mercoledì 23 giugno 2010

Il nastro bianco



In un piccolo villaggio della Germania di inizio '900 tutto sembra tranquillo e ordinario: i bambini vanno a scuola, il parroco fa i suoi sermoni, il barone amministra le terre.
Fino a quando, inspiegabilmente, il dottore della comunità ha un grave incidente: cadendo da cavallo rischia la vita. La caduta non è accidentale: qualcuno ha teso una fune proprio dove sarebbe passato il dottore.
Ma chi?
Chi potrebbe fare una cosa così orribile e gratuita?
L'evento, seguito da altri raccapriccianti episodi di violenza cieca ed inspiegabile, mina la serenità del villaggio e instilla il dubbio e il sospetto nei cuori di tutti gli abitanti.
In questo clima di tensione e incertezza, vediamo che i bambini e le donne del villaggio sono trattati peggio di cani randagi: repressi e mortificati, sono continuamente richiamati alla purezza e all'ubbidienza, con metodi violenti come punizioni corporali e terrore psicologico.
In questo clima di terrore e senso di colpa, non sono in pochi a covare rabbia e rancore repressi che sembrano lì lì per esplodere. E mentre il medico, il pastore e il barone (e non è un caso che siano proprio queste tre figure) predicano rettitudine e bontà ai loro figli e alle loro mogli, il loro comportamento privato tradisce ampiamente le parole: essi stessi sono in prima persona completamente avviluppati nel vizio, nella perversione e nella cattiveria.
In questo clima, il mistero degli inquietanti crimini passa quasi in secondo piano, e la nostra attenzione si concentra sulla meschinità degli uomini, sulle loro contraddizioni, sul fatto che vivere nella società non sia tutto rose e fiori.


Haneke racconta questa storia con uno straordinario bianco e nero: efficacissimo nell'intento di raggelare il tutto ed aumentare il contrasto tra il bianco (la purezza, la rettitudine, la vita virtuosa) e il nero (il peccato, il vizio, la corruzione).
Un bianco e nero veramente bello, come non se ne vedevano da anni, che conferisce al film una confezione davvero eccelsa.
Ma andando a grattare oltre la superficie, ci sono più di un elemento che non convincono del tutto: l'estremo distacco e freddezza del regista non hanno l'effetto di dare una visione oggettiva e priva di giudizi. Anzi. L'assoluta cattiveria, spesso gratuita, nel rappresentare questi personaggi, ci trasmette un senso di forte disprezzo per l'umanità intera, come se il regista odiasse ogni uomo, donna e bambino presenti sulla faccia della terra.
Inoltre, la lettura secondo cui l'ossessione della purezza inculcata nella generazione che avrebbe poi vissuto in prima persona la Seconda Guerra Mondiale e la nascita e ascesa del Nazismo non sta in piedi: può davvero un'educazione fortemente religiosa e repressiva portare all'ossessione della purezza della razza? Quel nastro bianco davvero ha portato allo sterminio di milioni di persone?
Non credo.


Nella storia dell'umanità ci sono sempre stati periodi di forte repressione e ingiustizia sociale, conditi da ignoranza e mancanza di senso di collettività: non tutti hanno portato però ad una cosa abominevole e mostruosa come lo sterminio di precise categorie di persone, alla costruzione di campi di concentramento in cui l'intento non era solo quello di uccidere delle persone ma anche di togliere loro la dignità di essere uomini, la loro umanità, i loro sogni e le loro speranze. No, il crimine più abominevole che l'umanità abbia mai visto non può essere ridotto ad una semplice conseguenza di un'educazione ed un'infanzia difficile di poveri ed ignoranti contadini.
Se la teoria del film è davvero questa allora è Haneke che ha compiuto un crimine.
Se invece non lo è, la pellicola si riduce ad un puro esercizio di stile che, se da una parte ha dalla sua l'ottima fotografia e delle scene davvero efficaci (il suicidio, il ritrovamento dell'uccellino, i paesaggi) dall'altra non crea empatia e non dice nulla di particolarmente rilevante o nuovo.
Sarà una visione impopolare, visto che la pellicola è stata accolta un po' ovunque con grande clamore e ha vinto anche a Cannes, ma qui non ci siamo fatti abbagliare da una elegante confezione che nasconde un vespaio persino peggiore degli eventi raccontati.

La citazione: "Quando eravate piccoli, a volte, vostra madre vi legava un nastro fra i capelli o al braccio, il suo colore bianco doveva essere per voi monito di innocenza e di purezza"

Voto: ♥♥1/2

6 commenti:

  1. come ben sai, non sono d'accordo. sembra un film di bergman

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  2. in effetti il preambolo è quantomeno pretenzioso, poi questi discorsi ex-post lasciano il tempo che trovano; se posso suggerire un testo che spieghi (ex-ante) almeno in parte quello che è successo in Germania nei '30 ti consiglio le conseguenze economiche della pace(1919), ci sono passi quasi profetici sulla situazione tedesca futura...per quel che riguarda il film, sono anch'io d'accordo con lessio...

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  3. Bergman non avrebbe mai fatto un film del genere...

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  4. A me è piaciuto veramente moltissimo. E se non c'è stata empatia emotiva c'è stata molta empatia intellettuale. L'interpretazione sulle cause del nazismo per me non è da prendere alla lettera, anche perchè credo che si voglia dare un abbozzo di un'idea di interpretazione sul carattere di alcuni, e solo alcuni, componenti del nazismo. Esteticamente poi è davvero straordinario. Una fotografia così non si può non lodare, ma anche la regia io l'ho trovata davvero magnifica.

    Ale55andra

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  5. da quando sto blog è diventato della lazio mi hai smontato due film che per me sono capolavori... ahi ahi ahi! :P

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