Presentato in concorso a Cannes, dove Julianne Moore ha vinto il premio come miglior attrice, il nuovo film di David Cronenberg esplora il mondo freddo e surreale della Hollywood contemporanea. Nel cast anche Robert Pattinson e Mia Wasikowska
“By the power of the word
I regain my life
I was born to know you
And to name you
LIBERTY”
I versi di Paul Éluard, ossessivamente ripetuti da Agatha, il personaggio interpretato da Mia Wasikowska in Maps to the Stars, ultimo film di David Cronenberg presentato in concorso al 67esimo Festival di Cannes, risuonano potenti e virali nell’ultima fatica del regista canadese. Artista da sempre interessato alla percezione umana del mondo, Cronenberg ha compiuto negli ultimi dieci anni una vera e propria mutazione del suo cinema. Dai demoni sotto la pelle (Il demone sotto la pelle), gli uomini-mosca (La mosca) e gli uomini che si fondono con la tecnologia (Videodrome, Crash) delle sue prime pellicole, in cui il corpo fisico era il punto di partenza per conoscere e capire sia il mondo reale che quello creato dai fantasmi della mente, il cinema di Cronenberg è stato contagiato da un virus ancora più potente dei parassiti che corrodono la carne: la parola.
Arrampicatasi subdolamente attraverso i gangli neurali del protagonista di Spider, un disturbato e disturbante Ralph Fiennes, la parola ha fatto sdoppiare l’identità del cinema cronenberghiano che, smarrito in A History of Violence e La promessa dell’assassino, dove il protagonista Viggo Mortensen vive in entrambi i casi una doppia realtà, ha fisiologicamente dovuto resettare se stesso per cercare un nuovo codice espressivo.
Il punto zero del nuovo cinema di Cronenberg va ricercato in A Dangerous Method: nel film, con protagonisti Viggo Mortensen e Michael Fassbender, interpreti rispettivamente di Freud e Jung, c’è un chiaro passaggio di testimone: l’analisi freudiana, che spiega la realtà attraverso le esperienze fisiche e sessuali del corpo, è abbandonata per abbracciare il metodo psicoanalitico di Jung. Un ritorno alle origini che ha portato alla nuova era del cinema di Cronenberg: quella di Cosmopolis e di Maps to the Stars.
A contagio ormai avvenuto, le ultime due pellicole di Cronenberg mostrano una netta distinzione con i precedenti film del regista: la violenza, prima predominante, è ora assopita, sempre presente ma meno sconvolgente, le mutazioni ibride della carne sono state sostituite da un fiume di parole vomitate dai protagonisti come prima invece era il sangue. Un passaggio da dionisiaco ad apollineo che ha fatto storcere il naso a non pochi.
Il percorso compiuto da Cronenberg è però estremamente coerente: dopo la mutazione, il regista è tornato a modelli narrativi classici, strutturando Maps to the Stars come una vera e propria tragedia greca. A sostituire re e principesse desiderosi di potere e macchiati dall’incesto ci sono le star di Hollywood, veri e propri archetipi del mondo contemporaneo. La famiglia Weiss, protagonista del film presentato a Cannes, incarna da un lato la parte frivola e superficiale della celebrità, argomento già trattato da pellicole come The Canyons, The Bling Ring e Spring Breakers, dall’altra diventa una metafora surreale e inquietante del mondo contemporaneo. Abbiamo il Dr. Weiss (John Cusack), guru delle star dai singolari metodi psicoanalitici, il terribile e sconcertante Benjie Weiss, baby star con le ossessioni e le voglie del più corrotto degli adulti (la rivelazione Evan Bird), l’attrice ormai sul viale del tramonto Havana Segrand (una straordinaria Julianne Moore che si concede alla macchina da presa con una generosità coraggiosa e incredibile), l’aspirante attore Jerome (Robert Pattison, di nuovo con Croneneberg dopo Cosmopolis) e la piromane e indecifrabile Agatha Weiss (Mia Wasikowska).
In Maps to the Stars la simbologia è potente: incesti, fuochi purificatori, fantasmi che emergono dal passato; simboli che fanno da pilastri alla vera protagonista del suo ultimo cinema: la parola, che sembra non fermarsi mai, iper stimolata e anestetizzante, cinica e grottesca, inquietante e superficiale. I tanti protagonisti di Maps to the Stars sono figurine sbiadite e vuote, riempite di pulsioni primordiali confuse mascherate da sentimenti in realtà freddi e anaffettivi: la realtà dell’ultimo Cronenberg è glaciale e livida, come vista attraverso un vetro o uno schermo perennemente luminoso e proprio per questo opprimente. In Maps to the Stars non c’è un punto di vista unico: lo sguardo è frammentato e tutti i protagonisti sono costantemente guardati, una condizione che rende la pellicola quasi surreale.
In questo caos ordinato e ben tirato a lucido sono poche le costanti che permettono un appiglio: il volto di Robert Pattinson, che dal sedile posteriore della limousine di Cosmopolis passa al volante in Maps to the Stars, e il nome Agatha, in A Dangerous Method moglie di Jung e qui la ragazza piromane interpretata da Mia Wasikowsa. Pattinson nel ruolo dell’autista aspirante attore Jerome si fa carico del peso della celebrità moderna, fatta di volti e corpi spesso uguali e inespressivi, carne fredda consumata con voracità e indifferenza dalla massa, mentre il personaggio della Wasikowska porta su di sé i segni del cambiamento del cinema di Cronenberg: le sue bruciature sono la testimonianza del dionisiaco sepolto, sempre pronto a emergere sotto la coltre del fiume di parole.
La poesia ossessivamente ripetuta da Agantha diventa dunque un mantra che sembra rispecchiare lo spirito di Cronenberg: in un mondo dove il punto di vista è ormai frammentato in milioni di notizie, dati, immagini e commenti che arrivano dalla rete, in cui il corpo in quanto entità fisica non è più il primo strumento per leggere la realtà, la parola è la massima forma di libertà e analisi del mondo. Un punto di arrivo forse per molti non attraente e interessante, ma senz’altro coerente con il percorso intrapreso dal regista canadese.
La citazione: "Le persone non entrano per caso nella nostra vita: le chiamiamo"
Hearting/Cuorometro: ♥♥♥
Uscita italiana: 21 maggio 2014
Titolo originale: Maps to the Stars
Regia: David Cronenberg
Anno: 2014
Cast: Mia Wasikowska, Julianne Moore, Robert Pattinson, John Cusack, Evan Bird, Sarah Gadon, Olivia Williams
Colore: colore
Durata: 111 minuti
Genere: drammatico
Sceneggiatura: Bruce Wagner
Fotografia: Peter Suschitzky
Montaggi0: Ronald Sanders
Musica: Howard Shore
Paese di produzione: USA, Canada, Francia, Germania
Casa di produzione: Prospero Pictures
Distribuzione italiana: Adler Entertainment
Pubblicato su XL.
C'è stato indubbiamente un cambio di stile nel Cronenberg recente. Direi da Cosmopolis quello più vistoso. Guardo con interesse quel regista che matura, che raffina la sua arte e la porta ad un livello superiore. Credo che Cronenberg lo stia facendo.
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