venerdì 26 giugno 2009

Il re è morto

Michael Jackson 29 agosto 1958 - 25 giugno 2009

Citazione cinematografica n. 68

"[su un taxi]
Carrie: Ok le parole sono fondamentali. Dimmi esattamente che ti ha detto.
Charlotte: Ci frequentiamo da un paio di settimane, tu mi piaci molto, ma domani sera dopo cena voglio che facciamo sesso anale.
Carrie: La prossima fermata è tra la 62esima e la Madison.
Charlotte: Dove stiamo andando?
Carrie: A prendere Miranda.
Charlotte: No! No! Ti prego no!
Carrie: Sì, e andiamo a prendere anche Samantha!
Charlotte: Oh Carrie no...
Carrie: Ti serve tutto il sostegno femminile possibile! E io sono in ritardo per il mio drink!
Charlotte: Oh hai ragione scusa...
[...Miranda sale sul taxi]
Miranda: Dipende tutto da quanto ti piace.
Charlotte: Tanto!
Miranda: Tanto da uscirci fino a che non ne arriva uno migliore o tanto da sposarlo e trasferirti in campagna?
Charlotte: Io...io non lo so, non ne sono sicura...
Miranda: E' meglio che ti sbrighi ad esserne sicura!
Charlotte: Mi stai spaventando!
Miranda: Ok...
Carrie: Non spaventarla!
Miranda: E' tutta una questione di dominio: se te lo mette lì ci sarà uno squilibrio di potere e alla fine o vince lui o vinci tu. Allora una scuola di pensiero dice che chi ha l'uccello ha il potere ma... Ehi, oh, pensi a guidare lei! Il problema è: se te lo mette nel culo ti rispetterà di più o ti rispetterà di meno?
Questo è il punto!
Tassista: No, non si fuma qui dentro!
Carrie: Parliamo di farselo mettere nel culo, una sigaretta ci vuole!
[...Samantha sale sul taxi]
Samantha: Davanti, dietro che importa? Un buco è un buco!
Miranda: Posso citarti come esperta?
Samantha: Oh un pò di porta sul retro non farebbe male nemmeno a te!
Charlotte: Io non sono un buco!
Carrie: Tesoro lo sappiamo!
Samantha: Sentite io dico solo che anche quella, anche quella è una parte del corpo che è stata creata per essere sperimentata. Sperimentare è favoloso!
Charlotte: Di che stai parlando?! Io sono andata dalle suore!
Samantha: Senti dico solo che col tipo giusto e il lubrificante giusto...
[il taxi sobbalza]
Tutte: Oh!
Charlotte: E questo cos'era?
Miranda e Samantha: Un assaggio!"

da: Sex & the City, stagione 1 - episodio 4

Cynthia Nixon, Kristin Davis, Kim CattralL e Sarah Jessica Parker


Titolo originale: Id.
Creata da: Darren Star
Anno: 1998 - 2004
Cast: Sarah Jessica Parker, Cynthia Nixon, Kim Cattrall, Kristin Davis, Chirs Noth, David Eigenberg, Willie Garson

giovedì 25 giugno 2009

E' morta Farrah Fawcett

Farrah Fawcett 2 febbraio 1947 - 25 giugno 2009



Malata da tempo, prima di morire ha sposato il compagno da una vita Ryan O'Neal.
Bellezza del piccolo schermo anni '70 - bellezza magra ma dai seni e dalle proporzioni normali, che ci ricordano quanto la nostra epoca sia malata nel volere seni e labbra esagerati su corpi esili- paradossalmente ha dato luogo a uno degli scherzi del destino più inquietanti della storia del cinema.
Barry Lyndon ha sposato una Charlie's Angels e ha dato vita alla storia di Love Story.
Inquietante.

mercoledì 24 giugno 2009

Corti and Cigarettes 2009

All'ombra del Tempio di Adriano la seconda edizione del Festival di cortometraggi di Meltin'Pot


Meltin'Pot ha colpito ancora.
Dopo il successo della prima edizione di “Corti and Cigarettes”, la prima rivista di approfondimento culturale senza pubblicità della capitale è tornata a cercare e scovare i migliori artisti emergenti del panorama cinematografico italiano.
72 corti inviati e 7 finalisti, 2 proiezioni speciali, una giuria interna per selezionare i migliori lavori e una giuria di qualità per decretare il vincitore tra i magnifici sette. Questi i numeri del secondo episodio di “Corti and Cigaretts”, con serata finale sempre a Roma, sempre nel ricercato Caffè Fandango nella suggestiva Piazza di Pietra.

Le cose sono state fatte in grande stile: l'appuntamento era alle 20:30 per un ricco aperitivo all'ombra del Tempio di Adriano a cui hanno partecipato cinefili incalliti, curiosi e volti noti come l'attore Ludovico Fremont, il popolare Walter dei “Cesaroni”, e l'attrice Corinne Cléry, madrina del festival e diva del cinema italiano anni '70 e '80 nonché indimenticabile bond girl di “Moonraker” con Roger Moore.
Soddisfatto gusto e olfatto, cinefili e addetti ai lavori hanno potuto deliziare anche la loro vista con la proiezione dei cortometraggi finalisti.

Ludovico Fremont con gli organizzatori del concorso (foto di Simona Belotti)


Ha aperto le danze il primo dei due corti fuori concorso “Poor baby” (2'30'') di Valentina Caliguri: montaggio da videoclip, forte ispirazione newyorchese e richiami ad Andy Warhol, esplicitamente citato con un volume di foto posto su un tavolino, pellicola in elegante bianco e nero. Una ragazza è ritratta in atteggiamenti “sconvenienti”: va al bagno, rutta bevendo birra e si masturba con un vibratore. Ironica e originale rappresentazione dell'essere femminile che gli uomini e la società vorrebbero ipocritamente nell'apparenza perfetto e quasi inumano. Anche le donne emettono gas.

E' stata poi la volta del primo corto in concorso: “Harry Partch volume 1” (2'30'') di Guglielmo Manenti. Cortometraggio d'animazione folle e visionaria: dimenticate i dolci animaletti disneyani, qui siamo decisamente in un giardino delle delizie di boschiana memoria, in cui strane creature si fagocitano l'un l'altra, l'inizio è mescolato con la fine e il comune denominatore di tutte le strane creature che vediamo sullo schermo è una caffettiera. La caffeina come perno centrale della società contemporanea.

Di tutt'altro tipo il commovente “Il cappellino” (15') di Giuseppe Marco Albano: la malattia è un momento doloroso e difficile nella vita delle persone, ma quando a stare male è un bambino sembra che tutto il mondo sia ingiusto e orribile. Qui grazie ai vivaci colori di un cappello vediamo che la vita è ancora possibile nonostante le sofferenze: negli occhi della piccola Clara finalmente tornata alla vita c'è la speranza nel futuro che la vita a volte ci strappa via. Il tutto accompagnato dalla bella colonna sonora originale di Danilo Caposeno. Nel cast anche Regina Orioli.


Angelo Maggi e Corinne Clèry (foto di Simona Belotti)


Dalla malattia fisica a quella dello spirito: in “Forte debolezza” (5'20'') di Francesco Costantini, Andrea Roncato e Alex Partexano sono due uomini impietriti di fronte all'angosciante peso della routine quotidiana, simboleggiata dalle scale che portano verso casa. Divertente e amaro allo stesso tempo.

Si è continuato con “Anima incompresa” (3'28'') di Erika Fiscella: secondo corto di animazione della serata, disegno semplice e dai toni pastello dall'effetto emozionante. In poche immagini l'autrice ha saputo emozionare lo spettatore immergendolo nel mondo dei non udenti, mondo che per i più è distante, sconosciuto e spesso non capito.
Un lavoro difficile che sorprende per la sua forza.

Temi duri anzi durissimi per “La culpa del otro” (18') di Ivan Ruiz Flores: bianco e nero drammatico, un bambino, una stanza e sua madre. Spastica. Nessun rumore se non i versi quasi bestiali della donna, corpo fuori controllo e anima disperata. Il figlio attraverso un buco nella parete spia la famiglia felice che vive nella casa accanto. Ma tanta normalità è solo apparente. Il regista con immagini crudissime ci pone diversi interrogativi: chi è il vero malato? Chi non avendo nessuna colpa ha avuto la sfortuna di ammalarsi o chi si approfitta della debolezza altrui? L'innocenza è mortificata dal brutto o dalla violenza? E soprattutto: perché nessuno ha il coraggio o la forza di denunciare gli orrendi crimini che quasi ogni giorno vengono compiuti dentro le mura domestiche? Con un'opera quasi straziante il regista ci mette di fronte alla nostra stessa ipocrisia, ipocrisia di chi non vuole vedere certe cose, non vuole ascoltarle e nemmeno ammettere che accadano.
In questo modo le colpe dei padri ricadranno sempre sui figli.
Un corto non facile, crudo, ma per questo anche importante e coraggioso che ha suscitato forti polemiche: ci sono state perfino contestazioni in sala. Segno che ha decisamente centrato lo scopo.


Marco Filiberti e Annamaria Liguori (foto di Simona Belotti)


Si è passati poi al secondo cortometraggio in concorso di Francesco Costantini: “La fiducia” (9'20''). Protagonisti la giovane coppia d'oro del cinema italiano Luca Argentero e Miriam Catania, che qui sono una coppia in crisi tra bugie e sotterfugi in cui non sempre le cose sono come sembrano. Siamo dalle parti dell'ironia amara di “L' ultimo bacio” di Gabriele Muccino.

L'ultimo corto in concorso era “Opinioni” (17') di Claudio Bandelli: ispirandosi a “Coffee and Cigarettes” di Jim Jarmusch, il regista ci pone di fronte a tre episodi – L'autografo, La palestra e Il tradimento – in cui altrettante coppie di ragazzi dissertano riguardo a luoghi comuni del quotidiano di ognuno di noi. Il tutto realizzato con l'aiuto dell'irresistibile accento toscano, terreno fertile per una comicità garbata e divertente, e, tra una birra e l'altra, il regista ci regala anche qualche riflessione interessante. Il corto ha creato anche un simpatico effetto di “citazione nella citazione” visto che “Coffe and Cigarettes” è il film che ha ispirato il nome del concorso organizzato da Meltin'Pot.

La proiezione si è poi conclusa con “Il torneo” (15') di Michele Alhaique: presentato al prestigioso Tribeca Film Festival e vincitore del Nastro d'argento, il corto parla di un gruppo di ragazzini di un quartiere popolare di Roma, in cui il calcio e l'amicizia sono la cosa più importante. Vessati dal bulletto della zona i ragazzi imparano in fretta come va il mondo e devono decidere se essere pecore in pasto ai lupi o lottare per ottenere quello che vogliono. Di vago ricordo pasoliniano, il corto vanta un sorprendente cast di attori-bambini che sono convincenti e coinvolgenti. Fa la sua figura anche Lorenzo de Angelis, doppiatore e attore professionista, nel ruolo del bullo.

Giancarlo Scarchilli con lo staff (foto di Simona Belotti)


Alla fine della proiezione la giuria si è ritirata per assegnare i premi. Giuria composta da: Maurizio Ponzi, di nuovo presidente di giuria per “Corti and Cigarettes”, che vanta collaborazioni illustri con Pasolini, Nuti e autore di fiction di successo come “Il bello delle donne” e “E poi c'è Filippo”; Annamaria Liguori, script supervisor di film cult come “Bianco, rosso e verdone”, “Borotalco” e cuore pulsante della manifestazione; Giancarlo Scarchilli, che di recente ha realizzato “Scrivilo sui muri” con Cristiana Capotondi e Primo Reggiani; Giuseppe Francone, direttore di produzione di film di grandi registi come “Allónsanfan” dei Fratelli Taviani e “I cannibali” di Liliana Cavani; Alfredo Covelli, autore di fiction popolari come “I liceali” e “Piper”; Marco Filiberti, artista poliedrico dai molti talenti, attore, scrittore, cantante e ballerino e da qualche anno anche regista, presto porterà in sala il suo nuovo film “Il compleanno” con Alessandro Gassmann e Piera Degli Esposti; Gian Paolo Cugno, regista siciliano autore di “Salvatore – Questa è la vita”; Valentina Fratini, giovane sceneggiatrice di talento, che vanta anche esperienze dietro e davanti la macchina da presa e Marta Bifano, attrice nel recente “Hotel Meina” e in fiction importanti come “Caravaggio”.


Lorenzo De Angelis e Veronica Lazar (foto di Simona Belotti)


I premi sono stati così assegnati: vincono ex aequo il premio di Miglior Corto “Anima incompresa” di Erika Fiscella e “La culpa del otro” di Ivan Ruiz Flores, che si aggiudica anche il premio per la Migliore Interprete per Montse Ortiz. Miglior Soggetto è stato quello di Giuseppe Carlo Albano e Carla Marcialis per “Il cappellino”.
Un'emozionatissima Erika Fiscella ha ringraziato commossa tutti e lo stesso vale per Albano, che si è detto contento della visibilità che ha ottenuto il suo lavoro, più loquace il portavoce di Ivan Ruiz Flores: che ha spiegato che l'opera e il suo stesso titolo sono una provocazione, quasi nessuno vuole parlare di argomenti difficili e scabrosi e “la colpa dell'altro” è proprio questa. Il portavoce ha poi ribattuto ai rumori e alle contestazioni avvenute durante la proiezione dicendo che il cinema parla attraverso mezzi non comuni ma è sempre frutto del lavoro di molte persone e per questo merita rispetto, qualunque sia l'argomento di cui tratta.
La madrina della serata Corinne Clery, che ha consegnato i premi, ha sottolineato che eventi come questo sono fondamentali per dare spinta e visibilità ai giovani autori che cercano di entrare nel circuito cinematografico e che dare un'opportunità ai giovani è una cosa che la inorgoglisce; lo stesso ha detto Scarchilli sottolineando inoltre la differenza tra il cinema italiano, maestro nel campo della commedia e della poesia, e quello spagnolo più diretto e provocatorio.

Una seconda edizione che ha quindi replicato e superato il successo della precedente, con cortometraggi di qualità notevole e una direzione artistica coraggiosa che non ha avuto paura di mostrare opere dai temi forti e provocatori che spesso non trovano spazio in festival più patinati e meno vicini alla realtà quotidiana.

Un appuntamento da non perdere dunque per il pubblico cinefilo più esigente della capitale che già pregusta la terza edizione per farsi piacevolmente stupire ancora una volta.


Pubblicato su Meltin'Pot.

lunedì 22 giugno 2009

LO.VOGLIO.ORAAA!!!

Il primo luglio in America esce "Public Enemies" di Michael Mann con Johnny Depp protagonista assoluto (stavolta sento proprio odore di statuetta) e già sto rosicando da morire perchè da noi uscirà a Natale...come se non bastasse poche ore fa sono spuntate in rete le prime foto ufficiali del nuovo film di Tim Burton "Alice nel paese delle meraviglie" (questo potrebbe essere il film della mia vita!), sempre con Depp nel cast, che non vedrà il buio delle sale cinematografiche prima del 2010.
L'attesa si fa estenuante (ma chi come me sta aspettando la sesta e ultima stagione di Lost ha imparato a convivere con questa spiacevole sensazione...) anche perchè dalle prime immagini il risultato sembra veramente eccezionale.
Ibernatemi adesso e risvegliatemi direttamente nel 2010






Anne Hathaway è la Regina Bianca



Helena Boham Carter è la Regina di Cuori


Johnny Depp è il Cappellaio Matto


60 volte Meryl


Semplicemente la più grande. Auguri!

sabato 20 giugno 2009

Auguri Nicole!


Dopo averla vista dal vivo (un altro pò mi prendeva un infarto: manco l'apparizione della Madonna mi avrebbe scioccato così!) ed aver toccato con mano la sua gentilezza e luminosità sono ancora più innamorata di quest'attrice superlativa e affascinante.
Nicole ti adorooo!!!
(ok la smetto prima che chiamiate la neuro...)

Meryl Streep

La dea della recitazione.

Viso dai tratti marcati, sguardo intelligente e un sorriso che illumina la faccia più malleabile che il cinema abbia mai visto: è Meryl Streep, la dea della recitazione.



I primi passi


Nata Mary Louise Streep, figlia di padre di origini olandesi e di madre con sangue svizzero, inglese e irlandese, la giovanissima Meryl Streep ha le idee chiare: vuole diventare una cantante d'opera. Raggiunta la maggiore età però rinuncia al suo sogno d'infanzia e, scartata la prospettiva di una carriera d'avvocato, si iscrive al corso di teatro dell' università di Yale.

Suoi compagni di corso sono Sigourney Weaver e Christopher Lloyd.

Fattasi le ossa in teatro, il debutto sul grande schermo arriva, abbastanza tardi per gli standard hollywoodiani, nel 1977: Fred Zinneman la vuole nel suo film Julia, con protagoniste Jane Fonda e Vanessa Redgrave.

Nonostante il piccolo ruolo, la Streep si impone immediatamente come un grande talento, tanto da essere chiamata da Michael Cimino in uno dei film più significativi del cinema americano: Il cacciatore. Grazie a questo film la Streep ottiene la sua prima nomination Oscar, prima di una serie infinita, e stringe un rapporto d'amiciza con Robert De Niro, che la definisce la migliore attrice con cui abbia mai lavorato, e uno d'amore con John Cazale.

Nel 1978 John Cazale muore per una grave malattia e poco dopo l'attrice sposa Don Gummer, uno scultore, con cui è tutt'ora sposata e da cui ha avuto quattro figli.


Meryl Streep in Il cacciatore di Michael Cimmino


Il periodo d'oro


Tra la fine degli anni '70 e gli anni '80 la Streep ha inanellato una serie di successi, ruoli, premi e nomination Oscar da fare impallidire.

Nel '79 è nel capolavoro di Woody Allen Manhattan e recita al fianco di Dustin Hoffman in Kramer contro Kramer, ottenendo il suo primo premio Oscar.

Oscar che raddoppia pochi anni dopo - passando per la pellicola La donna del tenente francese in cui recita insieme a Jeremy Irons - grazie alla sua interpretazione intensa e drammatica in La scelta di Sophie. Ormai è già leggenda.

Negli anni '80 recita in due dei ruoli più amati della sua carriera ovvero la Karen Silkwood di Silkwood, girato da Mike Nichols, e la Karen Blixen di La mia Africa, film imponente e romantico girato da Sidney Pollack, in cui recita con il bello dello schermo Robert Redford.

Nel 1986 è in Heartburn in cui si confronta con Jack Nicholson, altro mostro sacro della recitazione.

Meryl Streep in La mia Africa di Sidney Pollack


Il consolidamento del mito negli anni '90


Gli anni '90 sono segnati da ruoli molto diversi tra loro, grazie ai quali la Streep dimostra di possedere una vastissima gamma di interpretazioni: nel film Cartoline dall'inferno, diretta di nuovo da Mike Nichols, interpreta un'attrice di B-movies e recita al fianco di Shirley McLane e Dennis Quaid; nel surreale La morte tifa bella può dare sfogo alla sua vena comico-grottesca e dà una grande prova accanto a Goldie Hown e Bruce Willis; in I ponti di Madison County, per cui ottiene una nomination agli Oscar, è protagonista di una commovente storia d'amore accanto ad un partner-regista d'eccezione: Clint Eastwood, il duro dei duri, si scioglie di fronte all'intensità della Streep dietro e davanti la macchina da presa; nel '96 ritrova De Niro in La stanza di Marvin, in cui recita anche un giovanissimo Leonardo DiCaprio e nel '99 è nel cast di La musica nel cuore, unico film non horror di Wes Craven, in cui interpreta una violinista. La preparazione dell'attrice è nota per essere al limite del maniacale, ma per questo film la Streep ha superato se stessa: si è esercitata sei ore al giorno per otto settimane per imparare a suonare il violino!


Clint Eastwood e Meryl Streep in I ponti di Madison County di Clint Eastwood


La leggenda


Gli anni 2000 per la Streep hanno dell'incredibile: nel 2002 è una donna omosessuale in The Hours, insieme a Nicole Kidman, Julianne Moore ed Ed Harris e recita nel brillante Il ladro di orchidee, diretto da Spike Jones, per cui ottine una nomination Oscar e vince il Golden Globe.

Nel 2004 è in The Manchurian Candidate, remake del film del '62, al fianco di Denzel Washington, in Lemony Snicket in cui recita insieme all' amico Jim Carrey e nella stupenda miniserie Angels in America in cui interpreta ben quattro differenti ruoli, al fianco del mostro sacro Al Pacino e alla bravissima Emma Thompson.

Ma è il 2006 l'anno fondamentale nella carriera di Meryl Streep: passando per la commedia Prime, in cui recita insieme alla tarantiniana Uma Thurman, è nell'ultimo e commovente film di Robert Altman Radio America, vero e proprio testamento spirituale del grande regista americano, e nella commedia campione d'incassi Il diavolo veste Prada. Grazie a questa pellicola la Streep vince un altro Golden Globe con il quale si assicura la fama di star acclamata non solo dalla critca ma anche dal botteghino.

Grazie a questo strepitoso successo la Streep, alla soglia dei 60 anni, età in cui tutte le altre colleghe finiscono nel dimenticatoio o sono costrette nel ruolo della nonna, può concedersi il lusso di recitare in qualsiasi ruolo: ritrova, 20 anni dopo, Robert Redford in Leoni per agnelli, dà lezioni di stile alle giovani star Jake Gyllenhaal e Reese Witherspoon in Rendition e si lancia nel musical in Mamma mia! dove canta e balla come e meglio di una scatenata ventenne.


Quest'anno l'abbiamo vista negli austeri panni di suor Eloisa in Il dubbio, tratto dal testo teatrale di John Patrick Shanley, in cui recita insieme al grande Philp Seymour Hoffman e per cui ha ottenuto la sua quindicesima nomination Oscar.


Meryl Streep in Il diavolo veste Prada di David Frankel


Con il record di quindici nomination Oscar, di cui due vinti e sei Golden Globes conquistati, è l'attrice con il più alto numero di nomination e premi della storia del cinema. Individuata dalle immense Bette Davis e Katharine Hepburn come loro unica degna erede, amata dai più grandi registi e rispettata dai suoi colleghi attori, Meryl Streep è forse il più grande essere recitante che il grande schermo abbia mai visto.

Umile e determinata, perfezionista fino alla follia, famosa per poter imparare qualsiasi accento ed estremamente sicura di sè - tanto da non aver mai voluto correggere nulla del suo incredibile viso perchè è la tavolozza con cui dipinge le sue splendide tele - la Streep è amata da tutti: addetti ai lavori, colleghi, registi, pubblico e critica.

E oltre la grandissima artista, che perfino Tennesse Williams adorava, c'è anche la donna, piena di vitalità e buon senso: sposata con lo stesso uomo da 30 anni, madre affettuosa di quattro figli, amante della buona cucina e della musica classica.

Con una carriera irripetibile alle spalle e una miriade di interessanti progetti in cantiere, la Streep è la grande e generosa dea di Hollywood.


Pubblicato su MPnews.it

venerdì 19 giugno 2009

Citazione cinematografica n. 67

"Tu trovi che quest'approccio di solito funziona? O lasciami indovinare, non l'hai mai tentato prima. Infatti normalmente non fai approcci alle ragazze, ho ragione? La verità è che sei un ragazzo sensibile e calmo ma, se fossi pronta a correre il rischio, potrei scoprire il tuo lato nascosto: brillante, avventuroso, appassionato, tenero, leale, TAXI!, un po' cattivo e un po' pazzoide ma, ehi, non è questo che intriga noi ragazze?"

da:
Trainspotting


Kelly Macdonald


Titolo originale: Id.
Regia: Danny Boyle
Anno: 1996
Cast: Ewan McGregor, Ewen Bremner, Johnny Lee Miller, Kevin McKidd, Robert Carlyle, Kelly Macdonald, Peter Mullan

lunedì 15 giugno 2009

Il carcere al cinema

Il prison-movie costituisce un genere a sé che racchiude aspetti del thriller psicologico e del film d'avventura raccontati con un sistema di valori esasperato e complesso che si fa metafora dura e violenta della società.


Il tema del carcere è uno di quei particolari soggetti, come la boxe e il road movie, che da sempre affascina il mondo del cinema, soprattutto americano: innumerevoli sono le pellicole aventi come protagonisti detenuti e secondini tanto da fare del prison-movie un genere a sé.
Il fascino dell'argomento è palpabile: l'essere umano schiacciato tra valori assoluti come colpa e pena, privato della libertà, sia fisica che psicologica, solo di fronte alla sua esistenza e ai suoi errori e costretto a ricostruirsi un'identità in uno spazio chiuso che ripete, anche se con sentimenti e azioni amplificate e violente, la società “normale”.
Come ogni genere a sé stante, il film carcerario ha un decodificato sistema di personaggi e situazioni: il protagonista, che può essere innocente o colpevole, il compagno di cella che può rivelarsi un amico fidato o al contrario un temibile aguzzino, i secondini sadici e il direttore del carcere, figura che simboleggia spesso l'autorità pura, cieca e spietata nell'esecuzione della legge.
Personaggi e situazioni sono quasi sempre gli stessi ma diverso è il modo di raccontare la storia, tanto da portare a vari sottogeneri: il più frequente è il tema della fuga, poi quello dell'innocente ingiustamente imprigionato, per arrivare ai detenuti in attesa della pena capitale, a quelli che in carcere sviluppano una personale spiritualità e alla tanto travagliata riabilitazione.


Clint Eastwood in Fuga da Alcatraz


L'evasione


La fuga dal carcere è uno dei temi più affrontati al cinema: il protagonista, innocente o colpevole che sia, è un uomo che affascina per la sua intraprendenza e intelligenza, una sorta di self made man al contrario, che, in un ambiente dove la separazione dei corpi, l'austerità della vita quotidiana, persino la condivisione del cibo sono fonte di frustrazione e mortificazione, è in grado di ricostruirsi uno status sociale e una ragione di vita.
A questo filone appartengono pellicole divenute cult come Nick mano fredda, Papillon, Fuga da Alcatraz e Il fuggitivo: i protagonisti hanno i volti carismatici e l'aura leggendaria di attori di prima grandezza come Paul Newman, Steve McQueen, Clint Eastwood e Harrison Ford.
Volti necessari ad incarnare la vitalità e il fascino di una figura che cattura l'attenzione del pubblico e che alla fine lo costringe a simpatizzare per lui a prescindere dal crimine commesso.
I bad boys al cinema funzionano sempre di più.
Negli ultimi anni anche la tv si è accorta del fascino di questo tema: Prison Break, serie del 2005, mette in scena una spettacolare fuga dal carcere, in cui il protagonista è un genio matematico che si fa imprigionare per liberare il fratello. Qui oltre all'audacia a farla da padrone è la razionalità scientifica che deve scontarsi con la violenza del carcere.

Steve McQueen in Papillon


L'innocente ingiustamente imprigionato e i condannati a morte


Alcune pellicole, piuttosto che parlare di criminali rei confessi e al limite della follia, preferiscono parlare di persone oneste ingiustamente imprigionate: la giustizia diventa un'aguzzina che abbandona i suoi protetti a un destino infernale fatto di umiliazioni e violenze, di pena senza colpa, in cui il protagonista o riesce a superare il suo calvario diventando più forte o si fa schiacciare dagli eventi. Un esempio è Nella città l'inferno, in cui un'ingenua Giulietta Masina viene incarcerata ingiustamente e sottomessa dalla ferocia di una dirompente Anna Magnani.
Un altro tema, prettamente americano, è quello dei condannati a morte: come Nel miglio verde, tratto da un racconto di Stephen King, o nel musical grottesco di Lars Von Trier Dancer in the dark viene affrontato il terribile atto della morte legalizzata, in cui il condannato è presentato come un essere umano terrorizzato di fronte a una pena tanto disumana come la morte.
In Dead man walking, con protagonista Sean Penn, il regista Tim Robbins – volto principale del prison movie per eccellenza Le ali della libertà - condanna nettamente questa pena.

La locandina di Nella città l'inferno


Spiritualità in cella


Alcune pellicole, come L'uomo di Alcatraz in cui il protagonista Burt Lancaster in carcere diventa un esperto e famoso ornitologo, parlano di un aspetto particolare: il detenuto, costretto a rimanere da solo con i suoi pensieri, sviluppa una sua spiritualità, riflette sulle sue colpe e trova una sua dimensione reinventando la propria esistenza. Un tema non facile, ma che cerca di affrontare quello che dovrebbe accadere ad ogni detenuto: riflettere sui crimini commessi e cercare di espiare in qualche modo la colpa.


Burt Lancaster in L'uomo di Alcatraz


La riabilitazione


Il carcere è un'esperienza talmente devastante che lascia indelebili cicatrici in chi l'ha vissuta. Quello che però accade all'uscita dalla prigione è altrettanto difficile.
Non tanto a causa del detenuto, quanto per i pregiudizi che lo accompagnano. Possibilità di lavoro sono scarsissime, qualsiasi “onesto cittadino” è pronto ad additare come mostro l'ex detenuto e affetti e proprietà quasi sempre sono dissolti.
E' proprio qui che lo Stato si mostra più debole, non riuscendo a garantire un dignitoso reinserimento sociale al detenuto. Un tema attualmente di grande interesse come dimostrano le due pellicole uscite quest'anno al cinema: Ti amerò sempre, con una formidabile Kristin Scott Thomas e Giulia non esce la sera, con l'intensa Valeria Golino.
Un argomento complesso, perché spesso l'esperienza in carcere più che rieducare peggiora il comportamento negativo.


Kristin Scott Thomas in Ti amerò sempre


Un filone dunque ricco, che propone sempre nuovi spunti, e che negli ultimi tempi mette in risalto soprattutto il fascino che certi comportamenti asociali e assai discutibili possono suscitare.
In fondo il carcere non è altro che una metafora dell'eterna contrapposizione tra bene e male.


venerdì 12 giugno 2009

Citazione cinematografica n. 66

"Addì' ricchiò!"

da: Ieri, oggi e domani

Sophia Loren


Titolo originale: Id.
Regia: Vittorio De Sica
Anno: 1963
Cast: Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Aldo Giuffrè, Carlo Croccolo, Tina Pica

lunedì 8 giugno 2009

60 volte 1984

"1984" di George Orwell, 8 giugno 1949



"Era una fresca limpida giornata d'aprile e gli orologi segnavano l'una. Winston Smith, col mento sprofondato nel bavero del cappotto per non esporlo al rigore del vento, scivolò lento fra i battenti di vetro dell'ingresso agli Appartamenti della Vittoria, ma non tanto lesto da impedire che una folata di polvere e sabbia entrasse con lui. L'ingresso rimandava odore di cavoli bolliti e di vecchi tappeti sfilacciati. Nel fondo, un cartellone a colori, troppo grande per essere affisso all'interno, era stato inchiodato al muro. Rappresentava una faccia enorme, più larga d'un metro: la faccia d'un uomo di circa quarantacinque anni, con grossi baffi neri e lineamenti rudi ma non sgradevoli."


Più passano gli anni più assomiglia ad una profezia.

Capolavoro assoluto.


L'ultima casa a sinistra


La diciassettenne Mari Collingwood (Sara Paxton) – campionessa di nuoto – in vacanza con i ricchi genitori nella loro solitaria villa al lago, assieme alla sua amica Paige, finisce nelle mani di feroci assassini: Krug (Garret Dillhaunt), suo fratello, la sua donna e Justin, il timido e debole figlio. La banda di delinquenti sottopone le due ragazze ad atroci e sadiche torture fino ad uccidere Paige e a credere di aver ucciso Mari. Nella fuga, messi in difficoltà da un violento temporale, Krug e soci cercano e trovano generosa ospitalità presso i genitori di Mari (Tony Goldwyn e Monica Potter), inconsapevoli dei fatti. Quando trovano la figlia esanime e comprendono l'accaduto i Collingwood organizzano una terribile vendetta non meno violenta e sadica.



Nel 1972 esordì sugli schermi cinematografici americani un regista dalla formazione insolita –Tony Goldwyn e Monica Potter educato in un ambiente religioso, laureato in filosofia alla John Hopkins University e poi regista prima di pellicole porno e poi horror - che avrebbe enormemente contribuito alla crescita del genere horror splatter con il gusto per il sangue e le budella: Wes Craven si conquistò la sua fedele fetta di estimatori ed esordì proprio con “L'ultima casa a sinistra”. Nel film di Craven però la cruda e brutale violenza, il sangue, le atrocità girate in maniera volutamente rozza e quasi sadica, aveva un senso nel contesto di quegli anni: il soffocante puritanesimo e perbenismo della provincia americana in contrasto con gli sconvolgimenti della guerra del Vietnam, i cambiamenti dei costumi sessuali e la sempre più forte emancipazione femminile. Craven realizzò “L'ultima casa a sinistra” volendo omaggiare il suo regista preferito, Ingmar Bergman, trasformando e stravolgendo il suo film “La fontana della vergine”.



Questo remake di quasi quarant'anni dopo non ha nulla né della raffinata introspezione psicologica di Bergman, né dell'effetto novità del film di Craven. Come già successo a “Le colline hanno gli occhi”altro film del regista americano, qui ci troviamo di fronte ad una pura e semplice operazione commerciale che cerca in mancanza di idee di ripetere il successo di pellicole già collaudate. La pellicola si limita quindi alla rappresentazione di una serie infinita di torture e violenze messe in atto con i mezzi più disparati - pistole, coltelli, spranghe di ferro, arpioni, uncini, asce e chi più ne ha più ne metta, compreso l'uso improprio di un...forno a microonde – provocando nello spettatore nausea e rifiuto senza comunicare altro. Il regista Iliadis certamente strizza l'occhio all'estetica tarantiniana di Kill Bill ma non ne ha l'ironia e la potenza visiva e immaginifica.
In definitiva uno splatter horror di serie B da programmarsi al massimo in seconda serata su Rete 4.


La citazione: "Lo so. Dobbiamo scappare. Il che significa che dobbiamo essere pronti a tutto. Dobbiamo essere pronti a fare qualsiasi cosa. Mi hai sentito?"

Voto:

Uscita italiana: 14 agosto 2009

Pubblicato su Cinema4stelle.it

domenica 7 giugno 2009

La popolarità è donna

E' da poco uscita la classifica di Forbes delle 100 celebrità più potenti e influenti del mondo.

E quest'anno c'è una grossa novità.
Il podio è composto da 3 donne e non solo, le prime 10 posizioni hanno una forte presenza femminile.
Una cosa mai successa anche per classifiche di questo tipo dove i personaggi maschili spadroneggiavano alla grande.GiustificaSperiamo che sia il punto di partenza per cose più importanti, tipo a quando una scienziata o una scrittrice o una donna d'affari nella lista delle donne più rilevanti?

Curiosità: La classifica è molto eterogenea per sesso, colore della pelle ed età. Guardando questa lista sembrerebbe che il mondo, l'America soprattutto, sia un luogo fantastico dove la multiculturalità e la tolleranza sono la regola. Sarà l'effetto Obama? Qualcuno lo dica a Calderoli per picere.
La capolista è proprio l'attrice che ho ricordato pochi giorni fa in occasione del suo compleanno, eh sì la Jolie spacca proprio!
Nella top ten ci sono anche la Aniston e Brad Pitt: questo è il triangolo più famoso della storia!

Ecco la top 10 del 2009:

1) Angelina Jolie



2) Oprha Winfrey



3) Madonna




4) Beyonce



5) Tiger Woods


6) Bruce Springsteen

Grassetto
7) Steven Spielberg



8) Jennifer Aniston


9) Brad Pitt



10) Kobe Bryant


Se mai facessi una cosa del genere uccidetemi!

Qualche giorno fa è stato lanciato il trailer del secondo capitolo della saga di Twilight, New Moon, nell'ambito degli Mtv Movie Awards, dove la pellicola ha vinto come Best Picture dell'anno (nella cinquina c'era anche Il Cavaliere oscuro, ma vi rendete conto?!), Migliore Attrice Protagonista, Migliore Attore, Bacio, carta da parati....Insomma gli adolescenti americani hanno espresso il loro amore per questa serie una volta di più.

Una cosa che va di moda da qualche anno a questa parte nel mondo internettiano gggiòvane è quello di riprendere le "reactions" a qualsiasi cosa.
Beh qualche ragazzina americana si è ripresa mentre mandavano l'anteprima del trailer di New Moon.

Vi posto di seguito il trailer del film e la reazione.

Se mai mi vedeste fare anche solo la metà di quello che fanno 'ste decerebrate vi prego uccidetemi!




sabato 6 giugno 2009

Citazione cinematografica n. 65

"- Billy, posso chiederti quali sensazioni provi quando danzi?
- Non so, all'inizio sono un po' rigido. Ma dopo che ho iniziato, mi dimentico qualunque cosa ed è come se... come se sparissi. Come se dentro avessi un fuoco. Come se volassi. Sono un uccello. Sono... elettricità. Già, elettricità."

da: Billy Elliot

Jamie Bell


Titolo originale: Id.
Regia: Stephen Daldry
Anno: 2000
Cast: Jamie Bell, Julie Walters, Jean Heywood, Jamie Draven, Gary Lewis, Stuart Wells

giovedì 4 giugno 2009

A New Beginning

Era pronto.

David Carradine
8 dicembre 1936 - 3 giugno 2009

Auguri Angelina


Auguri alla stupenda Angelina Jolie che oggi compie 34 anni.
E' vero: forse troppo vip, troppo finta ribelle nei primi anni di gioventù e ora troppo politically correct con tutti questi figli adottati in mezzo mondo...
Troppo promiscua prima e troppo coppietta perfetta con Brad Pitt ora.
Sicuramente troppi tatuaggi per i miei gusti e forse troppe labbra, ma quando avevo 14 anni la adoravo e mi sono innamorata di lei grazie a Ragazze interrotte.
Poi è diventata Lara Croft e mi è piaciuta lo stesso.
Poi ha fatto un sacco di cazzate fino a Changeling.
E lì si è riaccesa fortissima la passione.
Che piaccia o non piaccia, secondo me resta sempre un'ottima attrice, quando vuole, molto espressiava, nonstante i ritocchi, e molto intensa.
Insomma auguri Angelì!!!

martedì 2 giugno 2009

Marilyn Monroe


1 giugno 1926 - 5 agosto 1962

Oggi avrebbe compiuto 83 anni.
Forse si sarebbe imbottita di silicone come tante colleghe.
Forse sarebbe diventata un'attrice apprezzata, rispettata e premiata.
Forse si sarebbe ritirata a vita privata per non mostrare al mondo la decadenza della sua bellezza.
Invece il destino ha voluto preservarla dalla vecchiaia e da una vita lunga cristallizzando per sempre la sua figura bellissima e malinconica.
E allora come non ricordare ancora Marilyn la più divina e immortale delle dive.
Auguri a te!

lunedì 1 giugno 2009

Coco avant Chanel - l'amore prima del mito

La rivoluzione nelle gonne

Prima dei leggendari tailleurs e tubini neri, prima delle ambitissime borsette e dei profumi indossati dalle dive c'era una ragazza abbandonata dal padre e costretta ad arrangiarsi tra lavoretti di sartoria e fumosi cabaret, che capì per prima che le donne avevano il diritto di portare i pantaloni.





Il nome e il marchio Chanel sono diventati sinonimo di eleganza e moda.

Quando si pensa all'alta moda forse è il primo nome che viene in mente e non c'è donna che non subisca il fascino delle creazioni di questa storica maison.

Ma quando si parla di Chanel non si sta parlando semplicemente di vestiti: si parla di uno stile di vita, di un modo diverso di concepire la donna e la femminilità che ha contribuito enormemente all'emancipazione delle donne.

Intrappolate in bustini che non permettevano loro di respirare, oppresse da cappelli ricchi di piume e lustrini, impossibilitate a correre e muoversi secondo i loro desideri, le donne fino ai primi anni del '900 non erano nulla più che begli ornamenti per il piacere degli uomini.

L' abbigliamento rispecchiava dunque il loro ruolo sociale.

Di questa condizione se ne accorse prima di tutti una ragazza francese dalle modeste origini, orfana di madre e abbandonata in un orfanotrofio dal padre venditore ambulante, costretta a fare umili lavori da sartina e a cantare in squallidi cabaret per sopravvivere.


Audrey Tautou

Gabrielle Bonheur Chanel non lo sapeva ancora ma con il suo forte temperamento e la sua grande intelligenza avrebbe fatto fare un enorme passo avanti alle donne delle future generazioni.

Prima orfana, poi sartina, cantante di cabaret e amante di ricchi uomini, Chanel seppe cogliere il desiderio di indipendenza ed emancipazione delle donne, liberandole da quella divisa sociale che le relegava a semplici ornamenti. Ecco quindi che i suoi vestiti dalle linee semplici ed eleganti, dalle gonne corte, senza fronzoli e dai colori sobri sono diventati un mito e un punto di riferimento che si è tramandato fino ai nostri giorni.

E a compiere questa rivoluzione - Chanel è stata una delle prime donne a portare i pantaloni - non poteva che essere una donna costretta dalla vita a rendersi conto che non si può dipendere dagli altri per vivere, ma si deve lavorare ed essere indipendenti così da poter essere padroni del proprio destino.

Il film di Anne Fontaine cerca quindi di mettere in luce proprio questo: le esperienze che hanno forgiato la personalità così singolare e dirompente che tutti noi conosciamo.

Risulta quindi appropriata l'idea di concentrarsi non sui successi della famosa stilista, ma sulla sua infanzia e giovinezza, dagli anni dell'orfanotrofio fino all'apertura del suo primo negozio. Il lavoro fatto dalla Fontaine è accurato e interessante, vediamo infatti come Chanel abbia preso spunto per i suoi abiti dalle esperienze delle sua vita: il tweed e il jersey, tessuti che diventeranno il caposaldo dei suoi tailleurs, le sono stati ispirati dall'imprenditore inglese e suo grande amore Boy Capel, o come le famose bluse a righe provengano dai pescatori incontrati la prima volta che ha visto il mare. Si può dire che Chanel è stata la prima a mettere la sua vita nelle proprie creazioni e forse l'unica che ha dato una parte della sua anima e del suo essere alla moda.


Alessandro Nivole e Audrey Tautou

Audrey Tautou che dà volto e corpo alla stilista è perfetta nel ruolo: magrissima, ironica e orgogliosa allo stesso tempo, misurata ed elegante nei gesti. A farle da spalla altri due ottimi attori: il francese Benoit Poelvoorde è perfetto nel ruolo del barone Balzan, l'amante di Chanel che la sostenne economicamente per anni, e Alessandro Nivola veste bene i panni di Boy Capel, grande amore della stilista che la spinse a rendersi indipendente e ad aprire il suo primo negozio.

Ottima anche la ricostruzione degli arredi e la ricercatezza dei vestiti.

Unica pecca della pellicola è un ritmo forse poco sostenuto in alcuni punti che potrebbe provare chi non è molto interessato alle vicende della stilista, ma la scelta di seguire in punta di piedi le vicende della giovane Coco non è così deprecabile ed evita di scadere nel melodrammatico.

Di grande impatto la scena finale, quasi onirica: la Chanel degli esordi vede sfilare davanti a sé alcune delle sue creazioni più significative che hanno segnato tutto il '900.

E in quegli occhi a metà tra la soddisfazione e la malinconia c'è tutto un mondo femminile che forse è incomprensibile agli uomini ma che per le donne è insieme una vittoria e un senso di amarezza.

La citazione: "L'unica cosa interessante dell'amore è fare l'amore, peccato che ci voglia un uomo!"


Voto: ♥♥1/2

Pubblicato su Meltin'Pot.


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