domenica 29 giugno 2014

TRUE BLOOD: COMMENTO ALLA PREMIÈRE DELLA STAGIONE 7, JESUS GONNA BE HERE

Dal 30 giugno su Fox, canale 112 di Sky, arriva in seconda serata, in contemporanea con l'America, la settima e ultima stagione di True Blood, annunciata su internet dall'hashtag #TrueToTheEnd, che promette scintille e soprattutto la risposta alla domanda più importante: che fine ha fatto Eric Northman? 




Previously on True Blood 

Diciamo la verità: la sesta stagione di “True Blood” è stata fiacca e confusa, così come la precedente. Da quando Alan Ball, sviluppatore della serie, ha abbandonato la sua creatura per seguire il suo nuovo nato, “Banshee”, gli sceneggiatori cui è stato affidato “True Blood” non hanno trattato Bon Temps e i suoi abitanti con riguardo. Troppi fili narrativi, troppe sotto-trame spesso abbozzate e mai determinanti nell'economia globale della serie, troppi cambiamenti repentini di personaggi che in un episodio mostrano un volto e in quello dopo sono l'opposto: un esempio su tutti, l'improvviso cambiamento di Warlow, il vampiro-fata prima presentato come minaccia suprema, poi sviluppato come amante appassionato e devoto di Sookie (Anna Paquin) e infine ritrasformato in super cattivo a fine stagione, ucciso per di più da un Rutger Hauer, nei panni di Niall, zio di Sookie, latitante fino a quel momento e riesumato appositamente per la sua uccisione. Un caso così evidente di cattiva scrittura da aver spinto l'attore Robert Kazinsky a consolarsi dentro la testa di robot giganti in “Pacific Rim” di Guillermo Del Toro. 

L'uccisione di Warlow, per quanto raffazzonata, ha però portato a conseguenze estreme: una volta impalettato il vampiro-fata, tutti i vampiri con in corpo il suo sangue hanno perso improvvisamente la capacità di poter camminare alla luce del sole senza finire in cenere, compreso Eric Northman (Alexander Skarsgard), che nel finale della sesta stagione ha pensato bene di celebrare la possibilità di stare sotto la luce del sole leggendo, totalmente nudo, un libro in mezzo alla neve della sua natia Svezia, finendo così in fiamme e consegnando alla storia della tv una versione animata dell'espressione “ghiaccio bollente”.

Dopo questo shock, nell'ultimo episodio della sesta stagione c'è stato il tempo per un ulteriore plot twist: a sei mesi dalla morte di Warlow, l'epatite V sviluppata dal dottor Overlark (John Fleck) e diffusa tramite il True Blood, ha reso i vampiri infetti degli zombi incontrollabili e imprevedibili, motivo per cui è nata la campagna “per ogni umano un vampiro”, che prevede che ogni umano faccia nutrire del suo sangue un vampiro in cambio della sua protezione. E ancora: Sam (Sam Trammell) è diventato il sindaco di Bon Temps, Tara (Rutina Wesley) si è riappacificata con la madre, Sookie e Alcide (Joe Manganiello) stanno insieme, Pam (Kristin Bauer van Straten) è partita alla ricerca di Eric, Nicole (Jurnee Smollett-Bell) è incinta di Sam e Jason (Ryan Kwanten) fa coppia fissa con la vampira Violet (Karolina Wydra). La settima e ultima stagione ha quindi ora il compito in soli dieci episodi, non dodici come le precedenti, di congedare con il giusto rispetto dei personaggi che, nonostante gli alti e bassi, hanno scritto, almeno inizialmente, delle pagine molto felici della storia della tv, e soprattutto di rispondere alla domanda più importante di tutte: Eric Northman, ovvero il personaggio migliore della serie, è ancora vivo o no? 


Plot 

Bon Temps, esterno del ristorante Bellefleur's, ex Merlotte's: è notte e gli abitanti della città stanno festeggiando l'elezione a sindaco di Sam e la sua proposta “per ogni umano un vampiro”, quando un'orda di vampiri affetti da epatite V attacca il gruppo. È una strage: molti umani sono uccisi sul posto e Arlene (Carrie Preston), Holly (Lauren Bowles), Nicole e Jane (Patricia Bethune) vengono portate via. Uno dei personaggi principali viene ucciso, lanciando i suoi amici e parenti nello sconforto. Sookie è presa di mira dagli abitanti della città che la accusano di aver portato disgrazie a causa delle sue relazioni con diversi vampiri, Jason prende finalmente in mano la situazione con Violet e può così tornare a fare sesso, mentre Jessica (Deborah Ann Wall) vuole assolutamente protegge la fata Adilyn (Bailey Noble) per rimediare al fatto di aver ucciso le sue sorelle; James (Nathan Parsons) è il vampiro assegnato a Lafayette (Nelsan Ellis) e i due entrano presto in confidenza. Nel frattempo Pam è in Marocco sulle tracce di Eric. Sookie, Jason, Alcide, Bill (Stephen Moyer), Sam e Andy (Chris Bauer) sono determinati a ritrovare le donne scomparse, che, a loro insaputa, si trovano nei sotterranei dell'ormai chiuso Fangtasia. 


Cosa ci è piaciuto 

La settima e ultima stagione di “True Blood” sembra finalmente aver trovato la giusta soluzione per far sì che tutti i personaggi principali seguano la stessa storyline, evitando la pericolosa trappola della frammentarietà vista nelle ultime serie. Alla regia dell'episodio c'è l'attore Stephen Moyer, interprete di Bill, che non se la cava male, soprattutto nella scena iniziale del massacro e che sceglie di far avvenire fuori campo la morte di uno dei personaggi principali: una scelta coraggiosa, che sottolinea ancora di più lo shock del fatto. Pam: uscito di scena Eric è lei il mito assoluto di "True Blood", e anche in Marocco regala, come al solito, diverse perle infarcite di parolacce. Il cambiamento di cast per il personaggio di James: il vampiro nella sesta stagione era interpretato da Luke Grimes, una specie di sosia di Valerio Scanu, qui è stato sostituito da Nathan Parsons, attore che ricorda vagamente Johnny Depp e decisamente più affascinante.




Cosa non ci è piaciuto 

L'insopportabile personaggio di Lettie Mae (Adina Porter) la madre di Tara, cui si spera venga data meno importanza nelle prossime puntate, e i continui piagnistei di Sookie, a cui però, arrivati alla settima stagione, siamo ormai abituati. 


Il momento shock 

[ATTENZIONE SPOILER] Il momento shock della puntata è sicuramente la morte di Tara, che avviene all'improvviso e fuori campo: l'orrore è visto attraverso gli occhi di Sookie che vede la scena da lontano. 


La perla di Pam 




What's next 

Da quanto si è visto, i vampiri-zombi sono chiaramente controllati da qualcuno, che con un fischio li ha richiamati prima che uccidessero tutti gli abitanti di Bon Temps: da chi? James e Lafayette sembrano da subito molto intimi: che il vampiro lasci Jessica per il cuoco del Bellefleur's? La coppia formata da Sookie e Alcide scricchiola da tutte le parti e come se non bastasse Bill non smette di lanciare sguardi languidi alla fata: un nuovo triangolo tormentato è alle porte? Tutto molto bello e simpatico, ma quanto dovremo aspettare ancora per sapere che fine ha fatto Eric Northman?


Voto 3/5


Pubblicato su Movieplayer.

giovedì 26 giugno 2014

The Normal Heart, Ryan Murphy e Julia Roberts raccontano l’AIDS

Il film per la tv diretto da Ryan Murphy e prodotto da Brad Pitt racconta il dramma della diffusione dell’AIDS nella comunità gay di New York nei primi anni ’80. Tratto dall’omonimo testo teatrale di Larry Kramer, vanta un cast stellare, con Julia Roberts, Mark Ruffalo, Matt Bomer e Jim Parsons, e ha fatto incetta di premi ai Critics’ Choice Television Awards 

Taylor Kitsch, Mark Ruffalo, Jim Parsons e Matt Bomer


1981, Fire Island Pine, Long Island. Una spiaggia assolata, una villa arredata con gusto impeccabile, corpi maschili nudi e atletici che si abbracciano con spensieratezza: la liberazione sessuale cominciata negli anni ’60 sembra aver trovato il culmine nella comunità gay americana, che, dopo anni di segreti e bugie, può finalmente godersi la propria identità. Improvvisamente uno di quei bei ragazzi che si gode il sole, Craig (Jonathan Groff), cade a terra stremato. Da qui in poi non ci saranno più spiagge e sorrisi, ma solo interni grigi di anonimi uffici e ospedali di New York: un idillio durato una manciata di anni, oscurato da un male che ancora oggi contagia ogni giorno più di 6000 persone in tutto il mondo.

Comincia così “The Normal Heart, film per la tv diretto da Ryan Murphy tratto dall’omonimo testo teatrale di Larry Kramer e prodotto da Brad Pitt con la sua Plan B per HBO: mostrandoci la bellezza e la spensieratezza di chi finalmente può essere se stesso e di colpo deve tornare a fare i conti con il pregiudizio e la sofferenza. Ned Weeks (Mark Ruffalo), scrittore e giornalista dichiaratamente gay, è uno di quegli uomini sulla spiaggia e da quel giorno vede morire molti dei suoi amici consumati da un morbo sconosciuto e senza nome. Sconvolto dalle morti continue di cui è testimone, Ned cerca risposte e aiuti da governo e istituzioni sanitarie fondando il Gay Man’s Health Crisis, centro che prova a dare un aiuto alla comunità gay di New York per fronteggiare quello che all’inizio è chiamato “il cancro dei gay”. Ignorato dal sindaco e dal governo, Ned trova aiuto in Emma Brookner (Julia Roberts), dottoressa costretta su una sedia a rotelle che cerca di studiare e arginare la malattia, anche lei ignorata dalla comunità scientifica. Il percorso di Ned, fatto di umiliazioni, indifferenza e lotte continue, si fa ancora più difficile quando l’amore della sua vita, il giornalista del New York Times Felix Turner (Matt Bomer), si ammala. 

Mark Ruffalo


Ispirato a fatti realmente accaduti, “The Normal Heart” racconta l’esperienza vissuta da Larry Kramer nei primi anni ’80 a New York, periodo in cui l’AIDS si è diffuso a macchia d’olio prima nella comunità gay e poi anche tra gli eterosessuali. Il protagonista dell’opera Ned, è l’alter ego dell’autore, che oggi si definisce un vero e proprio sopravvissuto: in quegli anni il governo americano si rifiutò di dichiarare lo stato d’emergenza, abbandonando al loro destino migliaia di omosessuali. Soltanto nel 1985, quando il contagio si diffuse anche tra gli eterosessuali e la Big Pharma intuì la potenzialità dei guadagni, il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan parlò pubblicamente di AIDS come una seria minaccia. In quegli anni, senza informazioni sulle modalità di contagio e sull’origine della malattia, un’intera generazione di giovani uomini è stata decimata: ed è proprio per ricordarla che Ryan Murphy ha voluto fortemente portare in tv l’opera di Kramer. 

Matt Bomer


Molto attivo nel trattare il tema gay in tutte le sue opere televisive, come visto in “Nip/Tuck, “Glee” e “American Horror Story” e “The New Normal, Ryan Murphy ha lavorato per cinque anni al progetto, circondandosi di collaboratori e artisti a loro volta impegnati sul fronte dei diritti omosessuali, come i protagonisti Matt Bomer e Jim Parsons, che nel 2011 ha preso parte anche all’allestimento teatrale dell’opera. Proprio il cast artistico è la forza di “The Normal Heart”: il protagonista Mark Ruffalo, che fornisce un’ottima e genuina interpretazione di Ned, caricando su di sé tutta la rabbia della pellicola, è infatti circondato da un gruppo di attori che lo accompagna degnamente in questo viaggio così emotivamente provante. Le stelle dello schermo Julia Roberts e Alfred Molina, che interpreta il fratello di Ned, sono i pilastri intorno cui vediamo brillare diversi talenti televisivi che forniscono una delle loro migliori interpretazioni: Jim Parsons, il celebre Sheldon Cooper di “The Big Bang Theory, qui molto diverso dal divertente fisico cui ha abituato il pubblico, interpreta con delicatezza Tommy, segretario del Gay Man’s Health Crisis e amico di Ned, che non riesce a buttare i biglietti con i contatti degli amici deceduti; Taylor Kitsch, il giocatore di football Tim Riggins in “Friday Night Lights, interpreta con carisma Bruce, presidente del centro che si scontra con Ned criticandone i metodi aggressivi; è Matt Bomer però che fornisce la prova più impressionante. Sempre abbagliante nei panni di Neal Caffrey in “White Collar, o svestito in film come “Magic Mike, Bomer qui affronta un intenso percorso di malattia e sofferenza e, per rendere credibile il progressivo decadimento fisico di Felix, ha perso quasi 20 chili, stravolgendo la sua immagine di star dalla bellezza perfetta. 

Julia Roberts


L’interpretazione di Bomer e la passione di Murphy nel raccontare questa pagina buia di storia non hanno lasciato indifferente la critica americana: il film e l’attore sono infatti stati premiati ai Critics’ Choice Television Awards e Murphy ha vinto il premio Louis XIII Genius Award

“The Normal Heart” è però solo l’ultimo nato in casa HBO che torna a parlare di AIDS e omosessualità: il film per la tv “Behind the Candelabra” di Steven Soderbergh, prodotto lo scorso anno da HBO, affronta gli stessi argomenti attraverso la figura del musicista Liberace, interpretato da Michael Douglas, mentre dieci anni fa sempre HBO firmava il capolavoro “Angels in America, mini serie tratta dall’omonimo testo teatrale di Tony Kushner e diretta da Mike Nichols, che parla in modo surreale del calvario di una coppia gay nell’affrontare l’AIDS, con un cast eccezionale formato da Al Pacino, Meryl Streep e Emma Thompson, e venti anni fa realizzava “And the Band Played On, film per la tv sullo stesso argomento con protagonisti Matthew Modine e Ian McKellen

Un tema dunque quanto mai sentito e attuale nella comunità artistica americana, come dimostra anche il recente trionfo agli Oscar del film “Dallas Buyers Club”, con protagonisti Matthew McConaughey e Jared Leto nei panni di due sieropositivi, entrambi premiati per la migliore interpretazione maschile. Un argomento che non deve essere dato per scontato, dato che ancora oggi 36 milioni di persone in tutto il mondo sono sieropositive e l’AIDS resta un’importante fonte di discriminazione sociale. 

In onda in Italia lunedì 22 settembre 2014 su Sky Cinema 1, canale 301 di Sky, alle 21:10.


Pubblicato su TvZap.

mercoledì 25 giugno 2014

La Regina Elisabetta visita il set di Game of Thrones



È successo davvero.
Per la prima volta una regina vera si è avvicinata all'Iron Throne, quello forgiato dalle mille spade che si arresero a Aegon Targaryen: vestita con uno dei suoi improbabili, e ormai iconici, completi color pastello (per l'occasione la scelta è ricaduta sul giallo canarino) la Regina Elisabetta II di Inghilterra ha visitato il set della serie "Game of Thrones", a Belfast.

Accompagnata dal principe Filippo, duca di Edimburgo, la Regina ha visto i costumi e gli oggetti di scena, ha parlato con gli attori Lena Headey, Kit Harington, Sophie Turner, Maisie Williams e Rose Leslie, interpreti rispettivamente di Cersei Lannister, Jon Snow, Sansa Stark, Arya Stark e Ygritte, e visto il trono.



Chissà l'emozione degli attori dato che sono tutti inglesi.
Le foto sono suggestive, anche se purtroppo la Regina non si è seduta sul trono: avrebbe potuto dare origine alla foto del secolo.



Il tour non è stato di piacere, ma è rientrato nella visita di stato di tre giorni dei reali in Irlanda del Nord. La serie infatti è una grande fonte di guadagno per il paese: le prime quattro stagioni di "Game of Thrones" hanno portato guadagni per 139 milioni di dollari, creato 900 posti di lavoro a tempo pieno e 5700 part time.

Peccato, sarebbe stato bellissimo scoprire che Elisabetta è una fan di Tyrion e compagni (e mi puzza di team Lannister da un chilometro).




Comunque una cosa è certa: sarebbe un avversario temibile per la conquista del Trono di Spade. E per prima cosa farebbe decapitare quel bifolco americano che le ride così sguaiatamente in faccia mentre le mostra gli oggetti di scena. 


martedì 24 giugno 2014

Eddie Vedder canta "Let it Go" di Fronzen al concerto di San Siro a Milano



Frozen sarà anche ambientato in terre fredde e piene di ghiaccio, ma dal suo esordio a Natale 2013 sta continuando a mietere successi inarrestabili, infiammando critica e pubblico: incassi record al cinema, vendite folli di blu-ray, dvd e gadget vari (provate a cercare di comprare un peluche di Olaf al Disney store: va via come il pane ed è quasi sempre introvabile!), omaggi di ogni genere da artisti e fan, e ben due Oscar come miglior film e miglior canzone per "Let it Go".

Proprio la canzone "Let it Go", scritta da Kristen Anderson-Lopez e Robert Lopez, cantata nella versione originale dalla star di Broadway Idina Menzel (in Italia la canzone si intitola "All'alba sorgerò" ed è interpretata da Laura Chiatti), è uno dei più grandi successi del film, diventata ben presto una vera e propria hit scala classifiche.

La popolarità di "Let it Go" è riuscita a travalicare qualsiasi confine tanto da arrivare a essere omaggiata dal più improbabile degli estimatori: lo scorso 20 giugno, durante il concerto allo Stadio San Siro di Milano, i Pearl Jam hanno infatti suonato la loro personale versione della canzone, con Eddie Vedder che è passato con disinvoltura da "Daughter" al brano targato Disney.

Un mashup sorprendente per cui probabilmente bisogna ringraziare le figlie di Vedder, Olivia e Harper Moon Margaret, rispettivamente di 10 e 6 anni.


lunedì 23 giugno 2014

Alexandre Desplat Presidente della Giuria Internazionale di Venezia 71

Alexandre Desplat


Il mistero dietro al programma della 71esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia comincia a dissolversi e la prima notizia che arriva dalla Biennale è molto positiva: quest'anno non sarà un regista o un attore a presiedere la Giuria Internazionale del concorso, ma un compositore e uno dei più stimati e talentuosi del panorama contemporaneo.

Sarà infatti Alexander Desplat il presidente della Giuria.

Il compositore francese, vincitore nel 2007 del Golden Globe per la colonna sonora di Il velo dipinto, e nominato sei volte al premio Oscar, è autore di alcune delle più belle colonne sonore degli ultimi anni.

Tra i suoi lavori figurano le colonne sonore di The Queen, Argo, Philomena, Il discorso del Re, Fantastic Mr. Fox, Il curioso caso di Benjamin Button, La ragazza con l'orecchino di perla, Syriana, Il profeta, L'uomo nell'ombra, Un sapore di ruggine e ossa, Coco avant Chanel, Moonrise Kingdom, Reality, Venere in pelliccia, The Budapest Hotel, Godzilla, Zero Dark Thirty e soprattutto di The Tree of Life, film del 2011 di Terrence Malick.

La Giuria presieduta da Desplat, composta da 9 personalità del cinema e della cultura di diversi paesi, assegnerà i seguenti premi ai film in Concorso:

- Leone d'Oro per il miglior film
- Leone d'Argento per la miglior regia
- Gran Premio della Giuria
- Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile
Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile
- Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente
- Premio per la miglior sceneggiatura
- Premio Speciale della Giuria

La 71esima edizione della Mostra del cinema di Venezia comincia decisamente con il piede giusto. 







sabato 21 giugno 2014

Critics’ Choice Television Award 2014: trionfano Breaking Bad, Fargo e Orange is the New Black

Premiati dai critici anche Jim Parsons e Jessica Lange 



Giunti alla loro quarta edizione, anche quest’anno i Critics’ Choice Awards, i premi assegnati dalla Broadcast Television Journalists Association, hanno decretato il meglio della produzione televisiva americana. 

Per quanto riguarda le serie drammatiche non c’è stata alcuna sorpresa: premiata infatti ancora una volta “Breaking Bad” come Miglior Drama, e Aaron Paul come Miglior Attore Non Protagonista per il ruolo di Jesse Pinkman, confermando la serie creata da Vince Gilligan come uno dei prodotti televisivi più apprezzati degli ultimi anni. 

Matthew McConaughey, dopo l’Oscar e il Golden Globe per la sua performance nel film “Dallas Buyers Club”, prosegue il suo anno d’oro aggiudicandosi il premio come Miglior Attore Protagonista in una serie drammatica grazie al ruolo di Rust Cohle in “True Detective. Migliori Attrici in una serie drammatica Tatiana Maslany per “Orphan Black” e Bellamy Young per “Scandal



Sul fronte commedia e mini serie sono invece arrivate le sorprese: “Orange is the New Black” ha conquistato tre premi nella categoria Miglior Commedia, sbaragliando avversari temibili e consolidati come “The Big Bang Theory”, “Veep” e “Louie” per il titolo di Miglior Comedy, e portando alla vittoria due sue attrici, ovvero Kate Mulgrew, premiata come Miglior Attrice Non Protagonista, e Uzo Aduba, Migliore Guest Star. Nella categoria mini serie “Fargo” ha vinto a sua volta tre premi: Miglior Mini Serie, Miglior Attore Protagonista per Billy Bob Thornton e Migliore Attrice Non Protagonista per Allison Tolman



Tra gli altri premiati: Jessica Lange come Miglior Attrice in una mini serie per “American Horror Story: Coven, Matt Bomer come Miglior Attore Non Protagonista in un film tv per “The Normal Heart” e Ryan Murphy, che ha conquistato il Louis XIII Genius Award


La lista di tutti i vincitori: 

BEST DRAMA SERIES 
Breaking Bad (AMC) 

BEST ACTOR IN A DRAMA SERIES 
Matthew McConaughey, True Detective (HBO) 

BEST ACTRESS IN A DRAMA SERIES 
Tatiana Maslany, Orphan Black (BBC America) 

BEST COMEDY SERIES 
Orange Is the New Black (Netflix) 

BEST ACTRESS IN A COMEDY SERIES 
Julia Louis-Dreyfus, Veep (HBO) 

BEST ACTOR IN A COMEDY SERIES 
Jim Parsons, The Big Bang Theory (CBS) 

BEST MOVIE 
The Normal Heart (HBO) 

BEST MINI-SERIES 
Fargo (FX) 

BEST ACTRESS IN A MOVIE OR MINI-SERIES 
Jessica Lange, American Horror Story: Coven (FX) 

BEST ACTOR IN A MOVIE OR MINI-SERIES 
Billy Bob Thornton, Fargo (FX) 

BEST ANIMATED SERIES 
Archer (FX) 

BEST REALITY SERIES – COMPETITION 
Shark Tank (ABC) 

BEST REALITY SERIES 
Cosmos: A Spacetime Odyssey (Fox/National Geographic Channel) 

LOUIS XIII GENIUS AWARD 
Ryan Murphy 

BEST SUPPORTING ACTRESS IN A COMEDY SERIES 
(a parimerito) Allison Janney, Mom (CBS) Kate Mulgrew, Orange Is the New Black (Netflix) 

BEST SUPPORTING ACTOR IN A COMEDY SERIES 
Andre Braugher, Brooklyn Nine-Nine (Fox) 

BEST SUPPORTING ACTRESS IN A MOVIE OR MINI-SERIES 
Allison Tolman, Fargo (FX) 

BEST SUPPORTING ACTOR IN A MOVIE OR MINI-SERIES 
Matt Bomer, The Normal Heart (HBO) 

BEST GUEST PERFORMER IN A DRAMA SERIES 
Allison Janney, Masters of Sex (Showtime) 

BEST GUEST PERFORMER IN A COMEDY SERIES 
Uzo Aduba, Orange Is the New Black (Netflix) 

BEST SUPPORTING ACTOR IN A DRAMA SERIES 
Aaron Paul, Breaking Bad (AMC) 

BEST SUPPORTING ACTRESS IN A DRAMA SERIES 
Bellamy Young, Scandal (ABC) 

BEST REALITY HOST 
Neil deGrasse Tyson, Cosmos: A Spacetime Odyssey (Fox/National Geographic Channel) 

BEST TALK SHOW 
The Tonight Show Starring Jimmy Fallon (NBC)


Pubblicato su TvZap.

mercoledì 18 giugno 2014

Jersey Boys

Per un pugno di note: Jersey Boys, la storia di Frankie Valli e dei Four Seasons secondo Clint Eastwood

Il regista premio Oscar si cimenta con la trasposizione cinematografica del celebre musical di Broadway scritto da Marshall Brickman e Rick Elice, facendo rivivere sullo schermo la musica e lo spirito degli anni '50 e '60. Nelle sale italiane dal 18 giugno.


Da qualche parte nel mondo esiste sicuramente un ritratto di Clint Eastwood che invecchia al posto del diretto interessato: non si spiega altrimenti come un signore di 84 anni riesca a sfornare un film dietro l'altro non perdendo, quasi mai, colpi, mettendosi costantemente in gioco e sperimentando ogni volta generi differenti tra loro. Dopo i fasti da star del cinema vissuti grazie ai film di Sergio Leone, dal 1971, con Brivido nella notte, il californiano dagli occhi di ghiaccio Eastwood è passato dietro la macchina da presa e da allora non si è più fermato: 37 le pellicole girate fino a oggi, ultima delle quali è American Sniper, con protagonista Bradley Cooper, in uscita il prossimo anno. Prima di vedere Cooper nei panni di un militare della marina americana, tocca però a Frankie Valli e ai suoi The Four Seasons far scoprire al pubblico l'ennesima scommessa riuscita di Eastwood con il suo Jersey Boys.

New Jersey, primi anni '50: Francesco Castelluccio (John Lloyd Young), è un giovane apprendista barbiere italoamericano, con il mito di Frank Sinatra e la passione per il canto; Tommy DeVito (Vincent Piazza) è un criminale pieno di intraprendenza e voglia di vivere: amici fin da ragazzi, i due, insieme alla conoscenza comune Nick Massi (Michael Lomenda), mettono su un gruppo, i Four Lovers, supportati dal gangster locale Gyp DeCarlo (Christopher Walken), boss con un debole per le belle voci. Destreggiandosi tra un colpo e un'uscita di galera, i tre riescono a distinguersi dal resto della scena musicale locale quando incontrano, seguendo il consiglio della futura star del cinema Joe Pesci, Bob Gaudio (Eric Bergen), pianista e compositore. Grazie alla particolarissima voce di Frankie, che si ribattezza Valli, e all'estro di Bob, il gruppo, che ora si fa chiamare The Four Seasons, riesce a entrare in contatto con il produttore Bob Crewe (Mike Doyle) e a solcare la porta del tempio della musica americana di quegli anni, il Brill Building di New York, trampolino di lancio per il loro grande successo.

Criminalità, provincia americana, musica, passione e voglia di sfondare: l'ambientazione di Jersey Boys sembra toccare molte corde del cinema di Martin Scorsese, con i personaggi che parlano direttamente allo spettatore, la musica travolgente e la realtà quotidiana di chi vive la strada pericolosamente. Jersey Boys non è però una versione musical di Quei bravi ragazzi: trovando il giusto equilibrio tra la biografia, il film musicale, la commedia e momenti più drammatici, Eastwood confeziona una pellicola che affronta più generi, tutti accomunati dal ritmo travolgente e dal potere universale della musica. Autore in grado di affrontare generi agli antipodi, dal film di guerra come Lettere da Iwo Jima (2006), a pellicole sulla boxe come Million Dollar Baby (2004), passando per il romantico I ponti di Madison County (1995) fino al tuffo nel soprannaturale di Hereafter (2010), con Jersey Boys Eastwood non si limita al semplice biopic, come già accaduto per Invictus (2009), storia di Nelson Mandela, e J. Edgar (2011), in cui ha parlato del fondatore dell'FBI, ma mette il cinema e i suoi mezzi espressivi al servizio della musica. Da sempre grande appassionato di musica, soprattutto di jazz, Eastwood è stato il musicista country protagonista del suo Honkytonk Man (1981), ha raccontato la storia del sassofonista Charlie Parker in Bird (1988), diretto uno dei frammenti della serie di documentari Blues (2003), progetto voluto da Martin Scorsese, e composto le musiche di molti dei suoi film, come Mystic River (2003) e Gran Torino (2008): non stupisce dunque che il regista californiano abbia voluto raccontare la storia di un gruppo che ha fatto la storia della musica americana.

Affrontando la storia con il suo inconfondibile stile classico, ma ammorbidendo la durezza cui ci ha abituato nelle sue pellicole più drammatiche, Eastwood usa la voce di Valli e dei suoi amici per raccontare un percorso di riscatto personale e desiderio di rivalsa, non facendo l'elogio spassionato di questi artisti (fatto non scontato se si pensa che tra i produttori esecutivi del film figurano gli stessi Frankie Valli e Bob Gaudio), ma presentandoli come esseri umani normali, con i loro difetti, gli errori e le disgrazie che colpiscono chiunque, benedetti però da un talento fuori dal comune e da una forza di volontà in grado di trasformare anche la peggiore delle sofferenze in qualcosa che diventa meno doloroso grazie alla magia che sono in grado di creare. Canzoni immortali come “Big Girls don't cry”, “Walk like a men”, “Rag Doll”, “Sherry” e “Can't take my eyes off you” diventano il faro e lo scopo in grado di riscattare una vita intera, così come lo erano gli incontri sul ring per Frankie Dunn (Hilary Swank) in Million Dollar Baby, il senso di giustizia di Walt Kowalski in Gran Torino e la fede incrollabile nel futuro di Christine Collins (Angelina Jolie) in Changeling (2008): uomini e donne come tutti, in grado però di fare cose straordinarie.

Per raccontare la storia di questi ragazzi del New Jersey, Eastwood ha scelto di ingaggiare il cast originale del musical, aggiungendo al gruppo Vincent Piazza, il Lucky Luciano della serie Boardwalk Empire, nel ruolo di Tommy: una scelta vincente, dato che tutti i protagonisti danno il meglio di sé, sia dal punto di vista recitativo che canoro, essendo stati chiamati anche a cantare in prima persona le canzoni dei Four Seasons. Nota di merito anche per Christopher Walken e Mike Doyle, che, nei panni rispettivamente del gangster DeCarlo e del produttore Crewe, offrono i maggiori spunti comici del film. Per quanto riguarda la regia Eastwood sceglie la via della semplicità, facendo parlare la musica, concedendosi però due momenti da maestro: il carrello verticale che ci porta all'interno del Brill Building e ci mostra come in ogni piano dell'edificio stia nascendo un nuovo genere musicale fondamentale, e la scena finale, in cui viene allestito l'unico vero trascinante numero da musical della pellicola.

Anche se non sarà ricordato come uno dei massimi capolavori di Eastwood, Jersey Boys colpisce nel segno e proietta il pubblico negli anni '50, facendogli sentire il calore dei riflettori del palcoscenico e gli odori delle strade del New Jersey, grazie alla mano sicura e inconfondibile del regista e al groove irresistibile della musica di Frankie Valli e soci. 




La citazione: "Siete i Fous Seasons? Tornate quando sarete neri!"

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥1/2

Uscita italiana: 18 giugno 2014


Titolo originale: Jersey Boys
Regia: Clint Eastwood
Anno: 2014
Cast: John Lloyd Young, Vincent Piazza, Erich Bergen, Michael Lomenda, Mike Doyle, Christopher Walken
Colore: colore
Durata:  134 minuti
Genere: musicale
Sceneggiatura: Rick Elice, John Logan
Fotografia: Tom Stern
Montaggi0: Joel Cox, Gary D. Roach
Musica: Frankie Valli, Bob Gaudio
Paese di produzione: USA
Casa di produzione: Warner Bros.
Distribuzione italiana: Warner Bros.




Pubblicato su XL.
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