lunedì 31 marzo 2014

Cillian Murphy: ‘Cerco la grande scrittura in tv’

Intervista al protagonista della serie “Peaky Blinders”. Il suo rapporto con la musica, la celebrità, la televisione e il suo ultimo film “Aloft”, presentato a Berlino 



Occhi di ghiaccio indecifrabili e una voce calma e profonda: Cillian Murphy dal vivo sembra un gatto che studia il suo interlocutore e che difficilmente si lascia andare, un’immagine molto diversa dai ruoli che interpreta sul grande schermo, sempre molto passionali e spesso tragici. Forse è per questo che, quando gli facciamo notare che nella sua carriera ha interpretato quasi esclusivamente ruoli drammatici, non si scompone e conferma questa tendenza: “Le storie che mi interessano di più, i libri, l’arte e la musica che amo, riguardano la parte più oscura e profonda della mente. Le commedie mi piacciono ma non mi appartengono a pieno. Ci sono ottime commedie, ne ho interpretata qualcuna a teatro, ma i film che faccio sono sempre quelli che, leggendo la sceneggiatura, vorrei vedere da spettatore e il genere che prediligo è differente dalla commedia”. 

Non stupisce quindi che nella sua ultima pellicola, “Aloft”, diretta da Claudia Llosa e presentato al festival di Berlino, Murphy interpreti un uomo con un passato oscuro ossessionato dal rapporto con la madre: “Le persone oggi sono così prese da se stesse che è sempre più difficile connettere con gli altri. Il mio personaggio è così: è molto chiuso, ha subito dei traumi da bambino, e quando comincia ad aprirsi non trova le risposte. Credo che lo scopo dell’arte sia questo: far porre le domande ma non dare necessariamente le risposte”. Nel film, oltre al rapporto tra genitori e figli, si parla anche di misticismo e perdono, temi delicati che affascinano l’attore: “Sono una persona aperta, non sottoscrivo una scuola di pensiero piuttosto che un’altra, sono aperto a tutto. Credo che non saremo mai in grado di capire appieno il potere della mente, ma non voglio dare sentenze definitive su nulla. Io mi definisco ateo e credo che si possa essere atei e comunque aperti: se qualcuno riuscisse a provarmi che Dio esiste comincerei ad avere fede, ma devo avere le prove. Credo che questo tipo di mentalità sia necessaria per chi fa l’attore: se non cambi mai idea e non sei disposto a modificarti non puoi fare un buon lavoro. Per quanto riguarda il perdono certamente riuscire a perdonare e a perdonarsi è una grande crescita interiore, ma non posso dire cosa farei nella vita reale. Ancora una volta il cinema pone le domande: io personalmente non ho nessuna risposta da dare. Un artista non ha più risposte da dare, è nella stessa condizione di tutti. Quello che possiamo fare in quanto artisti è raccontare una storia nel modo migliore e più onesto possibile. Ho opinioni, ma non risposte”. 

Totale dedizione all’arte: questo è il mantra di Murphy, che ha impostato la sua carriera sul sacro fuoco: “Voglio sempre mettermi alla prova, voglio dimostrare a me stesso che non mi importa della mia carriera e del successo ma che voglio sempre migliorarmi lavorando con le persone giuste. Persone come Claudia LLosa e Ken Loach, veri artisti, registi che hanno una voce propria”. Una concezione della vita d’attore molto diversa dall’idea che il pubblico ha delle star del cinema, che Murphy rinnega a gran voce: “Non sono molto bravo nel seguire lo stile di vita hollywoodiano e cerco di evitarlo: per me meno si sa dell’attore più si riesce a entrare in sintonia con lui quando interpreta un personaggio. A differenza di tanti altri colleghi non ho un entourage: io sono il boss e prendo le decisioni. Non so nemmeno cosa sia lo star system. Ho lavorato molte volte a Hollywood ma non voglio viverci: preferisco stare vicino alla mia famiglia. Ormai viviamo in un mondo molto piccolo: non devi per forza vivere a Beverly Hills per essere un attore. Inoltre essere una persona di successo non vuol dire solo essere un attore. Per me avere successo è essere un buon marito, un buon padre, un buon essere umano: in sostanza essere bravo in quello che faccio. La gente non si aspetta mai di più: se sei un attore allora sei automaticamente una persona di successo. Per me è strano”. 

Sulla scia della ricerca di ruoli intensi e stimolanti, Murphy ha recentemente preso parte a “Peaky Blinders”, serie tv della BBC creata da Steven Knight e ambientata nell’Inghilterra primi ’900, in cui interpreta Tommy Shelby, capo di una gang criminale; una scelta che non stupisce, come ci ha spiegato l’attore: “La grande scrittura è quello che cerco e oggi in tv ci sono degli sceneggiatori eccezionali, che raccontano grandi storie: il mio obbiettivo è quello di seguire sempre la grande scrittura e trovo che “Peaky Blinders” sia un prodotto eccezionale, che mi ha convinto a recitare in televisione. Io stesso vorrei essere uno scrittore, ma purtroppo non lo sono. Conosco i miei limiti”. 

Non solo cinema e scrittura: altra grande passione di Murphy è la musica, in origine sua aspirazione: “Diventare attore è stato un incidente: volevo essere un musicista, poi invece sono finito a teatro e pensavo che il mio percorso si sarebbe fermato lì. Invece è arrivato anche il cinema. Suono ancora la chitarra e suonare per me è fondamentale, fa parte di quello che sono, ne ho bisogno, ho scritto diverse canzoni, è un altro modo per esprimermi. La musica permette di metterti in relazione con emozioni che sono più tue, a differenza della recitazione in cui devi interpretare sentimenti di altri. Da appassionato ascolto di tutto, sono curioso, non ho un genere prediletto, mi piace essere aperto a ogni tipo di musica”. 

In questi giorni Cillian Murphy è sul set della seconda stagione di “Peaky Blinders”, le cui riprese sono cominciate lo scorso 28 febbraio nella contea di West Midlands in Inghilterra. Nella seconda serie, pronta a tornare sugli schermi inglesi in autunno, Murphy ritroverà il suo collega di set Tom Hardy, con cui ha già lavorato nel film “Inception” di Christopher Nolan.


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venerdì 21 marzo 2014

Citazione Cinematografica n. 289 - MULAN

"Imperatore: Il fiore che sboccia nelle avversità è il più raro e il più bello di tutti.
Shang: Signore?
Imperatore: Non si incontra una ragazza come quella tutte le dinastie!"

da: Mulan



Titolo italiano: Mulan
Titolo originale: Mulan
Regia: Tony Bancroft, Barry Cook
Anno: 1998
Cast: (voci originali) Ming-Na, Lea Salonga, B.D. Wong, Donny Osmond, Eddie Murphy, Pat Morita
Colore: colore 
Durata:  84 minuti 
Genere: animazione
Sceneggiatura: Linda Woolverton
 Montaggio: Tom Acosta, Jim Melton
Musica: Jerry Goldsmith
Paese di produzione: USA
Casa di produzione: Walt Disney Feature Animation
Distribuzione italiana: Walt Disney Pictures

mercoledì 19 marzo 2014

Believe: fantascienza da Oscar

Debutta in questi giorni sugli schermi americani “Believe”, serie di fantascienza figlia di J.J. Abrams e del premio Oscar Alfonso Cuarón 



Una macchina sfreccia sotto una pioggia battente, all’improvviso un fuori strada la colpisce e la fa ribaltare: al suo interno ci sono un uomo, una donna e una bambina. Alla guida del secondo mezzo c’è un’altra donna intenzionata a catturare la bambina ad ogni costo.

Comincia così “Believe”, nuova serie di fantascienza della NBC, con un lungo piano-sequenza che ci butta immediatamente in mezzo all’azione e al fango, senza spiegazioni, mettendo subito in chiaro che il ritmo della narrazione sarà forsennato. Piani-sequenza, fantascienza, un innocente da salvare: gli elementi caratteristici della produzione di Alfonso Cuarón, creatore della serie insieme a Mark Friedman e regista dell’episodio pilota, ci sono tutti. 

Cuarón, fresco vincitore del premio Oscar alla miglior regia per “Gravity”, è infatti il burattinaio che muove i fili di “Believe”, storia che segue le vicende di Bo (Johnny Sequoyah), bambina di dieci anni dotata di poteri sovrannaturali, in fuga da una misteriosa organizzazione capeggiata dall’uomo d’affari Skouras (Kyle MacLachlan), che vuole catturarla per sfruttarne le capacità. A proteggere la bambina c’è Winter (Delroy Lindo), uomo che vede in Bo una fonte di speranza per l’umanità e che fa di tutto per salvarla. Per assicurare l’incolumità a Bo, Winter affida la bambina a Tate (Jack McLaughlin), ergastolano ingiustamente condannato alla pena di morte. La strana coppia formata da Bo e Tate deve quindi ingegnarsi per sopravvivere e tenere a bada i poteri della bambina, che si fanno sempre più impressionanti. 

Proprio come nel suo film “I figli degli uomini”, Cuarón racconta una storia di fede e speranza attraverso suggestioni e immagini tipiche della fantascienza, concentrando la sua attenzione su un uomo dal passato oscuro e su un’innocente da salvare. La sua regia dell’episodio pilota è in grado di bilanciare perfettamente l’azione pura ai momenti più commoventi, confezionando un prodotto di altissima fattura. A rendere più intrigante l’avventura ci sono inoltre i poteri misteriosi della bambina e alcuni indizi sparsi qua e là, come le farfalle, che fanno pensare a serie come “Lost” e “Fringe”: non è un caso, visto che a produrre è J.J. Abrams, creatore delle serie citate e attualmente impegnato al cinema con le saghe di “Star Trek” e “Star Wars”. 

Come se non bastassero i nomi di Cuarón e Abrams a rendere “Believe” un prodotto interessante, si aggiungono alla lista anche degli interpreti all’altezza delle aspettative: il cattivo della serie, Skouras, è infatti interpretato da Kyle MacLachlan, leggendario detective Cooper di “Twin Peaks”, mentre la sua nemesi, Winter, ha le fattezze di Delroy Lindo, protagonista di molte pellicole cult, come “Malcom X” e “Get Shorty”. Convincono anche i due protagonisti: la sorprendente Johnny Sequoyah, interprete della piccola Bo, che, nonostante il nome da lottatore di wrestling, stupisce per la sua bravura e la bellezza angelica, e Jack McLaughlin, nei panni del tenebroso Tate, vestito e pettinato come un giovane Eddie Vedder. Nel cast figura anche Jamie Chung, volto familiare al pubblico televisivo grazie al ruolo di Mulan in “C’era una volta”. 

In onda in America dallo scorso 10 marzo, “Believe” arriverà in Italia a settembre, trasmessa da Mediaset Premium sul canale Premium Action.


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Videodrome n. 110 - LILO & STITCH




Titolo italiano: Lilo & Stitch
Titolo originale: Lilo & Stitch
Regia: Dean DeBlois, Chris Sanders
Anno: 2002
Cast: (voci originali) Daveigh Chase, Chris Sanders, Tia Carrere, David Ogden Stiers, Kevin McDonald, Ving Rhames
Colore: colore
Durata: 85 minuti 
Genere: animazione
Sceneggiatura: Chris Sanders, Dean DeBlois
Montaggio: Darren T. Holmes
Musica: Alan Silvestri
Paese di produzione: USA 
Produttore: Walt Disney Feature Animation
Distribuzione italiana: Buena Vista International

venerdì 14 marzo 2014

Citazione Cinematografica n. 288 - CHINATOWN

"I politici, i monumenti e le puttane diventano tutti rispettabili se durano abbastanza."

da: Chinatown


Jack Nicholson


Titolo italiano: Chinatown 
Titolo originale: Chinatown 
Regia: Roman Polanski 
Anno: 1974 
Cast: Jack Nicholson, Faye Dunaway, John Huston, Perry Lopez, John Hillerman 
Colore: colore 
Durata: 125 minuti 
Genere: drammatico 
Sceneggiatura: Robert Towne 
Fotografia: John A. Alonzo 
Montaggio: Sam O' Steen 
Musica: Jerry Goldsmith 
Paese di produzione: USA 
Casa di produzione: Paramount Pictures 
Distribuzione italiana: Paramount Pictures

mercoledì 12 marzo 2014

Videodrome n. 109 - ESSERE JOHN MALKOVITCH

John Malkovitch


Titolo italiano: Essere John Malkovitch
Titolo originale: Being John Malkovitch
Regia: Spike Jonze
Anno: 1999
Cast: John Cusack, Catherine Keener, Cameron Diaz, John Malkovitch, Orson Bean, Charlie Sheen
Colore: colre, B/N
Durata: 112 minuti
Genere: commedia
Sceneggiatura: Charlie Kaufman
Fotografia: Lance Acord
Montaggio: Eric Zumbrenner
Musica: Carter Burwell
Paese di produzione: USA
Produttore: Michael Stipe
Distribuzione italiana: Universal Pictures

martedì 11 marzo 2014

Diego Luna: "Il mio film mette l'America di fronte a una realtà scomoda"

Il regista e attore Diego Luna ha presentato il suo ultimo film, "César Chávez", raccontando la vita di un eroe semplice e di un'America diversa 



Sguardo intelligente e parlantina veloce: Diego Luna, attore messicano che in 20 anni di carriera ha lavorato con molti dei più grandi registi contemporanei, da Alfonso Cuaron a Spielberg, passando per Harmony Korine e Gus Van Sant, ha presentato, fuori concorso, alla 64esima Berlinale il suo ultimo film da regista, "César Chávez", pellicola sulla vita di César Chávez, attivista americano di origini messicane che negli anni '60 fondò la National Farm Workers Associacion, boicottando i produttori di uva americani che costringevano i braccianti di origine messicana a salari miseri. Nella pellicola figurano Michal Pena, nel ruolo di César, America Ferrera, protagonista della serie tv "Ugly Betty", che veste i panni di Helen, la moglie di Chávez, Rosario Dawson e John Malkovich. 

Orgoglioso della sua ultima opera, Luna ci ha parlato proprio a Berlino del suo film e di come affronta, da attore, il ruolo da regista. 
"Questo film è stato una sfida, un lungo viaggio che si è concluso solo con la fine della proiezione a Berlino: è stato in quel momento che ho capito di aver finito questo percorso. In un certo senso mi sono tolto un gran peso dalle spalle, mi sono liberato dalla tensione. Allo stesso tempo ho sentito un senso di vuoto: non farei questo mestiere se non mi piacesse la sensazione che dà essere sotto pressione. Il rischio che qualcosa possa andare storto, la paura che il pubblico possa non apprezzare, sono tutte cose che mi terrorizzano e stimolano allo stesso tempo. Durante la proiezione del film ho sentito il rumore di una poltrona che si spostava: ho visto una spettatrice andare via e mi sono sentito perso. Sono stato a proiezioni, a Cannes per esempio, dove il rumore delle persone che se ne vanno sembra quello del pop corn che esplode ed è terribile: ho pensato che anche la mia proiezione sarebbe andata così. Invece un minuto dopo questa spettatrice è tornata in sala: era semplicemente andata in bagno! Tutti hanno seguito con attenzione il film e alla fine, quando hanno applaudito, mi sono sentito felice e appagato. Poi mi sono sentito anche triste: ormai il film non è più mio e devo tornare alla vita normale". 

Una soddisfazione incontenibile quella di Luna, che ha creduto fin da subito nel progetto, imbarcandosi in un'avventura difficile, quella di raccontare le gesta di un uomo i cui parenti sono tuttora in vita e le cui azioni sono ancora oggi una testimonianza storica importante. 
"Il movimento è ben documentato, ci sono tonnellate di registrazioni, video e articoli: c'era molto materiale da cui attingere. Il punto di vista su cui mi sono voluto concentrare però è quello dei figli: la nuova generazione. La persona con cui ho lavorato di più per realizzare il film è Paul Chávez, il più giovane dei figli di César, ho incontrato tutti quelli ancora in vita, Helen, gli altri figli, e ci hanno dato tutti molti dettagli e materiale su cui lavorare, ma la prospettiva che ho scelto è quella di chi è rimasto a casa e ha vissuto il movimento da fuori. Alla fine la storia è quella di un rapporto genitori figli, di un padre che per lottare in quello in cui crede sacrifica il tempo da trascorrere con la famiglia. E' un aspetto che mi interessa molto: alla fine, a prescindere dal tipo di film che faccio, parlo sempre di rapporti tra padri e figli". 

Per Luna umanizzare la lotta politica di Chávez è stato un punto fondamentale, così da dare ancora più forza alla sua causa. 
"Il rapporto padre figlio rende la storia universale: così diventa non solo un film sulla dura condizione dei braccianti nei campi o sui diritti dei lavoratori, ma sul rapporto tra un padre e un figlio in cui ci ritroviamo a capire l'uno o l'altro, o entrambi. A fine proiezione ho capito che questa storia è ancora molto importante. Il pubblico tedesco ha seguito il film con attenzione, l'ha apprezzato, alcuni ne sono stati ispirati, altri toccati, tutti volevano parlarne. Il boicottaggio ha in qualche modo affascinato il pubblico: una forma di protesta non violenta ma efficace. Spiegando che dietro un prodotto o un'industria c'è la vita di altre persone o soprusi come il lavoro minorile, la gente capisce di che cosa stai parlando: quando le vittime sono solo numeri la reazione della gente è fredda, ma quando qualcuno racconta cosa c'è dietro quei numeri, una famiglia ad esempio, la gente reagisce perché capisce che non facendo nulla un giorno potrebbe succedere anche a lei. Oggi raccontare storie è la cosa più importante che si possa fare per sensibilizzare la gente". 

Un cinema d'impegno quindi quello di Diego Luna, che ha ribadito come sia essenziale raccontare la storia della comunità latina degli Stati Uniti, molto spesso ancora oggi messa in secondo piano. 
"Il popolo latino mette quello americano di fronte a una verità scomoda: il bisogno di una riforma sull'immigrazione. Una realtà che gli americani non vogliono vedere e allo stesso tempo non possono rinunciare alla manodopera. C'è molta ipocrisia: l'America si vende come terra della libertà dove la legalità e la giustizia sono i valori più importanti e allo stesso tempo sfrutta tutti questi lavoratori in nero lasciandoli senza diritti". 

Lo spirito democratico dell'attore si riflette anche nel suo modo di essere regista. 
"Essere un attore mi ha aiutato moltissimo a essere un regista: gli attori sanno che posso capirli e inoltre posso mostrare loro come vorrei che interpretassero una determinata scena. Essere un attore mi aiuta a risultare sia rassicurante che una guida quando dirigo. Ci sono registi che non amano condividere le proprie idee con gli attori: ho girato diversi film in cui fino alla fine non ho capito che tipo di film stessi girando, alcuni registi danno agli attori solo le pagine di copione con le loro battute, io invece non sono questo tipo di regista. Credo nel rendere tutti parte della squadra, credo nel chiarire fin da subito qual è l'obbiettivo che voglio raggiungere. Per me essere un regista è trovare un equilibrio tra l'ascoltare il parere di tutti e sapere quand'è il momento di prendere le redini in mano. Amo essere sorpreso degli attori: credo sia fondamentale lasciarli liberi di esplorare". Finita quest'avventura Luna, per sua stessa ammissione, non ha ancora pensato a cosa fare in seguito: "La mia priorità è stata fare questo film negli ultimi mesi e ora promuoverlo. Mi sono svegliato l'altra mattina pensando: mio dio non ho più niente da fare! Non so cosa fare adesso! Mi ci vorranno altri quattro anni per riuscire a fare un nuovo film, cinque-sei mesi per trovare un ruolo da attore.... Sono un idiota, avrei dovuto cominciare a cercare qualcos'altro molto prima. E mi avevano anche avvertito: un regista mi ha detto che non appena comincia la fase del montaggio, quello è il momento in cui bisogna cercare un nuovo progetto. Non l'ho ascoltato e ora sono così depresso! E così vuoto!". 

Il film "César Chávez" uscirà nelle sale americane il prossimo 28 marzo.


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sabato 8 marzo 2014

Citazione cinematografica n. 287 - LA GRANDE BELLEZZA

"Finisce sempre così, con la morte. Prima, però, c'è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L'emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell'imbarazzo dello stare al mondo. Bla. Bla. Bla. Bla. Altrove, c'è l'altrove. Io non mi occupo dell'altrove. Dunque, che questo romanzo abbia inizio. In fondo, è solo un trucco. Sì, è solo un trucco".

da: La Grande Bellezza


Toni Servillo



Titolo originale: La Grande Bellezza 
Regia: Paolo Sorrentino 
Anno: 2013 
Cast: Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabriba Ferilli, Carlo Buccirosso, Iaia Forte, Giovanna Vignola, Galatea Ranzi, Isabella Ferrari, Roberto Herlitzka, Serena Grandi, Massimo Popolizio 
Colore: colore 
Durata: 142 minuti 
Genere: drammatico 
Sceneggiatura: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello 
Fotografia: Luca Bigazzi 
Montaggio: Cristiano Travaglioli 
Musica: Lele Marchitelli 
Paese di produzione: Italia, Francia 
Produttore: Nicola Giuliano 
Distribuzione italiana: Medusa Film

giovedì 6 marzo 2014

Mélanie Laurent: "Quando dirigo sono il capitano di una grande nave"

L'attrice francese, protagonista con Jennifer Connelly di "Aloft" di Claudia Llosa, ci ha parlato del suo metodo d'attrice, di colleghi insopportabili e della sua doppia vita di regista e cantante 



Minuta, solare, eterea, gentile e diretta: Mélanie Laurent quando parla ti guarda negli occhi e ti conquista con il suo sorriso spontaneo e intelligente. Elegante e allo stesso tempo semplice, l'attrice francese, resa celebre da Quentin Tarantino in "Bastardi senza gloria", affascina con la sua grazia e la parlantina veloce ed estroversa. L'abbiamo incontrata dopo la presentazione di "Aloft", film della regista peruviana Claudia Llosa, in cui è una giornalista che deve affrontare una situazione difficile. Per girare il film, le cui riprese si sono svolte nel Canada del nord, Mélanie ha dovuto affrontare temperature ostili: "Abbiamo sfruttato il freddo, era un elemento essenziale per la storia. Io però ero incinta di tre mesi e non ho sentito davvero il freddo, ero l'unica che aveva sempre caldo. Spesso mi dicevano: “Mélanie ma non hai freddo? Fanno meno 27 gradi!” ma io non lo sentivo!".

Nel film la Laurent divide la scena con Cillian Murphy, che interpreta Ivan, un figlio abbandonato 20 anni prima da Nana, madre che scopre di avere poteri mistici, con il volto gelido di Jennifer Connelly. 
"Ho avuto solo una scena con Jennifer ed è stato un peccato perché era il suo primo giorno di riprese e il mio ultimo. E' stato strano ma bello. Cillian è fantastico: è una persona molto alla mano e professionale, tranquillo. Non ha un grosso ego, alla fine è diventato il mio miglior amico sul set". 

Parlando della gioia di lavorare con una persona così disponibile come Murphy, l'attrice ci ha rivelato che non sempre accade di poter lavorare serenamente su un set, soprattutto quando alcuni colleghi sfoderano un ego smisurato. 
"Oh là. Oh là là. Anche oh là là là! Quando succede è la cosa peggiore. Reagisco sempre piangendo perché è una cosa che mi influenza molto. La trovo una cosa stupida e alla fine della giornata non me ne importa nulla ma è un peccato. Mi è successo di recente di lavorare con un attore terribile che si crede dio: è frustrante perché facciamo un lavoro che è così bello e potrebbe essere così divertente e queste persone ti fanno sentire come se stessi sprecando del tempo. Ho lavorato con attori differenti provenienti da ogni paese e ho notato che molti degli attori che usano il “metodo” spesso tendono a escluderti dal loro percorso e si dimostrano egoisti. Alcuni non ti parlano perché il loro personaggio odia il tuo, mentre io vorrei instaurare un bel rapporto con tutti. E' brutto quando ti escludono a priori. Io sono l'opposto: devo amare ogni personaggio, anche quello più sgradevole".

Screzi isolati sul set a parte, l'attrice francese negli ultimi anni è riuscita a costruirsi una solida carriera internazionale. 
"Non era un mio sogno, anche perché fino a quattro anni fa non parlavo una parola d'inglese. Imparare la lingua è stata una bella sfida e ora amo poter far parte di progetti così internazionali, che mi mettono a contatto con persone provenienti da tanti paesi diversi. Mi sento così fortunata perché è una cosa rara avere l'opportunità di lavorare con persone così diverse. Non so se i produttori mi vedono in maniera diversa: grazie a dio non faccio quella vita! E' vero che ultimamente ho fatto tanti film diversi: per me l'importante è fare sempre del mio meglio. Il mio obbiettivo primario non è ottenere per forza il grande incasso, ma poter fare sempre cose diverse e lavorare con persone di talento". 

"Bastardi senza gloria", "Il concerto", "Beginners": Mélanie non ha sbagliato un colpo negli ultimi cinque anni, le abbiamo dunque chiesto come sceglie i suoi ruoli. 
"Il mio metro di giudizio è cambiato molto dall'inizio della mia carriera: in principio ero felicissima di ottenere qualsiasi parte, poi volevo solo grandi parti, e ora non mi importa quanto sia rilevante il mio ruolo, anche se mi chiamano per tre giorni di riprese non mi interessa, l'importante è che il ruolo mi colpisca. Prima pensavo che la cosa più importante fosse la sceneggiatura, ora credo invece che sia il regista. Ma l'anno prossimo potrei aver cambiato idea. Ora so che l'unica cosa che conta è realizzare film straordinari come questo, perché alla fine è quello che resta". 

L'amore per il cinema di Mélanie Laurent non si limita alla recitazione, l'attrice ha infatti girato il suo secondo film da regista. 
"Ho appena finito un mese fa di girare il mio secondo film. Ora sono in fase di montaggio e adesso che ho visto il film di Claudia (Llosa) cambierò tutto! Il primo film che ho diretto è stato dopo aver interpretato "Beginners" e allora era esattamente quello che volevo fare, anche se non ero espertissima in materia. Mentre durante questo secondo film ho potuto contare sui consigli di un'artista come Claudia e credo che la differenza si noterà. Credo di essere completamente me stessa come regista: quando recito molto dipende da chi mi dirige, mentre invece quando dirigo sono il capitano di una grande nave e adoro essere un capitano!". 

La seconda opera da regista dell'attrice è un progetto ambizioso, che l'artista coltiva ormai da più di dieci anni. 
"Il mio film parla di due ragazze all'ultimo anno di liceo: la storia è oscura e pericolosa, tra le due si instaura un rapporto malato, una domina l'altra che è totalmente succube. E' basato su un libro che ho letto 12 anni fa quando avevo 16 anni, un grande successo in Francia, e già allora, mentre stavo compiendo i miei primi passi d'attrice, sapevo che avrei voluto dirigere quella storia. Tutti mi hanno detto che ero troppo giovane per dirigere un film e allora ho chiamato l'autrice, che all'epoca aveva la mia stessa età, e le ho fatto promettere che soltanto io avrei diretto il film un giorno". 

Mentre parla di cinema e set cinematografici Mélanie Laurent si illumina e da star internazionale diventa una semplice appassionata desiderosa di condividere il suo entusiasmo; quando le facciamo notare che è "super cool" ride e diventa subito auto-ironica, risultando, se possibile, ancora più adorabile. 
"Possiamo smettere di mentire?! Non sono super cool! Però amo alla follia il cinema: ho il sacro fuoco del cinema. E quando lavoro con persone di talento come Claudia il mio amore si alimenta. Sono una grande osservatrice e sono affascinata da come i registi accarezzino le loro idee e le trasformino in visioni. Mi sento così fortunata a svegliarmi ogni giorno facendo parte di questo mondo. Amo il talento: non sono mai gelosa di qualcuno pieno di talento, adoro incontrare persone piene di talento perché ti ispirano a migliorare. E questo vale per tutto: la vita, l'amore". 

Attrice, regista e anche cantante, l'artista francese si esprime a tutto tondo, anche se, inevitabilmente, deve affrontare delle critiche. 
"Quando ho realizzato il mio disco ho scritto ogni verso e tutte le musiche, ci ho messo tutta la passione di cui sono stata capace ma la stampa francese non è stata tenera con me. E' stata colpa mia perché in quel periodo ero dappertutto: avevo tre film in sala, ne stavo dirigendo uno, ogni tre settimane usciva una mia intervista. E in Francia la gente si stufa presto. Non so se il disco si meritasse più successo, ma so per certo che quando ne farò un altro lo farò uscire ovunque tranne che in Francia. Adesso ho imparato: la vita è piena di errori ed è giusto che sia così. L'importante è trarre un insegnamento da essi e non fare lo stesso errore due volte".


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mercoledì 5 marzo 2014

Videodrome n. 108 - HER




Titolo italiano: Lei
Titolo originale: Her
Regia: Spike Jonze
Anno: 2013
Cast: Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson, Amy Adams, Olivia Wilde, Rooney Mara
Colore: colore
Durata: 120 minuti
Genere: drammatico
Sceneggiatura: Spike Jonze
Fotografia: Hoyte Van Hoytema
Montaggio: Eric Zumbrunnen, Jeff Buchanan
Musica: Karen O, Arcade Fire
Paese di produzione: USA
Produttore: Annapurna Productions
Distribuzione italiana: BIM Distribuzione

lunedì 3 marzo 2014

Oscar 2014



Siete anche voi davanti alla tv per seguire la notte degli Oscar?
Se volete potete seguirla insieme a me sul blog e in diretta radio sul www.ryar.net nella trasmissione Pop Corn da Tiffany.


RED CARPET

Red Carpet un po' in differita.
Per ora ho visto solo Julia Roberts e Sandra Bullock.




La prima con delle strane alette sui fianchi: NO!
La seconda bel blu ma vestito come carta di un cioccolatino: NO!




Olivia Wilde bellissima col pancione sul red carpet. 




Chiwetel Ejiofor elegantissimo con il suo papillon. 




Olga Kurykenko stupenda in rosso su rosso.



Naomi Watts elegantissima in bianco.




Lupita Nyong'o elegantissima e adorabile. Forse sui il look più bello della serata.




Jared Leto è Gesù col papillon rosso.




Indiana Jones sul red carpet.




Benedict Cumberbatch: che classe! 



E che pazzo! Si è anche destreggiato in un photobombing agli U2! Cuori per lui!




Come invecchia bene Kevin Spacey!





Come al solito arriva Charlize Theron e non ce n'è più per nessuno: la donna più bella del mondo e basta.




Jennifer Lawrence in rosso su rosso ma questa volta ha scelto meglio del solito.
Non può però fare una cosa come si deve e normale: cade anche questa volta!



Ormai questa sua "spontaneità" puzza sempre più di fake.





Matthew McConaughey fichissimo in smocking bianco: la risposta americana a James Bond.




Anche Leonardo DiCaprio sceglie il papillon: è guerra di farfallini.




Michael Fassbender sul red carpet con la mamma: complimenti alla signora, una vera artista.




Cate Blanchett divina. Una regina.




Bellissimi come al solito Brad Pitt e Angelina Jolie.




Insomma da questo red carpet abbiamo capito che: l'accessorio migliore è il pancione, Olivia Wilde, Elsa Pataky (moglie di Chris Hemsworth) e Kerry Washington l'hanno sfoggiato con orgoglio, o la mamma, visto che Leonardo DiCaprio, Jared Leto e Michael Fassbender si sono fatti accompagnare delle genitrici.
La cravatta ormai è out, solo papillon ormai!
Quest'anno i vestiti sono tutti molto sobri: nessuno colore stravagante, nessun vestito eccentrico. Solo nero, rosso, bianco, blu e tante sfumature nude, con qualche sprazzo di strass. Vestiti nel complesso tutti non male ma nessuno si è davvero distinto.



OSCAR 2014

Si comicia!

Jared Leto vince miglior attore non protagonista per Dallas Buyers Club.
Ci aspetta una lunga serata prevedibile.
Però il ragazzo ha fatto davvero un bel discorso di ringraziamento: bellissimo il pensiero per la madre, per chi è morto di AIDS e per tutti coloro che soffrono ingiustizie perché diversi. Bravo Jared!




Intanto in platea sta succedendo di tutto: Ellen DeGeneres si è fatta un selfie con Jennifer Lawrence, Meryl Streep, Kevin Spacey, Brad Pitt e Bradley Cooper, lo ha condiviso su Tweetter ed è appena diventato il tweet più condiviso della storia...



Come se non bastasse arriva una pizza gigante e Brad Pitt se la mangia con gusto sotto gli occhi inorriditi di Angelina Jolie che non vedeva carboidrati da così vicino da anni.



Intanto qui stanno andando avanti i premi e per quanto riguarda le categorie tecniche Gravity sta facendo man bassa: fotografia (grandissimo Lubezki! Già meritava per The Tree of Life), montaggio, sonoro, effetti speciali. Daje!





Scatta anche l'omaggio a Judy Garland, Pink canta Somewhere over the rainbow con un vestito chiaramente ispirato alle scarpette di Dorothy: adoro!



Come miglior attrice non protagonista vince Lupita, che sembra una ragazzina ma in realtà ha già 31 anni! Vince comunque al suo primo ruolo cinematografico. Adorabile! Bel discorso, sul fatto che una gioia così grande sia derivata dalla sofferenza di altri. E non si riferiva a Jennifer Lawrence rimasta a bocca asciutta: e andiamo! Torna a casa a esercitarti sulle cadute, caciottona!



Per l'animazione Miyazaki battuto da Frozen....mah.

Mentre Catherine Martin, moglie di Baz Luhrmann, si porta a casa doppia statuetta per costumi e scenografie di Il Grande Gatsby, proprio come era accaduto 12 anni fa per Moulin Rouge!



E arriva anche il grande momento di Paolo Sorrentino: il regista napoletano ce l'ha fatta! La Grande Bellezza vince come miglior film straniero e l'Italia riconquista la statuetta dopo 15 anni. Per quanto è stato criticato Sorrentino avrebbe potuto tranquillamente fare una pernacchia nel microfono rivolta al pubblico italiano, invece ha fatto un discorso breve ma divertente sulle sue fonti d'ispirazione, tra cui figurano: Fellini, Talking Heads, Scorsese, Maradona, le città Roma e Napoli e la sua famiglia. Perché la bellezza si trova e ci colpisce in molte forme e sfumature. Daje Paolo! 
Fantastico Servillo e il suo sorriso quando Sorrentino cita Maradona.




Parte anche il momento depressivo: il ricordo di tutti i decessi dell'anno.
Una marea nel 2013.
Tra cui i più eclatanti: James Gandolfini, Paul Walker e Philip Seymour Hoffman.

Intanto a sorpresa Spike Jonze vince il premio per la migliore sceneggiatura originale con il suo Her: sono molto contenta. 




E andiamo avanti più veloci: Cate Blanchett, la divina e regale Cate, vince il suo secondo Oscar grazie a Blue Jasmin di Woody Allen. Oscar stra-meritato.Meravigliosa e luminosa Cate Blanchett.




Come migliore protagonista, si sapeva, vince Matthew McConaughey.
Il povero Leonardo DiCaprio rimane ancora una volta a bocca asciuta.
Povero Leo, fenomento da più di 20 anni che però viene sempre sconfitto da attori che onestamente regalano la performance della vita. Quando sarà il suo turno lui che di performance straordinarie ne ha già regalate a secchiate?
Comunque gran signore, Leo ha infatti baciato McConaughey subito dopo la moglie di quest'ultimo e Jare Leto. Un bel momento.



Ed ecco che Matthew McConaughey impazzisce: discorso accorato e emozionato il suo, ringrazia tutti, il padre, la moglie, Dio, parla di eroi.... strepitoso. Fantastico il suo awrite, awrite, awrite! 





Alfonso Cuaron vince miglior regia e nel mio cuore si insinua la speranza che Gravity vinca anche come miglior film, visto che The Wolf of Wall Street è stato messo in un angolino. 



E invece purtroppo no: siamo all'assurdo, Gravity ha vinto tutte le categorie tecniche, la musica, la fotografia, la regia ma non è il miglior film dell'anno per l'Academy. Vince 12 anni schiavo e a ritirare il premio è il produttore Brad Pitt, insieme a tutto il cast, che finalmente potrà dire ad Angelina Jolie: "Chi è che ha un Oscar adesso?!".



Intanto è sempre più la serata dello sbrocco: Steve McQueen dopo il suo discorso dà le spalle alla platea e si mette a saltare come un matto.




Ok anche quest'anno i giochi sono fatti.
Mi dispiace moltissimo per The Wolf of Wall Street.
Sono contenta che quella sola di David O. Russell e il suo film pacco American Hustle siano rimasti a bocca asciutta.
E rimango dell'idea che sia comunque assurdo che un film riconosciuto palesemente come il migliore, ovvero Gravity, con 7 premi all'attivo, non abbia poi vinto come miglior film.

Buona notte a tutti e all'anno prossimo. 



I VINCITORI

12 ANNI SCHIAVO, miglior film
ALFONSO CUARON, miglior regia per "Gravity"
MATTHEW MCCONAUGHEY, miglior attore protagonista per Dallas Buyers Club
CATE BLANCHETTmiglior attore protagonista per Blue Jasmin
JARED LETO, miglior attore non protagonista per Dallas Buyers Club
LUPITA NYONG'O, miglior attrice non protagonista per 12 anni schiavo
LA GRANDE BELLEZZA, miglior film straniero
FROZEN, miglior film d'animazione
HER, miglior sceneggiatura originale
12 ANNI SCHIAVOmiglior sceneggiatura non originale

GRAVITY, miglior fotografia
GRAVITY, miglior montaggio
IL GRANDE GATSBY, miglior scenografia
IL GRANDE GATSBY, migliori costumi
DALLAS BUYERS CLUB, miglior trucco
GRAVITY, miglior colonna sonora originale
FROZEN "Let it go", miglior canzone originale
GRAVITY, miglior missaggio sonoro
GRAVITY, miglior montaggio sonoro
GRAVITY, migliori effetti speciali

TWENTY FEET FROM STARDOM, miglior documentario
THE LADY IN NUMBER 6, miglior corto documentario
MR HUBLOT, miglior corto animato
HELIUM, miglior corto







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