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mercoledì 14 gennaio 2015

“HUNGRY HEARTS”: VIDEOINTERVISTA A SAVERIO COSTANZO E ALBA ROHRWACHER

Abbiamo incontrato il regista Saverio Costanzo e Alba Rohrwacher, protagonista del film Hungry Hearts, tratto dal romanzo Il bambino indaco di Marco Franzoso, che esce al cinema dal 15 gennaio già forte di due premi importanti: alla scorsa Mostra di Venezia sia Alba che il co-protagonista maschile Adam Driver hanno vinto la Coppa Volpi come migliori interpreti


Mina (Alba Rohrwacher) e Jude (Adam Driver) si incontrano a New York: protagonisti di un amore tenero e totalizzante, i due si sposano e hanno presto un figlio. Quello che doveva essere un lieto evento si trasforma ben presto in un incubo: Mina, vegana ossessionata dalla purezza e scettica verso la medicina tradizionale, crede che il suo bambino sia speciale e non vada contaminato con l’orrore della carne. La donna alimenta il piccolo solo con cibi di derivazione non animale, causandogli un ritardo nella crescita. Sconvolto dal cambiamento della moglie, Jude si trova nella difficile situazione di dover scegliere tra suo figlio e la donna che ama. 

Amore eccessivo, solitudine, ossessione, inadeguatezza di fronte a un compito difficile e delicato quale è essere genitore: al suo quarto film Saverio Costanzo decide di mettere in scena una storia complessa pronta a far sorgere diversi interrogativi nello spettatore. Per raccontare l’evoluzione di un amore che diventa ossessione, il regista sperimenta con le immagini, usando grandangoli e obiettivi particolari, che deformano i suoi protagonisti col procedere del loro isolamento psicologico. Alba Rohrwacher si lascia plasmare e mutare dall’occhio di Costanzo, con cui è alla seconda collaborazione dopo La solitudine dei numeri primi

Abbiamo parlato del film proprio con Costanzo e Rohrwacher, arrivati alla Casa del Cinema di Roma per presentare il film, nelle sale dal prossimo 15 gennaio.





Pubblicato su Ciak Magazine.

venerdì 30 maggio 2014

Alice e le sue "Meraviglie": l'Italia amata dai francesi

Dal 22 maggio è nelle sale italiane “Le meraviglie”, secondo film di Alice Rohrwacher, sorella dell’attrice Alba, che ha vinto il Grand Prix della giuria al Festival di Cannes 



Cannes le ha portato fortuna: dopo aver presentato il suo film d’esordio, Corpo celeste, al Festival nel 2011 nella sezione Quinzaine, Alice Rohrwacher ha visto la sua seconda fatica, Le meraviglie, vincere tre anni dopo il Gran Prix della giuria proprio al Festival di Cannes. Una vittoria che ha sorpreso molti e che fa della giovane Alice la prima regista donna italiana a vincere un premio a Cannes. Come per la collega Asia Argento, anche lei al Festival con il film Incompresa, la Croisette è diventato un luogo in cui mostrare scorci di un’infanzia ormai lontana, colma di sogni e speranze, di desiderio d’amore e voglia di essere ascoltati. 

Le meraviglie, ambientato nella campagna umbra degli anni 90, pesca a piene mani dalla storia personale della regista, figlia di apicoltori e di un padre tedesco, nel film rappresentato da Wolfgang (Sam Louwyck), capo famiglia severo e allo stesso tempo infantile nel suo desiderio di isolarsi in un alone incontaminato di purezza assoluta e utopica. Nel ruolo della madre c’è invece la sorella maggiore della regista, Alba. Protagonista della storia è Gelsomina, interpretata dalla giovane esordiente Maria Alexandra Lungu, primogenita di una coppia di agricoltori specializzati nella produzione di miele che vive a contatto con la natura rifiutando tutto ciò che è estraneo al suo mondo, che siano pesticidi o turisti. 

La più grande in una famiglia di sole figlie femmine, Gelsomina è la prediletta dal padre, che la educa come se fosse il figlio maschio che non ha mai avuto, insegnandole come portare avanti l’azienda di famiglia. La ragazza, ormai adolescente, non sogna solo api, che conosce come fossero sue amiche, facendosele uscire con grazia e senza paura dalla bocca, ma immagina un futuro diverso per se stessa. Per Gelsomina sono infatti dietro l’angolo grandi cambiamenti: quando all’azienda arriva Martin, giovane criminale muto, la ragazza vive i primi turbamenti amorosi e, con l’apparizione della fata televisiva Milly Catena, una sempre bellissima Monica Bellucci, i grandi spazi aperti cominciano a diventare improvvisamente stretti. 

Diviso tra una rappresentazione idealizzata e bucolica dell’infanzia e la realtà grottesca ma attraente della televisione e della mondanità, Le meraviglie mostra i suoi pregi e la delicata sensibilità della regista nelle parti ambientate in campagna, dove il passato da documentarista si fa prepotente e proietta lo spettatore in un mondo che spesso è raccontato in maniera stereotipata e idealizzata: qui, invece, assume il fascino di un luogo incantato dove l’infanzia è protetta. Il film funziona meno con il procedere della pellicola, quando trame e sottotrame poco sviluppate cercano di dare maggiore consistenza a una storia che fa affidamento soprattutto sulla forza delle immagini e dei simboli che mette in scena. 

Difficile non notare i punti di contatto con La grande bellezza: in entrambe le pellicole, presentate tutte e due al Festival di Cannes, si parla di bellezza e meraviglia, c’è un animale che nel finale assume su di sé il peso della poetica del film (qui un cammello, in Sorrentino una giraffa) e il percorso fatto dai protagonisti è speculare: in Le meraviglie una bambina sogna il mondo colorato della televisione mentre in La grande bellezza un uomo, ormai 65enne e re della mondanità, desidera tornare alla purezza della sua adolescenza. In entrambi i casi due cose non sono mancate: i premi internazionali e la critica, soprattutto nazionale, spaccata a metà.

Maria Alexandra Lungu


La citazione: "Babbo partecipiamo?"

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥

Uscita italiana: 22 maggio 2014


Titolo originale: Le Meraviglie
Regia: Alice Rohrwacher
Anno: 2014
Cast: Maria Alexandra Lungu, Alba Rohrwacher, Sam Louwyck, Monica Bellucci
Colore: colore 
Durata: 110 minuti 
Genere: drammatico
Sceneggiatura: Alice Rohrwacher
Fotografia: Hélène Louvart
Montaggio: Marco Spoletini
Musica: Piero Crucitti
Paese di produzione: Italia, Svizzera, Germania
Casa di produzione: Tempesta, Rai Cinema
Distribuzione italiana: BIM Distribuzione




Pubblicato su XL.

giovedì 29 agosto 2013

Via Castellana Bandiera




Carnale, passionale, esplosiva e pronta a sperimentare: Emma Dante, attrice, regista di teatro e scrittrice, è un talento poliedrico che chi ha visto sul palcoscenico sa che porta sulle tavole di legno la polvere e gli odori della Sicilia, sua terra natale cui è legata da un cordone che l'artista sembra allo stesso tempo voler abbandonare e tenersi stretto. Fondatrice della compagnia Sud Costa Occidentale, autrice di opere magnetiche come mPalermu, la Dante è diventata in pochi anni uno dei nomi di punta del panorama teatrale italiano, arrivando a dirigere, nel 2009, la prima della Carmen di Bizet al Teatro alla Scala. In quell'occasione le reazioni furono contrastanti: alcuni parlarono di innovazione e della capacità di incarnare il vero spirito del personaggio di Carmen, altri invece gridarono allo scandalo di una protagonista troppo "popolana". Che la si ami o la si odi, Emma Dante non lascia mai indifferenti e, data la sua propensione alla sperimentazione di diversi mezzi narrativi, era inevitabile un suo esordio dietro la macchina da presa.

Per la sua prima pellicola da regista l'artista siciliana ha scelto di portare sul grande schermo il suo romanzo Via Castellana Bandiera, pubblicato nel 2009 e vincitore del Premio Vittorini. La storia parla di tre donne, Rosa (Emma Dante), siciliana che ha si è lasciata alle spalle un provincialismo che le stava stretto, Clara (Alba Rohrwacher), sua compagna di vita, e Samira (Elena Cotta), madre che ha perso sette anni prima una figlia per colpa di un cancro e che da allora ha smesso di parlare. 
Alla guida delle loro auto, Rosa e Samira si trovano bloccate in una strada senza senso di marcia a Palermo, la via Castellana Bandiera del titolo, e, partendo da motivazioni differenti, instaurano un duello psicologico a colpi di clacson decise a non cedere il passo all'altra.

Girato come un western urbano, il film sfugge alla trappola di portare il teatro al cinema e tesse una violenta metafora di un luogo che diventa simbolo di un intero paese: nella loro ostinata immobilità, le due donne si fanno carico di tutte le tensioni e le contraddizioni di un popolo che è smarrito e non sa scuotersi, che non sa trovare spunti oltre al proprio piccolo interesse personale, che è fermo nella propria decadenza e ostinato a lasciarsi morire lentamente contro ogni razionalità.
Un racconto duro ed estremo, in cui non è un caso che a fronteggiarsi siano due donne: gli uomini che fanno loro da contorno sono ostili, gretti, preferiscono manipolarle e scommettere piuttosto che risolvere la situazione. 
Come ogni duello che si rispetti non può che arrivare la tragedia: risolutivo e presagito, l'infausto evento arriva fuori campo, in una scena finale che esprime tutta la potenza espressiva della Dante e che mostra il suo talento nell'usare gli spazi e le scene di massa.

Un esordio sanguigno e viscerale, aiutato da una coppia di interpreti all'altezza del compito: la Dante riesce a lavorare di sottrazione mostrando di essere un'ottima interprete anche al cinema e la Cotta, con la sola potenza dello sguardo, crea un mondo oscuro e primordiale che incute timore. 

Uno degli esordi più interessanti del cinema italiano contemporaneo.  

Emma Dante e Alba Rohrwacher


La citazione: "C'hanno tutti ragione e c'hanno tutti torto"

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥

Uscita italiana: 19 settembre 2013


Titolo originale: Via Castellana Bandiera
Regia: Emma Dante
Anno: 2014
Cast: Emma Dante, Alba Rohwacher, Elena Cotta, Renato Malfatti, Dario Casarolo
Colore: colore
Durata: 90 minuti
Genere: drammatico
Sceneggiatura: Emma Dante e Giorgio Vasta 
Fotografia: Gherardo Gossi
Montaggi0: Benni Atria
Musica: Enzo e Lorenzo Mancuso
Paese di produzione: Italia, Svizzera, Francia
Casa di produzione: Vivo Film
Distribuzione italiana: Rai Cinema

Venezia 2013, l’esordio di Emma Dante al cinema: «Un western a colpi di clacson, con citazioni di Sergio Leone»



L’attrice, regista e scrittrice siciliana ha presentato alla 70esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia “Via Castellana Bandiera”, suo esordio dietro la macchina da presa, tratto dall’omonimo libro scritto dalla stessa autrice e pubblicato nel 2008 

Il poster del film


Occhi scuri che scrutano con curiosità, una passionalità difficile da nascondere e una particolare predisposizione per tutto ciò che è vitale e carnale: la regista teatrale, attrice e scrittrice Emma Dante è una delle figure artistiche più interessanti presenti nel panorama culturale italiano contemporaneo. Nata a Palermo e profondamente influenzata dalle contraddizioni e dai contrasti della sua terra d’origine, la Dante sono anni che, insieme alla sua compagnia teatrale, la Sud Costa Occidentale, porta in scena il sudore, la polvere e la forza delle strade siciliane. Talento poliedrico, Emma Dante ama sperimentare: passando dalla drammaturgia classica a linguaggi a volte quasi astratti, l’artista siciliana fonde il suo bagaglio culturale ai classici del passato, come ha dimostrato con la sua originale versione della Carmen di Bizet rappresentata al Teatro Alla Scala di Milano nel 2009. Non stupisce quindi che il suo desiderio di provare sempre nuovi mezzi narrativi l’abbia spinta anche dietro la macchina da presa. Un passaggio che lei stessa ha definito estremamente naturale: “Questa storia mi sembrava molto adatta per il cinema: avevo bisogno della strada, della polvere, della carnalità delle persone. Non avrei potuto farlo a teatro“. Presentato alla 70esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, l’esordio cinematografico di Emma Dante, tratto dal suo omonimo libro Via Castellana Bandiera, pubblicato nel 2009 e vincitore del Premio Vittorini, racconta la storia di tre donne ostinate che instaurano un duello psicologico a colpi di clacson occupando una piccola strada di Palermo. Il film ha sorpreso la stampa, che l’ha subito definito un “western del Sud Italia”, definizione che l’autrice ha apprezzato: “Ho sempre sognato di fare un western: chi non vorrebbe? Quindi mi sembra una definizione pertinente“, non nascondendo una sua personale passione per l’opera di Sergio Leone: “Il cinema di Leone mi ispira molto, è un grande regista e per questo film ho approfondito il mio studio su di lui. Nel film infatti ho inserito delle citazioni al suo lavoro“. 


Emma Dante a Venezia 70


Un western del sud, dicevamo: alla domanda sul perché parli costantemente della Sicilia nelle sue opere, l’autrice ha affermato: “Io in realtà volevo ambientare la storia a Begamo… No, sto scherzando. Io sono palermitana e parto sempre dalle mie radici, dalla mia storia, dalla mia lingua. Non so esattamente cosa vuol dire “raccontare il sud”: il film parla di una comunità, di un paese, di uno stato dell’essere, racconta l’Italia ma potrebbe essere anche un altro luogo. Ho voluto rappresentare uno stato particolare che caratterizza la nostra epoca: alla fine del film (SPOILER) non abbiamo voluto far vedere il precipizio e far vedere o sentire la macchina che cade per un motivo ben preciso: volevo dire che oggi noi non riusciamo a cadere, non percepiamo il precipizio, c’è una situazione stallo nella società (FINE SPOILER)". 

Protagonista della pellicola è una coppia al femminile che si reca in Sicilia per un matrimonio e durante il viaggio vede messo a dura prova il proprio rapporto sentimentale; l’autrice, interrogata sull’argomento, non ha voluto sottolineare il fatto che si tratti di una coppia dello stesso sesso: “La vera strada di Via Castellana Bandiera per me è quella del finale, non quella bloccata che si vede nel film: noi oggi spesso occupiamo uno spazio e lo definiamo come nostro escludendo gli altri. Per me c’è spazio per tutti. Sono stanca di parlare di “storie di omosessuali”: per me le protagoniste sono due persone che si amano, punto. Perché dobbiamo parlare di “amore diverso” o trovare modi diversi per raccontarlo? Il personaggio più positivo del film infatti, il ragazzino, non giudica: è un personaggio illuminato, è uno che parla un’altra lingua rispetto alla famiglia di origine, è una piccola luce, una fiammella che porta speranza“. 


Alba Rohrwacher a Venezia 70


Le co-protagoniste femminili, Alba Rohrwacher, che interpreta Clara, la compagna della protagonista, Rosa (la stessa Emma Dante), ed Elena Cotta, che dà volto a Samira, la granitica donna che si mette letteralmente sulla loro strada, hanno dichiarato di aver amato i propri personaggi e di essere molto felici di aver avuto la possibilità di lavorare con la Dante: “Uno dei miei desideri come attrice è sempre stato quello di poter recitare un ruolo fatto solo di sguardi“, ha detto la Cotta “e questa è stata l’occasione. Ringrazio Emma per questo. Con ruoli di questo tipo devi rinunciare agli artifici della recitazione, devi asciugare tutto per diventare semplicemente un viso. È un’esperienza irripetibile: una sfida, bellissima e forte. Ho lavorato bene in un clima straordinario, cosa che mi ha aiutato molto. Sono stata molto felice di lavorare a questo film“. Dello stesso entusiasmo Alba Rohrwacher: “Emma è una regista bravissima, è la regista del mio cuore, mi ha insegnato quasi tutto quello che provo a fare. Il “metodo Emma Dante” credo funzioni molto bene: lei fa un lavoro molto duro, in cui sei portato all’estremo e che ti fa dare molto, ma alla fine sei guidata da mani esperte. Lavorare a teatro con Emma è qualcosa di irripetibile: lei dagli attori tira fuori dei fantasmi. È capace di evocare dei fantasmi che io non sapevo di avere dentro. Lavorare con Emma è sorprendente“. 


Elena Cotta a Venezia 70


A fine conferenza stampa la regista ha rivelato di essere molto affascinata dai personaggi che rivelano una mostruosità latente: “Non so come si può definire il carattere di queste donne: all’inizio sono ottuse, tenaci, ma poi cominciano a fare il punto della propria vita. Sono come il Minotauro che si guarda allo specchio e riconosce il mostro. Se non ci interroghiamo mai su noi stessi, non riusciamo mai a tirare fuori la verità, mentre se ci fermiamo di fronte a un altro che è diverso da noi la mostruosità può venire a galla. Loro sono mostruose alla fine del film: e questo mi piace. La loro mostruosità è la loro verità, è quello che non sono riuscite a dirsi fino ad ora. Nella loro mostruosità sono molto umane“.


Pubblicato su BestMovie.
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