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mercoledì 28 agosto 2013

Gravity








Spazio: davanti a noi si manifesta in tutta la sua bellezza il pianeta azzurro, la Terra, con i suoi monti e fiumi, abbagliante come mai si era vista prima al cinema. Lentamente si impadronisce dell'inquadratura un puntino minuscolo che diventa poi una figura umana, un astronauta, in missione per riparare un telescopio. Comincia così Gravity, nuova pellicola di Alfonso Cuaron, a sette anni dal precedente I figli degli uomini, con un lungo e strabiliante piano sequenza che lascia a bocca aperta e dà un nuovo senso all'uso del 3D al cinema. 

Dopo lo stupore iniziale, il film entra subito nel vivo dell'azione, gettando lo spettatore in un vortice di tensione che non lo abbandonerà più per tutto il resto della pellicola: gli astronauti americani protagonisti del film, lo smargiasso Matt Kowalski, un George Clooney che sembra Buzz Lightyear, e Ryan Stone (Sandra Bullock), medico alla sua prima missione nello spazio, sono infatti vittime di un incidente che li lascia soli e alla deriva nello spazio. A questo punto Gravity diventa una lunga lotta per la sopravvivenza, che comincia dove finiva quella di Frank Poole, l'astronauta abbandonato dal computer Hal 9000, in 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Sperduti nel vuoto freddo e senza suono, i due astronauti, come degli Adamo ed Eva spaziali, compiono un percorso che diviene presto metafora della vita umana, meravigliosa e terribile allo stesso tempo, perennemente in balia di forze più grandi come lo spazio e il tempo, continuamente minacciata dal pericolo e dalla morte. Un viaggio nel metafisico che è contemporaneamente una ricerca interiore e spirituale, in cui i propri ricordi e il vissuto personale diventano l'unica ancora cui appigliarsi.

La maestria di Cuaron lascia senza fiato e non solo per la sua abilità nel creare immagini spettacolari: il regista messicano riesce a realizzare un film totale, in cui la fantascienza si fonde con una storia di formazione e di riflessione spirituale, in cui lo spazio diventa l'ultima frontiera possibile dove allestire un western dell'anima in cui dal caos può sempre emergere la vita e la speranza. Negli occhi di una Sandra Bullock, forse mai così in parte, c'è tutta la forza della specie umana: una forma di vita che non si scoraggia di fronte al grande mistero di cui fa parte e che, nonostante la sofferenza e le alterne fortune, ha la forza di lottare e di rimettersi in piedi, per quanto la caduta sia rovinosa.

Un cinema dalle ambizioni altissime, che racconta la storia più antica e appassionante che ci sia: quella della vita.


Sandra Bullock e George Clooney


La citazione: "Vuoi tornare a casa o vuoi restare qui? Certo è bello quassù! Puoi chiudere tutti quanti gli impianti; spegnare tutte le luci; chiudere gli occhi e scordarti il mondo. Qui nessuno ti fa del male; sei al sicuro. Che senso ha andare avanti? Che senso ha vivere?... Devi piantare bene i piedi per terra e cominciare a vivere... Ehi, Ryan!... è ora di tornare a casa!"

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥♥♥

Uscita italiana: 3 ottobre 2013


Titolo originale: Gravity
Regia: Alfonso Cuaron
Anno: 2013
Cast: Sandra Bullock, George Clooney
Colore: colore, 3D
Durata:  90 minuti
Genere: fantascienza 
Sceneggiatura: Alfonso Cuaron e Jonas Cuaron
Fotografia: Emmanuel Lubezki
Montaggi0: Alfonso Cuaron, Mark Sanger
Musica: Steven Price
Paese di produzione: USA, Regno Unito
Casa di produzione: Warner Bros.
Distribuzione italiana: Warner Bros.


lunedì 23 luglio 2012

Molto forte incredibilmente vicino


Stephen Daldry, autore britannico fino al midollo, è uno che sceglie storie dal sapore prettamente letterario, con personaggi dalla forte personalità, che spesso devono affrontare situazioni o eventi passati che li mettono a dura prova. I suoi film non sono opere d'azione, ma pellicole in cui ad essere mostrate sono le tumultuose emozioni e sensazioni interiori di persone a volte normali, a volte eccezionali.
Se con Billy Elliot, The Hours e The Reader Daldry ha saputo creare un suo stile personale, fatto di silenzi, dialoghi significativi, attori di grandissimo talento ed un apprezzabile equilibrio tra dramma e facile retorica, con il suo ultimo lavoro il regista di Dorset si è un po' perso per strada.


Molto forte, incredibilmente vicino, tratto dal libro di Jonathan Safran Foer parla del disperato tentativo di un ragazzino, Oskar Schell (Thomas Horn), di tenere con sé il più possibile il ricordo del padre, morto durante l'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001.
Il padre di Oskar (un Tom Hanks imbolsito e stucchevole come non mai) è infatti morto durante l'attentato e il giovanissimo non riesce ad accettare il dolore, cercando disperatamente un ultimo messaggio del padre ormai scomparso.
L'occasione arriva da un vaso blu in cui è contenuta una chiave cui è collegato il nome  "Black": convinto che il padre gli abbia lasciato qualcosa, Oskar, nonostante i suoi problemi derivanti dalla sindrome di Asperger, si lancia con coraggio e determinazione alla ricerca dei 400 e più signori Black residenti a New York per scoprire che cosa apra la misteriosa chiave. Nella sua disperata ricerca, Oskar viene aiutato da un anziano signore (Max von Sydow), inquilino di sua nonna, non più in grado di parlare.


I produttori di Molto forte, incredibilmente vicino avranno forse creduto che, per tradurre in immagini il dolore causato da una ferita non ancora chiusa dopo dieci anni, che ha messo l'America di fronte al fatto che persino la nazione più potente del mondo può essere violata, la visione di un regista europeo, e quindi meno coinvolto emotivamente, sarebbe risultata più lucida.
In realtà la storia, almeno nella versione di Daldry, ha molto poco a che vedere con la tragedia dell'11 settembre: il regista si concentra infatti sul dolore derivante dalla perdita di una persona amata, e sul difficile processo di accettazione.


Il piccolo Oskar, un Thomas Horn convincete e sorprendentemente bravo per la giovane età, deve infatti affrontare tutte insieme emozioni fortissime e difficilmente gestibili: rabbia, dolore, perdita, senso di colpa e di abbandono. Tutte emozioni che, prima o poi, la vita ci pone di fronte e nell'affrontarle, volenti o nolenti, siamo costretti a crescere.
Il film diventa quindi una sorta di racconto di formazione, in cui il fatto storico fa semplicemente da sfondo a una vicenda umana privata.
Purtroppo però il racconto inciampa ben presto in una facile retorica, che rende il film forzatamente commovente e fastidiosamente "strappa lacrime": fin da subito ci viene presentato l'idilliaco rapporto tra padre e figlio, la famigliola perfetta colpita dalla sventura. Tom Hanks, mai così bolso e stucchevole, nei panni dell'amorevole papà strappato troppo presto alla sua famiglia, e, la miracolata e persistentemente incapace, Sandra Bullock, nel ruolo della madre, sono già il primo campanello dall'allarme di una scelta stilistica che deve portare necessariamente alle lacrime lo spettatore alla fine del film. Lacrime che puntualmente arrivano, ma sono forzate, calcolate, non sincere: tutto il contrario, ad esempio, di un film di Clint Eastwood, in cui, lavorando di sottrazione e senza scadere in facili pietismi, le lacrime non sgorgano nemmeno, perché l'emozione prende direttamente allo stomaco e alla gola.


In questo "programma forzato per la lacrima finale", c'è però un momento in cui si fa del bel cinema: grazie a Max von Sydow, attore immenso, in grado di recitare con il corpo e senza parlare per tutta la durata della pellicola, che, camminando con Oskar per le strade della città, dà corpo a un dolore "maturo", messo in contrapposizione a quello del giovane ragazzino, a dimostrazione che il dolore ci accompagna dal momento in cui "perdiamo l'innocenza" fino alla fine. Non a caso alla base del trauma dell'inquilino muto c'è un altro fatto storico atroce, a simboleggiare che cambiano le epoche e le situazioni ma la tragedia è sempre dietro l'angolo.


Non basta però l'ottima interpretazione di von Sydow a salvare il film dalla retorica e da una scelta stilistica che non riesce a trovare un equilibro convincente tra dramma e riflessione.

Max von Sydow e Thomas Horn


La citazione: "La vita dopo che sei morto è come quella prima di essere nato".

Hearting/Cuorometro: ♥♥1/2

Titolo originale: Extremely Loud & Incredibly Close
Regia: Stephen Daldry
Anno: 2011
Cast: Thomas Horn, Max von Sydow, Sandra Bullock, Viola Davis, Tom Hanks

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