venerdì 31 maggio 2013

Citazione Cinematografica n. 263

"Si dice che i cristiani mangino il corpo del loro Dio e bevano il suo sangue. Ciò è abominevole!"

da: Valhalla Rising

Mads Mikkelsen


Titolo italiano: Valhalla Rising - Regno di sangue
Titolo originale: Valhalla Rising
Regia: Nicolas Winding Refn
Anno: 2009
Cast: Mads Mikkelsen, Gary Lewis, Jamie Sives, Ewan Stewart, Alexander Morton
Durata: 93 minuti 
Colore: colore 
Genere: drammatico, epico
Sceneggiatura: Nicolas Winding Refn
Fotografia: Morten Søborg
Musiche: Peterpeter
Paese di produzione: Danimarca, Regno Unito
Casa di produzione: BBC Films, Nimbus Film, One Eye Production
Distribuzione italiana: BIM

RadioVisioni su Radiorizzonti: le uscite del 30/05/2013


Ryan Gosling in Solo Dio Perdona di Nicolas Winding Refn


Anche oggi nella rubrica Radio Visioni su Radio Orizzonti parlerò delle uscite della settimana: Solo Dio Perdona - Only God Forgives, Una notte da leoni 3, Tutti pazzi per Rose, Ti ho cercata in tutti i necrologi, Una notte agli studios, Slow Food Story, Vogliamo vivere. 

E come sempre la citazione cinematografica della settimana.

Per ascoltarmi collegatevi sul sito internet di Radio Orizzonti  (http://www.radiorizzonti.net/) oppure, se vivete o vi trovate in Puglia in FM alle frequenze 102.8 o 103.4, verso le ore 19.30 -19:40.

mercoledì 29 maggio 2013

Videodrome n. 83

Robert Redford


Titolo italiano: Il Grande Gatsby 
Titolo originale: The Great Gatsby 
Regia: Jack Clayton 
Anno: 1974 
Cast: Robert Redford, Mia Farrow, Sam Waterston, Bruce Dern, Lois Chiles, Kareb Black, Scott Wilson 
Durata: 144 minuti 
Colore: colore 
Genere: drammatico 
Sceneggiatura: Francis Ford Coppola 
Fotografia: Douglas Slocombe 
Musiche: Nelson Riddle 
Paese di produzione: USA 
Casa di produzione: Paramount Pictures 
Distribuzione italiana: Universal Pictures

martedì 28 maggio 2013

Intervista a Nicolas Winding Refn

Abbiamo incontrato il regista danese a Roma e ci ha parlato di padelle, daltonismo, cattivo gusto, complessi edipici, unghie finte e Wonder Woman

Nicolas Winding Refn (foto di Valentina Ariete)


"Ho sentito che in Giappone usano talmente tanto il telefono che alcuni uomini hanno creato la loro donna ideale sul telefono e c'è perfino un hotel dove puoi portare il tuo telefono con te e fare il check-in come se fossi con la tua ragazza. Affascinante". Queste sono le prime parole scambiate con Nicolas Winding Refn durante l'intervista che ha avuto luogo a Roma. Dopo avergli stretto la mano, la sua è una presa né troppo decisa né troppo delicata, ho tirato fuori il telefono per registrare l'audio e il regista danese si è lanciato in considerazioni sull'alienazione, sul rapporto uomo-teconologia e sul fascino che suscita in lui l'approccio quasi morboso che le persone hanno oggi con il telefono.
E non avevamo ancora cominciato.

Arrivato a Roma subito dopo la presentazione del suo ultimo film a Cannes, Refn ha incontrato la stampa per parlare di Only God Forgives, che al Festival è stato sia fischiato che apprezzato, dimostrando ancora una volta la capacità del regista danese di essere un'incognita del cinema contemporaneo, un artista in grado di creare immagini che hanno il potere di penetrare nell'inconscio dello spettatore e di depositarvi una sensazione di angoscia, positiva o negativa, che non può comunque lasciare indifferenti. 

Alto, con occhiali dalla montatura importante, fasciato da un elegante completo grigio chiaro portato con disinvoltura insieme a Converse di pelle nera e calzini corti, il regista danese si presenta con affabilità e disinvoltura, con gentilezza pacata e rassicurante, ma i suoi occhi e le sue affermazioni tradiscono un animo irrequieto, ossessivo e un po' folle.

Nicolas Winding Refn (foto di Valentina Ariete)


Ecco perché,  mentre  Refn si adagia con estrema eleganza sul divano dell'hotel romano, già dalla prima domanda entrano prepotentemente nella conversazione cordoni ombelicali, rapporti madre-figlio di edipica reminiscenza  e lotte contro Dio.

D. Only God Forgives rappresenta l'altra faccia della medaglia di Pusher 2 in cui il protagonista aveva un rapporto complicato con il padre mentre qui è la madre ad essere una figura ingombrante?

NWR: "Vedi, le donne hanno questa abilità, quando hanno figli, di tagliare il cordone ombelicale che le lega ai propri genitori: quando la donna diventa madre è come se  assumesse una nuova identità. Gli uomini invece non affrontano questo passaggio, noi non abbiamo questa possibilità, noi abbiamo solo nostra madre per il resto della nostra vita. Quindi il mistero più grande della nostra mente è il legame tra la madre e il figlio, proprio perché è così difficile tagliare le catene che li legano. Le donne per diritto di nascita, proprio per la loro natura biologica, sono in grado di prendere le distanze, mentre gli uomini si affannano per tutta la vita cercando di capire come separarsi dalla madre e allo stesso tempo ritornare dentro di lei. Attraverso i film posso mostrare questo complesso rapporto, certo in modo molto più estremo rispetto alla realtà. Io ho una relazione molto sana con mia madre, ho uno splendido rapporto con lei. Mia madre mi ha sempre detto che ero un genio, mi ha appoggiato in ogni cosa che ho fatto, la sento ogni giorno, ma penso che sia molto interessante realizzare un film su un uomo che è incatenato a sua madre: è lì che è il mistero. Quando la gente mi chiede che cosa significa il mio film, se è la storia di un uomo che vuole combattere Dio, beh, la cosa umana più vicina a Dio è il grembo materno, perché è dove viene creata la vita, quindi il mio personaggio vuole combattere il grembo materno: e questa è una battaglia davvero misteriosa".

D. Questa è la seconda collaborazione con Ryan Gosling: come avete lavorato sul personaggio? 

NWR: "Lavoriamo molto bene insieme, ci siamo conosciuti la prima volta per Drive ed è stata un'esperienza di lavoro grandiosa. Per Only God Forgives lui non era la scelta originale, un altro attore avrebbe dovuto interpretare il ruolo ma poi è uscito dal progetto all'ultimo momento e quindi tre mesi prima dell'inizio delle riprese a Bangkok mi sono ritrovato senza attore. Quindi visto che ci eravamo trovati così bene sul set di Drive è stato facile chiedergli di partecipare al film. Certo doveva essere esattamente l'opposto di quanto visto in Drive perché lì interpretava un personaggio forte, era l'eroe, era tutto quello che vuoi un uomo sia, mentre qui il personaggio è esattamente l'opposto, è incatenato a sua madre, è debole, fragile e praticamente non c'è dialogo, perché tutto deve essere interpretabile da una performance che ho voluto ridotta al minimo: se Ryan avesse rivelato qualcosa avrebbe rovinato il film perché l'avrebbe reso troppo reale, invece doveva mantenere la sua natura fiabesca perché tutto è incentrato sul mistero più che sulle risposte. Questo può essere molto frustrante per lo spettatore perché ormai siamo abituati a un tipo di intrattenimento passivo, ormai siamo passivi nel consumo dello spettacolo, ed è proprio per questo che consumiamo così tanto; se invece ci sforziamo di partecipare al film questo porta via molte energie e può anche spaventare molte persone, ma è lì il nocciolo dell'arte: l'interazione tra quello che vedi, ascolti, leggi e vivi. Se non interagisci non c'è significato, l'arte diventa senza valore". 

Nicolas Winding Refn (foto di Valentina Ariete)


D. Quando in Only God Forgives si vede l'occhio che viene tagliato è una citazione esplicita a Buñuel? E come mai nei suoi film c'è una predominanza dei colori rosso e blu e perché usa quasi sempre luci al neon?

NWR: "Beh sono daltonico, quindi posso vedere solo colori precisi. Per quanto riguarda il taglio dell'occhio certamente è stato usato in altri film, è un'immagine splendida perché è altamente simbolica, specialmente all'interno della scena in cui è presente, quando il personaggio dice che le donne devono chiudere gli occhi e gli uomini invece devono guardare. Il personaggio diventa Dio, toglie la vista, l'udito, sta facendo un'affermazione precisa: posso darti la vita e togliertela". 

D. La struttura del film è molto particolare, in alcuni momenti non sembra lineare e dona alla pellicola un'atmosfera onirica, che ricorda molto quella degli ultimi film di Lynch.

NWR: "La maggior parte dei film, soprattutto quelli fatti per il grande pubblico, è realizzata in una maniera molto precisa, composta di tre parti, in cui vediamo: la presentazione veloce di un personaggio, la rappresentazione del suo dilemma e la sua risoluzione. Il 99% dei film sono sviluppati così, molti sono meravigliosi, e anche io ho usato questa struttura in passato, ma ultimamente mi ha un po' stufato perché, soprattutto per quanto riguarda i più giovani, oggi non c'è più bisogno di andare al cinema, possiamo vedere i film su internet e si somigliano tutti, tutto diventa riproducibile. In Only God Forgives invece è l'opposto: il film si rivela lentamente, solo verso la fine comincia a risolversi e anche quando si rivela è raccontato da prospettive differenti. Julian, il personaggio di Ryan Gosling, è una metafora, si presenta come un enigma: solo poche persone riescono a gestire questo tipo di cinema. David Lynch ne ha fatto il suo tratto distintivo, così come Alejandro Jodorowsky e Buñuel, ma sono pochi perché questa forma può essere molto provocativa, proprio perché il pubblico è così abituato alla struttura lineare. Io adoro invece quando le cose vanno in direzione opposta rispetto alle aspettative perché quando ti senti troppo a tuo agio in quello che fai è pericoloso: il primo nemico della creatività è sentirsi sicuri, avere buon gusto e realizzare qualsiasi cosa verso cui il pubblico non ha reazioni". 

D. Lei è praticamente l'unico regista che ha reso Kristin Scott Thomas una cafona: in genere è così elegante, mentre lei in Only God Forgives ne ha mostrato una versione decisamente diversa.

NWR: "Quando ho saputo che lei era interessata a lavorare con me sono stato felicissimo. L'ho sempre vista in film in cui era elegantissima, è praticamente l'attrice preferita di mia madre, ma quando l'ho incontrata ho scoperto presto che ha un forte desiderio di essere stronza, in lei c'è una forte cattiveria e del nichilismo, che è una combinazione perfetta per il dramma. Lei mi ha detto però che avrebbe potuto farlo solo se si fosse trasformata completamente. Io le ho risposto che non c'era problema e le ho chiesto che cosa avrebbe voluto fare: mi ha mandato una sua foto con i capelli lunghi e biondi. Per me è stata una rivelazione, la mia reazione è stata: "Ciao Donatella Versace!". Credo che le sia piaciuto molto interpretare questo ruolo, voleva fortemente fare qualcosa di diverso rispetto a quello che ha fatto fino ad ora e per questo si è impegnata al 100%: si è abbronzata, si è messa le unghie lunghe, la parrucca, il trucco, ha detto cose che non aveva mai detto prima. E' l'opposto di com'era in Il paziente inglese; che comunque credo sia un ottimo film".

D. Lei realizzerà presto una serie tv su Barbarella: qual è il suo approccio da amante dei fumetti?

NWR: "Questo progetto mi è arrivato in un modo molto strano: ho cercato disperatamente di convincere la Warner Bros a farmi fare Wonder Woman, ma non c'è stato modo. La Gaumont invece ha comprato i diritti di Barbarella e mi ha chiesto se ero interessato a farlo e la mia risposta è stata: sì! Non arriverò mai a fare Wonder Woman, ma voglio comunque fare qualcosa di fetish, con donne, sesso, potere e ambientato nello spazio. Però ho detto da subito che avrei voluto realizzare una serie tv perché in questo modo si può mantenere la natura episodica dei fumetti. Un film avrebbe limitato troppo il potenziale della storia, per questo sono felice di poter fare una serie tv". 

D. Perché desidera così tanto fare Wonder Woman?

NWR: "Perché sono molto affascinato dalle donne: credo che le donne siano l'unica cosa davvero interessante nel mondo. E Wonder Woman è, almeno da un punto di vista americano, l'icona per eccellenza della supereroina. Ma alla fine penso che sarà più interessante fare Barbarella perché offre più possibilità rispetto a Wonder Woman". 

D. Come mai nei suoi film oggetti che si usano comunemente nella quotidianità diventano spesso insoliti strumenti di violenza? In Only God Forgives per esempio ci sono la padella e i fermacapelli.

NWR: "Perché è sempre più difficile rappresentare la violenza. A volte devi essere davvero creativo per riuscire a trovare qualcosa che sorprenda e contemporaneamente faccia pensare: quello deve far davvero male!".

The Fall - Gillian Anderson a caccia di serial killer

Nella nuova serie poliziesca di BBC Two, Gillian Anderson è Stella Gibson, detective della Metropolitan Police Service di Londra chiamata a Belfast per scovare un serial killer 



"Nessuno sa cosa succede nella mente degli altri, e la vita sarebbe insopportabile se lo sapessimo”. Parola di psichiatra e di serial killer. Sì perché Paul Spector (Jamie Dornan) è l’uno e l’altro: di giorno è un serafico psicologo dei servizi sociali e padre amorevole di due deliziosi e biondissimi bambini, mentre di notte si diverte ad uccidere per soffocamento giovani donne in carriera. Un mostro dalla faccia assicurante e gentile, che in realtà porta dentro di sé una dose massiccia di oscurità. 

A dargli la caccia è chiamata Stella Gibson (Gillian Anderson), detective della Metropolitan Police Service di Londra, che si trasferisce a Belfast per seguire le indagini: nella piccola città irlandese non sono infatti preparati a fronteggiare un caso simile. Quando l’algida ed elegante Stella arriva a Belfast, tutti sono scombussolati e attratti dalla sua personalità, persino Spector: inizia così una caccia pericolosa in cui inseguitore e inseguito si scambiano più volte di ruolo. 

Creata da Allan Cubitt, “The Fall” è la nuova mini-serie, composta da cinque episodi da un’ora l’uno, trasmessa da BBC Two, che rivede Gillian Anderson, la storica Dana Scully di “X-Files”, di nuovo in un ruolo televisivo da protagonista. Per l’occasione la Anderson abbandona la chioma fulva con cui è diventata nota in tutto il mondo in favore di un biondo sofisticato, e sfodera il suo affascinante accento inglese. La detective a cui dà volto e corpo è una donna che sa quello che vuole, indipendente e magnetica: proprio il tipo di donna da cui è ossessionato il serial killer Spector. Con il suo ritmo apparentemente rallentato e i lampi di inquietante follia che si nascondono dietro una facciata normale e rassicurante – Spector segue e studia le sue vittime mentre porta i figli a giocare al parco -, “The Fall” è un prodotto televisivo interessante, dal buon cast e ben scritto. 

Dopo la messa in onda del primo episodio, avvenuta in Gran Bretagna ed Irlanda lo scorso 12 maggio, grazie all’ottimo successo di pubblico, la BBC ha deciso di confermare immediatamente “The Fall” per una seconda stagione composta sempre da cinque episodi.


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venerdì 24 maggio 2013

Citazione Cinematografica n. 262

"I cuori non saranno mai una cosa pratica finché non ne inventeranno di infrangibili"

da: Il Mago di Oz

Judy Garland, Bert Lahr, Jack Haley e Frank Morgan


Titolo originale: The Wizard of Oz
Regia: Victor Fleming
Anno: 1939
Cast: Judy Garland, Frank Morgan, Ray Bolger, Jack Haley, Bert Lahr, Margaret Hamilton,  Billie Burke, Clara Blandick, Charley Grapewin
Colore: B/N e colore
Durata: 99 minuti
Genere: Musical
Sceneggiatura: Noel Langley
Fotografia: Harold Rosson
Musiche: Herbert Stothart, Harold Arlen
Casa di produzione: Metro Goldwin Meyer
Paese di produzione: USA
Distribuzione italiana: C.I.D.


mercoledì 22 maggio 2013

Videodrome n. 82

Tim Curry



Titolo originale: The Rocky Horror Picture Show
Regia: Jim Sharman
Anno: 1975
Cast: Tim Curry, Susan Sarandon, Barry Bostwick, Richard O'Brien, Patricia Quinn, Peter Hinwood, Nell Campbell, Jonathan Adams, Meat Loaf
Durata: 100 minuti
Colore: colore
Genere: Musical
Sceneggiatura: Richard O'Brien
Fotografia: Peter Suchitzky
Musiche: Richard O'Brien e Richard Hartley
Paese di produzione: Regno Unito, USA
Casa di produzione: 20th Century Fox
Distribuzione italiana: 20th Century Fox

martedì 21 maggio 2013

Top10: le segretarie

Sempre indaffarate, costantemente al telefono, piene di post-it, quaderni con appunti e caffè in mano pronti da portare a colleghi e al capo: spesso vere e proprie vittime dei datori di lavoro, le segretarie hanno un ruolo importante nella vita di tutti i giorni e in tv. Molte delle assistenti del piccolo schermo non sono solo spalle comiche o personaggi di contorno, ma vere e proprie colonne portanti delle serie in cui militano. Alcune amano il proprio lavoro, altre lo detestano, qualcuna di loro lo ha sfruttato come trampolino di lancio. Vediamo quali sono le segretarie più efficienti e memorabili del piccolo schermo. 


N. 10 APRIL LUDGATE – PARKS AND RECREATION (2009 – in corso) 
April (Aubrey Plaza) detesta il suo lavoro e lo dimostra mantenendo una perenne espressione apatica; tuttavia il suo disperato tentativo di rendere sempre felice il suo depresso datore di lavoro è commovente. 



N. 9 JONATHAN – 30 ROCK (2006 - 2013) 
Praticamente innamorato del suo capo, il direttore di rete Jack Donaghy (Alec Baldwin), Jonathan (Maulik Pancholy) è uno degli assistenti più devoti che si siano mai visti in tv. Per questo il suo licenziamento in tronco da parte di Jack, fatto solo per un puntiglio verso la rivale Liz Lemmon (Tina Fey), è uno di quei momenti che spezzano il cuore. 



N. 8 KITTY SANCHEZ – ARRESTED DEVELOPMENT (2003 - 2013) 
Pazza, indiscreta, incline al ricatto e coinvolta in relazioni scottanti con i suoi datori di lavoro, Kitty (Judy Greer) è una segretaria, e una donna, fuori dagli schemi, capace di portare un po' di follia in ogni scena in cui è coinvolta. E con un'evidente avversione per i reggiseni. 



N. 7 MRS. LANDINGHAM – THE WEST WING (1999 - 2006) 
Mrs. Landingham, interpretata dall'ottima caratterista Kathryn Joosten è uno dei personaggi più amati di “The West Wing”: segretaria devota, idealista e quasi materna del presidente Bartlet (Martin Sheen), era la colonna morale della serie. La sua scomparsa ha sconvolto milioni di fan che ancora la piangono. 



N. 6 PAM BEESLY – THE OFFICE (2005 - 2013) 
Segretaria di Michael Scott (Steve Carrell), uno dei capi più inetti che la tv ricordi, Pam (Jenna Fischer) è la segretaria perfetta, coscienziosa e precisa nel suo lavoro. Costretta da Michael a fare un grande sforzo su se stessa per non impazzire, Pam è anche coinvolta in una romantica storia d'amore con il collega Jim Halpert (John Krasinski). 



N. 5 DELLA STREET – PERRY MASON (1957 - 1966) 
Meticolosa, allegra, elegante e sempre pronta ad ascoltare le confidenze del capo, Della (Barbara Hale) è la segretaria di Perry Mason (Raymond Burr), l'avvocato più famoso della tv. E scusate se è poco. 



N. 4 DONNA PAULSEN – SUITS (2011 – in corso) 
Segretaria personale, nonché amica e confidente, dell'avvocato Harvey Specter (Gabriel Macht), Donna (Sarah Rafferty), con la sua chioma fulva e i completi impeccabili non è una semplice segretaria: considerata una delle assistenti più influenti e potenti di New York, Donna ha occhi e orecchie ovunque, sa già cosa vuole il suo capo prima che lo dica, ed ha il potere di terrorizzare tutti, specialmente i nuovi arrivati. Sempre pronta a dire cosa pensa, Donna è una delle segretarie più carismatiche del piccolo schermo. 



N. 3 BETTY SUAREZ – UGLY BETTY (2006 – 2010) 
Betty Suarez (America Ferrera) è una delle poche, se non l'unica, segretaria protagonista della serie in cui compare e per questo è già un passo avanti alle altre colleghe. Assunta inizialmente a causa del suo scarso sex appeal per non far distrarre il capo Daniel (Eric Mabius), direttore della rivista MODE, Betty si fa pian piano strada nel mondo del giornalismo di moda e da brutto anatroccolo diventa una determinata donna in carriera. 



N. 2 LUCY MORAN – TWIN PEAKS (1990 – 1991) 
Svampita e perennemente stralunata, Lucy (Kimmy Robertson), con la sua cascata di ricci biondi e i maglioni improbabili, incarna alla perfezione lo spirito più eccentrico di “Twin Peaks”. Contesa dal poliziotto Andy (Harry Goaz) e dallo stilista Dick (Ian Buchanan), Lucy è una delle migliori spalle comiche della serie creata da David Lynch. 



N. 1 PEGGY OLSON E JOAN HARRIS – MAD MEN (2007 – in corso) 
Peggy Olson (Elisabeth Moss) e Joan Harris (Christina Hendricks) sono le segretarie più brillanti, eleganti e determinate della tv. Inizialmente assistente personale di Don Draper (Jon Hamm), a piccoli passi Peggy è riuscita a conquistare la fiducia del suo capo, lo ha convinto a farsi promuovere copywriter e a diventare la sua pupilla nonché braccio destro. Non male per una ragazzina alla prima esperienza lavorativa. Non è da meno la rossa e prorompente Joan, che da capo delle segretarie della Sterling Cooper riesce a diventare socia della Sterling Cooper Draper Pryce. Due vere e proprie self-made women.





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sabato 18 maggio 2013

Il Grande Gatsby


Per capire a fondo il nuovo adattamento del capolavoro letterario di Francis Scott Fitzgerald bisogna fare un grande salto indietro nella biografia del regista Baz Luhrmann. Il piccolo Baz, in origine Mark Anthony, nato in una minuscola città dell'Australia, Herons Creek, famosa oggi per avergli dato i natali (e che potremmo quindi ribattezzare Baz Creek), ha passato la sua infanzia nel cinema del paese, gestito dal padre, che aveva anche un allevamento di maiali e una pompa di benzina. Non c'è dunque da stupirsi del fatto che le immagini patinate dei film, prevalentemente americani, si siano radicate profondamente nella mente del giovane Luhrmann, facendogli sognare grandi amori, storie epiche, set scintillanti e stelle del cinema. Cresciuto a pane e Hollywood, Mark è diventato Baz, è stato anche attore, poi regista teatrale e infine si è dedicato al cinema.

I suoi primi tre film, la "Red Curtain Trilogy", ovvero "la trilogia della tenda rossa", sono un inno d'amore alle arti teatrali, che celebrano ogni aspetto del palco: la danza in Strictly Ballroom, il testo drammatico in Romeo + Giulietta e il canto in Moulin Rouge!. Con questo tris di film Luhrmann si è da subito mostrato come un artista a tutto tondo, abile nella messa in scena di grandi spettacoli, a suo agio nella gestione degli attori e a girare in interni, e ha donato al pubblico il suo genuino amore per la rappresentazione, per la bellezza, per la ricerca della perfezione della coreografia di suoni, colori e luci.

Con il film successivo, Australia, Luhrmann ha forse peccato di ambizione, cercando di realizzare il suo Via col vento, ma, anche se bocciato dai più, il film è un grido d'amore per la terra natia del regista, per i suoi paesaggi da sogno e come sempre per il grande cinema hollywoodiano.

Regista poco prolifico dal punto di vista del numero delle pellicole, siamo a 5 film in 20 anni di carriera, Luhrmann ha dovuto rinunciare al progetto di Alessandro Magno (ancora grazie mille dannato Oliver Stone!), ma possiamo dire che parte di quell'idea è ricaduta all'interno del suo ultimo film, Il Grande Gatsby, appunto. La chiave di lettura è tutta nel titolo: il GRANDE Gatsby. In Luhrmann ogni cosa, ogni dettaglio, ogni vestito, ogni oggetto, ogni inquadratura aspira alla grandezza. Grandezza spesso esagerata, caotica e a volte kitsch, ma una grandezza sincera, sempre alla ricerca della bellezza. Non a caso il motto degli artisti in Moulin Rouge!, ad oggi il suo capolavoro, è "Bellezza, Verità, Libertà e soprattutto Amore". 

In pochi registi come in Luhrmann la forma diventa narrazione e sostanza: le storie sono semplici, quasi secondarie, è il modo in cui vengono raccontate che stupisce ed emoziona lo spettatore. Ed è per questo che per Il Grande Gatsby sembra evidente che il regista non si sia immedesimato nel protagonista, ovvero lo scrittore Nick (Tobey Maguire), come invece fa Fitzgerald, quanto piuttosto in Gatsby, vero deus ex machina del racconto. Le parole di Fitzgerald, rappresentate letteralmente sullo schermo, sono infatti la cornice: ad interessare il regista è la figura misteriosa, opulenta e quasi metafisica di Gatsby. Un uomo che vive tante vite quante se ne raccontano, che costruisce un mondo incantato da cui tutti sono attratti ma che nessuno conosce davvero, che semina intorno a sé bellezza e grandezza. Impossibile per Baz non identificarsi in questo personaggio. Ecco perché il regista lascia sullo sfondo la critica sociale e la demolizione del sogno americano e si concentra appena sulla storia d'amore: il Gatsby-regista-mago è il centro della sua attenzione, diventando il simbolo del suo amore per il cinema e la rappresentazione.
Ecco spiegato quindi il motivo del taglio di alcuni passaggi chiave del libro (su tutti la comparsa del padre al funerale) che avrebbero umanizzato troppo il personaggio, rendendolo un semplice uomo: Gatsby dev'essere grande, e la sua grandezza sta nella sua visione, nel suo sognare, nell'aspirare a qualcosa di perfetto e irraggiungibile.

Per realizzare la sua visione Luhrmann non poteva non scegliere Leonardo DiCaprio, praticamente lanciato quasi 20 anni fa dal suo Romeo + Juliet: oltre ad essere uno dei più grandi attori contemporanei, DiCaprio, con il suo viso perennemente giovane, è l'essenza di Gatsby: un viso e un sorriso che promettono eterna giovinezza e bellezza. Perfetti anche gli altri attori, che sembrano letteralmente provenire dagli anni '20, su tutti la scoperta Elizabeth Debicki nei panni di Jordan Baker.

E allora sì con le feste, con gli abiti scintillanti, con gli strabilianti gioielli disegnati da Catherine Martin insieme a Tiffany, alla musica rap che sostituisce quella jazz, attualizzando Gatsby ai nostri giorni, avvicinando quell'epoca di decadenza alla nostra, dimostrando che la ricerca della ricchezza, del piacere e della bellezza sono sempre attuali e universali. Luhrmann sa che questo è un sogno, che non ha contatti con la realtà, non a caso vediamo continuamente torte meravigliose non mangiate, champagne che viene stappato a fiumi ma che viene spesso versato a vuoto, vestiti costosi gettati a terra, amori e giovinezza che sfioriscono presto. Solo sul grande schermo, all'interno di una sala cinematografica, tutto questo è davvero possibile: il regista lo sa bene e semina il suo film di citazioni a film epici come Titanic (la scena del brindisi di DiCaprio-Gatsby è quasi la stessa di Jack Dawson, solo con qualche anno di vita vissuta e di esperienza in più sul volto dell'attore), il finale in piscina grida Viale Del Tramonto da tutti i pori e la mano di Gatsby che tenta di afferrare la luce verde sembra quella di Charles Foster Kane alla ricerca del suo "rosebud". 

Ancora una volta Luhrmann segue quindi la frase chiave del suo primo film, divenuto poi il motto della sua casa di produzione, "una vita vissuta nella paura è una vita vissuta a metà", e realizza contro tutto e tutti il suo ennesimo "spettacolo spettacolare". 
Because he can can-can.

Leonardo DiCaprio


La citazione: "Vorrei aver fatto con te tutte le cose che ho fatto"

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥♥


Titolo originale: The Great Gatsby 
Regia: Baz Luhrmann 
Anno: 2013 
Cast: Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Joel Edgerton, Elizabeth Debicki, Jason Clarke, Isla Fisher 
Durata: 143 minuti 
Colore: colore 
Genere: Dramma 
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce 
Fotografia: Simon Duggan 
Musiche: Craig Armstrong 
Costumi: Catherine Martin 
Paese di produzione: USA, Australia 
Casa di produzione: Bazmark Productions, Village Roadshow Pictures 
Distribuzione italiana: Warner Bros.

venerdì 17 maggio 2013

Citazione Cinematografica n. 261

"Mio adorato popolo. Vediamo le vele del nemico che si avvicinano. Sentiamo il rumore dei cannoni spagnoli sull'acqua. Ben presto, dovremmo affrontarli faccia a faccia. Sono decisa a restare fino al culmine della battaglia; per vivere oppure morire, in mezzo a voi. Finché voi ed io staremo insieme, nessun'invasore ci conquisterà. Che vengano anche con le armate dell'inferno, non passeranno. E quando il giorno della battaglia sarà terminato, so che noi ci ritroveremo in cielo o sul campo, da vincitori"

da: Elizabeth: The Golden Age


Cate Blanchett


Titolo originale: Elizabeth: The Golden Age
Regia: Shekhar Kapur
Anno: 2007
Cast: Cate Blanchett, Geoffrey Rush, Clive Owen, Samantha Morton, Rhys Ifans, Abbie Cornish, Eddie Redmayne
Durata: 114 minuti
Colore: colore
Genere: Storico
Sceneggiatura: William Nicholson, Michael Hirst
Fotografia: Remi Adefarasin
Musiche: Craig Armstrong, A.R. Rahman
Paese di produzione: Regno Unito, Francia
Casa di produzione: Studio Canal, Working Title Films
Distribuzione italiana: UIP

mercoledì 15 maggio 2013

Videodrome n. 81

Leonardo DiCaprio e Claire Danes


Titolo italiano: Romeo + Giulietta di William Shakespeare
Titolo originale: William Shakespeare's Rome0 + Juliet
Regia: Baz Luhrmann
Anno: 1996
Cast: Leonardo DiCaprio, Claire Danes, Harold Perrineau, John Leguizamo, Miriam Margolyes, Pete Postlethwaite, Paul Sorvino, Brian Dennehy, Paul Rudd
Durata: 115 minuti
Colore: colore
Genere: Drammatico
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pierce
Fotografia: Donald McAlpine
Musiche: Nelee Hooper
Costumi: Catherine Martin
Paese di produzione: USA
Casa di produzione: 20th Century Fox
Distribuzione italiana: 20th Century Fox

domenica 12 maggio 2013

TOP10: Mammina cara, le migliori genitrici della tv

Si avvicina la festa della mamma e e non poteva mancare, per celebrarla, la nostra classifica delle madri che più hanno lasciato il segno nella storia della tv. Passando in rassegna le candidate è palpabile l’evoluzione che questa figura ha subito nel corso dei decenni: siamo passati dalla tipica casalinga tutta sorrisi e torte di mele di “Happy Days”, Marion Cunningham (Marion Ross), che Fonzie chiamava Mrs. C., alla mamma un po’ isterica e maniaca del controllo Claire Dunphy (Julie Bowen) di “Modern Family”, fino alla “mamma acquisita” di “Shameless”, Fiona (Emmy Rossum), sorella maggiore che si prende cura dei suoi cinque fratelli. Non solo madri amorevoli però: l’evoluzione ha portato anche a galla il lato più oscuro delle genitrici, mostrandoci mamme terribili come la perfida Cercei Lannister (Lena Heady) di “Game of Thrones”, disposta a uccidere e a mentire pur di far diventare suo figlio re, o la Skyler (Anna Gunn) di “Breaking Bad”, che si fa sedurre dal fascino del male. Ecco la nostra discutibile ma sincera classifica, perché di mamma non ce n’è una sola…


10. CERSEI LANNISTER (LENA HEADY) - GAME OF THRONES (2011 – in corso) 
Bellissima e spietata: Cercei Lannister (Lena Heady) è una mamma che tutti vorrebbero avere per il corredo genetico, ma mai come figura esemplare. Disposta a mentire, uccidere e complottare pur di ottenere potere e far diventare re suo figlio Joffrey (Jack Gleeson), Cercei è un vero e proprio mostro: non ci stupisce quindi che Joffrey sia uno psicopatico. Non osiamo immaginare cosa succederà quando il pargolo scoprirà che quello che crede essere suo zio in realtà non lo è. 




9. BREE VAN DE CAMP (MARCIA CROSS) - DESPERATE HOUSEWIVES (2004 - 2012) 
Bree Van De Camp (Marcia Cross) in apparenza è la madre e casalinga perfetta: sempre ben curata, gentile, sforna muffin meravigliosi e rende la casa uno splendore. Ma sotto tanta perfezione si cela un animo frustrato e isterico, pronto a sfogarsi in camera da letto con manette e frustini. Accontentatevi dei suoi dolcetti e non fatela arrabbiare. 




8. BETTY DRAPER (JANUARY JONES) - MAD MEN (2007 – in corso) 
Betty Draper (January Jones) rappresenta iconograficamente la summa delle qualità della madre di famiglia anni '60: bella, educata, gentile, presenta i suoi figli come dei piccoli lord e fa fare sempre bella figura al marito. Un incubo di freddezza e assenza totale di compassione, un abisso gelido in una forma deliziosa. 




7. LOIS GRIFFIN – I GRIFFIN (1999 – in corso) 
Lois Griffin è un personaggio da ammirare: deve convivere ogni giorno con un marito e due figli dementi, in più deve sopportare quello psicopatico di Stewie, che prega ogni giorno per la sua morte. Quando l'unico membro della famiglia sano di mente è un cane è dura essere mamma. 




6. MORTICIA ADDAMS (CAROLYN JONES) – LA FAMIGLIA ADDAMS (1964 – 1966)
Morticia (Carolyn Jones) è una mamma molto particolare, non solo per il look, ma soprattutto per il suo spirito liberale che precorre i tempi: per lei i mostri sono tutti bene accetti e i figli più sono strani più li incoraggia. La più moderna e politically correct è una mamma in bianco e nero. 




5. SKYLER WHITE (ANNA GUNN) - BREAKING BAD (2008 – 2013) 
Skyler White (Anna Gunn), moglie del diavolo in persona Walter (Bryan Cranston), pensava di aver sposato un semplice insegnante di chimica, e invece si è ritrovata con una delle più grandi e geniali menti criminali che la tv ricordi. All'inizio sconvolta e disgustata dalla scelta del marito, pian piano si fa conquistare dal lato oscuro e cede al fascino del male. 



4. CLAIR HUXTABLE (PHYLICIA RASHAD) – I ROBINSON (1984 – 1992) 
Una mamma elegante e raffinata come Clair (Phylicia Rashad) non si dimentica: madre esemplare e amorevole, non ha però rinunciato alla carriera. Brillante avvocato, mamma sempre disponibile e donna di classe: praticamente la madre perfetta. Grazie a un marito medico che inspiegabilmente sta sempre a casa ad occuparsi dei figli... 




3. LORELAI GILMORE (LAUREN GRAHAM) – UNA MAMMA PER AMICA 
Lorelai (Lauren Graham) è la mamma ideale secondo gli americani: giovane, carina, amica di sua figlia ma rigorosa quando serve. Vera e propria icona americana insieme a sua figlia, il duo delle "ragazze Gilmore" è uno dei rapporti madre-figlia più famoso della tv. 




2. ROSEANNE (ROSEANNE BARR) – PAPPA E CICCIA (1988 – 1997) 
Se Lorelai Gilmore (Lauren Graham) è la mamma ideale americana, Roseanne (Roseanne Barr) è quella più vera. In perenne lotta con la bilancia, stressata e sarcastica, la mamma di "Pappa e ciccia" è sicuramente meno glamour ma molto più divertente. Insieme a John Goodman sono una delle coppie di genitori più amate del piccolo schermo. 




1. MARGE SIMPSON – I SIMPSONS (1989 – in corso) 
Con la sua torre di capelli blu, Marge è per noi la mamma top. Casalinga amorevole non solo sopporta ma ama teneramente suo marito Homer e tre figli problematici, Fuori da casa ha però dato più volte prova di possedere un talento poliedrico. Culturista, agente immobiliare, pilota acrobatico: Marge è la mamma che può tutto ma che alla fine sceglie sempre la famiglia. Ohh Maaarge, we love you!



Pubblicato su TvZap.
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