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martedì 21 ottobre 2014

Sin City 2, ritorno alla città del peccato

A nove anni dal primo capitolo arriva il seguito, questa volta in 3D, del film tratto dalla graphic novel di Frank Miller, in cui gli sprazzi di colore si perdono in un bianco e nero che esalta i corpi e la bellezza di femmes fatales conturbanti. Il principale (forse l’unico?) motivo d’attrazione della nuova opera di Robert Rodriguez 




BaSin City, nove anni dopo: bianco e nero dai contrasti che rapiscono lo sguardo, criminali da strapazzo e criminali altolocati, strade sporche e anime perse, dark lady pericolose e corruzione dilagante. Esteticamente, nulla è cambiato nella città del peccato creata da Frank Miller e portata sul grande schermo da Robert Rodriguez: gli sprazzi di colore che colpiscono all’improvviso personaggi e spettatore hanno ancora il fascino del primo discusso capitolo, fenomeno cinematografico al contempo amato e odiato, innovativo per alcuni e per altri l’anticinema incarnato, sicuramente un progetto dallo stile a sé, creatura polimorfa diventata negli anni un cult. 

A quasi un decennio dal primo Sin City, Rodriguez e Miller ci riprovano, questa volta senza l’aiuto dell’amico e collega Quentin Tarantino a supportare il progetto: recuperando personaggi e attori del primo film – tranne Devon Aoki, sostituita da Jamie Chung, nel ruolo di Miho e Clive Owen in quello del “nuovo” Dwight che, per fedeltà alla continuity del progetto, sarebbe stato necessario -, il duo mette in scena una storia che cronologicamente è sia sequel che prequel del precedente film. Una mossa non del tutto riuscita, che crea non poca confusione nello spettatore: il film si apre infatti con Marv, un Mickey Rourke ancora una volta perfetto nel ruolo, spaesato e senza memoria, che ci porta per mano nei vicoli della città, recuperando immediatamente l’atmosfera del fumetto e del primo film: una delle scene più riuscite di Sin City 2, che perde presto il filo del discorso. In questo secondo capitolo Marv incrocia infatti la sua strada sia con Dwight, questa volta con il volto di Josh Brolin (data la necessità di mettere in scena il personaggio prima della chirurgia plastica di cui si parla in Sin City), raggirato e tradito da Eva Lord (nel fumetto Ava), dark lady senza scrupoli interpretata da una statuaria e diabolica Eva Green, la donna per cui uccidere del titolo, trama centrale del film tratta dal secondo capitolo della graphic novel (Una donna per cui uccidere appunto), sia con Nancy, la sempre sinuosa e bellissima Jessica Alba, distrutta dal dolore per la perdita di Hartigan (Bruce Willis) e ormai sull’orlo della follia: un fatto impossibile, visto che Marv era stato giustiziato proprio nel capitolo dedicato a Nancy, “Quel bastardo giallo”, affrontato nel primo film. 

Agli errori temporali si aggiungono quelli di scrittura: la nuova storia dedicata a Nancy è debole, così come quella dell’altro frammento originale scritto appositamente per Sin City 2, ovvero quello di Johnny, giocatore d’azzardo che deve pagare le conseguenze per aver osato sfidare il senatore Roark (Powers Boothe). La storia di Johnny mal si mescola con il resto della storia, ma si salva grazie alla bravura di Joseph Gordon-Levitt e al cameo di un fantastico Christopher Lloyd, che interpreta un dottore pazzo che sembra Doc Brown di Ritorno al futuro ormai in pensione. Dei bravi attori non bastano però a salvare il film dal suo sbilanciamento: questa volta la magia non ha funzionato e le varie storie non riescono ad amalgamarsi tra loro, trasformano il film in una serie di scene più o meno riuscite che si susseguono freddamente l’una con l’altra. La stessa trama centrale, quella con Eva Green, è fin troppo banale nel suo svolgimento, riducendosi a una serie di cliché sulle dark lady protagoniste di racconti noir. 

A svegliare dal gelo lo spettatore sono il 3D, che crea un interessante contrasto tra le scene bidimensionali tratte fedelmente dal fumetto, e la bellezza delle protagoniste femminili, stupende e ipnotiche: dalla selvaggia Rosario Dawson all’elegante Jamie Chung, passando per la sensuale Jessica Alba fino alla pericolosa Eva Green, cuore e corpo pulsante della pellicola, che, con le sue forme esaltate dal chiaro scuro e l’inconfondibile sguardo inquietante, gioca a sedurre non solo gli uomini di Sin City ma anche lo spettatore. 

Per quanto affascinanti, delle belle immagini non possono però essere l’unico punto di forza di un film, persino se dirette con la maestria di Robert Rodriguez, regista duro e puro con un’idea ben precisa di cinema e dallo stile riconoscibile. Sin City 2 non fa dunque ben sperare per il terzo capitolo della saga, già annunciato dal regista, che sarà, secondo quanto dichiarato dagli autori, sempre più incentrato su materiali originali estranei al fumetto originale.

Eva Green


La citazione: "Sin City è un posto in cui entri tenendo gli occhi aperti: o non ne esci più"

Hearting/Cuorometro: ♥♥1/2

Uscita italiana: 2 ottobre 2014


Titolo originale: Sin City: A Dame to Kill For
Regia: Robert Rodriguez e Frank Miller
Anno: 2014
Cast: Eva Green, Jessica Alba, Joseph Gordon-Levitt, Mickey Rourke, Rosario Dawson, Josh Brolin, Bruce Willis, Juno Temple
Colore: B/N, colore, 3D
Durata:  102 minuti
Genere: cinecomic
Sceneggiatura: Frank Miller, Robert Rodriguez, William Monahan
Fotografia: Robert Rodriguez
Montaggi0: Robert Rodriguez
Musica: Robert Rodriguez
Paese di produzione: USA
Casa di produzione: Aldamisa Entertainment, Miramax Films
Distribuzione italiana: Lucky Red





Pubblicato su XL.

lunedì 21 maggio 2012

Men In Black III


Pensare a Men In Black vuol dire fare un tuffo negli anni '90: passati gli eccessi degli '80, forti dell'enorme passo avanti della tecnologia, figli della cultura dell'immagine esplosa grazie a Mtv e simili, gli anni '90 hanno portato di nuovo in auge la fantascienza, il paranormale, le storie di mostri e alieni.
Sono gli anni di Twin Peaks, X-files, FriendsBuffy l'ammazzavampiri, dell'ascesa di David Lynch, Tim Burton e Quentin Tarantino, dei libri di Michael Crichton su Jurassic Park, dei fumetti di Sailor Moon, del grunge, dei Nirvana e dei Pearl Jam, del girl power, delle Nike supercolorate, del Game Boy.
Non è un caso quindi che i Man in Black siano vestiti come le iene di Tarantino e gli agenti di Matrix (cultura pop anni '90 all'ennesima potenza), abbiano il volto di Will "Il principe di Bel Air" Smith,  facciano battute su icone come Michael Jackson e siano in possesso di gadgets che sono stati tra i pionieri del feticismo tecnologico.

Men In Black è quindi diventato a sua volta negli un pezzo di cultura pop anni '90: ha dunque senso realizzare un terzo capitolo a 10 anni di distanza dal secondo film e a 15 dall'originale?
Bella domanda.
Certo è che tra tutti questi film tratti da fumetti, videogiochi e saghe letterarie per adolescenti, i Men In Black sembrano quasi vintage.

Ed è proprio il vintage la chiave di lettura del terzo capitolo sempre diretto da Barry Sonnenfeld: la sceneggiatura di Etan Cohen (non quel Coen, c'è un' acca che fa un mondo di differenza) punta infatti a ripresentare la saga alle nuove generazioni, che non hanno vissuto il fenomeno del primo capitolo, mettendo in primo piano i due protagonisti, l'agente J (Will Smith) e l'agente K (Tommy Lee Jones), approfondendo il loro rapporto e il loro passato,  catapultandoli però in un'altra epoca per il gusto di chi invece ha amato quei personaggi e vuole vederli in una nuova avventura.

Nel terzo episodio della saga MIB ritroviamo infatti J e K, sempre protagonisti di battibecchi infiniti a causa del loro carattere completamente opposto: imprevedibile ed espansivo il primo, serissimo e rigido il secondo.
A portare movimento nella loro consolidata routine ci pensa l'alieno Boris (Jemaine Clement), imprigionato 40 anni prima in una prigione costruita sulla luna dopo essere stato catturato proprio da K.
L'alieno trova il modo di tornare indietro nel tempo per impedire il suo arresto e vendicarsi di K, riscrivendo così la storia.
J, unico a ricordarsi dell'esistenza del partner, decide quindi di tornare a sua volta indietro nel tempo negli anni '60 per rimettere a posto le cose.

La trovata del salto temporale non è così originale è vero, ma i dialoghi ironici, la gigioneria di Smith, il rivedere oggetti cult come il neuralizzatore e l'inimitabile espressione impassibile di Tommy Lee Jones, ci riportano indietro di 15 anni, divertendo e regalando la sensazione di ritrovare degli amici che non si vedeva da tempo.
Ottimi nuovi acquisti della saga sono l'agente O di Emma Thompson, l'alieno Griffin interpretato da Michael Stuhlbarg, la versione giovane di K, interpretata alla perfezione dal sempre più bravo Josh Brolin e l'Andy Warhol di Bill Hader, che regala il momento più divertente del film.

Tecnologia, effetti speciali, abiti scuri, ironia, azione, creature mostruose, interior design sofisticato, cammei illustri tra i nuovi alieni monitorati, tra cui Lady Gaga, Tim Burton e Yao Ming: i Men in Black sono decisamente tornati, con un film che non è ai livelli del primo e per cui il 3D non è necessario, ma che è sicuramente migliore del secondo capitolo.

Tommy Lee Jones e Will Smith


La citazione: "Sto diventando vecchio per queste cose...posso immaginare come ti senti tu!"


Hearting/Cuorometro: ♥♥♥

Uscita italiana: 23 maggio 2012

Titolo originale: Men in Black III
Regia: Barry Sonnenfeld
Anno: 2012
Cast: Will Smith, Tommy Lee Jones, Josh Brolin, Jemaine Clement, Emma Thompson, Michael Stuhlbarg, Bill Hader

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