L’attore romano torna alla fiction nel ruolo di Giorgio Ambrosoli, avvocato ucciso per la sua opera di commissario liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona, con Qualunque cosa succeda. La miniserie tratta dal libro scritto dal figlio di Ambrosoli, Umberto, presentata in anteprima al Roma Fiction Fest alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
A tre anni di distanza dal suo ultimo impegno televisivo e dopo essere stato diretto da alcuni dei più grandi registi contemporanei, come Ron Howard, Pierfrancesco Favino torna a lavorare alla fiction grazie a Qualunque cosa succeda, opera sulla vita e l’omicidio dell’avvocato e funzionario dello Stato Giorgio Ambrosoli, ucciso l’11 luglio del 1979 per la sua opera di commissario liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona, tratta dall’omonimo romanzo scritto dal figlio Umberto.
La fiction Rai diretta da Alberto Negrin, con cui Favino ha già lavorato in precedenza in prodotti come Gino Bartali – L’intramontabile, vede nel cast anche Massimo Popolizio, Roberto Herlitzka e Anita Caprioli, ed è stata presentata in anteprima al Roma Fiction Fest, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del presidente del Senato Pietro Grasso e del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.
Cosa ti ha convinto ad accettare questo ruolo e come è stato lavorare con la famiglia di Ambrosoli presente spesso sul set?
Con la famiglia di Ambrosoli ho avuto molto pudore: non ho mai chiesto loro nulla che non fosse scusarmi per essermi permesso di entrare a casa loro e fare questa cosa. Ovviamente loro sono il mio primo pubblico. Quando mi è stata offerta la serie sono stato orgoglioso e mi ha anche dato la possibilità di lavorare di nuovo con Alberto Negrin, con cui avevo già lavorato altre tre volte, quindi con la certezza che avremmo realizzato un prodotto che sarebbe piaciuto prima di tutto a noi e spero quindi anche al pubblico.
Come ti sei preparato?
Come sempre, cercando di avvicinarmi il più possibile all’idea che mi sono fatto di quest’uomo. Inoltre è stato fondamentale leggere il libro scritto da Umberto Ambrosoli, il figlio di Giorgio, da cui è tratta questa storia. Così come per il mio film Senza nessuna pietà, in cui per interpretare al meglio il personaggio ho preso venti chili, così qui ho studiato che tipo di corpo e voce avesse Ambrosoli: cosa non facile perché ci sono pochissimi video ufficiali su di lui, ho dovuto studiare principalmente un documento di una televisione svedese. Ho studiato anche le foto e le interviste. Interpretarlo per me è importante perché porta con sé un valore fondamentale, quello della giustizia, che soprattutto in questo paese va ricordato.
Questa sera alla prima c’è il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: al funerale di Ambrosoli invece non si presentò nessun rappresentante delle istituzioni. Quanto è importante che il presidente sia qui oggi?
Personalmente sono molto onorato dalla presenza del presidente. Spero che quell’episodio sia legato a un passato storico ormai lontano. Credo che all’epoca non si siano presentati per vergogna e forse per connivenza. Realizzare questa fiction è anche un modo per ricordare Ambrosoli e rendergli giustizia.
Secondo te è vero quello che dice il direttore del Roma Fiction Fest Freccero, ovvero che la televisione è il nuovo cinema?
La differenza secondo me sta ancora nel mezzo di fruizione: al cinema sei davanti a uno schermo enorme che non è il tuo, che ti sovrasta e ti costringe a stare con il naso in su, per arrivarci sei uscito di casa, hai parcheggiato, hai comprato un biglietto, le tue aspettative e il rapporto con quello che vedi sono completamente diversi. Quando vedi qualcosa in tv invece sei sul tuo divano e guardi uno schermo che hai comprato tu, quindi è come se il rapporto con quello che vedi fosse più familiare. Detto questo oggi la tv, e per fortuna anche da noi, ha un respiro che spesso il cinema in questo momento non riesce più ad avere.
Quindi cosa preferisci tra cinema e tv?
Cinema, tv, teatro, radio: perché mi devo dare un limite? Mi diverto a fare tutto e anzi cambiando mi metto alla prova.
Le guardi le serie tv? Ne segui qualcuna in particolare?
Ho visto tutto True Detective che è scritto in una maniera straordinaria, Lost mi ha colpito moltissimo, Boardwalk Empire anche è meravigliosa e mi è piaciuta molto Gomorra.
In questo momento sei anche al cinema con il film Senza nessuna pietà: c’è un filo narrativo nelle tue scelte?
Sono due storie diverse: in questa fiction interpreto un uomo realmente esistito e nel film uno di finzione, ma entrambi sono accomunati dal fatto che lottano fino in fondo per quello in cui credono e che ritengono giusto, quindi sono in qualche modo portatori di speranza. Questo è un aspetto a cui tengo molto e credo che faccia avvicinare il pubblico alla storia raccontata.
Tu hai lavorato molto all’estero: trovi differenze con l’Italia?
Tranne forse il batticuore all’inizio di una ripresa, soprattutto quando ti trovi a lavorare accanto a persone che hanno vinto un Oscar, onestamente non c’è tutta questa differenza in quello che accade nel lasso di tempo tra la parola azione e la fine di una scena.
Pubblicato su TvZap.
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