Visualizzazione post con etichetta xavier dolan. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta xavier dolan. Mostra tutti i post

martedì 9 dicembre 2014

Mommy – And after all you're my wonderwall

Al suo quinto film il regista 25enne Xavier Dolan firma la sua opera più matura e ambiziosa, in bilico tra emozioni sfrenate e ricercatezza formale, animale dal fascino multiforme e dalla carica seduttiva inarrestabile, vincitrice del Premio della giuria al Festival di Cannes 2014




Diane Després (Anne Dorval) è una mamma single sboccata e irascibile, rimasta sola a occuparsi del figlio quindicenne Steve (Antoine-Olivier Pilon), violento e irrefrenabile come lei ma a livelli patologici. Continuamente in conflitto con gli altri e le istituzioni, Steve non ha amici al di fuori di sua madre, cui è legato da un complicato rapporto di amore e odio, che sfocia spesso in liti furibonde ma che ogni tanto è illuminato da disperati gesti d'affetto. Tra loro si inserisce la timida e balbuziente nuova vicina, Kyla (Suzanne Clément), paziente e silenziosa, il completo opposto di Diane e Steve: grazie a questo terzo elemento, il mondo di madre e figlio sembra trovare un insperato equilibrio. 

A soli 25 anni, il regista canadese Xavier Dolan è una delle voci più energiche e particolari del cinema contemporaneo: autore autodidatta e talento poliedrico (è sceneggiatore, regista, montatore, compositore, costumista e spesso anche attore dei suoi film), Dolan ha una carica vitale quasi animalesca e sovversiva che traspare da ogni sua pellicola, a cominciare da J'ai tué ma mère, folgorante esordio firmato ad appena 20 anni. Come nel primo film, in Mommy, sua quinta pellicola vincitrice del Premio della giuria al Festival di Cannes 2014, Dolan si concentra sul rapporto tra una madre e un figlio, allo stesso tempo soffocati e protetti dal reciproco amore: schiacciati e dimenticati da una società che li tiene ai margini, Diane e Steve vivono in un mondo parallelo in cui nessuno prima di Kyla era riuscito a entrare. Per dare la giusta forma alla sua storia, Dolan sceglie di comprimere i personaggi in un formato insolito, un 1:1 che intrappola i suoi protagonisti come pesci in un acquario, rabbiosi per la mancanza di spazio e ossigeno e continuamente sul punto di esplodere. 

Come il suo protagonista, anche il regista è dotato di una carica vitale e una forza elettrica che si fonde con la sua opera: formatosi da solo, cresciuto in un ambiente culturalmente povero e ispirato dai film della sua infanzia, tra cui ricorda spesso Titanic, Batman – Il ritorno e Mamma ho perso l'aereo, Dolan è un talento puro, che si è accresciuto con la forza della sua voglia di fare e sperimentare, a volte incosciente e forse anche compiaciuta, ma di innegabile carica trascinante. Sincero e generoso dietro e davanti la macchina da presa, Dolan non ha paura di piegare il mezzo alle sue regole, creando un cinema totale cui imprime in ogni aspetto la sua personalità, con una decisione e una naturalezza che sorprendono. 

Bipolare e folle nei temi e nello stile, il regista canadese in Mommy riesce a tenere a bada il suo furore cinematografico senza snaturarlo, firmando una delle sue opere più mature e affascinanti, in grado di spiazzare lo spettatore grazie all'uso delle musiche (straordinario il momento in cui il protagonista ascolta "Wonderwall" degli Oasis e la scena finale sulle note di Lana Del Rey) e a dialoghi frenetici: il regista mette una mano davanti alla bocca del pubblico e allo stesso tempo lo bacia, proprio come il protagonista del suo film, in un gioco di forza tra il sentimento più sfrenato e la ricerca della forma perfetta. 

Primo film del regista distribuito in Italia grazie a Good Films, Mommy è una pellicola sorprendente da seguire e vivere fino all'ultimo tragicomico minuto, così come la carriera del suo giovane regista, che speriamo riesca a domare con sempre maggior maestria il suo talento senza snaturarlo.

Antoine-Olivier Pilon


La citazione: "La vita con Steve è come un salto nel vuoto: non sai mai se cadrai in piedi o sbatterai la faccia a terra"

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥♥1/2

Uscita italiana: 4 dicembre 2014


Titolo originale: Mommy
Regia: Xavier Dolan
Anno: 2014
Cast: Anne Dorval, Antoine-Olivier Pilon, Suzanne Clément
Colore: colre
Durata: 134 minuti
Genere: drammatico
Sceneggiatura: Xavier Dolan
Fotografia: André Turpin
Montaggio: Xavier Dolan
Musica: Eduardo Noya
Paese di produzione: Canada
Casa di produzione: Metafilms
Distribuzione italiana: Good Films





Pubblicato su XL.


venerdì 20 settembre 2013

Diari di Venezia70 PARTE 2: il festival "pieno di piscio e vento". E cervi morti



Ed eccoci alla seconda ed ultima parte dei miei Diari Veneziani: se nel primo capitolo mi sono concentrata sulle cose più frivole e pratiche, ora non avrò alcuna pietà. 
Adesso si fa sul serio: si parla del concorso, dei film, delle conferenze stampa
Della ciccia insomma.
Per parlare dei film e dei temi di Venezia 70 utilizzerò la suddivisione in capitoli che, chi è stato al festival lo sa, è stata una della costanti della Mostra. 
Cercherò di usarne meno di 59, non sono una sadica come Il Tedesco*.

*NOTA: Il Tedesco è una delle tre figure che compongono la Triade Malefica di Venezia70 cui mi sono riferita per tutta la durata del festival. La triade è composta da: - Il Tedesco, ovvero Philip Gröning, il regista di The Police Officer's Wife- Il GrecoAlexandros Avranas, regista di Miss Violence- Il Cinese, che poi non è cinese ma taiwanese, alias Tsai Ming-Iang, autore di Stray Dogs


1. IL PASSAGGIO DI GESTIONE E LA COMPETIZIONE CON ROMA E TORONTO

Da quando è stato istituito il Festival Internazionale del film di Roma, ovvero 8 anni, Roma e Venezia si sono fatte la guerra. 
E Venezia era il festival prestigioso e Roma quello poraccio. 
Venezia serio VS Roma troppo commerciale.
E Roma troppo vicino a Venezia come date.
E.... ora che ho sperimentato entrambi penso che si tratti di una guerra fra poveri.

E' vero, Venezia ha più storia, in teoria dovrebbe essere il festival più importante insieme a Cannes, ma, siccome siamo nell' Italia in cui la cultura è un optional se non un peso, penso che abbia perso molto del vecchio smalto.
Inoltre Roma sarà sicuramente più commerciale, però ha una location migliore e un red carpet che il Lido se lo sogna.
La cosa inquietante è che, almeno per quest'anno, la qualità dei film di Venezia non era tanto diversa da molti dei film visti a Roma nelle passate edizioni. 
Barbera dice che questo è stato il festival "del rischio", delle "scelte scomode", ma secondo me la verità è che c'era rimasto ben poco da scegliere.
Quest'anno a Müller basta davvero poco, a mio avviso, per fare meglio di Barbera.

Perché tra i due litiganti il terzo gode: se dovessi scegliere l'anno prossimo penso che in questo stesso periodo andrei sicuramente a Toronto, altro che Italia.
Molti dei film presentati quest'anno a Venezia sono passati pochi giorni dopo anche a Toronto, e il filmone che doveva sbaragliare la concorrenza, ovvero 12 Years A Slave di Steve McQueen, è andato proprio in Canada, dove ha, ma guarda un po', pure vinto.

"Venice and Rome suck my chocolate salty balls!" *

*Se non l'avete capita sappiate che potreste essere delle persone meglio: supporto tecnologico.


2. LA GIURIA

Io lo sapevo che con Bertolucci in giuria ce scappava la porcata.
Tuonò.

Altro indizio l'aver riesumato dal nulla gente come Virginie Ledoyen.

La meglio era senz'altro la mitica Carrie Fisher, che purtroppo nessuno si è filato perché irriconoscibile. L'ho anche beccata all'Excelsior una volta e stavo per chiederle una foto, poi chi era con me mi ha detto: "No! Conserviamo un bel ricordo di quando era la principessa Leyla e non ora che sembra Jabba!". E mi sono smontata.

"Jabba era popo bono ar forno co' e patate!"


3. LA SIGLA INTRODUTTIVA

Ogni festival ha la sua sigla introduttiva che viene proiettata prima di ogni film.
Considerando che, se volete vivere appieno l'esperienza festival e non affrontarlo come una gita di liceo andando solo in giro a stalkerare attori, festeggiare e bere, dovete vedere almeno 3 film al giorno, quindi la sigla introduttiva diventa la vostra costante nel buio della sala. 
Ovvio che se questa sigla è insopportabile presto diventerà una specie di "cura Ludovico". 
La sigla di Venezia70 ha un'animazione orrenda.
Il rinoceronte è ok, ma il tizio truce che ti imbruttisce alla fine non si può guardare.

Il rinoceronte invece ha qualcosa di mistico: sono ancora convinta che il film di Garrell, La jalousie, sia stato preso in concorso solo perché ad un certo punto mostra una cartina del Lido di Venezia appesa a un muro e una suppellettile a forma di rinoceronte su una mensola. Messaggi subliminali?


"Mi raccomnado non lo guardà a quello che te imbruttisce!"


4. LE PERVERSIONI SESSUALI

Se dovessimo trovare un tema portante di Venezia 70 sarebbero sicuramente le perversioni sessuali: al Lido c'erano anche James Deen, protagonista di The Canyons, e Stoya (questi invece sapete chi sono, eh?! Ve possino!) che lo ha accompagnato, e paradossalmente i due attori porno sono stati i più tranquilli. 
Gli altri film non si sono fatti mancare nulla: umiliazioni fisiche e psicologiche, violenza domestica, evirazioni, gerontofilia, pedofilia, necrofilia... 
Sembrava di essere a un festino di Trimalcione

"Ma che schifo! Questi sono pazzi!"


5. CACCA E PIPI'

Potremmo soprannominare Venezia 70 "Will Scarlet": come il fratello di Robin Hood (quello di Kevin Costner) il festival è stato "pieno di piscio e vento". 

Non sto scherzando: cacca e pipì si sono viste ovunque!

Scott Haze in Child of God ha evacuato praticamente addosso alla telecamera (pulendosi poi con un ceppo di legno...), in Stray Dogs c'è un'inquadratura fissa di 2 minuti sul protagonista che urina in un campo, in Via Castellana Bandiera c'è addirittura un incrocio di flussi di pipì: ma che siamo pazzi?! Non lo sapete che non si devono MAI incrociare i flussi?!
E noi che pensavamo che il ricorrere a gag su cacca e pipì fosse una prerogativa dei Vanzina o al massimo degli Avengers: ah che stolti!

"Ma non vi vergognate?! Pulitevi almeno, cribbio!"


6. I CERVI MORTI

Meno male che gli animalisti non sono anche cinefili sennò avrebbero rotto un giorno sì e l'altro pure. Accanto a perversioni sessuali di varia natura, a Venezia 70 si è visto almeno un cervo morto al giorno: finito con un colpo di pistola in The Police Officer's Wife, scuoiato da Nicolas Cage con un coltellaccio in Joe, investito con la macchina in Night Moves.... Una metafora sottile? O il risultato di diverse generazioni traumatizzate da Bambi?

"Ma perché?! Non vi abbastava?!"


7. IL SADISMO

La cosa più lampante di Venezia 70 è stata una dose massiccia di sadismo: non solo tra i protagonisti dei vari film, ma soprattutto nei confronti degli spettatori.

L'estenuante suddivisione in capitoli di The Police Officer's Wife (59-capitoli-59! preceduti tutti da un cartello di inizio e seguiti da uno di fine!), le interminabili sequenze a camera fissa, viste sia nel Tedesco, nel Greco che, non ne parliamo, nel Cinese-Taiwanese, le angoscianti scene in cui personaggi allucinati guardano in camera e cantano canzoncine irritanti, viste ancora una volta sia nel Tedesco, che nel Greco che nel Cinese-Taiwanese... Perché questo? Perché torturare lo spettatore in questo modo? 

La risposta è arrivata quando, chiedendo a dei colleghi perché pensassero che un film dove ci sono 20-minuti-20! di primo piano immobile di 2 che guardano fissi in un punto fosse un capolavoro, mi sono sentita dire: "Perchè è estenuante!". 
Bene. 
A quanto pare non c'è un sadico senza un masochista.

"15 minuti di uno che stringe un cavolo?! Cazzarola regà, voi state male! Fateve curà!"


8. L'ASSURDO

Di momenti trash e assurdi ce ne sono stati a fiumi in questo festival, ma alcuni sono veramente da gran premio: in Stray Dogs c'è una scena di 15-minuti-15! in cui un uomo prima acceca un cavolo (la figlia povera ci ha disegnato sopra occhi e bocca per renderla un totem sostitutivo della madre, almeno così m'è sembrato di capire n.d.r.), poi lo soffoca con il cuscino, poi lo picchia, poi lo mangia e infine ne abbraccia i resti in lacrime. 
CAPOLAVORO!
Sì, in un film di Bruno Liegi Bastonliegi.

O ancora: l'aliena Scarlett Johansson di Under the Skin è una strana creatura che abborda gli uomini, gliela fa annusare, poi li annega in una misteriosa pozzanghera nera tutti eccitati e insoddisfatti. A un certo punto però l'aliena si incuriosisce, vuole scoprire cos'è questa cosa per cui tutti questi uomini si fanno ammazzare così volentieri, e allora invece di ammazzarlo, l'ultimo tizio se lo porta a letto. Ma, colpo di scena: l'aliena, al contrario del palazzo del cinema, non ha, come hanno esclamato i miei vicini di proiezione, "il buco"! 
La scena in cui l'aliena-Scarlett prende una lampada e, in posizione ginecologica, si controlla in mezzo alle gambe è da Razzie Award.

E infine: Lindsay Lohan che recita in un film porno (The Canyons), scritto da uno che una volta faceva cose come Taxi Driver, in cui sono state tagliate tutte le scene di sesso e sono rimaste solo le scenette di raccordo tra un amplesso e l'altro. Teribbbbile.

"......"


9. LE COSE BELLE

Da quello che ho scritto fino ad ora sembra che a Venezia 70 si siano viste solo cose orribili: non è vero! Ci sono state anche ottime pellicole.

Gravity di Cuaron, fuori concorso, è quasi un capolavoro: sembra proseguire il racconto di 2001 Odissea nello spazio dell'astronauta che si perde nel vuoto, il 3D è funzionale, forse presenta le più belle scene ambientate nello spazio mai viste al cinema e Sandra Bullock, qui additata sempre come la cagna maledetta, si comporta egregiamente. Miracolo!

Die andere Heimat - Chronik einer Sehnsucht di Edgar Reitz: uno dei film più belli visti al festival. Prequel degli altri tre capitoli di Heimat, con il suo splendido bianco e nero, girato con mano sapiente e recitato egregiamente da giovanissimi attori - il protagonista, Jan Dieter Schneider, esordiente, è il mio nuovo mito: mentre girava il film ha trovato anche il tempo di laurearsi in medicina - è stato un viaggio emozionante pieno di suggestioni. 
Questo è il tedesco che ci piace: le quattro ore di durata in questo caso non sono per nulla pesate, a dimostrazione che se chi dirige il film è un artista la pellicola potrebbe durate anche 10 ore. O 25, come il secondo Heimat. 

The Wind Rises, ultimo film di Hayao Miyazaki, è bellissimo, ed era il mio Leone d'Oro.

Tom à la ferme  è ipnotico e affascinante e avrei dato proprio al giovane prodigio Xavier Dolan il Leone d'Argento per la regia.

Philomena di Stephen Frears, anche se non è un classico film da Leone d'Oro, grazie alla sceneggiatura brillante e alla coppia mastodontica formata da Judi Dench e Steve Coogan, è stata una delle migliori pellicole viste a Venezia 70.

Locke, altro film fuori concorso, è un filmone, con un Tom Hardy strepitoso.

Walesa. Man of Hope di Andrzej Wajda, film biografico e storico senza un briciolo di retorica, pieno di ritmo e ben girato, con un protagonista eccezionale, è un'altra pellicola che mi ha colpito, purtroppo anche questa fuori concorso. 

The Zero Theorem di Terry Gilliam con Christoph Waltz. E ci potremmo fermare qui. Grande accoppiata, il film ricorda molto Brazil, ha qualche pecca, soprattutto nella parte centrale dove forse si dilunga un po' troppo, ma alcune trovate e la scena del buco nero sono meravigliose. A me me piace.

Why don't you play in hell? di Sion Sono: capolavoro. Follia totale, cinefilia a mille, ironia, prese in giro di Tarantino come se piovesse. I due capi della Yakuza interpretati  da Jun Kunimura e Akihiro Kitamura sono formidabili, la ragazzina adorabile e lo spot del dentifricio è già un cult. La canzoncina è stata la mia personale colonna sonora di Venezia70.

Fantastico anche il ragazzino protagonista di Joe, Tye Sheridan, che si è, giustamente, meritato il Premio Mastroianni, commovente il fatto che Nicolas Cage sia tornato a recitare alla grande (sempre in Joe) e meravigliosa la bambina di La jelosie di Garrell.

"Ooooh! Meno male và!"




10. LA PREMIAZIONE

E quindi eccoci arrivati alla premiazione.
C'è da dire che me la sono tirata perché appena ho visto il film greco, Miss Violence, con la sua fotografia triste e grigiastra, la regia angusta fatta tutta in interni, le scene di sesso violento, l'argomento scabroso, la metaforona, neanche troppo sottile, "della Grecia stuprata dai suoi padri", ho detto: questo vince.

Quando ho visto pure il tedesco, appena sono riuscita a riprendermi, ho temuto che vincesse qualcosa. 
Ed è andata proprio così.

Il premio a Stray Dogs ci può stare, l'ho inserito nella triade malvagia perché effettivamente richiede impegno, però è diverse spanne sopra agli altri due.

Mi dissocio dai premi all'asse greco-tedesco dunque: hanno premiato due film anche molto simili, nei temi e nella fattura, oltre che brutti.

Per quanto riguarda Elena Cotta è uno scandalo che abbia vinto la Coppa Volpi al posto di Judi Dench, però in effetti la divina Judi ha Oscar e premi in abbondanza, una Volpi in più o in meno non fa differenza per lei.

Per quanto riguarda il Leone d'Oro non sono molto convinta: Sacro GRA è un discreto film, è l'altra faccia della medaglia più scaciata e verace di La grande bellezza di Sorrentino, è un ritratto di molte di quelle fasce sociali di cui non parla nessuno, è un'Italia più nascosta e drammatica, e l'averla portata in luce fa onore al film di Rosi. Però tutto il contesto che hanno montato intorno al film mi sembra poco genuino: dicono che si tratti di un documentario, ma mi è sembrato tutto molto studiato e programmato. La verità poi è che sì, è un buon film, ma l'impressione è che abbia vinto perché la concorrenza non fosse poi così agguerrita.

La verità è questa: a Venezia 70 sono mancati veri leoni (e perdonatemi al battuta facile).
In edizioni passate c'erano Malick, Paul Thomas Anderson, Herzog... quest'anno la gente è stata felice quando ha visto recitare Sandra Bullock! SANDRA BULLOCK!

E, ovviamente, era il mio primo festival di Venezia sul campo.
Che culo.

"Ma chi so' 'sti quattro pezzenti? Puzzano!"

lunedì 2 settembre 2013

Tom à la ferme




Tom (Xavier Dolan) ha fortemente amato Guillaume e vorrebbe quindi condividere il dolore della sua perdita insieme ai parenti di lui. Arrivato alla fattoria dove è cresciuto il compagno, Tom scopre una realtà molto diversa da quella della più aperta e accogliente Montreal: Agathe (Lise Roy), la madre del defunto, ignora la sua omosessualità, mentre il fratello Francis (Pierre-Yves Cardinal), omofobo e ostile, gli fa capire a brutto muso che l'inconsapevole genitrice deve rimanere all'oscuro della vera natura del rapporto tra Tom e Guillaume. 

Straripante, esagerato, coraggioso e pieno di vita: Xavier Dolan, giovanissimo enfant prodige del cinema canadese, a soli 24 anni firma la sua quarta pellicola, riempiendola di sue ossessioni e di voglia di sperimentare. Accanto al tema dell'omosessualità caro al regista, Tom à la ferme mette in scena un vero e proprio incubo a occhi aperti, in cui i desideri frustrati e i fantasmi del passato tornano ciclicamente a tormentare i protagonisti, bloccati in una sorta di sogno pericoloso e allo stesso tempo seducente da cui non riescono, o non vogliono, svegliarsi. Thriller psicologico con suggestioni surrealiste ed elementi horror, il film di Dolan è difficilmente classificabile ed è pronto a stupire il pubblico con la sua forza dirompente e selvaggia, tagliente come le foglie del granturco prima della mietitura. 

Sensuale e inquietante, la pellicola conferma il talento di un giovanissimo astro cinematografico da seguire con attenzione, che dirige, scrive, recita, monta, musica e veste i suoi film, un talento a tutto tondo inarrestabile e vitale che affascina attraverso immagini che vanno a risvegliare le paure e i desideri nascosti in profondità nel subconscio. 

Pierre Yves-Cardinal e Xavier Dolan




La citazione: "C'é qualcuno?!"

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥1/2

Uscita italiana: 


Titolo originale: Tom à la ferme
Regia: Xavier Dolan
Anno: 2013
Cast: Xavier Dolan, Pierre Yves-Cardinal, Lise Roy, Èveline Brochu, Manuel Tadros, Anne Caron, Jacques Lavallée
Colore: colore
Durata: 105 minuti
Genere: drammatico
Sceneggiatura: Xavier Dolan
Fotografia: André Turpin 
Montaggi0: Xavier Dolan
Musica: Gabriel Yared
Paese di produzione: Canada, Francia
Casa di produzione: Sons of Manual
Distribuzione italiana: 

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...