Dopo tante variazioni sul tema Manhattan, Woody Allen sceglie Londra come sua città adottiva e crea una delle trilogie più interessanti degli ultimi anni: “la trilogia londinese” - composta da “Match Point”, “Scoop” e “Sogni e Delitti” - seguita dalla vacanza spagnola “Vicky Cristina Barcelona”.
Heywood Allen Stewart Konigsberg, alias Woody Alenn, a quindici anni già scriveva pezzi comici per cabarettisti di New York.
A diciassette scriveva per pezzi grossi della tv americana, a diciannove aveva già sperimentato il matrimonio e il divorzio e a ventisei debuttava come one-man-show al Greenwich Village.
Autore, regista, attore, musicista, scrittore, comico e intellettuale, Woody Allen è uno dei talenti più poliedrici e inossidabili del ‘900, che ha saputo creare un suo stile inconfondibile e che da quarant’anni fa discutere e appassionare.
A diciassette scriveva per pezzi grossi della tv americana, a diciannove aveva già sperimentato il matrimonio e il divorzio e a ventisei debuttava come one-man-show al Greenwich Village.
Autore, regista, attore, musicista, scrittore, comico e intellettuale, Woody Allen è uno dei talenti più poliedrici e inossidabili del ‘900, che ha saputo creare un suo stile inconfondibile e che da quarant’anni fa discutere e appassionare.
Dagli esordi agli anni ’90.
Alla stregua di un vero artista, come un pittore o un musicista, Allen ha avuto diversi “periodi” in cui è stato influenzato da temi differenti: abbiamo lo spirito da cabarettista dei primi film, le nevrosi e i rapporti di coppia delle commedie anni ’70, la maggiore introspezione dei film degli ’80, fino al lavoro discontinuo e non sempre ispirato degli anni ’90.
Il suo periodo d’oro è costituito dai decenni ’70/’80 segnato da capolavori come “Io e Annie”, “Manhattan”, “Zelig”, “La rosa purpurea del Cairo”, “Hannah e le sue sorelle”, “Crimini e misfatti”. Gli anni ’90 invece, nonostante qualche ottima pellicola come “Mariti e mogli”, “Pallottole su Broadway” e “Accordi e disaccordi”, sono quelli forse meno ispirati del regista americano, che ha pagato il prezzo di voler fare un film all’anno dopo una carriera in cui sembrava aver già detto e fatto tutto.
I primi anni del 2000 e la svolta con “Match Point”.
I primi anni del 2000 sembravano confermare la piega presa da Allen negli ultimi anni ’90: a cominciare dal tiepido “Criminali da strapazzo” fino al decisamente poco convincente “Melinda e Melinda”.
Ma nel 2005 arriva la svolta: Woody si sposta a Londra, trova, dopo Diane Keaton e Mia Farrow, una nuova musa ispiratrice, che ha le curve generose di Scarlett Johansson, e gira un dramma decisamente nero. E’ uno shock: l’umorismo ha lasciato il posto all’imprevedibilità del caso, la risata è sostituita dall’amarezza per le ingiustizie che rimangono impunite e tutto è pervaso da un senso tragico di morte.
E’ una rinascita.
Il film convince pubblico e critica e Allen trova una nuova fonte d’ispirazione.
La trilogia londinese.
In “Match Point” un arrampicatore sociale senza scrupoli fa di tutto per entrare nell’alta borghesia a costo di sacrificare persone innocenti. Tutto ruota intorno alla crudeltà del caso: nel giro di un istante un uomo può essere salvato o rovinato, indipendentemente dalla sua volontà. Alcune persone reagiscono con dignità a questa condizione, altre non se ne rendono conto e altre ancora, come il protagonista del film, cercano di manipolare il caso a proprio vantaggio, con ogni mezzo.
L’Allen intellettuale, appassionato di letteratura russa e di Bergman, trova finalmente sfogo, regalando una pellicola complessa e matura, importante spunto di riflessione sulla società di oggi, così frenetica e a volte disumana.
Segue “Scoop” sempre con Scarlett Johansson come protagonista e con Allen anche davanti alla macchina da presa. Allen riprende lo stesso tema di “Match Point” analizzandolo in chiave comica.
Divertente ma mai superficiale, pervaso anzi da un senso perenne di morte - che compare anche fisicamente sullo schermo -, Allen crea una commedia dallo humor nero, in cui questa volta è l’aristocratico a celare segreti inquietanti.
Non si salva nessuno insomma: non è la ricchezza o la povertà a spingere l’uomo, quanto il suo desiderio di auto-affermazione e la spinta istintiva e brutale al possesso e alla violenza.
A concludere il trittico arriva “Sogni e delitti”, il più nero dei tre capitoli: questa volta è la famiglia ad uscirne a pezzi. Due fratelli vengono assoldati dallo zio per uccidere un uomo in cambio di un ingente prestito. Allen snocciola definitivamente il suo punto di vista: l’umanità oggi più che mai è vanesia, corrotta e pronta a qualsiasi cosa pur di avere successo. Qualsiasi cosa. Anche ad uccidere.
E la cosa terrificante è che, secondo Allen, ormai stiamo superando dei confini da cui difficilmente potremo tornare indietro e, anche se i più storceranno il naso di fronte a queste riflessioni, la verità è proprio questa: siamo pronti a sacrificare qualsiasi cosa, anche altri esseri umani, persino il nostro stesso sangue, e la prospettiva peggiore è che lo facciamo con un certo distacco, come se fosse naturale.
In questa trilogia Allen ha colto un aspetto importante del clima attuale: ormai non ci si può fidare di nessuno, specialmente di quei bravi ragazzi con la faccia pulita e la camicia ben stirata che sono gentili soltanto all’apparenza ma che in realtà sono pronti a qualsiasi cosa pur di raggiungere i propri obbiettivi. Anche la famiglia non è più il porto sicuro in cui trovare conforto: siccome tutto è diventato merce e gli altri sono solo pedine da manovrare non c’è posto per i legami sinceri, perfino per quelli di sangue.
Protagonista importante e onnipresente di tutte le tre pellicole è Londra, silenzioso palcoscenico delle miserie umane: livida e decadente nel primo e terzo capitolo e appena più soleggiata nel secondo.
Un lavoro importante e interessante, attuale e universale: tre film da tenere in considerazione e da rivedere per rendersi conto delle tante sfumature che contengono.
La vacanza spagnola.
E poi tutto cambia di nuovo: dopo aver ammutolito e fatto disperare il pubblico per tre anni di fila, il ragazzaccio che è in Woody ha fatto l’ennesimo colpo di teatro.
Messa da parte Londra e i toni tragici, Allen si sposta nella caliente Barcelona, recupera la Johansson, che aveva lasciato in America in “Sogni e delitti”, e dirige un quartetto amoroso in cui un pittore spagnolo si barcamena tra tele e tre donne diverse.
Più spensierato e decisamente meno impegnato delle pellicole londinesi, con questo film Allen sembra essersi preso una vacanza dopo tutto quel senso di morte e di riflessione sul caso, ritornando a temi già trattati in passato: il rapporto di coppia, la riflessione sull’arte e la figura dell’artista.
Un lavoro sicuramente ben confezionato e con un ottimo cast, su tutte la straripante Penelope Cruz, ma forse meno interessante rispetto alla trilogia londinese, capolavoro degli anni 2000 di Allen.
Dopo tanta Europa, che l’ha sempre amato e venerato, pare che Allen abbia intenzione di tornare a girare in America, nella sua New York, che, a pensarci bene, non ha mai lasciato, nemmeno nella sua parentesi europea, anche quando la città era un’altra.
I magnifici 10 di Woody Allen.
1969 - Prendi i soldi e scappa
Esordio cinematografico di Allen che sconvolge il modo di fare satira e umorismo: parodia dei film carcerari americani, è costruito come un documentario – con tanto di interviste – ed è pieno dell’umorismo feroce che ha reso Allen celebre. Memorabile la gag della rapina al negozio di animali.
1977 - Io e Annie
Il capolavoro di Allen. New York, coppie, crisi di coppie, psicanalisi e nevrosi: Diane Keaton, allora compagna del regista, diventa una star e Allen vince quattro Oscar (film, regia, sceneggiatura, migliore attrice protagonista). Il monologo finale sull’ovetto fresco è da storia del cinema.
1978 - Interiors
La vera svolta drammatica di Woody Allen: dopo l’enorme successo ottenuto con il precedente film, “Io e Annie”, Allen cambia registro, per la prima volta non compare come attore in un suo film, e parla di una famiglia americana agiata e intellettuale sull’orlo di una crisi di nervi.
1979 - Manhattan
Secondo capolavoro di Allen dopo “Io e Annie”. Le vicende sentimentali e nevrotiche del protagonista accompagnate dalla musica di Gershwin sono la scusa per fare una vera e propria dichiarazione d’amore all’unica grande passione del regista americano: Manhattan.
1983 - Zelig
Finto documentario sulla vita di un uomo degli anni ’30 che assume l’aspetto e la psicologia di chi gli sta accanto. Metacinema, filosofia, morale, riflessione sull’arte, sulla religione, condita con il caratteristico humor di Allen.
1984 - Broadway Danny Rose
Storia di un agente teatrale e della sua scalcinata compagnia d’attori. Grande riflessione sullo spettacolo – soprattutto su quello che succede “dietro le quinte” – e sulla religione.
1985 - La rosa purpurea del Cairo
Cecilia, una fantastica Mia Farrow, vede sempre lo stesso film al cinema e intraprende una relazione con l’attore protagonista del film che, letteralmente, esce dallo schermo.
Una delle più grandi dichiarazioni d’amore all’arte cinematografica.
1986 - Hannah e le sue sorelle
Due anni della vita di tre sorelle, Hannah, Lee e Holly e dei personaggi che sono loro accanto.
Primo vero e proprio racconto cinematografico di Allen, con una struttura compatta e conclusa, ottimo cast e sempre Manhattan sullo sfondo. Per la seconda volta pioggia di Oscar: sceneggiatura e attori non protagonisti (Michael Cane e Dianne Wiest).
1994 - Pallottole su Broadway
Commedia fintamente leggera ambientata negli anni ’20. Gangster, spettacolo e riflessioni sulla creatività artistica. Uno dei migliori film dell’Allen anni ’90.
2005 - Match Point
Primo capitolo della “trilogia londinese” e rinascita di Allen dopo il lavoro sottotono svolto tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000.
Svolta in tutti i campi: non più Manhattan ma Londra a fare da sfondo, niente ironia – nemmeno velata – ma temi tragici e attuali. Allen dopo la Keaton e la Farrow trova la sua nuova musa ispiratrice, la biondina tutta curve Scarlett Johansson.
che bel post! riecco un post che non sia d'attualità(non che la cosa sia sgradita di per sé)... e per restare in tema... buona fortuna!
RispondiElimina:-)
RispondiEliminaGrazie!
stardust memories!!! come hai potuto lasciare fuori dalla top ten stardust memories!!! :D
RispondiEliminaho letto proprio stamattina che forse il prossimo lo gira a parigi!
RispondiEliminaio e annie è il mio preferito in assoluto comunque! il fuoricampo finale vorrei averlo scritto io, è perfetto!
Valentinariete!
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