una connessione con l’altro che ci permetta di trovare un punto di contatto. Io non mi fido di quei leader che agiscono in questo modo impulsivo: bisogna trovare un modo di agire più profondo e spirituale. Sono ottimista riguardo al genere umano: noi siamo creature di gentilezza, che reagiscono positivamente all’amore e alla cura: se partissimo da qui credo che il 99% dei problemi si risolverebbe. Essere gentili, in maniera profonda, è il punto di partenza”. 

Oltre alle sue lotte per l’ambiente e per la pace, Gere si impegna anche nel suo lavoro, ne è esempio il suo ultimo film, “Time Out of Mind, diretto da Oren Moverman, progetto sui senza tetto cui tiene molto: “Il film aprirà il Toronto Film Festival, forse sarà anche al Festival di Roma e lì potrò parlarne con più calma. La sceneggiatura originale è stata scritta 25 anni fa: possono essere cambiati dei dettagli da allora, ma i problemi di queste persone sono sempre gli stessi. Quando ho avuto lo script 8 anni fa ho cominciato a riflettere su come affrontare e rappresentare questo mondo: ho avuto contatti con un’associazione di New York che si occupa dei senza tetto. New York è l’unica città al mondo in cui a queste persone deve essere fornito un letto per dormire la notte. Quindi in questo film abbiamo voluto rappresentare questo processo e la burocrazia che ne consegue. È stato un viaggio interiore per riuscire ad avere una connessione con questo mondo e con il personaggio. È stato riscritto e girato da Oren Movermen che è un regista eccezionale”. 

Secondo Gere però storie di questo tipo sono sempre più difficili da portare al cinema, l’impegno infatti ormai si trova più nella televisione: “Questo è un grande momento di transizione per l’industria cinematografica: all’inizio della mia carriera ho fatto film impegnati che erano prodotti dai grandi studios. Oggi gli studios non fanno più quel tipo di film, che sono invece prodotti in modo indipendente, come il mio film sui senza tetto, preferiscono invece produrre pellicole piene di effetti speciali e violenza con poca originalità. Invece le serie tv possiedono un budget, degli sceneggiatori e una libertà che al cinema oggi manca. La televisione ormai è di livello altissimo e riesce a realizzare storie impegnate forse molto più del cinema. Magari in futuro saranno proprio i vari HBO e Netflix a fare film di questo tipo. Loro hanno a disposizione dei grandi talenti e un mezzo di distribuzione più capillare e vincente rispetto al cinema”.


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giovedì 24 luglio 2014

Francesco Arca: “Il cinema radical chic che giudica prima di vedere”

L’attore al Giffoni Film Festival ci ha parlato della sua esperienza sul set di Ferzan Ozpetek. In televisione tornerà nella nuova stagione de “Il commissario Rex”, diretto dai Manetti Bros. Nella sua vita anche il progetto ‘parallelo’ del ristorante “perché siamo i precari per eccellenza’ e la sua relazione d’amore, quasi un romanzo a puntate 




Jeans strappati, camicia bianca e occhiali da sole scuri: nella sua divisa da sex symbol Francesco Arca è arrivato al Giffoni Film Festival per ritirare il premio Explosive Talent Award. Ex tronista di “Uomini e Donne, protagonista di fiction di successo come “Incantesimo, “Ho sposato uno sbirro” e “Le tre rose di Eva, Arca è ora passato al cinema d’autore grazie a Ferzan Ozpetek, che lo ha voluto nel suo ultimo film “Allacciate le cinture, affresco di amore, morte e malattia al fianco di Kasia Smutniak. Accolto con calore dai ragazzi, l’attore ha rivelato la sua emozione nel trovarsi di fronte a una platea così numerosa e ha cercato di infondere entusiasmo nei più giovani parlando del suo fortunato percorso.


Televisione, fiction, ora il cinema: com’è lavorare in questi ambienti così diversi? Ne preferisci uno in particolare? 

“Ho fatto la fiction, sono passato al cinema, tornato alla fiction e spero di tornare al cinema: non c’è un vero salto. Forse questo stacco si avverte solo in Italia: all’estero un attore può tranquillamente scegliere un progetto televisivo perché gli piace e poi tornare a fare cinema e magari di nuovo in televisione. Ci sono tante differenze, ovviamente, soprattutto per quanto riguarda le tempistiche: i tempi del cinema non sono assolutamente quelli della televisione, però l’importante è il progetto. Devo essere sincero, negli ultimi anni in Italia stiamo facendo dei lavori di qualità nel campo della fiction. Certo c’è ancora tanta strada da fare per arrivare al livello che si vede in altri paesi, però ci stiamo dando da fare”. 

Quando Ferzan Ozpetek ti ha scelto per il suo film “Allacciate le cinture” c’è stata una polemica a causa del tuo passato televisivo. Credi che il cinema italiano sia un ambiente un po’ snob? 

“Pregiudizi perché sono stato un tronista? Possiamo dirlo: il cinema italiano è un ambiente un po’ “radical chic”: quando Ferzan mi ha scelto ho sentito una forte responsabilità perché sapevo che sarei finito nell’occhio del ciclone. So che ci sono tantissimi bravissimi attori che aspettano anni per fare quello che ho fatto io in quattro anni, quindi sono stato molto fortunato. Ovvio che una volta fatto il tuo lavoro la gente è pronta a esprimere un giudizio: quello che chiedo sempre è di aspettare di vedere il lavoro e poi giudicare. Il giudizio va sempre bene però dopo aver visto il film: mi sono ritrovato a rispondere ad alcuni giornalisti che non lo avevano nemmeno visto , questo è un po’ strano. Io so benissimo qual è il mio percorso: so da dove vengo e so dove voglio arrivare, quindi non ho nessun tipo di timore a parlare di quello che facevo prima, non mi sento debilitato in niente”. 

A proposito di percorsi differenti: hai aperto un ristorante a Roma, com’è questa nuova avventura? 

“Questo è un altro percorso ancora. Il mondo dello spettacolo è un mondo di precariato costante: tranne l’élite di bravissimi attori che lavorano sempre, noi piccoli abbiamo un destino più incerto: si può lavorare e poi magari rimanere fermi cinque mesi, poi tornare a lavorare e magari dopo stare fermi un anno. Io ho avuto due anni in cui non mi sono fermato un attimo e poi sono stato fermo un anno: quindi bisogna sapersi reinventare. Il segreto è impegnarsi quando non c’è niente su cui impegnarsi. Io avevo questa grande voglia di aprirmi un ristorante e l’ho fatto: l’ho fatto a Roma con due miei amici che fanno gli attori, Primo Reggiani e Matteo Branciamore, e vorremmo aprirne un altro. È una cosa che ti tiene occupato, ti dà tante responsabilità in più, ma ti tiene occupato”. 

Tu hai lavorato con i Manetti Bros in “Il commissario Rex”: com’è lavorare con loro?

“Lavorare con i Manetti Bros è stata un’esperienza all’inizio abbastanza destabilizzante: i Manetti hanno un modus operandi completamente loro, ma una volta che entri in quel meccanismo poi è una passeggiata. È difficile all’inizio perché ti danno molto spazio: mi sono trovato in difficoltà perché non sapevo se stavo facendo bene o no. Gli chiedevo sempre: “Devo fare qualcos’altro? Volete che cambi qualcosa?” e loro si limitavano a dirmi: “Fai te”. Quindi questo “fai te” è diventato una sfida con me stesso e, visto che io sono severissimo nei miei confronti, non mi andava mai bene niente. Spesso pensavo tra me “mannaggia questa scena l’ho fatta male, vorrei rifarla”, ma era complicato perché loro non vogliono lo schermo sul set e quindi non potevo rivedermi. Quindi con loro devi stare concentratissimo: questa è la grossa difficoltà”. 

Puoi dirci qualcosa sulla nuova stagione? 

“Incontrerò i Manetti tra un paio di settimane: prima dobbiamo aspettare la risposta dalla Rai. Se la Rai ci darà il via libera allora incontrerò i Manetti tra due settimane e cominceremo a parlare della nuova stagione. Loro mi hanno già accennato qualcosa e sarà abbastanza esplosiva”. 

Nella tua vita sentimentale c’è stato un ritorno di fiamma dal passato: puoi dirci qualcosa?

“Non è molto strana come cosa. Ho conosciuto questa ragazza dieci anni fa: siamo stati un anno insieme, poi io sono scappato via. Poi ci siamo rivisti dopo tre anni e ci siamo rimessi un altro anno insieme ma il mio cervello ha fatto contatto e sono riandato via. Io ho avuto la mia storia, lei ha avuto la sua, e poi ci siamo ritrovati l’anno scorso e ci siamo fidanzati di nuovo. Ora lei sta con il cronometro in mano perché dice “se tanto mi dà tanto dopo un anno finisce”: ma in realtà l’anno è già passato quindi stiamo andando verso la direzione giusta. Forse ho messo la testa a posto”


Pubblicato su TvZap.

“Vittima degli eventi” vi aspetta ad Halloween

Claudio Di Biagio di “Non Aprite Questo Tubo” e Luca Vecchi di “The Pills” sono arrivati al Giffoni Film Festival per una masterclass: li abbiamo incontrati per scoprire qualcosa in più del loro primo film “Vittima degli eventi”, ispirato al celebre fumetto di Tiziano Sclavi “Dylan Dog”, che forse diventerà una serie tv 




Ne hanno fatta di strada dal loro esordio sul web: Claudio Di Biagio, creatore del canale YouTube “Non aprite questo tubo, e Luca Vecchi, volto e regia del collettivo “The Pills, hanno imparato sul campo cosa vuol dire essere autori e registi e hanno unito le loro esperienze per gettarsi in un progetto folle sulla carta, realizzare il primo film italiano ispirato a Dylan Dog, il fumetto creato da Tiziano Sclavi, intitolato “Vittima degli eventi.

Con incoscienza, come hanno dichiarato in prima persona, e determinazione il duo ha iniziato una raccolta fondi su indiegogo.com, e coinvolto nomi di spicco del cinema italiano, come Milena Vukotich, che interpreta Madame Trelkovski, e Alessandro Haber, nei panni dell’ispettore Bloch. Il risultato è un mediometraggio di 50 minuti, costato 38mila euro, di cui 27mila ottenuti grazie ai donatori, che sarà distribuito online dalla The Jackal e presentato gratuitamente al cinema in diverse città. Ambientato a Roma, il film parla di un’antica leggenda legata a Castel Sant’Angelo, e, secondo l’intenzione dei due autori, potrebbe in futuro diventare una serie tv. 

Da quello che si può vedere dal trailer, Di Biagio alla regia e Vecchi nel doppio ruolo di sceneggiatore e interprete di Groucho (Dylan è invece l’attore Valerio Di Benedetto) hanno fatto un lavoro interessante, tanto da meritarsi i complimenti di Tiziano Sclavi in persona: “All’inizio pensavamo fosse uno scherzo” ha detto Di Biagio durante la masterclass tenuta al Giffoni Film Festival: “Poi la Bonelli ci ha confermato che l’email di complimenti arrivata era stata scritta proprio da Sclavi. Ora la conserviamo: l’abbiamo incorniciata. Un film del genere non poteva farlo nessun altro perché nessun altro poteva essere così incosciente da imbarcarsi in un progetto simile”. 

Abbiamo incontrato gli autori di “Vittima degli eventi” proprio al Giffoni Film Festival, dove ci hanno raccontato qualcosa in più sul loro primo film insieme. 




Questa per voi è una nuova esperienza: come vi siete trovati ad affrontare la regia di un film? E Luca, come ti sei trovato a lavorare per una volta senza i tuoi compagni Luigi e Matteo dei “The Pills”? 

Luca Vecchi: “Questa volta non ho fatto la regia, mi sono cimentato in un’altra mansione, la sceneggiatura, che poi ho messo nelle mani del realizzatore, Claudio Di Biagio, che l’ha messa in scena in un modo anche fin troppo manierista..ha quasi rifatto la Grande Bellezza! Pensate un po’, Dylan Dog nella Grande Bellezza. 

Come ve la siete cavata con il problema dei diritti e con la polemica che si è creata attorno al vostro progetto? 

L.V.: “Il nostro obiettivo era quello di fare un fan movie: Dylan Dog è una realizzazione no profit fatta per il web senza scopo di lucro. Infatti oltre alle due campagne di crowfunding che abbiamo realizzato su internet, ci abbiamo messo i nostri soldi e la nostra manodopera e persone che di solito lavorano con me o con Claudio ci hanno aiutato nel progetto, anche perché un film di genere di 50 minuti non potrà mai costare 27mila euro, in nessun businessplan”. 

Vi è dispiaciuto non avere la benedizione di Roberto Recchioni, sceneggiatore e curatore di testata di Dylan Dog? 

Claudio Di Biagio: “No, no ce l’ha data! Lui giustamente all’inizio era perplesso, ma alla fine ci hanno dato la loro benedizione lui, Tiziano Sclavi e la Bonelli che ovviamente non hanno ufficializzato la cosa ma vedono di buon occhio il progetto, hanno apprezzato la cura e la passione che ci abbiamo messo” 

Luca, con i The Pills sei arrivato in televisione: è cambiato qualcosa grazie a questo passaggio? 

L.V.: “Un momento: durante i mondiali le puntate dei The Pills su Italia 2 sono sparite. Non ho più avuto contatti con la persona incaricata di mandare in onda i nostri video. Gli ho scritto una mail, chissà…” 

Avete più fan ora? Avete attirato un diverso tipo di pubblico? 

L.V.: “Non è cambiato nulla. Ci odiano tendenzialmente tutti. Ci dicono spesso: “Regà ormai siete mainstream…cioè ve siete venduti e avete fatto i sordi!”, ma guarda: ho le tasche bucate, certe volte mi metto il cellulare in tasca e me lo ritrovo nelle scarpe”. 

Parliamo di barba: alcuni hanno detto che Alessandro Haber, che interpreta l’ispettore Bloch nel vostro film, avrebbe dovuto tagliarsi la barba per rimanere fedele al personaggio del fumetto. 

C.D.B.: “Ci sembrava molto più vero così, molto più bello, io lo adoro. Spero che la gente critichi cose come queste, così vuol dire che il resto del lavoro è stato fatto bene”. 

Dove potremo vedere il film? 

C.D.B.: “Il film uscirà più o meno a fine ottobre, stiamo cercando di farlo coincidere con Halloween: faremo delle prime in diverse città, faremo diverse proiezioni, dei flashmob, e poi ovviamente sarà anche online su YouTube e probabilmente anche su Vimeo”.


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martedì 22 luglio 2014

Giffoni, Lea Michele: ‘Il finale di Glee sarà davvero speciale’

La star di Glee, ospite al Giffoni Film Festival, ci ha parlato del finale della serie che l’ha resa celebre e delle passioni che l’hanno ispirata fin da bambina 




Sorriso smagliante, capelli raccolti in una coda e abitino nero: Lea Michele è arrivata al Giffoni Film Festival con un look che ricorda quello di Audrey Hepburn nel film “Colazione da Tiffany”, idolo di Rachel Berry, la protagonista della serie tv “Glee”, ruolo che ha reso l’attrice celebre in tutto il mondo. 

Autrice di un romanzo, “Brunette Ambition”, sulla sua scalata al successo, ormai cantante a tutti gli effetti grazie all’album “Louder”, suo primo disco da cantautrice, futura protagonista a Broadway del musical “Wicked”, regina dei social network su cui i fedelissimi fan la seguono a milioni, Lea Michele vive un momento d’oro e al festival di Giffoni è stata letteralmente travolta dai fan che si emozionano al solo suono della sua voce. 

Vista la sua giovane età, le chiediamo se nell’adolescenza ha idolatrato qualcuno in questo modo: “Il mio idolo è Barbra Streisand: la ammiro così tanto! Non credo che sarei qui se non fosse esistita: lei ha spianato la strada per tutte le donne uniche e differenti. Funny Girl è uno dei miei film preferiti se non il mio preferito – ha rivelato l’attrice, che ha confessato di essere stata fan a sua volta -. Per quanto riguarda me io scriverei delle lettere alle persone che ammiro. Molte di loro sono cantanti: amo Alanis Morissette e Barbra Streisand, ma io non sono come il mio personaggio televisivo: sono timida e penso che mi limiterei a guardarle da lontano dando di matto per conto mio. Quando ho incontrato Barbra Streisand per la prima volta però sono riuscita a trattenermi e poi sono scoppiata a piangere da sola in maniera isterica”

La musica ha dunque un ruolo fondamentale nella vita di Lea Michele ed è naturale che diventasse la protagonista di una serie come “Glee” dove, insieme al resto del cast, ha interpretato circa 649 canzoni: “Non posso credere che siano così tante quelle che abbiamo cantato… ormai devo essere vecchia!- ha commentato l’attrice, che si è trovata in difficoltà nello scegliere la sua preferita – “Don’t stop believin’, Don’t rain on my parade, Madonna…è difficile, è come scegliere da uno dei tuoi figli… Imagine…”. Nessun dubbio invece sulla scelta delle star con cui vorrebbe duettare: “Mi piacerebbe cantare con Beyoncé e Adele”.

Non solo musica: l’attrice ha rivelato di avere visto fino alla nausea dei film in particolare, fondamentali per la sua crescita: “Non passava giorno che non guardassi Il Mago di Oz, credevo di essere Dorothy: cantavo le canzoni e avevo le scarpette rosse. Poi West Side Story: mia madre me lo faceva sempre ascoltare a casa. Questi film prima di tutto. Crescendo sentivo che pochissime attrici mi somigliavano: sono italiana e sefardita, era difficile durante la crescita. Mia mamma allora mi faceva vedere questi vecchi film con Natalie Wood e Judy Garland perché le sentivo più affini: quindi sono cresciuta guardando il loro film e cantando le loro canzoni”. 

La voglia di diventare una showgirl è nata dunque presto in Lea, che ha lottato con tutta se stessa per realizzare il suo sogno: “Mi sono sempre sentita diversa: a scuola le altre ragazze mi sembravano sempre molto lontane. Io ho sempre voluto essere una performer e non c’erano molte persone che capivano le mie passioni. Per arrivare a fare quello che amo però non ho mai cambiato niente di me stessa, ci tengo a restare fedele a quello che sono”. 

Uno spirito che rispecchia quello di Rachel Berry, il suo personaggio in “Glee”, che si avvia verso la conclusione del suo percorso con la sesta stagione, prevista per il prossimo anno, che sarà l’ultima: “È riuscita a realizzare quasi tutti i suoi sogni: si esibisce a Broadway, ha avuto un grande amore… Quello che mi auguro per il suo futuro è di essere felice e continuare a cantare ed esibirsi perché so che questo è quello che ama più di ogni cosa. Per quanto riguarda l’ultima stagione non posso dire cosa succederà, ma sarà davvero speciale: il finale sarà esattamente come me l’ero immaginato e credo che tutti ne saranno orgogliosi. Ma per il momento non riesco ancora a credere che arriverà un giorno in cui non la interpreterò più: sarà davvero dura e triste, ma fino a ora è stato un vero piacere essere lei”.

Finito “Glee”, gli impegni per la Michele non cesseranno: “Sto lavorando al mio secondo libro, che uscirà a inizio 2105, e sto anche lavorando al secondo disco: farò un tour promozionale la prossima estate, quando avrò più tempo dopo la fine di Glee” ha rivelato l’attrice, che in futuro vorrebbe anche cimentarsi con ruoli diversi: “Prima di fare “Glee” ho recitato in uno show, “Spring Awakening”, che era più cupo. Ora che finirà “Glee” sono pronta per mettermi alla prova con qualcosa di più oscuro. Amo la commedia, quindi mi fa sempre piacere affrontarla, ma come attrice so che devo mettermi alla prova e allenare i miei muscoli anche con qualcos’altro. Ci sono delle nuove sfide che affronterò di cui però per ora non posso parlare”. 

Infine, ha confessato di essersi sentita commossa dell’affetto dimostrato dai ragazzi presenti a Giffoni e ha ricordato le sue origini italiane: “Mio nonno materno è di Napoli, di cognome fa Mariano, mentre mio nonno paterno è di Roma, e si chiama Porcelli, entrambi emigrati in America. La mia famiglia ancora rispetta alcune tradizioni, per esempio la domenica mangiamo tutti insieme, e io sono orgogliosa di queste origini: quando vengo qui c’è un calore così grande. I miei cugini si chiamano tutti Salvatore, Lorenzo, Antonio… Quella in cui lavoro è un’industria molto difficile in cui vivere: credo che se non avessi alle spalle la famiglia che ho, non avrei la stessa forza. Nel lavoro mi impegno al massimo ma quando torno a casa non sono un personaggio, sono Lea e questo grazie a loro, che continuano a vedermi come “la loro Lea”. In questo modo vado a lavoro felice perché voglio renderli orgogliosi e allo stesso tempo rimango con i piedi per terra”.


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lunedì 21 luglio 2014

Gomorra, Marco D’Amore e Salvatore Esposito: ‘L’arte deve essere pronta ad assumersi dei rischi’


Ospiti del Giffoni Film Festival, i protagonsiti della serie Sky ci hanno parlato dei loro progetti futuri e di come l’arte in Italia spesso non sia più pronta a prendersi dei rischi 




Felici del grandissimo successo di “Gomorra La serie, serie tv in dodici puntate diretta da Stefano Sollima, scritta sotto la supervisione di Roberto Saviano e prodotta da Sky e Cattleya, Marco D’Amore e Salvatore Esposito, interpreti rispettivamente di Ciro Di Marzio e Genny Savastano, hanno incontrato il giovane pubblico del Giffoni Film Festival dove sono stati chiamati per presenziare una masterclass sul mestiere dell’attore. 

Nessun imbarazzo anche di fronte all’inevitabile domanda sul recente scandalo del pizzo pagato dalla casa di produzione Cattleya per poter girare nella villa di un vero boss: “È un argomento che non rientra nel mio lavoro, io faccio l’attore e quindi solo quando capirò bene la situazione potrò commentare – ha detto D’Amore, che ha continuato -. Non esprimo giudizi e opinioni. Non parlo su ipotesi e illazioni. Trarrò le mie conclusioni a tempo debito quando saprò”. Della stessa opinione anche Esposito: “Avete di fronte due attori della più bella serie televisiva mai fatta in Italia, non tanto per contenuti quanto per qualità artistica: io mi concentrerei su questo”. 

Della forza e della qualità di “Gomorra La serie”, venduta in oltre 60 paesi e accolta con entusiasmo da pubblico e critica, gli attori sono dunque consapevoli: “Il successo della serie è dovuto alla qualità del prodotto – dice Esposito, che spiega -. Per la prima volta in Italia si è realizzata una serie dal respiro cinematografico, che non a caso è stata venduta in tutto il mondo ed è stata accostata a prodotti americani di livello come “The Wire” e “Breaking Bad. E non solo: abbiamo avuto anche una troupe, un gruppo di lavoro e una distribuzione eccezionali, che hanno fatto la differenza”. Per D’Amore invece il successo della serie non è dovuto solo alla sua ottima fattura: “È assurdo pensare che Gomorra sia solo un luogo geografico: è un luogo della coscienza con cui dobbiamo fare i conti e che non appartiene solo all’Italia, ma appartiene anche ad altri luoghi, come il Sud America e così via”. 

I due attori hanno detto la loro anche sulle critiche mosse da chi ha accusato la serie di voler fare di personaggi negativi degli eroi: “Genny e Ciro sono personaggi negativi ma non sono eroi e non è mai stata nelle intenzioni fare una serie in cui questi personaggi fossero rappresentati come eroi ” ha detto diplomaticamente Esposito, più severo invece D’Amore: “Sky si è assunta dei rischi sia per quanto riguarda l’opinione pubblica, sia la critica, sia le dinamiche ambientali, cosa che ormai in pochissimi hanno il coraggio di fare in Italia: è svilente parlare di cultura e arte continuando a dividere in buoni e cattivi. Basta pensare alle opere di Shakespeare in cui molti protagonisti sono negativi: svegliamoci, che qui invece di progredire si va indietro”. 

Parlando del suo personaggio, Ciro, D’Amore ha rivelato: “Io ho fatto un percorso insieme al mio personaggio, provando ad astenermi da pregiudizi: in questa macchia nera di violenza e cattiveria sono riuscito comunque a trovare sprazzi di gentilezza, amore e umanità tali da arrivare a chiedermi se nella mia vita riuscirò mai a vivere emozioni con questa intensità. L’analisi di questi personaggi non è così scontata”. Sempre sul tema della positività, Esposito ha voluto dedicare un pensiero alle persone conosciute durante i giorni delle riprese: “La cosa che mi ha stupito è stata la gentilezza e la gratitudine trovate sul territorio, cosa che purtroppo non ha fatto notizia: abbiamo girato a Ponticelli, Secondigliano, Scampia e ovunque la gente ci ha sostenuto, ci ha offerto caffè e ci ha incoraggiato. Questo come attore e come persona mi ha commosso perché vuol dire che non è tutto marcio”. 

Parlando di giovani e speranze, D’Amore ha esortato i più piccoli a studiare: “Io ho dedicato la mia vita allo studio, per cui ho fatto tanti sacrifici: sono andato via di casa a 18 anni, perdendomi tutte le belle feste in famiglia e lavorando per pagarmi gli studi. Richiede sacrificio ma ne vale la pena”. 

Gli attori hanno poi parlato dei loro progetti futuri e della paura di rimanere legati per sempre a questi personaggi: “È un problema che non riguarda noi” ha detto D’Amore, che ha continuato: “Ho fatto un percorso molto diverso: vengo da anni di teatro, avevo 20 kg in più, avevo la barba lunga, i capelli, i capelli! Quindi ho cambiato completamente il mio aspetto e il mio modo di recitare per interpretare questo personaggio. Infatti tornerò a interpretarlo nella seconda stagione ma sto facendo anche altro: girerò il mio terzo film con Cupellini, ho appena finito un film con Zingaretti e poi con mio fratello stiamo scrivendo e producendo un film sulla tragedia dell’eternit in Piemonte: gireremo a Casale Monferrato”. Più ironico Esposito: “Il mio primo progetto è quello di pagare le tasse! Poi penso che tornerò a fare i panini al McDonald’s! Nella serie ho praticamente interpretato due personaggi diversi, cosa che in Italia non succede quasi mai, quindi spero che questa possa essere una bella presentazione per il futuro, anche se in effetti ora le proposte che arrivano sono quasi tutte legate a camorra e criminalità: è un limite del cinema italiano. Anche io ho dei progetti ma ancora non so quali”. 



Marco, sei rimasto sorpreso del successo avuto dal tuo personaggio nonostante presenti molti aspetti negativi?


Marco D'Amore: "Ciro per me non è un personaggio negativo: il personaggio è il racconto di un'umanità che è fatta di tante cose. Non sono abituato a tagliare con l'accetta mettendo da una parte i buoni e dall'altra i cattivi. Ciro è una biografia amara del nostro paese con cui bisogna fare i conti. Personalmente lo ritengo un personaggio che mi ha insegnato moltissimo, anche perché per mio interesse personale ho sempre amato personaggi macabri della letteratura teatrale, penso per esempio al Macbeth di Shakespeare, quindi ho una fascinazione verso quel lato oscuro che credo faccia parte anche di me".

Salvatore Genny, il tuo personaggio, ha un’evoluzione quasi shakespeariana: come è stato lavorare su un personaggio del genere che poi ha avuto anche questo riscontro enorme nel pubblico? 

Salvatore Esposito: “Essendo questo il primo progetto importantissimo cui ho partecipato, il mio orgoglio è stato prima di tutto quello di essere uno dei protagonisti. Una soddisfazione ancora maggiore è stata quella di interpretare un personaggio che per la prima volta nella storia della cinematografia seriale italiana ha un’evoluzione tale da paragonarlo quasi ai personaggi che vengono fuori dalle grandissime serie e film americani. È stato un lavoro duro, un lavoro fisico pesante, all’inizio ho preso 10 chili e poi per il secondo Genny ne ho persi 20, ma il mio unico intento era quello di rendere credibile la psicologia del primo Genny e del secondo. Spero di esserci riuscito”. 

Potete darci qualche anticipazione sulla seconda stagione di Gomorra? Avete un’idea del percorso che intraprenderanno i vostri personaggi? 

M.D.A: “Della seconda serie non so nulla, non ho idea delle evoluzioni che toccheranno nello specifico il mio personaggio, ma confido nella lungimiranza di Roberto Saviano e nella sua capacità di raccontare la realtà, nel talento del gruppo di sceneggiatori capitanati da Stefano Bises e nell’efficacia con cui Stefano Sollima racconta queste idee, quindi: stamm in mano all’arte guagliù, non ve preoccupate!”. 

Visto che si è parlato tanto di qualità americana per la serie, avete usato il “metodo americano” anche sul set? Quando dovevate interpretare le scene in cui vi odiavate non vi siete più parlati o c’era comunque un clima di complicità? 

M.D.A: “Ma quale metodo americano! I metodi esistono e non esistono. Io per fare il camorrista non ho ucciso nessuno eppure qualcuno mi dice che m’è venuto bene. Mi ricordo la famosa battuta di Sir Olivier che, girando “Il Maratoneta” con Dustin Hoffman e vedendolo correre avanti e in dietro, chiese: “Dustin, ma cosa fai?” e Hoffman: “Mi stanco perché devo fare una scena in cui dovrei risultare stanco. Che cosa dovrei fare altrimenti maestro?” e lui disse: “Recita”. È quello che facciamo anche noi, almeno ci proviamo, e magari ci viene anche bene. Sul set c’era un bellissimo clima”. 

S.E.: “C’era assolutamente un ambiente che ci portava ad essere tutti uniti e a rimanere concentrati verso un intento unico, ma nelle scene più crude, quando c’erano in ballo i rapporti personali, ci tenevamo a distanza, anche perché era meglio”. 

Salvatore, tu sei molto attivo sui social e dialoghi costantemente con il tuo pubblico: ci parli di questo aspetto? 

S.E.: “Sono convinto che sia il nuovo metodo di comunicazione e quindi sono molto vicino alle persone che mi seguono e cerco di essere più attivo possibile per rispondere”.


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