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venerdì 24 ottobre 2014

Salvatore Esposito: ‘Così i Jackal colgono nel segno’

A margine dell’incontro organizzato al Maxxi nella sezione Wired Next Film Festivale abbiamo incontrato Salvatore Esposito. Nei panni di Genny è stato uno dei protagonisti più apprezzati e premiati della serie Gomorra, diretta da Stefano Sollima per Sky. Spiazzando tutti e rivelando una insospettabile vena comica, si è divertito a diventare una delle guiest star nella webserie “Gli effetti di Gomorra sulla gente. 

Savatore Esposito


Salvatore, grazie a questo incontro hai potuto vedere gli effetti della tua performance sul pubblico dal vivo, come se fossi a teatro: che sensazione ti ha dato? 

Salvatore Esposito: “È stato bellissimo: vuol dire che il video ha colto nel segno, è riuscito a rendere omaggio a quella che è stata la serie evento dell’anno, cercando di togliere la pesantezza di critiche stupide sorte a priori e dandogli quella verve comica tipica dei The Jackal”. 

Ti piacerebbe quindi far ridere il pubblico con un ruolo comico? Magari in una commedia al cinema? 

SE: “Dipende: se è un progetto valido assolutamente si. Non pongo mai limiti a nulla, ma deve valerne la pena: deve essere un progetto serio, interessante e ben strutturato”. 

Quando ti ho incontrato questa estate al Giffoni Film Festival ti ho chiesto qual è il tuo rapporto con i social: allora mi hai detto che poter parlare con il tuo pubblico ti piaceva, oggi invece nel corso dell’incontro hai detto che a volte le critiche ti hanno esasperato: hai cambiato idea sul mezzo o pensi che il problema sia solo di alcune persone? 

SE: “Penso la stessa cosa: i social network sono la chiave pubblicitaria e di comunicazione del futuro, puoi creare un contatto diretto con le persone che ti seguono ma credo che ci sia bisogno di un limite a quello che le persone si sentono in diritto di dire. Spesso pur di attirare l’attenzione si dicono cose cattive: c’è bisogno di razionalità in quello che si fa, purtroppo i social network tolgono la possibilità di conoscere di persona il tuo interlocutore e permettono di dire qualsiasi cosa e questo non mi sembra corretto”. 

Il successo del tuo Genny è stato incredibile, il pubblico ti adora e al Roma Fiction Fest hai vinto addirittura due premi: che effetto ti fanno tutti questi riconoscimenti? Ti sei montato un po’ la testa o sei sempre il ragazzo che sognava di fare l’attore fin da bambino? 

SE: “No assolutamente. Ho fatto così tanti sacrifici per iniziare a fare quello che ho sempre sognato fin da bambino che è lungi da me il montarmi la testa. Ho una famiglia solida alle spalle, ho delle persone che mi sono vicino che mi tengono con i piedi per terra, quindi sicuramente non c’è questo rischio”.


Pubblicato su TvZap.

giovedì 23 ottobre 2014

The Jackal, Esposito e Saviano: “Terzo episodio de Gli Effetti di Gomorra sulla gente per spaccare internet”

I videomaker italiani più talentuosi hanno incontrato Salvatore Esposito, alias Genny Savastano, protagonista di “Gomorra – La serie”, l’evento televisivo italiano dell’anno. E ne approfittano per lanciare il terzo episodio di “Gli effetti di Gomorra sulla gente” con una guest star d’eccezione 

Roberto Saviano in "Gli effetti di Gomorra sulla gente 3"


Dopo gli incontri con Maccio Capatonda e i The Pills, Wired Next Cinema, sezione del Festival del Film di Roma dedicata al web e alle novità audiovisive legate a internet e al cinema, ha lasciato il meglio per ultimo: sempre tra le mura di vetro e cemento del museo MAXXI, si è svolto il più atteso degli incontri in cartellone, quello tra i The Jackal, collettivo di videomaker napoletani che sta cambiando il modo di fare spettacolo sul web, e Salvatore Esposito, alias Genny Savastano, protagonista di "Gomorra – La serie", l’evento televisivo italiano dell’anno. 

Ad affiancare Esposito, ormai uno dei talenti più in vista del panorama italiano, tre membri dei The Jackal, i registi Francesco Ebbasta e Giuseppe Tuccillo, e l’attore Ciro Priello, che insieme all’attore hanno realizzato il secondo video di "Gli effetti di Gomorra sulla gente", parodia della serie diretta da Stefano Sollima diventata virale in pochi giorni e vista, in totale, da cinque milioni di persone. Per i fan della saga, che i tre hanno ribattezzato “la trilogia della frittura“, è stato pubblicato su internet anche il terzo, e forse ultimo, capitolo con una partecipazione straordinaria: Roberto Saviano



Esposito e i The Jackal, oltre a essere napoletani, hanno in comune il fatto di amare profondamente il cinema e le storie e di esporsi in prima linea nella battaglia per un’arte più coraggiosa e meno concentrata sul successo facile, come ha detto con decisione Francesco Ebbasta: “Ormai in Italia si fa tv perché si deve fare: ci sono bravissimi registi, attori e sceneggiatori che sono parcheggiati lì senza poter fare qualcosa di veramente valido. Sono un grande fan di Breaking Bad, ma se io proponessi a qualche produttore italiano la storia di un professore di chimica malato di cancro che spaccia metanfetamina mi direbbero: facciamo che è una suora e spaccia caramelle. I nostri video su Gomorra per certi versi sono stati anche controproducenti: ci hanno proposto di fare un film tutto incentrato su camorristi divertenti. A noi non interessa: se dobbiamo fare un film vogliamo affrontare una storia seria che ci piace. Non vogliamo fare come Frank Matano o Willwoosh, che sono arrivati al cinema con storie deboli, anche se comunque fanno soldi”. Dello stesso parere Esposito: “Dopo Gomorra mi hanno proposto lo stesso identico ruolo in progetti diversi: è assurdo, anche un bambino capirebbe che è una cosa negativa. Robert De Niro ha detto che la carriera di un attore la fanno le sue scelte: io sono disposto anche ad aspettare a lungo per il prossimo ruolo giusto”. 

Idee chiare e sogni precisi, che sono quelli coltivati fin da bambini: “Tutto è partito da me, Alfredo (Felco, addetto agli effetti speciali e post-produzione), Ciro e Simone (Ruzzo, attore)” ha confessato Francesco: “Da ragazzini abbiamo preso in prestito la telecamera del padre di Simone e abbiamo girato un corto in cui Ciro si cacava sotto. Invece di giocare a pallone giravamo video ed eravamo gli sfigati della scuola. Proiettavamo i nostri video nell’aula magna della scuola: nel secondo corto che abbiamo fatto c’era Simone che vomitava. Poi grazie all’avvento di YouTube nel 2005 abbiamo cominciato a caricare video lì e tutto è diventato sempre più serio”. Anche Salvatore sognava il cinema da piccolo: “Sono il classico bambino che sognava di fare l’attore: per me la recitazione è un’arte, il talento è il punto di partenza ma c’è bisogno dello studio. Dentro di me non c’è mai stata la certezza del fatto di potercela fare: ho lavorato in una catena di fastfood fino a 24 anni, pensavo che fare l’attore fosse troppo difficile. A 24 anni però ho avuto una scossa: ho detto perché no? E ho cominciato a studiare. Aiutavo anche gli attori a dire le battute ai casting. Poi è arrivato il provino di Gomorra e il mio sogno si è avverato”. 

Alla fine dell’incontro organizzato da Wired Next Cinema, abbiamo intervistato Salvatore Esposito, che il pubblico spera di vedere ancora nella seconda stagione di “Gomorra – La serie”, le cui riprese cominceranno nei primi mesi del 2015.


Pubblicato su TvZap.

lunedì 21 luglio 2014

Gomorra, Marco D’Amore e Salvatore Esposito: ‘L’arte deve essere pronta ad assumersi dei rischi’


Ospiti del Giffoni Film Festival, i protagonsiti della serie Sky ci hanno parlato dei loro progetti futuri e di come l’arte in Italia spesso non sia più pronta a prendersi dei rischi 




Felici del grandissimo successo di “Gomorra La serie, serie tv in dodici puntate diretta da Stefano Sollima, scritta sotto la supervisione di Roberto Saviano e prodotta da Sky e Cattleya, Marco D’Amore e Salvatore Esposito, interpreti rispettivamente di Ciro Di Marzio e Genny Savastano, hanno incontrato il giovane pubblico del Giffoni Film Festival dove sono stati chiamati per presenziare una masterclass sul mestiere dell’attore. 

Nessun imbarazzo anche di fronte all’inevitabile domanda sul recente scandalo del pizzo pagato dalla casa di produzione Cattleya per poter girare nella villa di un vero boss: “È un argomento che non rientra nel mio lavoro, io faccio l’attore e quindi solo quando capirò bene la situazione potrò commentare – ha detto D’Amore, che ha continuato -. Non esprimo giudizi e opinioni. Non parlo su ipotesi e illazioni. Trarrò le mie conclusioni a tempo debito quando saprò”. Della stessa opinione anche Esposito: “Avete di fronte due attori della più bella serie televisiva mai fatta in Italia, non tanto per contenuti quanto per qualità artistica: io mi concentrerei su questo”. 

Della forza e della qualità di “Gomorra La serie”, venduta in oltre 60 paesi e accolta con entusiasmo da pubblico e critica, gli attori sono dunque consapevoli: “Il successo della serie è dovuto alla qualità del prodotto – dice Esposito, che spiega -. Per la prima volta in Italia si è realizzata una serie dal respiro cinematografico, che non a caso è stata venduta in tutto il mondo ed è stata accostata a prodotti americani di livello come “The Wire” e “Breaking Bad. E non solo: abbiamo avuto anche una troupe, un gruppo di lavoro e una distribuzione eccezionali, che hanno fatto la differenza”. Per D’Amore invece il successo della serie non è dovuto solo alla sua ottima fattura: “È assurdo pensare che Gomorra sia solo un luogo geografico: è un luogo della coscienza con cui dobbiamo fare i conti e che non appartiene solo all’Italia, ma appartiene anche ad altri luoghi, come il Sud America e così via”. 

I due attori hanno detto la loro anche sulle critiche mosse da chi ha accusato la serie di voler fare di personaggi negativi degli eroi: “Genny e Ciro sono personaggi negativi ma non sono eroi e non è mai stata nelle intenzioni fare una serie in cui questi personaggi fossero rappresentati come eroi ” ha detto diplomaticamente Esposito, più severo invece D’Amore: “Sky si è assunta dei rischi sia per quanto riguarda l’opinione pubblica, sia la critica, sia le dinamiche ambientali, cosa che ormai in pochissimi hanno il coraggio di fare in Italia: è svilente parlare di cultura e arte continuando a dividere in buoni e cattivi. Basta pensare alle opere di Shakespeare in cui molti protagonisti sono negativi: svegliamoci, che qui invece di progredire si va indietro”. 

Parlando del suo personaggio, Ciro, D’Amore ha rivelato: “Io ho fatto un percorso insieme al mio personaggio, provando ad astenermi da pregiudizi: in questa macchia nera di violenza e cattiveria sono riuscito comunque a trovare sprazzi di gentilezza, amore e umanità tali da arrivare a chiedermi se nella mia vita riuscirò mai a vivere emozioni con questa intensità. L’analisi di questi personaggi non è così scontata”. Sempre sul tema della positività, Esposito ha voluto dedicare un pensiero alle persone conosciute durante i giorni delle riprese: “La cosa che mi ha stupito è stata la gentilezza e la gratitudine trovate sul territorio, cosa che purtroppo non ha fatto notizia: abbiamo girato a Ponticelli, Secondigliano, Scampia e ovunque la gente ci ha sostenuto, ci ha offerto caffè e ci ha incoraggiato. Questo come attore e come persona mi ha commosso perché vuol dire che non è tutto marcio”. 

Parlando di giovani e speranze, D’Amore ha esortato i più piccoli a studiare: “Io ho dedicato la mia vita allo studio, per cui ho fatto tanti sacrifici: sono andato via di casa a 18 anni, perdendomi tutte le belle feste in famiglia e lavorando per pagarmi gli studi. Richiede sacrificio ma ne vale la pena”. 

Gli attori hanno poi parlato dei loro progetti futuri e della paura di rimanere legati per sempre a questi personaggi: “È un problema che non riguarda noi” ha detto D’Amore, che ha continuato: “Ho fatto un percorso molto diverso: vengo da anni di teatro, avevo 20 kg in più, avevo la barba lunga, i capelli, i capelli! Quindi ho cambiato completamente il mio aspetto e il mio modo di recitare per interpretare questo personaggio. Infatti tornerò a interpretarlo nella seconda stagione ma sto facendo anche altro: girerò il mio terzo film con Cupellini, ho appena finito un film con Zingaretti e poi con mio fratello stiamo scrivendo e producendo un film sulla tragedia dell’eternit in Piemonte: gireremo a Casale Monferrato”. Più ironico Esposito: “Il mio primo progetto è quello di pagare le tasse! Poi penso che tornerò a fare i panini al McDonald’s! Nella serie ho praticamente interpretato due personaggi diversi, cosa che in Italia non succede quasi mai, quindi spero che questa possa essere una bella presentazione per il futuro, anche se in effetti ora le proposte che arrivano sono quasi tutte legate a camorra e criminalità: è un limite del cinema italiano. Anche io ho dei progetti ma ancora non so quali”. 



Marco, sei rimasto sorpreso del successo avuto dal tuo personaggio nonostante presenti molti aspetti negativi?


Marco D'Amore: "Ciro per me non è un personaggio negativo: il personaggio è il racconto di un'umanità che è fatta di tante cose. Non sono abituato a tagliare con l'accetta mettendo da una parte i buoni e dall'altra i cattivi. Ciro è una biografia amara del nostro paese con cui bisogna fare i conti. Personalmente lo ritengo un personaggio che mi ha insegnato moltissimo, anche perché per mio interesse personale ho sempre amato personaggi macabri della letteratura teatrale, penso per esempio al Macbeth di Shakespeare, quindi ho una fascinazione verso quel lato oscuro che credo faccia parte anche di me".

Salvatore Genny, il tuo personaggio, ha un’evoluzione quasi shakespeariana: come è stato lavorare su un personaggio del genere che poi ha avuto anche questo riscontro enorme nel pubblico? 

Salvatore Esposito: “Essendo questo il primo progetto importantissimo cui ho partecipato, il mio orgoglio è stato prima di tutto quello di essere uno dei protagonisti. Una soddisfazione ancora maggiore è stata quella di interpretare un personaggio che per la prima volta nella storia della cinematografia seriale italiana ha un’evoluzione tale da paragonarlo quasi ai personaggi che vengono fuori dalle grandissime serie e film americani. È stato un lavoro duro, un lavoro fisico pesante, all’inizio ho preso 10 chili e poi per il secondo Genny ne ho persi 20, ma il mio unico intento era quello di rendere credibile la psicologia del primo Genny e del secondo. Spero di esserci riuscito”. 

Potete darci qualche anticipazione sulla seconda stagione di Gomorra? Avete un’idea del percorso che intraprenderanno i vostri personaggi? 

M.D.A: “Della seconda serie non so nulla, non ho idea delle evoluzioni che toccheranno nello specifico il mio personaggio, ma confido nella lungimiranza di Roberto Saviano e nella sua capacità di raccontare la realtà, nel talento del gruppo di sceneggiatori capitanati da Stefano Bises e nell’efficacia con cui Stefano Sollima racconta queste idee, quindi: stamm in mano all’arte guagliù, non ve preoccupate!”. 

Visto che si è parlato tanto di qualità americana per la serie, avete usato il “metodo americano” anche sul set? Quando dovevate interpretare le scene in cui vi odiavate non vi siete più parlati o c’era comunque un clima di complicità? 

M.D.A: “Ma quale metodo americano! I metodi esistono e non esistono. Io per fare il camorrista non ho ucciso nessuno eppure qualcuno mi dice che m’è venuto bene. Mi ricordo la famosa battuta di Sir Olivier che, girando “Il Maratoneta” con Dustin Hoffman e vedendolo correre avanti e in dietro, chiese: “Dustin, ma cosa fai?” e Hoffman: “Mi stanco perché devo fare una scena in cui dovrei risultare stanco. Che cosa dovrei fare altrimenti maestro?” e lui disse: “Recita”. È quello che facciamo anche noi, almeno ci proviamo, e magari ci viene anche bene. Sul set c’era un bellissimo clima”. 

S.E.: “C’era assolutamente un ambiente che ci portava ad essere tutti uniti e a rimanere concentrati verso un intento unico, ma nelle scene più crude, quando c’erano in ballo i rapporti personali, ci tenevamo a distanza, anche perché era meglio”. 

Salvatore, tu sei molto attivo sui social e dialoghi costantemente con il tuo pubblico: ci parli di questo aspetto? 

S.E.: “Sono convinto che sia il nuovo metodo di comunicazione e quindi sono molto vicino alle persone che mi seguono e cerco di essere più attivo possibile per rispondere”.


Pubblicato su TvZap.

mercoledì 30 aprile 2014

Gomorra – La serie: il volto spietato e oscuro della nuova tv italiana

Il 6 maggio, in anteprima mondiale, arriva su Sky Atlantic, canale 110 di Sky, “Gomorra – La serie”, il kolossal televisivo in 12 episodi ispirato all’omonimo romanzo di Roberto Saviano e diretto dal tris di registi formato da Stefano Sollima, Francesca Comencini e Claudio Cupellini 



Nel 2006 il romanzo d’esordio del giornalista Roberto Saviano intitolato "Gomorra. Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra", affresco del mondo criminale ed economico delle famiglie camorriste di Napoli, Casal di Principe e San Cipriano D’Aversa, diventò immediatamente un fenomeno letterario e un caso pubblico, vendendo milioni di copie in tutto il mondo e facendo diventare il suo autore una delle figure più in vista nel campo dell’informazione italiana e non solo. Due anni dopo il regista Matteo Garrone trionfava a Cannes con il film tratto dal romanzo, vincendo il Grand Prix della Giuria e ottenendo gli elogi di personalità quali Martin Scorsese, rimasto affascinato dalla pellicola del regista romano. 

Con queste premesse di successo consolidato e fama arriva ora "Gomorra – La serie", kolossal televisivo in 12 puntate ispirate al romanzo di Saviano, prodotte da Sky Atlantic in collaborazione con Cattleya, Fandango, La7 e Beta Film, che segna un esperimento produttivo unico nel panorama televisivo italiano. Ideata da Stefano Sollima, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Stefano Bises e allo stesso Roberto Saviano, la serie trae spunto dal romanzo originale riprendendone le atmosfere e i temi ma concentrandosi su storie e personaggi completamente originali. Nella serie vediamo avvicendarsi i giochi di potere della famiglia Savastano, clan di spicco della camorra campana, che recluta i suoi uomini nel quartiere di Scampia e gestisce i suoi interessi in modo calcolato e freddo, senza curarsi delle perdite umane. Protagonisti della storia sono Pietro Savastano (Fortunato Cerlino), boss tutto d’un pezzo che non esita a sporcarsi le mani in prima persona quando necessario ma che non sa dire di no al figlio Gennaro (Salvatore Esposito), viziato rampollo del clan ancora estraneo agli affari di famiglia, Imma (Maria Pia Calzone), moglie di Pietro e madre di Gennaro, e Ciro (Marco D’Amore), amico di Gennaro e soldato fidato di Pietro. 

Marco D'Amore e Salvatore Esposito


Girata nel corso di un anno prevalentemente nei territori di Napoli e Caserta, ma toccando anche altre città come Roma, Milano, Ferrara e Barcellona, “Gomorra – La serie” è una produzione che prende spunto dal sistema televisivo americano, affidando a Stefano Sollima, ideatore, sceneggiatore e regista della maggior parte degli episodi, il ruolo di showrunner e demiurgo, creando in questo modo un prodotto dal taglio autoriale e coerente, potendosi avvalere inoltre dell’apporto artistico di altri due registi di spicco del panorama cinematografico italiano: Francesca Comencini e Claudio Cupellini. La serie ha infatti la particolarità di cambiare più volte punto di vista nel corso degli episodi, facendo coincidere lo sguardo del personaggio in esame con quello di un differente autore dietro la macchina da presa: quando il centro dell’attenzione è Ciro a dirigere è Sollima, quando invece è Imma c’è la mano della Comencini e quando invece il fulcro è Gennaro interviene allora Cupellini. Grazie a questa gestione della storia e dei personaggi la serie assume la valenza di un vero e proprio romanzo che si immerge a piene mani nella realtà più oscura e sfaccettata dell’Italia, costruendo un racconto che colpisce per la sua durezza e per lo spietato realismo, sottolineato dall’uso costante del dialetto napoletano. 

Proprio di “confronto spietato col vero” ha parlato Riccardo Tozzi, presidente di Cattleya, presente alla conferenza stampa di presentazione della serie svoltasi a Roma: “Questa serie non ha bisogno del didascalismo e del buonismo che impera nella tv italiana classica” ha detto Tozzi, che ha continuato: “Non c’è però nemmeno il compiacimento nel mostrare la violenza. Il linguaggio che usiamo è nuovo e moderno e abbiamo compiuto la scelta precisa di non permettere al pubblico di identificarsi con questi personaggi che non sono mitizzati”. Uno dei fatti che più colpisce della serie è proprio questo: i personaggi sono complessi e spesso sgradevoli, mostrati nella loro quotidianità e per questo privi di quel fascino o di quell’aura di mito che avvolgeva i protagonisti di "Romanzo Criminale – La serie", altro prodotto di successo creato dallo stesso team artistico e produttivo. Ha sottolineato questo punto anche Andrea Scrosati, vice presidente esecutivo della programmazione di Sky Italia, dicendo: “Se qualcuno prova anche solo un briciolo di empatia per uno dei personaggi ha dei serissimi problemi!” ed evidenziando poi ulteriormente le differenze con “Romanzo Criminale – La serie”: “Romanzo Criminale era una storia più romanzata, un racconto in costume di fatti ormai lontani nel tempo, in cui c’era più spazio per giudizi morali e per costruire una storia più accattivante. Qui invece l’approccio è opposto: abbiamo ridotto a zero la mitizzazione dei personaggi e lavorato sulla realtà, che è molto più complessa della fiction”. 

Fortunato Cerlino


La serie scava infatti nel sottobosco della criminalità organizzata campana fornendo un punto di vista completamente crudo e spietato, come ha sottolineato Stefano Sollima: “Il punto di vista principale è quello interno: se avessimo affidato la narrazione a un poliziotto o a un giudice ci sarebbe stato già a monte un giudizio morale. Noi invece volevamo dare un quadro realistico di ciò che accade realmente tutti i giorni per le strade di quei luoghi, senza dimenticare però tutte quelle persone che sono vittime di questo sistema e che soffrono nel vedersi rappresentate da questi personaggi. E’ un racconto molto complesso”.

Grazie a un estratto video, che fa parte di una lunga intervista che andrà in onda il 29 aprile alle 22.05 su Sky Atlantic, anche Roberto Saviano ha detto la sua sulla serie, soffermandosi soprattutto sul palcoscenico in cui si svolge la vicenda, Scampia: “Il cemento di Scampia è la descrizione geopolitica di un paese” ha detto lo scrittore, che ha continuato: “Scampia non è una quinta: è un personaggio. In questa serie non c’è l’esaltazione epica dei personaggi, li vediamo per quello che sono: delle persone che vivono le loro miserie quotidiane. Non credo che ci sia pericolo di emulazione: quei fatti già avvengono. Spesso sono stato additato come sconveniente perché racconto questi fatti, mentre spesso chi è protagonista di essi non viene percepito come scandaloso: una cosa che mi sembra assurda. Con questa serie spero che la gente capisca che un libro, un film o un’opera possono davvero cambiare le cose e raccontare la verità”. 

Salvatore Esposito, Fortunato Cerlino e Maria Pia Calzone


Scrittura di alto livello, produzione che non si risparmia sui mezzi, facendo un ottimo uso di filtri e scenografie (la casa del boss protagonista è la vera dimora di una famiglia camorrista), regia curatissima e un cast di attori straordinari, che, come ha ricordato Marco D’Amore, interprete di Ciro, sono tutti provenienti da un territorio, quello campano, fucina di talenti che spesso però non hanno sbocchi, proprio per la mancanza di fondi e organizzazioni causata di riflesso anche dalla criminalità organizzata, e che meritano invece più attenzione, “Gomorra – La serie” si annuncia come una delle produzioni più interessanti nel panorama televisivo italiano e non solo: la serie è infatti stata già acquistata in più di 40 paesi ed è pronta a invadere il mercato tedesco, inglese e americano. 

“Gomorra – La serie” arriva il prossimo 6 maggio su Sky Atlantic, canale 110 di Sky, trasmessa in prima serata alle 21:10 e in seguito in chiaro su La7.




Pubblicato su TvZap.
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