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venerdì 5 ottobre 2012

Boss: la serie politica che porta Shakespeare in tv


Presentata in anteprima al Roma Fiction Fest, e in onda su Rai 3 dal 4 ottobre, la serie che segna il ritorno in tv di Kelsey Grammer per la prima volta in un ruolo drammatico.


Tom Kane è un uomo potente. 
 Tom Kane è il sindaco di Chicago. 
 Tom Kane è un politico senza scrupoli. 
 Tom Kane è anche un uomo malato. 
 Dopo il cinema, ecco il teatro formato tv. E’ il passo ulteriore compiuto da “Boss”, la serie creata da Farahd Safinia per il canale Starz. Con echi di “Re Lear”, il telefilm segue le vicende di Tom Kane, nome non a caso assonante con il Citizen Kane di Orson Welles, sindaco di Chicago, apparentemente integerrimo ma in realtà corrotto fin nelle viscere. Il rapporto con la moglie e la figlia è compromesso, il fervore della passione politica è ormai lontano, tutto quello che interessa a Kane è il potere. 
La sua malattia, la “demenza da corpi di Lewy”, rara sindrome neurologica degenerativa, lo costringerà a fare i conti con il suo vissuto e a vedersi per come è realmente. 

Con i suoi tempi insoliti per la televisione, fatti di lunghi dialoghi, silenzi e sguardi, “Boss” sembra un’opera teatrale, in cui il centro di interesse è focalizzato sulle emozioni dei singoli personaggi, sulle loro sfumature, le scelte e le motivazioni personali. 
Nel ruolo del protagonista un immenso Kelsey Grammer, che torna in tv per la prima volta in un ruolo drammatico. Reso noto al grande pubblico per i suoi ruoli brillanti in “Cin Cin” e “Frasier”, Grammer nei panni di Tom Kane sfodera tutto il suo repertorio di attore di teatro, trasformando il suo sindaco in un vero personaggio shakespeariano: complesso, feroce, temibile ma con un seme di nobiltà ancora nascosto dentro di sé. 

Il pilota della serie è diretto da un regista d’eccezione: Gus Van Sant, che ne è anche produttore esecutivo. Il risultato è che una regia personale, fatta di primissimi piani che indulgono su occhi e orecchie, come a voler sottolineare l’importanza delle parole oltre a quella delle immagini. “Boss” si presenta allo spettatore come un prodotto non convenzionale, difficile, maturo, che gioca con lo stile, come con il sonoro, ad esempio, composto solamente dai suoni della città e praticamente privo di una colonna sonora. Siamo certamente di fronte a una delle serie più interessanti dell’anno.


Pubblicato su TvZap.

domenica 2 ottobre 2011

Gabriel Garko, poliziotto dal Viso d’angelo

La nuova serie Mediaset, presentata al Roma Fiction Fest, è attesa per il 21 ottobre su Canale 5: Garko è l'ispettore Parisi, esperto di omicidi seriali. Un thriller gotico condito da una storia d'amore che segna il ritorno da protagonista dell'attore di Sangue Caldo 


 Per l’ultima proiezione del Roma Fiction Fest 2011 si sono sprecati complimenti ed elogi: il patrono del festival Steve Della Casa ha infatti detto raggiante: “Questa è una fiction molto importante, con un’ottima regia, sono orgoglioso che sia la proiezione conclusiva del festival: è una scelta coraggiosa fare una fiction così forte e di impatto”, parole grosse, rese ancora più altisonanti dalle dichiarazioni di Giancarlo Scheri, direttore di Fiction Mediaset: “E’ un thriller di qualità, con un cast d’eccezione, è uno degli eventi della Fiction Mediaset”. Il picco massimo di euforia l’ha raggiunto però Alberto Tarallo, di Ares Film: “Il regista Eros Puglielli fa ben sperare, potrebbe essere il nuovo Argento dei tempi d’oro”. 

Con una presentazione così altisonante il pubblico del Roma Fiction Fest è stato quindi introdotto alla prima puntata di Viso d’angelo, serie thriller con protagonista Gabriel Garko e diretta da Eros Puglielli, regista di cinema recentemente convertito alla televisione, che ha dichiarato al pubblico romano: “Cerco di portare la precisione del linguaggio cinematografico in tv”. Lo spettacolo però era appena cominciato: nel frattempo, la star della serata Gabriel Garko si concedeva generosamente al pubblico arrivato all’Auditorium per lui, facendosi immortalare in infinite foto e dando baci alle signore attempate che praticamente gli saltavano addosso, per poi giungere sul palco della sala Sinopoli con un balzo atletico. L’attore ha espressamente ringraziato il Gruppo Mediaset: “Perché mi mette sempre alla prova”. 

In Viso d’angelo Garko interpreta l’ispettore Roberto Parisi, un esperto di serial killer rientrato da poco in Italia dopo due anni trascorsi a Londra, il cui passato oscuro sembra tormentarlo ancora. Parisi è chiamato a scoprire l’identità di un misterioso omicida che uccide le sue vittime seguendo un rituale religioso; ad aiutarlo c’è la collega Angela Garelli (Cosima Coppola), che deve però affrontare una tragedia personale che l’ha fortemente scossa. 

Girato sul litorale romano, con abbondante uso di filtri per incupire la fotografia, montaggio frenetico e con citazioni a non finire dal cinema di Dario Argento, Viso d’angelo è una fiction che strizza l’occhio ai colleghi americani nella forma ma che rimane schiacciata da una sceneggiatura assai povera: soluzioni troppo facili e scontate dello script fanno intuire ben presto le dinamiche tra i personaggi e i dialoghi elementari lasciano perplessi. Il vero punto debole di Viso d’angelo è però la recitazione esagerata di alcuni attori (Loredana Cannata su tutti) e quella praticamente inesistente del protagonista. Le signore guarderanno lo stesso Garko, che andrà in onda il 21 ottobre su Canale 5, ma per gli amanti del genere è meglio riguardarsi l’Argento dei tempi d’oro, quello vero.

Gabriel Garko

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sabato 1 ottobre 2011

Neri Marcorè e Anna Valle, coppia ‘fuori legge’

I due attori sono impegnati in questi giorni nelle riprese di Tutti i giorni della mia vita, storia di una famiglia "di fatto" ante-litteram nell'Italia borghese degli anni Sessanta, di cui è stato presentato un piccolo montaggio al Roma Fiction Fest


Al Roma Fiction Fest vengono presentate non solo fiction in anteprima, ma anche serie che non sono ancora state girate: è il caso di Tutti i giorni della mia vita, nuova serie prodotta da Rai Fiction con protagonisti Neri Marcorè e Anna Valle. La serie, che andrà in onda sulle reti Rai ad autunno 2012, parla di una famiglia allargata che vive a Torino nel 1967: Marcorè e Valle interpretano una coppia non sposata con tre figlie, i due non possono unirsi legalmente perché lui è già sposato e all’epoca non c’era ancora il divorzio. Tutti fingono di essere una famiglia “ufficiale” ma vengono presto scoperti e questo comporterà grandi difficoltà.

Dalle poche immagini presentate al Festival si capisce che sarà una commedia corale, ricca di personaggi di tutte le età, colti in un momento storico importante, come ha sottolineato lo sceneggiatore Stefano Bises: “Abbiamo scelto il 1967 per l’ambientazione della nostra storia perché è un anno cerniera: i valori e la cultura più vecchi si scontrano con la rivoluzione imminente. Questo momento importante è rappresentato nel nostro racconto dallo scontro tra la figlia diciottenne e i genitori impersonati da Neri e Anna: tra loro c’è una distanza di almeno cinquanta anni per quanto riguarda valori, ideali e aspirazioni”. Il regista Luca Ribuoli ha aggiunto che i suoi riferimenti cinematografici sono stati la Commedia all’italiana e il primo Pietro Germi.

Il più brillante è stato però Marcorè che una volta visionata la breve clip ha detto: “Abbiamo visto questa clip…. penso che farò questo film!” e ha poi aggiunto sulla collega di set Anna Valle: “Mi scuso per Anna Valle che stasera non è molto elegante, ma siamo appena usciti dal set. Noi volevamo lavorare da tanto insieme, ci siamo conosciuti anni fa a Miss Italia, io ero Miss Marche, ma siamo rimaste amiche”. La Valle è stata allo scherzo del collega e ha ribattuto: “Che dire dell’eleganza di Neri invece… ha una cravatta molto discreta (a righe rosa e rosse n.d.r.)!” e sulla lavorazione della fiction ha aggiunto: “Abbiamo cominciato solo da sei settimane a girare e andremo avanti fino al quindici dicembre, quindi siamo appena agli inizi, ma già si è formato un buon clima”.

Dal poco che si è potuto vedere sembra comunque un prodotto promettente, grazie soprattutto all’ampio cast, tra cui figura anche Nicola Rignanese, la fedele spalla di Antonio Albanese, nel ruolo del capofamiglia di una famiglia siciliana in rivalità con quella protagonista. Non resta quindi che attendere il prossimo anno per sapere se gli speranzosi semi piantati ora daranno buoni frutti.

Anna Valle e Neri Marcoré

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Emilio Schuberth, l’omaggio al sarto delle dive

Al Roma Fiction Fest è stato presentato il documentario di Antonello Sarno sul celebre stilista che ha vestito attrici come Sophia Loren e Gina Lollobrigida negli anni della dolce vita


Il nome Schuberth fa pensare immediatamente al celebre compositore austriaco, ma quell’acca finale fa la differenza: si parla infatti di Emilio Schuberth, celebre sarto delle dive del cinema anni ’60. Nato a Napoli nel 1904, Schuberth viaggiò molto in Germania e Inghilterra prima di trasferirsi a Roma, dove aprì un atelier in via Condotti. Il celebre sarto (allora non si chiamavano stilisti) prese parte alla storica sfilata di Palazzo Pitti nel 1951 e fondò insieme ad altri illustri colleghi, come le sorelle Fontana, il SIAM – Sindacato Italiano Alta Moda.

Il suo stile da favola pieno di lustrini, fiocchi, dettagli curatissimi e colori pieni di carattere lo hanno reso lo stilista favorito dalle dive del cinema negli anni ’50 e ’60, mentre il suo carattere esuberante lo ha portato a rivoluzionare la figura del sarto, come ha spiegato Antonello Sarno, regista di un documentario a lui dedicato presentato al Roma Fiction Fest: “Questo omino, Schuberth era infatti molto minuto, era sempre presente nei filmati d’archivio delle feste piene di dive del cinema: sono allora andato a cercare chi fosse. Ho scoperto che si trattava di uno dei padri del made in Italy, un genio dell’alta moda purtroppo dimenticato perché alla sua morte, avvenuta nel ’72, il suo atelier è stato chiuso. E’ stato lui a spettacolarizzare la moda, a fare dei sarti delle celebrità: avere un vestito si Schubert era un traguardo così ambito che le donne lo scrivevano sull’invito delle loro nozze”.

Schuberth è stato un nome così importante per la moda italiana che decine di personalità dello spettacolo hanno testimoniato la sua grandezza nel documentario: Gina Lollobrigida, presente anche in sala, ha parlato di lui come di un grande artista, la fiducia che l’attrice riponeva in Schuberth era infatti tale che diventò il suo sarto personale, nella vita privata come al cinema; Sophia Loren ha ricordato invece il suo grande senso dell’umorismo mentre Sandra Milo ha confessato che andare al Festival di Venezia con un suo vestito è stato come far avverare la favola di Cenerentola. Giusi Ferré ha detto invece: “E’ il nostro Dior”, mentre Patrizia De Blanck l’ha definito: “Il Thruman Capote italiano”. Anche i colleghi Renato Balestra, Pierre Cardin e Lavinia Biagiotti ne hanno parlato come di un maestro.

Dalle testimonianze di amici e ammiratori si è anche scoperto che era un uomo stravagante, che amava stupire: faceva scalpore presentandosi in sandali senza calze con lo smalto rosso sulle unghie dei piedi, cosa rivoluzionaria per un omosessuale degli anni ’50. Il suo stile è stato infatti spesso osteggiato dalla morale dell’epoca, tanto che nei servizi dei cinegiornali veniva deriso e offeso senza remore: Schuberth non denunciò però mai nessuno ed anzi, più il suo stile faceva scalpore più si riteneva soddisfatto, diventando così un pioniere della lotta per i diritti degli omosessuali.

Una figura complessa ed interessante che è stata dimenticata ma che vale la pena di scoprire grazie a questo documentario che ne ripercorre i successi tramite le testimonianze di chi ha potuto entrare in quel magnifico atelier dalle tende di velluto rosso e dalle poltrone damascate.



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Arriva Episodes, il Boris americano

Al Roma Fiction Fest è stato presentato in anteprima Episodes, la serie anglo-americana con protagonista Matt LeBlanc che prende in giro il mondo della televisione


Tra inglesi e americani, si sa, c’è sempre un po’ di rivalità e diffidenza: i primi guardano dall’alto in basso i secondi bollandoli come volgarotti ed ignoranti, mentre i secondi vedono i primi come pezzi da museo. Accento diverso, tradizione culturale molto diversa, umorismo opposto: pungente e di classe quello inglese, spesso sguaiato e viscerale quello americano. Dall’incontro di questi opposti stili di vita nasce Episodes, serie creata da David Crane e Jeffrey Klarik, trasmessa in Gran Bretagna da BBC Two e in America da Showtime, che vede come protagonisti due sceneggiatori inglesi di successo alle prese con l’industria televisiva americana.

Sean (Stephen Mangan) e Beverly (Tamsin Greig) Lincoln sono infatti una coppia di sceneggiatori cha ha appena vinto, per il secondo anno di fila, il premio Bafta per la miglior sceneggiatura della serie televisiva da loro creata “Lyman’s boys”. Il successo della serie attira il produttore americano Merc Lapidus (John Pankov), che offre alla coppia la possibilità di trasferirsi a Los Angeles per scrivere il remake americano della serie. Dopo la titubanza iniziale i due si convincono a partire, spinti soprattutto dall’ingente somma di denaro offerta loro, dalla casa con piscina, dalla Mustang color grigio fumo e dal bagno con vasca idromassaggio.

I due scopriranno presto però di aver venduto l’anima al diavolo: il loro sofisticato show, che parla del preside di un collegio elitario tutto erudizione e umorismo pungente, viene man mano trasformato in un programma dove il protagonista è un coach di hockey con le fattezze di Matt LeBlanc (qui nel ruolo di se stesso e molto, molto auto-ironico).

La serie Episodes più che un vero e proprio show è uno show dietro lo show: come nel nostro Boris infatti vengono mostrati tutti i retroscena della produzione di una serie televisiva, a partire dalla tirannia del produttore, passando per il servilismo dei produttori esecutivi verso la rete, fino alle manie di protagonismo delle star e alla frustrazione degli sceneggiatori che vedono distrutte le proprie idee brillanti in nome della commerciabilità. L’umorismo colto si fonde così con quello più grossolano, per un risultato divertente ma allo stesso tempo amaro che fa capire come vanno realmente le cose nel mondo dell’industria televisiva americana.

Al Roma Fiction Fest sono stati presentati in anteprima i primi due episodi della serie, composta da otto titoli, mentre in America e in Gran Bretagna la serie intera è stata già trasmessa ed è prevista la produzione di una seconda stagione.

Stephen Mangan, Tamsin Greig e Matt LeBlanc


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giovedì 29 settembre 2011

Poco Manchester molto United

E’ stato presentato al Roma Fiction Fest il film per la tv prodotto dalla BBC sui “Busby Babes”, la celebre squadra del Manchester United rimasta vittima di un terribile incidente aereo negli anni ’50



Monaco, 6 febbraio 1958: un aereo privato appena decollato precipita uccidendo venti delle quarantaquattro persone a bordo, tra cui otto giocatori del Manchester United. Il giovane Bobby Charlton si risveglia tra neve, macerie e sangue: l’incubo di quel giorno lo perseguiterà a vita. Comincia così il film per la tv diretto da James Strong e prodotto dalla BBC sull’incidente aereo che ha spezzato le vite di otto giovani di talento, che grazie al loro gioco energico avevano saputo far sognare un’intera nazione nel dopo guerra: i “Busby Babes”, così li chiamavano, selezionati e cresciuti come figli dall’allenatore Jimmy Murphy e dal proprietario della squadra Matt Busby.

Il regista James Strong ci mostra come questi ragazzi fossero prima di tutto amanti del pallone e del bel gioco, pronti a lavorare duramente per far sognare la domenica pomeriggio le ottantamila persone arrivate a guardarli nell’ Old Trafford. Cameratismo, amicizia, scherzi da spogliatoio: “Mi ha colpito l’enorme spirito di cameratismo tra questi ragazzi, il loro amore per il gioco e la grande importanza che questa squadra ha avuto per il nostro paese”, lo sceneggiatore Chris Chibnall ha spiegato così al pubblico del Roma Fiction Fest perché ha deciso di raccontare questa storia: United ci mostra infatti un tempo lontanissimo, in cui i giocatori non erano delle celebrità da copertina super pagate ma dei ragazzi che amavano lo sport. C’è pochissimo calcio in United e molti retroscena: l’entusiasmo e la passione dell’allenatore Jimmy Murphy, interpretato da un convincente David Tennant, che ogni mattina portava alla squadra una cassetta di arance, il duro lavoro di Bobby Charlton, divenuto poi una leggenda del pallone e allenatore del Manchester United a sua volta, che arrivava un’ora prima degli altri agli allenamenti e se ne andava un’ora dopo, la durezza del portiere Harry Gregg (Ben Peel), che però al momento dell’incidente aiutò gli altri passeggeri a liberarsi dalle macerie in fiamme.

Un racconto commovente e sentito, che rimane sempre lucido e asciutto, evitando facili patetismi. Un buon racconto per la tv, solido e girato in hd, con una bella fotografia; notevole anche il cast che vede contrapporsi i veterani David Tennant e Dougray Scott (nel ruolo di Busby) ai giovani talenti (da tenere d’occhio) Jack O’Connell, nei panni di Bobby Charlton, e Sam Claflin (visto quest’anno nel ruolo del giovane prete nel quarto capitolo dei Pirati dei Caraibi), che interpreta Duncan Edwards.

David Tennant
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La Cenerentola della Dolce Vita

Al Roma Fiction Fest è stata presentata la versione cinematografica della miniserie in due puntate prodotta da Lux Vide per Rai Fiction con Vanessa Hessler nei panni della protagonista della favola di Charles Perrault



Niente zucche che si trasformano in carrozze o topolini che cuciono abiti: la nuova versione della fiaba resa immortale dalla Disney è ambientata negli anni ’50 e la magia di fate ed animali parlanti è sostituita da balli in maschera organizzati da ricchissimi rampolli di nobili origini. La giovane e bella Aurora (Vanessa Hessler) dopo la morte del padre è stata costretta dalla matrigna a rinunciare al suo sogno di diventare pianista per lavorare come tuttofare nella sua bellissima casa trasformata in albergo di lusso. Vessata dalla matrigna e dalle sue due insopportabili figlie, Aurora trova conforto nel suonare un finto pianoforte disegnato sul davanzale della sua mansarda e nell’amicizia del cuoco e della cameriera dell’hotel. Un giorno però incontra il vicino di casa, Sebastian (Flavio Parenti), figlio di un nobile austriaco, di cui si innamora all’istante: quell’unico incontro la segnerà per anni, fino a quando, dopo tanto tempo, non lo incontrerà di nuovo. Diventata ormai adulta, Aurora ritrova dunque il suo principe, che però non sembra più lo stesso: il ragazzo romantico appassionato di libri e di scrittura ha lasciato il posto ad un cinico e freddo uomo d’affari. Riuscirà Aurora a conquistare il suo principe?

La nuova versione di Cenerentola prodotta da Rai Fiction è stata presentata in grande stile al Roma Fiction Fest, con tanto di tappeto rosso, anzi rosa, solcato da una elegantissima Vanessa Hessler, in abito lungo nero, dall’attore Flavio Parenti, dai produttori Luca e Matilde Bernabei e dal direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce.

Matilde Bernabei si è detta molto soddisfatta del risultato finale affermando: “Spero che questa fiction vi rimanga nella mente e nel cuore”, Luca Bernabei invece si è soffermato maggiormente sull’aspetto tecnico della serie, girata in qualità full hd e proiettata al Roma Fiction Fest in alta definizione: “Il proiettore è arrivato ieri direttamente da Londra: è una delle prime volte che viene usato in Italia ed è lo stesso che usa James Cameron per le sue proiezioni”. La versione presentata in anteprima nella sala Sinopoli dell’Auditorium è quella cinematografica di cento minuti: quella integrale di duecento sarà invece proiettata nei prossimi mesi su Rai 1 e vede come protagonista assoluta la giovane Vanessa Hessler: l’attrice, che nel film recita in inglese ma che nella versione italiana è doppiata da Connie Bismuto, si è detta orgogliosa della fiction, affermando che “Mi ha dato la possibilità di dare tanto. Abbiamo lavorato moltissimo al progetto e sono molto contenta”. Il protagonista maschile Flavio Parenti, visto in Io sono l’amore di Luca Guadagnino, ha detto della fiction: “E’ una favola, dunque è l’occasione per riscoprire il bambino che è in noi”.

Topolini sostituiti da bambini, matrigne cattive dalle pettinature quasi sataniche, la fata madrina che diventa una ricca donna d’affari in grado di aprire le porte di Cinecittà (e di centri benessere) ad una Cenerentola che invece di calzare scarpe di cristallo indossa creazioni di stilisti famosi piene di lustrini: è una versione sicuramente più glamour della favola raccontata dai fratelli Grimm, ma forse con meno magia. La grande qualità delle immagini in hd sembra inoltre sprecata per una storia vista e rivista, con una visione del mondo manichea in cui i buoni sono vestiti di bianco ed i cattivi di nero ed in cui frasi come “l’essenziale non si vede con gli occhi ma con il cuore” diventano un tormentone. La Hassler è sicuramente molto fotogenica, ma (nonostante sia doppiata) risulta poco credibile e non adatta a sostenere un’intera pellicola sulle spalle, limitandosi a posare in ogni inquadratura.

Flavio Parenti e Vanessa Hessler


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Vent’anni di Taodue, evento al Roma Fiction Fest

La presentazione al Roma Fiction Fest della dell’undicesima stagione di 'Distretto di Polizia' è stata l’occasione per celebrare i vent’anni di Taodue, alla presenza di volti noti che hanno lavorato per la casa di produzione, tra gli altri Stefano Accorsi e Giampaolo Morelli



Credo nelle nuove generazioni, credo che dobbiamo proporre dei contenuti interessanti: è importante raccontare l’esperienza di persone che combattono o hanno combattuto in prima linea come Falcone, Borsellino, Ultimo, perché queste cose non vengono più insegnate a scuola”. Con queste parole forti Pietro Valsecchi ha celebrato i venti anni di Taodue, società fondata insieme alla moglie, Camilla Nesbitt, dal 2008 partecipata dal Gruppo Mediaset, e produttrice di fiction di successo come Paolo Borsellino, Ultimo, Francesco, Il capo dei capi, Ris – delitti imperfetti.

La Taodue si è sempre distinta per la sua predilezione per le storie di fatti di cronaca raccontati con estremo realismo, come ha infatti confermato sempre Valsecchi: “In questo paese le storie vengono tutte insabbiate, non si arriva mai alla verità. La fiction sul delitto di via Poma, che vedremo presto in tv, è una metafora del nostro paese: più si scava e più la verità non viene a galla”, scelta che sembra essere vincente visto che molte delle fiction prodotte sono state acquistate all’estero, perfino in Russia.

Alla serata hanno presenziato alcuni dei volti noti protagonisti delle fiction targate Taodue, tra cui: Stefano Accorsi, Fabio Troiano, Giampaolo Morelli, Giorgio Tirabassi e Valentina Cervi, quest’ultima entrata a far parte dell’undicesima stagione di uno dei prodotti di punta della Taodue: Distretto di polizia. E proprio al Roma Fiction Fest è stata presentata la prima puntata della nuova stagione della serie dedicata alle vicende dell’ormai storico distretto Decimo Tuscolano: alle regia c’è sempre Alberto Ferrari ma il cast è tutto rinnovato.

Luca Benvenuto, interpretato da Simone Corrente, uno degli ultimi personaggi del cast originale rimasto, sta per lasciare il Decimo Tuscolano per trasferirsi a Torino: a sostituirlo arriva dunque un nuovo capo, Leonardo Brandi, impersonato da Andrea Renzi, tornato in Italia dopo quattro anni di lavoro da infiltrato in Germania. E proprio dalla Germania arriva il nuovo principale antagonista della squadra di polizia romana: un boss rientrato in Italia dopo la morte del figlio ucciso dalla polizia.

La formula è sempre la stessa: casi auto-conclusivi per ogni episodio ed una trama comune a unire i fili del racconto, tanta azione, ritmo dinamico. Una formula che funziona da undici anni, ma che, dopo tanto tempo, forse mostra un po’ la corda. La nuova stagione comprende ventisei episodi che saranno trasmessi su Canale 5 a partire da domenica nove ottobre in prima serata.


 
Pubblicato su TvZap.
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