martedì 21 ottobre 2014

Maccio Capatonda, la star del web va al cinema: “Farò la fine di Kubrick”

Prima vera grande star del web italiano, Maccio Capatonda, attore, sceneggiatore e regista, ha partecipato a un incontro con il pubblico nella sezione Wired Next Cinema del Festival del Film di Roma, dove ha raccontato la sua carriera attraverso i personaggi da lui inventati e anticipato qualcosa del suo primo film, “Italiano Medio”, in uscita a marzo 2015 


Maccio Capatonda al Wired Next Cinema (foto Jacopo Pergameno)


Da quando, quasi dieci anni fa, degli utenti di YouTube pubblicarono su internet i finti trailer di Maccio Capatonda, alias Marcello Macchia, girati per “Mai dire Lunedì”, il comico abruzzese è diventato una delle figure più popolari del web italiano, riuscendo a squarciare il velo che separa l’intrattenimento nato su internet da quello televisivo. Nato in realtà come comico televisivo, Marcello Macchia è diventato una stella del web praticamente per caso, riuscendo così a realizzare il sogno di diventare videomaker, coltivato fin da adolescente. Sogno che lo porterà presto anche al cinema: il suo primo lungometraggio, “Italiano Medio, ispirato all’omonimo corto, arriverà nelle sale italiane a marzo 2015. 

Il trailer è solo la punta dell’iceberg: se volete vedere il sotto bisogna immergersi nell’acqua. Nel film ci sono altre gag, più belle, e altri temi, abbiamo approfondito lo spunto iniziale. Abbiamo girato tantissimo: forse anche troppo. L’idea secondo me è forte e può reggere un intero film. Ne vedrete delle brutte”, Maccio Capatonda ha introdotto così il suo film al pubblico arrivato in massa all’incontro organizzato nell’ambito della sezione Wired Next Cinema del Festival del Film di Roma: Maccio è descritto come il primo grande comico nato su YouTube, pioniere che ha spianato la strada ad altri talenti, come i collettivi The Jackal e The Pills, ritratti insieme a lui nel servizio fotografico realizzato da Wired. 

Nel corso dell’incontro con il pubblico, nel quale sono stati mostrati diversi capisaldi della sua carriera, come “La Febbra” e “L’uomo che usciva la gente, Capatonda si è raccontato liberamente e generosamente, cambiando continuamente voce e dando qualche flash dei suoi personaggi più noti, come Padre Maronno e Mariottide, supportato dal collega e amico Herbert Ballerina, nome d’arte di Luigi Luciano, con cui collabora ormai da dieci anni, talmente calato nel suo ruolo da non abbandonare mai il personaggio, nemmeno in pubblico. 

Maccio Capatonda sulla copertina di ottobre di Wired



ITALIANO MEDIO: IL FILM 

Riguardo al suo primo film da regista, “Italiano Medio”, Maccio ha rivelato che è un progetto che lo ha impegnato molto, quasi fino a sfinirlo: “Non ho ferie dal 2004. Sono incastrato da anni in un loop di impegni: uno tira l’altro. Non mi lamento perché questo era il mio sogno fin da quando ero bambino, ma rischio di morire. Il mio film spaccherebbe ma non ho ancora finito di girarlo. Se continuo così farò la fine di Kubrick che è morto sul set del suo ultimo film. Poi per finirlo mi ricostruite la faccia come a Bruce Lee

Nel film, ispirato al suo corto omonimo, si vedranno varie versioni di Maccio, ritratto a diverse età: “Dovevamo trovare tre-quattro bambini che mi interpretassero a varie età. Li ho trovati e sono tutti più bravi di me. Il neonato è pure pelato di natura. Il quattrenne bravo, decenne bravissimo, quattordicenne eccellente, poi sono arrivato io e ho rovinato tutto. Ho fatto me a 18 anni: mi hanno ringiovanito. Non è un film di effetti speciali comunque: li abbiamo tolti perché non avevamo il budget. C’è anche un topo e c’è persino una svolta horror”. 

Maccio ha dedicato un pensiero anche a Rupert Sciamenna, celebre interprete dei suoi trailer: “La cosa che più mi fa arrabbiare sul set è Rupert Sciamenna. Poi in realtà sta in quasi tutte le mie cose, perché ha una faccia talmente forte che non posso farne a meno. È un rapporto di sfruttamento. Sfruttamento vecchile. Mi fa arrabbiare perché spesso non si ricorda le battute e quando lo fa si ferma e dice “andava bene?”. E poi ammicca tantissimo: mi fa imbestialire. Ma l’ho coinvolto anche nel film: fa la parte del cattivo”. 



L’ARTE DEI TRAILER E “IL COCKTAIL DI MACCIO” 

La grande popolarità di Maccio Capatonda è arrivata grazie ai finti trailer cinematografici andati in onda prima nelle trasmissioni della Gialappa’s Band e poi su YouTube: diventati virali su internet, i trailer sono il marchio di fabbrica del comico, che ha creato un suo stile inconfondibile, chiamato nel corso dell’incontro “il cocktail di Maccio: “Il cocktail di Maccio” in realtà è tutto nella mia testa: mi sparo dei Negroni, dei Bloody Mary… No, in realtà basta essere appassionato e fanatico di film e serie tv e riuscire ad avere un’intuizione per amalgamare tutto in chiave nuova. Prima guardavo tantissime cose, oggi meno perché non ho più tanto tempo. L’ispirazione arriva anche dalle persone che incontro e dai casi umani che mi circondano, come Herbert. Lui è come una musa: un muso. Mi ispiro alla realtà filtrata attraverso i media, da buon spettatore anni ’80-’90. Vedo di tutto, cose belle e brutte: le prime ti fanno capire come si devono fare le cose, le seconde come invece non bisogna comportarsi. Le mie cose sono una terza classe, un ibrido tra cose belle e brutte il cui tratto distintivo è l’ironia

Per quanto riguarda i trailer non devono chiudere le porte che aprono. Devono invogliare lo spettatore, anche dicendo cose senza senso, tipo “ho visto una luce buia”. Un po’ tipo Lost. Ci devono essere almeno un paio di effetti sonori a sorpresa. Io all’inizio li ho fatti andando sul sito della Apple e rubavo gli effetti audio e la musica dai trailer veri. Quindi rubati qua e là. Poi una mia cifra stilistica è trovare una serie di nomi assurdi a caso. Questa è una delle cose che ha avuto più successo e ancora oggi non capisco perché: in realtà quando montavo i primi trailer, quando montavo la Febbra, sentivo come se tutto si stesse montando da solo. Ero come posseduto. Inoltre bisogna avere ritmo: il montaggio deve essere frenetico: si può girare quanto si vuole di una scena, l’importante è poi usarne poco e montare tutto di fila”.


Pubblicato su TvZap.

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