domenica 9 maggio 2010

Cella 211



Il film di ambientazione carceraria è un classico del cinema.

Come i film sulla boxe e il road movie è un topos quasi mitologico, un cardine dell'iconografia cinematografica.

E in tempi bui, in cui la democrazia e la libertà individuale sembrano schiacciate da eventi difficilmente comprensibili e più grandi del singolo individuo, il tema dell'uomo rinchiuso in quattro mura è suggestivo e significativo.

Quest'anno ben due film europei si sono guadagnati le luci della ribalta: Il profeta e questo Cella 211. Nella cella 211 si ritrova, suo malgrado, Juan, una giovane guardia carceraria al suo primo giorno di lavoro, colto all'improvviso da una rivolta violenta. Il fautore della rappresaglia è Malamadre: criminale pluriomicida condannato a infiniti anni di carcere, tatuato e dallo sguardo folle, di cui “nemmeno Dio può ridere”. Juan ha un'unica possibilità: fingersi uno di loro.

Alberto Ammann è Juan

Il film è un concentrato di simboli e metafore: il giovane ingenuo e di buona fede, che mostra coscienziosità e senso del dovere ma che viene ripagato con indifferenza da chi potrebbe salvarlo; l'uomo di legge che nasconde dietro la divisa il suo istinto bestiale non dissimile da quello dei criminali che sorveglia; la moglie di Juan, Elena, incinta e bella, che simboleggia il futuro, la speranza, l'amore; Malamadre, con questo nome inciso sulla pelle, figlio della violenza e dell'odio che però riesce a trasmettere carisma e, a suo modo, perfino umanità, al contrario dei grigi funzionari e politici vari, piatti e privi di sentimenti e scrupoli.

Da sottolineare il personaggio di Arturo: il poliziotto che vede le ingiustizie ma che si limita a denunciarle a parole. Non agisce mai: è questa la sua colpa.

Luis Tosar è Malamadre

Proprio questo il messaggio che più colpisce: non tanto la violenza - che ormai primeggia in ogni dove: sui giornali, nelle strade, al cinema – e nemmeno l'indifferenza dei politici, ma l'apatia degli uomini giusti. Chi vede il male, chi ci si trova invischiato, non dovrebbe semplicemente scappare o protestare a parole, ma intervenire e, se necessario, battersi per ottenere giustizia.

Un concetto ormai alieno all'odierna mentalità generale.

Azzeccatissimi gli attori, incalzante il ritmo, convincente la regia.

L'unico problema del film, se proprio vogliamo trovarlo, è che dopo telefilm come Prison Break ed Oz, in cui l'analisi dei personaggi aveva molto più tempo per essere indagata, in soli 100 minuti l'evoluzione di Juan da onesto cittadino a criminale senza scrupoli risulta meno naturale, vista la rapidità del cambiamento. Ma sono inezie da cinefili.

Cella 211 è un gran bel pugno nello stomaco.


La citazione: "Nessuno può ridere di Malamadre! Nemmeno Dio"

Voto: ♥♥♥1/2

4 commenti:

  1. bello, bello, m'è proprio piaciuto, sti spagnoli fanno grande cinema

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  2. D'accordissimo su tutto. Se mi è permesso, visto che ne ho già parlato ampiamente del film e di quanto l'ho apprezzato, gradirei anche dire che il protagonista è davvero un gran bel pezzo di figo, ahah!

    Ale55andra

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  3. si proprio bello...
    -un calcinaccio che cade in un corridoio e colpisce giusto in testa una persona in mezzo a tre, fatalità quello nuovo.
    -una donna incinta si avventura in mezzo alla folla, arriva in prima fila attaccata alle sbarre dei cancelli, e poi, ovviamente, quando partono le manganellate, per sbaglio, colpiscono proprio lei, ovviamente un colpo e morta.

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  4. Bel fim, non mi aspettavo fosse così interessante:)

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