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martedì 9 settembre 2014

TRUE BLOOD: COMMENTO AL FINALE DELLA SERIE, THANK YOU

Dopo sette stagioni di sangue, umorismo nero, trovate kitsch e follia, True Blood saluta il pubblico con un finale rassicurante, decisamente in controtendenza rispetto agli eccessi delle prime stagioni 




Plot 

Avevamo lasciato Sookie (Anna Paquin) in preda alla disperazione per la decisione di Bill (Stephen Moyer) di non prendere la cura contro l'epatite V: lacrime destinate ad aumentare, visto che il vampiro chiede all'amata di aiutarlo ad affrontare la vera morte grazie alla sua luce di fata, usando la quale la ragazza potrà finalmente diventare un essere umano normale. Una richiesta che sconvolge Sookie e che non è la sola del malato: Bill chiede infatti a Hoyt (Jim Parrack) di sposare Jessica (Deborah Ann Woll), così da avere la possibilità di accompagnare la sua progenie all'altare. In fretta e furia, tutta Bon Temps organizza il matrimonio per esaudire l'ultimo desiderio di Bill. 

Dopo aver riflettuto a lungo, Sookie decide di aiutare Bill a incontrare la vera morte, ma senza rinunciare ai suoi poteri di fata: dopo un ultimo intenso bacio, Sookie trafigge con un paletto di legno il cuore del vampiro, che riempie la sua tomba rimasta vuota per più di un secolo. Nel frattempo Eric (Alexander Skarsgaard) e Pam (Kristin Bauer Van Straten), stufi della prepotenza di Mr. Gus (Will Yun Lee), uccidono l'imprenditore e i suo sicari, catturano Sarah (Anna Camp) e creano da soli il New Blood dal suo sangue. 

Quattro anni dopo la morte di Bill, Eric e Pam sono divenuti milionari grazie al New Blood, hanno riaperto il Fangtasia e tengono prigioniera Sarah nei sotterranei del locale, dove vendono il suo sangue "direttamente alla fonte" per cifre astronomiche. A Bon Temps invece i tempi del sangue sembrano ormai lontani: Sookie è incinta di un uomo di cui non vediamo mai il viso, Jason (Ryan Kwanten) ha sposato Brigette (Ashley Hinshaw) da cui ha avuto tre figli, Sam (Sam Trammell) e Nicole (Jurnee Smollett-Bell) a Chicago hanno avuto due figli e tornano in Louisiana per le feste, Jessica e Hoyt sono ancora insieme così come Lafayette (Nelsan Ellis) e James (Nathan Parsons), Andy (Chris Bauer) e Holly (Lauren Bowles), Lettie Mae (Adina Porter) e il reverendo Daniels (Gregg Daniel) e Arlene (Carrie Preston) e Keith (Riley Smith). Tutti riuniti per il Ringraziamento, gli abitanti di Bon Temps danno il loro saluto al pubblico, seduti a una tavola riccamente imbandita. 


Cosa ci è piaciuto 

La parte migliore del finale di True Blood non poteva che essere la coppia formata da Eric e Pam: i due vampiri, da tempo attrattiva principale dello show, sono i veri portatori sani dello spirito della serie, quello selvaggio e fuori controllo, seducente e inquietante. La folle corsa in macchina del vampiro vichingo che muove la testa a ritmo di musica, con pezzi di cadaveri ammucchiati sullo sfondo, è l'immagine simbolo di cosa era True Blood in origine: ovvero una metafora per parlare delle pulsioni più segrete e spaventose e affrontare temi come la diversità e la paura di ritrovarsi davanti a morte e malattia, il tutto trattato con umorismo nero e spesso surreale. Eric e Pam sono i veri (anti)eroi della serie, e non è un caso che siano proprio loro a creare il "New Blood", tra l'altro materiale di partenza ottimo per un ipotetico spin-off. 


Cosa non ci è piaciuto 

Da una serie irriverente e fuori dagli schemi come True Blood, ci saremmo aspettati un finale forse meno rassicurante: tutti i personaggi, tranne Bill, hanno avuto il lieto fine, passando il messaggio che le uniche cose davvero importante sono, una volta sconfitti mostri e paure, la famiglia, i figli, la sicurezza affettiva. Un'idea certamente condivisibile ma inaspettata per una serie che ha sempre fatto della stranezza e dell'anticonformismo il suo tratto distintivo. Il fatto poi che l'unico a morire sia Bill, e per sua volontà, è forse l'aspetto che lascia più perplessi: sembra quasi che gli sceneggiatori, troppo affezionati ai propri personaggi, abbiano deciso di sacrificare forzatamente uno dei loro amati figli per donare un tocco di dramma a un finale altrimenti troppo solare per una serie notturna come True Blood. 


Il momento shock 

La morte di Bill per mano di Sookie: forse una metafora per salutare il pubblico e dire che, prima o poi, bisogna lasciarsi il passato alle spalle. Il momento più drammatico, e forzato, del finale. 


La perla di Pam 




Considerazioni finali 

Per sette anni la serie creata da Alan Ball, a partire dai romanzi di Charlaine Harris, ha divertito e sorpreso il pubblico con i suoi vampiri eccessivi e l'umorismo surreale, affrontando con irresistibile gusto camp argomenti difficili come la diversità, la morte, l'ossessione, la paura, la malattia, l'amore: le prime tre stagioni sono state una folgorazione, poi, con l'abbandono di Alan Ball come showrunner, tutto ha cominciato a essere meno appassionante, fatto dovuto soprattutto alla frammentazione eccessiva del racconto. In questi sette anni la serie ha saputo dare vita a personaggi memorabili come Eric Northman e Pam, Russell Edgington, Lafayette e Ginger: loro hanno salvato True Blood nei momenti più bui. Il finale, come spesso accade, è destinato a dividere, ma una cosa vera la dice: la sregolatezza e l’eterna giovinezza sono privilegi concessi soltanto a creature di fantasia come i vampiri, simbolo di chi non si conforma alle leggi della società e che decide di vivere una vita fuori dal coro. Per tutti gli altri ci sono grandi tavolate in occasione delle feste, matrimoni e bambini. 


Voto 3/5


Pubblicato su Movieplayer.

mercoledì 27 agosto 2014

True blood: altro che fiumi di sangue, il finale è rose e fiori

Arrivata alla settima stagione, “True Blood”, la serie sui vampiri della Louisiana creata da Alan Ball a partire dai romanzi di Charlaine Harris, chiude i battenti e lo fa scegliendo un finale decisamente più tradizionale rispetto agli eccessi delle prime stagioni. Quasi tutti i protagonisti, tranne uno, hanno il loro sospirato lieto fine: qualcuno si sposa, qualcuno ha figli e qualcun altro diventa milionario 




Fin dalla prima messa in onda nel 2008, “True Blood” ha mostrato immediatamente la sua natura selvaggia, ribelle e folle: ambientata nel torrido sud degli Stati Uniti, la serie creata per HBO da Alan Ball, già autore di “Six Feet Under, a partire dai romanzi di Charlaine Harris, si è subito imposta come un prodotto rivoluzionario, in cui sesso e morte erano i cardini attorno a cui ruotavano un folto numero di protagonisti, alcuni umani, altri vampiri e licantropi. Volutamente kitsch e sopra le righe, “True Blood” ha portato in televisione un carrozzone colorato in cui si è parlato di diversità, malattia e lotta per pari diritti: la storia della fata telepate Sookie Stakehause, interpretata dal premio Oscar Anna Paquin, ha saputo infatti parlare senza peli sulla lingua di argomenti scottanti in modo divertente e spesso grottesco, facendo scorrere sangue a fiumi e sdoganando definitivamente il sesso in tv anni prima di “Game of Thrones

Forte di un cast accattivante, premiato nel 2009 con un Emmy al miglior gruppo di protagonisti, una sigla tra le più belle viste in televisione grazie soprattutto alla musica del compositore Nathan Barr, e un humor nero spesso imprevedibile, “True Blood” ha conquistato fin da subito una fetta di fedelissimi telespettatori e convinto la critica, che l’ha premiata più volte, arrivando a dare, nel 2009, il Golden Globe ad Anna Paquin come migliore attrice in una serie drammatica. 

La serie ha inoltre rivelato il talento di diversi attori, primi tra tutti Alexander Skarsgard, nei panni del vampiro vichingo Eric Northman, e Kristin Bauer van Straten, interprete del personaggio più irriverente, Pam, sboccata progenie di Northman. Grazie a loro i vampiri sono tornati ad essere sexy: proprietari del Fangtasia, nightclub dove sadomaso e sesso libero sono di casa, i due vampiri hanno reso celebri i propri interpreti e creato una nuova fascinazione per il lato oscuro dei succhia sangue, negli ultimi anni resi spesso eccessivamente romantici da altre saghe per teenager. 

Diventata un vero e proprio fenomeno di culto grazie alle prime tre stagioni, la serie ha poi preso una via discendente a partire dalla quarta, quando Alan Ball ha cominciato a interessarsi ad altri progetti per poi abbandonare definitivamente il ruolo di showrunner alla quinta stagione: lasciata in mando a sceneggiatori che hanno frammentato la storyline, “True Blood” non è più riuscita a tornare ai fasti delle prime serie, diventando sempre meno graffiante, fino alla settima e, ultima, stagione, conclusasi lo scorso 24 agosto in America e arrivata in contemporanea in Italia grazie a Sky (il finale di stagione sarà nuovamente messo in onda su Fox, canale 112, il prossimo 30 agosto alle 23:35). 



In questa ultima stagione gli sceneggiatori hanno cercato di salutare uno per uno tutti i personaggi visti in questi anni, viventi e non: grazie a flashback e visioni, abbiamo infatti potuto rivedere anche personaggi scomparsi da tempo come Adele (Lois Smith), la nonna di Sookie, e rivedere Steve Newlin (Michael McMillian), ex marito vampiro di Sarah (Anna Camp). Se da un lato lo sforzo di dare uno spazio a tutti è stato ammirevole – la mossa più riuscita è stata narrare il passato di Ginger (Tara Buck), la spalla umana di Pam e Eric, e l’origine del Fangtasia in “Death is not the End, l’episodio migliore della stagione -, dall’altro ha spesso allungato inutilmente la storia, rubando minuti a personaggi e situazioni più interessanti. Chi poi si aspettava una risoluzione finale per l’eterno triangolo amoroso, divenuto per un periodo un quadrilatero con l’entrata in scena del licantropo Alcide (Joe Manganiello), formato dalla fata Sookie e dai vampiri Bill (Stephen Moyer) e Eric, è destinato a rimanere deluso: nel finale “True Blood” ha virato con decisione su binari meno eccentrici e più tradizionali, concedendo il lieto fine alla grande maggioranza dei suoi protagonisti, abbracciando la tesi che la sregolatezza e l’eterna giovinezza sono privilegi concessi soltanto a creature di fantasia come i vampiri, simbolo di chi non si conforma alle leggi della società e che decide di vivere una vita fuori dal coro. Per tutti gli altri ci sono grandi tavolate in occasione delle feste, matrimoni e bambini. 


IL FINALE DI TRUE BLOOD (ATTENZIONE SPOILER) 

La settima stagione di “True Blood” si apre con uno scenario apocalittico: la lega per lo sterminio dei vampiri ha diffuso, attraverso il True Blood, una malattia, l’epatite V, che contagia e uccide solamente i vampiri. Gli umani contaminati sono portatori positivi e nutrendosi da loro i vampiri sono destinati a morte. A farne le spese sono milioni di succhia sangue, resi incontrollabili dalla malattia. I vampiri infetti, organizzatisi in gruppi violenti, diventano presto una minaccia e arrivano anche a Bon Temps: Tara (Rutina Wesley) viene uccisa in uno scontro, Alcide muore cercando di proteggere Sookie, che viene contagiata, e Bill si ammala bevendo il sangue della ragazza. 

Anche Eric Northman viene contagiato, ma, insieme a Pam, riesce a trovare una cura: Sarah Newlin, l’ideatrice dello sterminio di vampiri, ha infatti bevuto l’unica fiala di antidoto esistente, diventando una cura vivente per l’epatite V. Eric e Pam si alleano con Mr. Gus (Will Yun Lee), ex proprietario delle fabbriche di True Blood, per creare il New Blood, prodotto che curerà i vampiri e farà diventare il trio estremamente ricco. 



Venuta a conoscenza dell’esistenza di una cura, Sookie combatte con ogni mezzo per fornirla a Bill, vittima di una versione accelerata della malattia e prossimo alla vera morte. Il vampiro però, reso umano dalla sofferenza, capisce che per far vivere una vita normale all’amata deve morire: da solo non è infatti in grado di staccarsi da Sookie e per farle avere figli e una vita da umana deve quindi morire. Prima di lasciare il mondo dei vivi, Bill ha un ultimo desiderio: poter accompagnare all’altare Jessica (Deborah Ann Woll), la sua progenie. Jessica si è infatti riconciliata con Hoyt (Jim Parrack) e, abbandonati gli eccessi da baby vampiro, decide di sposarsi. Jessica non è la sola ad aver trovato l’amore: dopo anni di relazioni di una notte, il fratello di Sookie, Jason (Ryan Kwanten), mette la testa a posto e si sposa con Brigette (Ashley Hinshaw), da cui ha tre figli, Lafayette (Nelsan Ellis) trova la sua metà, il vampiro James (Nathan Parsons), Arlene (Carrie Preston) si innamora di Keith (Riley Smith), e Sam (Sam Trammell) va vivere a Chicago con Nicole, da cui ha due figli. 

Per tanti personaggi felici, ce n’è uno che ha una conclusione triste: Sookie accetta infatti la decisione di Bill e lo aiuta a incontrare la vera morte. Non rinunciando alla sua luce di fata, come suggerito invece da Bill, la ragazza aiuta il vampiro a infilarsi un paletto nel cuore e lo vede dissolversi sotto i suoi occhi. Quattro anni dopo la morte del Bill, vediamo che a Bon Temps è ormai tempo di tavolate imbandite e bambini: riunitisi tutti per il Ringraziamento, i protagonisti sono tutti ancora felicemente accasati, compresa Sookie, incinta di un uomo misterioso di cui non vediamo il volto. 



In mezzo a tutta questa normalità, soltanto Eric e Pam continuano a vivere una vita fatta di eccessi e sregolatezze: proprietari del New Blood e ormai miliardari, i due riaprono il Fangtasia, nei cui sotterranei è tenuta prigioniera Sarah, il cui sangue prelevato “direttamente alla fonte”, viene venduto a cifre esorbitanti. 

Un finale che ha deluso gli amanti duri e puri della serie, che si aspettavano più dramma: gli autori, forse troppo affezionati ai personaggi, hanno invece deciso di virare verso una conclusione rassicurante e lasciare come unici testimoni della stravaganza della serie Eric e Pam, da tempo le sole scintille rimaste alla serie. Insieme alla sua protagonista assoluta, Sookie, che nei romanzi originali finiva per scegliere come compagno Sam, la serie ha quindi deciso di maturare e accettare il fatto che prima o poi, per chi non è un vampiro e ha il dono dell’eterna giovinezza, arriva per tutti il tempo di prendersi delle responsabilità, trovare una stabilità emotiva e magari avere figli. Un ultimo sorso forse amaro per i più anticonformisti ma abbastanza realistico.




Pubblicato su TvZap.

giovedì 11 ottobre 2012

Roma Fiction Fest 2012 - True Blood 5 conferenza stampa

Il video integrale della conferenza stampa di True Blood 5 in cui Alexander Skarsgard, Kristin Bauer van Straten e Valentina Cervi hanno presentato alla stampa la nuova stagione della serie targata HBO. 

sabato 6 ottobre 2012

Momento Di Vero Godimento n. 94

Non solo li ho visti, ma Skarsgard l'ho pure intervistato a tu per tu (la mia prima intervista!).
Ho conversato con Eric Northman.
Non so se mi spiego!



Skarsgard, il volto umano del vampiro rockstar


Incontro con Alexander Skarsgard, il vampiro Eric di True Blood, accolto da scene di isteria collettiva al RomaFictionFest dove ha presentato la quinta stagione della serie cult dal 23 ottobre in prima visione su Fox.


Dentro un involucro da divinità nordica può esserci una persona gentile e una testa pensante. E’ questa la scoperta su Alexander Skarsgård, ospite del Roma Fiction Fest. Altissimo, biondo, sguardo glaciale, l’attore svedese ha senza dubbio il physique du rôle per interpretare il principe vichingo diventato vampiro Eric Northman. Ma lo sguardo, nella versione ‘in borghese’ cambia completamente, rivelando la bravura di Skarsgard a calarsi nel ruolo di uno dei personaggi più amati di “True Blood”, serie creata da Alan Ball giunta alla quinta stagione, trasmessa in America dal canale HBO e in Italia da Fox dal 23 ottobre ogni martedì alle 22.45. Sbarcato all’evento romano per presentare la nuova stagione della serie vampiresca, con Kristin Bauer e Valentina Cervi (al suo debutto nella serie) ha accontentato i fan con 45 minuti di pink carpet, tanti sorrisi e qualche battuta sulle esperienze passate. Poi ci ha parlato del suo rapporto con il personaggio, dei progetti futuri e di vecchie aspirazioni. 

In “True Blood” sei Eric Northman, un vichingo vampiro. Northman è uno dei personaggi più amati della serie, sembra una rockstar e fa delle cose pazzesche, come strappare cuori a mani nude dal petto delle persone. Quanto è divertente recitarlo? 
E’ molto divertente! Sono già cinque anni che lo interpreto ma mi godo ancora ogni momento del personaggio. Cinque anni fa, quando ho letto per la prima volta lo script, stavo facendo un’altra serie, “Generation Kill”, sempre della HBO, che è un prodotto molto diverso da “True Blood”, in cui tutto è estremamente realistico, girato con uno stile quasi da documentario, non ci sono colpi di scena o colonna sonora. Volevo quindi che il mio progetto successivo fosse qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo, qualcosa che fosse una sfida da cui imparare. Quando ero nel deserto a girare “Generation Kill” e ho letto il copione di “True Blood” ho detto: ecco! Questo è quello che cerco. La serie è così folle, così sopra le righe, il personaggio così particolare e complesso, che l’ho amato subito: viene presentato prima come un cattivo ma poi rivela una certa profondità, in fondo è anche vulnerabile e questo mi è piaciuto molto di lui. Sto ancora scoprendo molte cose di lui, per questo è così interessante continuare ad interpretarlo. E poi certo, tutte quelle cose come strappare cuori, volare, fare a brandelli le persone sono fantastiche. Amo fare queste cose (ride)! 

Eric è uno dei personaggi che si evoluto di più nel corso delle diverse stagioni. Cosa ci aspetta nella quinta stagione? 
Verrà introdotta fin dalla prima puntata una nuova figura, la sorella di Eric, Nora. Questo è molto bello perché non sono molti quelli ai quali lui è interessato. Eric e Bill (Stephen Moyer) vengono arrestati dall’Autorità che governa il mondo dei vampiri, si alleano per fuggire alla prigionia con all’aiuto di Nora, resa vampiro 600 anni fa come lui da Godric. 

Il tuo personaggio ha una forte carica erotica, e le scene di nudo non sono una rarità. Ti senti in imbarazzo a recitarle? 
No. Non sono affatto imbarazzato a girare nudo, a patto che le scene siano pertinenti in una storia: in tal caso non mi pesa, sia che reciti a teatro che in una fiction. Oltre a recitare per la televisione la guardi anche? C’è qualche serie che ami? Sono stato fortunato perché sono un grande fan di “The Wire” e ho avuto la possibilità di lavorare con gli autori che sono gli stessi che hanno realizzato anche “Generation Kill”. Penso che “Six Feet Under” sia favoloso ed è un prodotto di Alan Ball con cui poi ho lavorato in “True Blood”. Sono stato molto fortunato a lavorare con i creatori delle serie di cui son fan. Mi piace molto anche “Deadwood”. 

E le commedie le guardi? 
Guardo “The Colbert Report”, è il mio preferito. E’ uno show di satira politica, è simile a “The Daily Show” di Jon Stewart, ha lo stesso stile. 

Qualche anno fa dichiarasti che i registi svedesi sono dei codardi. La pensi ancora così o hai cambiato parere? 
Sì, il clima nel cinema svedese dieci anni fa era diverso da come è ora. Ci sono stati un paio d’ anni in cui non usciva niente di nuovo, le stesse persone facevano sempre lo stesso tipo di film, questo è il motivo principale per cui prima ho diretto il cortometraggio “To kill a child” e poi sono andato a lavorare negli Stati Uniti. Le sceneggiature che mi proponevano in Svezia non mi soddisfacevano e allora ho cambiato ambiente. Ora invece penso che ci siano almeno un paio di registi davvero eccezionali, che lavorano sia in Svezia che a livello internazionale, quindi direi che la situazione è cambiata parecchio. Un paio di anni fa ho fatto un film in Svezia e ne girerò un altro l’anno prossimo: amo tornare a casa e mi piacerebbe lavorare di più in Svezia e in Europa. 

Pensi che dirigerai qualcos’altro in futuro? 
Penso proprio di sì. Non credo che sia stato un episodio isolato, mi sono davvero divertito e vorrei rifarlo. 

Nel tuo curriculum c’è un ruolo divertentissimo in “Zoolander”, ma dopo hai interpretato sempre personaggi molto seri e drammatici, è una tua scelta? 
Per qualche strana ragione mi affidano sempre ruoli drammatici. L’anno scorso ho girato tre film, uno è un po’ più leggero, “What Masie Knew”, ma “Disconnect” e “The East” sono entrambi molto pesanti e ho appena finito le riprese di un film con un’ambientazione post-apocalittica girato quasi tutto dentro a un rifugio antiatomico. Quando sono uscito da quel set, una settimana fa, il mio primo pensiero è stato per favore, il prossimo film deve essere una commedia come quelle di Will Ferrel! Mi piacerebbe fare qualcosa di leggero e divertente, magari ambientato alle Hawaii (ride)! 

Qualche anno fa hai lasciato la facoltà di architettura per dedicarti alla recitazione… 
In realtà ho lasciato la recitazione a tredici anni, ho cominciato a recitare da bambino e poi per alcuni anni ho smesso. In quegli anni, come molti teenagers, stavo cercando di capire che cosa volessi fare. Mi piaceva architettura, ma non l’ho mai studiata. Era quello che avrei voluto fare se non avessi più fatto l’attore. Ma poi l’amore per la recitazione è stato più forte.


Pubblicato su TvZap.
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