martedì 19 febbraio 2008

L'innocenza del peccato

Il fascino non discreto della borghesia.


Se foste una giovanissima e bella annunciatrice del meteo, a cui fa la corte uno stuolo di pretendenti, chi scegliereste? Il capo della rete che vi offre una promozione? Il collega di lavoro piacente e sposatissimo? O il giovane miliardario, rampollo di una delle più illustri famiglie della città? Nessuno di questi perchè la bionda e sexy conduttrice Gabrielle (Ludivine Sagnier) cede soltanto allo scrittore sessantenne Charles Saint-Denis (Francois Berlèand). Questi, sposato ma amante delle donne e della bella vita, fa di Gabrielle la sua ennesima amante e la introduce a pratiche erotiche estreme per poi abbandonarla senza un perché. Gabrielle allora, per ripicca, accetta la corte di Paul André Claude Gaudens (Benoit Magimel), erede di una ricchissima famiglia e nemico di vecchia data del celebre scrittore, e, pur di ferire l’amante che l’ha abbandonata e che si rifà vivo solo dopo aver appreso la notizia delle nozze imminenti, accetta di sposarlo nonostante il giovane abbia seri problemi psicologici. Questo triangolo unito da sentimenti e pulsioni malate e perverse sfocerà presto in tragedia.
Chabrol vorrebbe raccontare, usando una regia distaccata e immagini affollate di troppi dettagli inutili, una storia sulle perversioni umane e su come queste siano complesse, soprattutto nei ceti alto-borghesi. La pellicola in realtà manca totalmente l’obbiettivo: la storia è raccontata male perché non è reso con efficacia il momento emozionante e coinvolgente della seduzione, in effetti non si capisce come faccia l’attempato scrittore a conquistare la seducente ventenne, e soprattutto non c’è la fondamentale analisi del complicato processo di sottomissione psicologica che porta Gabrielle ad accettare le perversioni erotiche del suo amante.
Non c’è nemmeno la sensualità: le scene di sesso sono pochissime e sempre velate, il che non è un male in sé, ma non stuzzicano per nulla lo spettatore, il massimo è dato da una scena in cui Gabrielle si presenta ornata soltanto da piume di pavone e la situazione invece di risultare eccitante è semplicemente ridicola.

Ludivine Sagnier e François Berlèand

La caratterizzazione psicologica dei personaggi è superficiale e goffa: pillole di psicologia spicciola come il complesso di Edipo di Paul o la ricerca di uomini più anziani da parte di Gabrielle, abbandonata dal padre in tenera età, rendono il tutto ancora più falso di quanto già non sia. E’ proprio questo il problema: Chabrol avrebbe voluto criticare la borghesia dall’interno, partendo dalle sue pulsioni più segrete e oscure, invece ha confezionato un polpettone noiosissimo e freddo, falso in ogni suo dettaglio.
La recitazione degli attori è una conseguenza naturale dello stile scialbo della regia: non convince.
Risulta apatico e per nulla affascinante Berlèand nel ruolo dello scrittore, troppo svampita la Sagnier e fastidiosamente sopra le righe Magimel nel ruolo dello psicopatico.
Ridicolo e kitsch il finale simbolico che riprende il titolo originale “La fille coupeè en deux”: Gabrielle finirà a fare i numeri di magia con lo zio, in cui verrà letteralmente “tagliata in due”.
Presentato fuori concorso lo scorso anno al Festival di Venezia.
Se non andate a vederlo non perdete nulla.

La citazione: "Lo sapete qual è il sogno della santa? Tornare sulla terra con un paio di coglioni!"

Voto:

Pubblicato su Meltin' Pot.

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