lunedì 21 luglio 2014

Gomorra, Marco D’Amore e Salvatore Esposito: ‘L’arte deve essere pronta ad assumersi dei rischi’


Ospiti del Giffoni Film Festival, i protagonsiti della serie Sky ci hanno parlato dei loro progetti futuri e di come l’arte in Italia spesso non sia più pronta a prendersi dei rischi 




Felici del grandissimo successo di “Gomorra La serie, serie tv in dodici puntate diretta da Stefano Sollima, scritta sotto la supervisione di Roberto Saviano e prodotta da Sky e Cattleya, Marco D’Amore e Salvatore Esposito, interpreti rispettivamente di Ciro Di Marzio e Genny Savastano, hanno incontrato il giovane pubblico del Giffoni Film Festival dove sono stati chiamati per presenziare una masterclass sul mestiere dell’attore. 

Nessun imbarazzo anche di fronte all’inevitabile domanda sul recente scandalo del pizzo pagato dalla casa di produzione Cattleya per poter girare nella villa di un vero boss: “È un argomento che non rientra nel mio lavoro, io faccio l’attore e quindi solo quando capirò bene la situazione potrò commentare – ha detto D’Amore, che ha continuato -. Non esprimo giudizi e opinioni. Non parlo su ipotesi e illazioni. Trarrò le mie conclusioni a tempo debito quando saprò”. Della stessa opinione anche Esposito: “Avete di fronte due attori della più bella serie televisiva mai fatta in Italia, non tanto per contenuti quanto per qualità artistica: io mi concentrerei su questo”. 

Della forza e della qualità di “Gomorra La serie”, venduta in oltre 60 paesi e accolta con entusiasmo da pubblico e critica, gli attori sono dunque consapevoli: “Il successo della serie è dovuto alla qualità del prodotto – dice Esposito, che spiega -. Per la prima volta in Italia si è realizzata una serie dal respiro cinematografico, che non a caso è stata venduta in tutto il mondo ed è stata accostata a prodotti americani di livello come “The Wire” e “Breaking Bad. E non solo: abbiamo avuto anche una troupe, un gruppo di lavoro e una distribuzione eccezionali, che hanno fatto la differenza”. Per D’Amore invece il successo della serie non è dovuto solo alla sua ottima fattura: “È assurdo pensare che Gomorra sia solo un luogo geografico: è un luogo della coscienza con cui dobbiamo fare i conti e che non appartiene solo all’Italia, ma appartiene anche ad altri luoghi, come il Sud America e così via”. 

I due attori hanno detto la loro anche sulle critiche mosse da chi ha accusato la serie di voler fare di personaggi negativi degli eroi: “Genny e Ciro sono personaggi negativi ma non sono eroi e non è mai stata nelle intenzioni fare una serie in cui questi personaggi fossero rappresentati come eroi ” ha detto diplomaticamente Esposito, più severo invece D’Amore: “Sky si è assunta dei rischi sia per quanto riguarda l’opinione pubblica, sia la critica, sia le dinamiche ambientali, cosa che ormai in pochissimi hanno il coraggio di fare in Italia: è svilente parlare di cultura e arte continuando a dividere in buoni e cattivi. Basta pensare alle opere di Shakespeare in cui molti protagonisti sono negativi: svegliamoci, che qui invece di progredire si va indietro”. 

Parlando del suo personaggio, Ciro, D’Amore ha rivelato: “Io ho fatto un percorso insieme al mio personaggio, provando ad astenermi da pregiudizi: in questa macchia nera di violenza e cattiveria sono riuscito comunque a trovare sprazzi di gentilezza, amore e umanità tali da arrivare a chiedermi se nella mia vita riuscirò mai a vivere emozioni con questa intensità. L’analisi di questi personaggi non è così scontata”. Sempre sul tema della positività, Esposito ha voluto dedicare un pensiero alle persone conosciute durante i giorni delle riprese: “La cosa che mi ha stupito è stata la gentilezza e la gratitudine trovate sul territorio, cosa che purtroppo non ha fatto notizia: abbiamo girato a Ponticelli, Secondigliano, Scampia e ovunque la gente ci ha sostenuto, ci ha offerto caffè e ci ha incoraggiato. Questo come attore e come persona mi ha commosso perché vuol dire che non è tutto marcio”. 

Parlando di giovani e speranze, D’Amore ha esortato i più piccoli a studiare: “Io ho dedicato la mia vita allo studio, per cui ho fatto tanti sacrifici: sono andato via di casa a 18 anni, perdendomi tutte le belle feste in famiglia e lavorando per pagarmi gli studi. Richiede sacrificio ma ne vale la pena”. 

Gli attori hanno poi parlato dei loro progetti futuri e della paura di rimanere legati per sempre a questi personaggi: “È un problema che non riguarda noi” ha detto D’Amore, che ha continuato: “Ho fatto un percorso molto diverso: vengo da anni di teatro, avevo 20 kg in più, avevo la barba lunga, i capelli, i capelli! Quindi ho cambiato completamente il mio aspetto e il mio modo di recitare per interpretare questo personaggio. Infatti tornerò a interpretarlo nella seconda stagione ma sto facendo anche altro: girerò il mio terzo film con Cupellini, ho appena finito un film con Zingaretti e poi con mio fratello stiamo scrivendo e producendo un film sulla tragedia dell’eternit in Piemonte: gireremo a Casale Monferrato”. Più ironico Esposito: “Il mio primo progetto è quello di pagare le tasse! Poi penso che tornerò a fare i panini al McDonald’s! Nella serie ho praticamente interpretato due personaggi diversi, cosa che in Italia non succede quasi mai, quindi spero che questa possa essere una bella presentazione per il futuro, anche se in effetti ora le proposte che arrivano sono quasi tutte legate a camorra e criminalità: è un limite del cinema italiano. Anche io ho dei progetti ma ancora non so quali”. 



Marco, sei rimasto sorpreso del successo avuto dal tuo personaggio nonostante presenti molti aspetti negativi?


Marco D'Amore: "Ciro per me non è un personaggio negativo: il personaggio è il racconto di un'umanità che è fatta di tante cose. Non sono abituato a tagliare con l'accetta mettendo da una parte i buoni e dall'altra i cattivi. Ciro è una biografia amara del nostro paese con cui bisogna fare i conti. Personalmente lo ritengo un personaggio che mi ha insegnato moltissimo, anche perché per mio interesse personale ho sempre amato personaggi macabri della letteratura teatrale, penso per esempio al Macbeth di Shakespeare, quindi ho una fascinazione verso quel lato oscuro che credo faccia parte anche di me".

Salvatore Genny, il tuo personaggio, ha un’evoluzione quasi shakespeariana: come è stato lavorare su un personaggio del genere che poi ha avuto anche questo riscontro enorme nel pubblico? 

Salvatore Esposito: “Essendo questo il primo progetto importantissimo cui ho partecipato, il mio orgoglio è stato prima di tutto quello di essere uno dei protagonisti. Una soddisfazione ancora maggiore è stata quella di interpretare un personaggio che per la prima volta nella storia della cinematografia seriale italiana ha un’evoluzione tale da paragonarlo quasi ai personaggi che vengono fuori dalle grandissime serie e film americani. È stato un lavoro duro, un lavoro fisico pesante, all’inizio ho preso 10 chili e poi per il secondo Genny ne ho persi 20, ma il mio unico intento era quello di rendere credibile la psicologia del primo Genny e del secondo. Spero di esserci riuscito”. 

Potete darci qualche anticipazione sulla seconda stagione di Gomorra? Avete un’idea del percorso che intraprenderanno i vostri personaggi? 

M.D.A: “Della seconda serie non so nulla, non ho idea delle evoluzioni che toccheranno nello specifico il mio personaggio, ma confido nella lungimiranza di Roberto Saviano e nella sua capacità di raccontare la realtà, nel talento del gruppo di sceneggiatori capitanati da Stefano Bises e nell’efficacia con cui Stefano Sollima racconta queste idee, quindi: stamm in mano all’arte guagliù, non ve preoccupate!”. 

Visto che si è parlato tanto di qualità americana per la serie, avete usato il “metodo americano” anche sul set? Quando dovevate interpretare le scene in cui vi odiavate non vi siete più parlati o c’era comunque un clima di complicità? 

M.D.A: “Ma quale metodo americano! I metodi esistono e non esistono. Io per fare il camorrista non ho ucciso nessuno eppure qualcuno mi dice che m’è venuto bene. Mi ricordo la famosa battuta di Sir Olivier che, girando “Il Maratoneta” con Dustin Hoffman e vedendolo correre avanti e in dietro, chiese: “Dustin, ma cosa fai?” e Hoffman: “Mi stanco perché devo fare una scena in cui dovrei risultare stanco. Che cosa dovrei fare altrimenti maestro?” e lui disse: “Recita”. È quello che facciamo anche noi, almeno ci proviamo, e magari ci viene anche bene. Sul set c’era un bellissimo clima”. 

S.E.: “C’era assolutamente un ambiente che ci portava ad essere tutti uniti e a rimanere concentrati verso un intento unico, ma nelle scene più crude, quando c’erano in ballo i rapporti personali, ci tenevamo a distanza, anche perché era meglio”. 

Salvatore, tu sei molto attivo sui social e dialoghi costantemente con il tuo pubblico: ci parli di questo aspetto? 

S.E.: “Sono convinto che sia il nuovo metodo di comunicazione e quindi sono molto vicino alle persone che mi seguono e cerco di essere più attivo possibile per rispondere”.


Pubblicato su TvZap.

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