lunedì 15 giugno 2009

Il carcere al cinema

Il prison-movie costituisce un genere a sé che racchiude aspetti del thriller psicologico e del film d'avventura raccontati con un sistema di valori esasperato e complesso che si fa metafora dura e violenta della società.


Il tema del carcere è uno di quei particolari soggetti, come la boxe e il road movie, che da sempre affascina il mondo del cinema, soprattutto americano: innumerevoli sono le pellicole aventi come protagonisti detenuti e secondini tanto da fare del prison-movie un genere a sé.
Il fascino dell'argomento è palpabile: l'essere umano schiacciato tra valori assoluti come colpa e pena, privato della libertà, sia fisica che psicologica, solo di fronte alla sua esistenza e ai suoi errori e costretto a ricostruirsi un'identità in uno spazio chiuso che ripete, anche se con sentimenti e azioni amplificate e violente, la società “normale”.
Come ogni genere a sé stante, il film carcerario ha un decodificato sistema di personaggi e situazioni: il protagonista, che può essere innocente o colpevole, il compagno di cella che può rivelarsi un amico fidato o al contrario un temibile aguzzino, i secondini sadici e il direttore del carcere, figura che simboleggia spesso l'autorità pura, cieca e spietata nell'esecuzione della legge.
Personaggi e situazioni sono quasi sempre gli stessi ma diverso è il modo di raccontare la storia, tanto da portare a vari sottogeneri: il più frequente è il tema della fuga, poi quello dell'innocente ingiustamente imprigionato, per arrivare ai detenuti in attesa della pena capitale, a quelli che in carcere sviluppano una personale spiritualità e alla tanto travagliata riabilitazione.


Clint Eastwood in Fuga da Alcatraz


L'evasione


La fuga dal carcere è uno dei temi più affrontati al cinema: il protagonista, innocente o colpevole che sia, è un uomo che affascina per la sua intraprendenza e intelligenza, una sorta di self made man al contrario, che, in un ambiente dove la separazione dei corpi, l'austerità della vita quotidiana, persino la condivisione del cibo sono fonte di frustrazione e mortificazione, è in grado di ricostruirsi uno status sociale e una ragione di vita.
A questo filone appartengono pellicole divenute cult come Nick mano fredda, Papillon, Fuga da Alcatraz e Il fuggitivo: i protagonisti hanno i volti carismatici e l'aura leggendaria di attori di prima grandezza come Paul Newman, Steve McQueen, Clint Eastwood e Harrison Ford.
Volti necessari ad incarnare la vitalità e il fascino di una figura che cattura l'attenzione del pubblico e che alla fine lo costringe a simpatizzare per lui a prescindere dal crimine commesso.
I bad boys al cinema funzionano sempre di più.
Negli ultimi anni anche la tv si è accorta del fascino di questo tema: Prison Break, serie del 2005, mette in scena una spettacolare fuga dal carcere, in cui il protagonista è un genio matematico che si fa imprigionare per liberare il fratello. Qui oltre all'audacia a farla da padrone è la razionalità scientifica che deve scontarsi con la violenza del carcere.

Steve McQueen in Papillon


L'innocente ingiustamente imprigionato e i condannati a morte


Alcune pellicole, piuttosto che parlare di criminali rei confessi e al limite della follia, preferiscono parlare di persone oneste ingiustamente imprigionate: la giustizia diventa un'aguzzina che abbandona i suoi protetti a un destino infernale fatto di umiliazioni e violenze, di pena senza colpa, in cui il protagonista o riesce a superare il suo calvario diventando più forte o si fa schiacciare dagli eventi. Un esempio è Nella città l'inferno, in cui un'ingenua Giulietta Masina viene incarcerata ingiustamente e sottomessa dalla ferocia di una dirompente Anna Magnani.
Un altro tema, prettamente americano, è quello dei condannati a morte: come Nel miglio verde, tratto da un racconto di Stephen King, o nel musical grottesco di Lars Von Trier Dancer in the dark viene affrontato il terribile atto della morte legalizzata, in cui il condannato è presentato come un essere umano terrorizzato di fronte a una pena tanto disumana come la morte.
In Dead man walking, con protagonista Sean Penn, il regista Tim Robbins – volto principale del prison movie per eccellenza Le ali della libertà - condanna nettamente questa pena.

La locandina di Nella città l'inferno


Spiritualità in cella


Alcune pellicole, come L'uomo di Alcatraz in cui il protagonista Burt Lancaster in carcere diventa un esperto e famoso ornitologo, parlano di un aspetto particolare: il detenuto, costretto a rimanere da solo con i suoi pensieri, sviluppa una sua spiritualità, riflette sulle sue colpe e trova una sua dimensione reinventando la propria esistenza. Un tema non facile, ma che cerca di affrontare quello che dovrebbe accadere ad ogni detenuto: riflettere sui crimini commessi e cercare di espiare in qualche modo la colpa.


Burt Lancaster in L'uomo di Alcatraz


La riabilitazione


Il carcere è un'esperienza talmente devastante che lascia indelebili cicatrici in chi l'ha vissuta. Quello che però accade all'uscita dalla prigione è altrettanto difficile.
Non tanto a causa del detenuto, quanto per i pregiudizi che lo accompagnano. Possibilità di lavoro sono scarsissime, qualsiasi “onesto cittadino” è pronto ad additare come mostro l'ex detenuto e affetti e proprietà quasi sempre sono dissolti.
E' proprio qui che lo Stato si mostra più debole, non riuscendo a garantire un dignitoso reinserimento sociale al detenuto. Un tema attualmente di grande interesse come dimostrano le due pellicole uscite quest'anno al cinema: Ti amerò sempre, con una formidabile Kristin Scott Thomas e Giulia non esce la sera, con l'intensa Valeria Golino.
Un argomento complesso, perché spesso l'esperienza in carcere più che rieducare peggiora il comportamento negativo.


Kristin Scott Thomas in Ti amerò sempre


Un filone dunque ricco, che propone sempre nuovi spunti, e che negli ultimi tempi mette in risalto soprattutto il fascino che certi comportamenti asociali e assai discutibili possono suscitare.
In fondo il carcere non è altro che una metafora dell'eterna contrapposizione tra bene e male.


4 commenti:

  1. Interessante questo pezzo. Come si nota da ciò che scrivi, ma anche ovviamente dalla filmografia di questo genere, il carcere femminile viene quasi sempre lasciato in ombra, tranne alcuni casi. Sarebbe bello avere proprio un filone di pellicole incentrate sulla prigionia femminile.
    Comunque tra questi forse il migliore rimane Le ali della libertà.

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  2. Complimentissimi!! Non avevo visto questo post! Molto molto interessato e soprattutto ben scritto e ben impostato! Great!

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