mercoledì 29 ottobre 2008

Festival Internazionale del Film di Roma – Incontro con Viggo Mortensen


E’ difficile definire Viggo Mortensen.
Attore, musicista, fotografo, poeta, intellettuale amante della letteratura a tal punto da fondare una sua casa editrice per scrittori non convenzionali che non riescono a far pubblicare i propri lavori.
Eppure questo artista così poliedrico e interessante ha impiegato vent’anni per ottenere il riconoscimento unanime del proprio talento e la fama internazionale.

Attore belloccio nei primi anni novanta (piccole parti in “Carlito’s Way”, “Il delitto perfetto” e “Ritratto di signora”) poco stimato dalla critica, Mortensen ha ottenuto la grande popolarità grazie alla mastodontica trilogia di Peter Jackson “Il Signore degli anelli”.
Da allora la sua carriera ha completamente cambiato rotta: ruoli impegnati e intensi, fino agli ultimi due film girati con David Cronenberg (“A History of Violence” e “La promessa dell’assassino”), che l’hanno consacrato come uno degli attori più completi e interessanti degli ultimi anni.

E’ leggendaria ormai la storia della sua intensa preparazione di ogni personaggio, grazie a cui riesce a trasformarsi completamente in ogni film, non apparendo più sullo schermo come Viggo Mortensen, ma come il personaggio che sta interpretando.

All’incontro del Festival di Roma Mortensen a tal proposito ha detto di non seguire un vero e proprio “metodo” da Actor’s Studios – a cui non riuscì ad accedere – e di preferire lo studio della psicologia del personaggio, il chiedersi sempre che cosa accade prima della pagina uno della sceneggiatura e il trovare internamente la forza di quel particolare ruolo.
Anche perché secondo l’attore: “Per rendere reale uno schiaffo non bisogna schiaffeggiare realmente l’altro attore: siamo attori, è il nostro mestiere, dovremmo essere in grado di rendere credibile una scena di violenza. Dare realmente un pugno a un collega per farlo sembrare vero è da dilettanti”.

Viggo Mortensen (foto di Valentina Ariete)


Molto interessante è il pensiero dell’attore circa il fulcro di ogni dramma: secondo Mortensen la cosa essenziale in un’opera, e anche nella vita, è quel momento in cui una persona comprende che le cose non sono come sembrano, ed è quello che farà, o non farà, dopo questa presa di coscienza che dà un senso e una dignità a quel personaggio.
La vita come una continua ricerca e viaggio personale, in cui, secondo l’attore, nonostante i dolori e le sofferenze non siano evitabili, bisogna sempre andare avanti e fare qualcosa, per quanto piccola possa essere.
In linea con questo pensiero la risposta data a uno spettatore che ha chiesto come si fa a diventare attori: “Non si deve mollare mai!”.

Oltre ad apprezzare il Mortensen artista, il pubblico ha potuto scoprire alcune passioni dell’attore: quella per i cavalli (ha infatti comprato tutti i cavalli con cui ha lavorato nel “Signore degli anelli” e quello di “Hidalgo”), per le lingue straniere (parla il danese, lo spagnolo e capisce anche l’italiano) e per il calcio, su cui si è lasciato sfuggire un apprezzamento per la Roma e soprattutto per Francesco Totti: “Un grandissimo giocatore che rispetto molto”.

Un Viggo Mortensen estremamente umano quello visto al Festival di Roma, gentile con tutti e sempre disponibile con fan e addetti ai lavori, che ha dimostrato che si può essere un grande artista essendo anche un grande uomo.


Pubblicato su Cineforme.

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