sabato 18 maggio 2013

Il Grande Gatsby


Per capire a fondo il nuovo adattamento del capolavoro letterario di Francis Scott Fitzgerald bisogna fare un grande salto indietro nella biografia del regista Baz Luhrmann. Il piccolo Baz, in origine Mark Anthony, nato in una minuscola città dell'Australia, Herons Creek, famosa oggi per avergli dato i natali (e che potremmo quindi ribattezzare Baz Creek), ha passato la sua infanzia nel cinema del paese, gestito dal padre, che aveva anche un allevamento di maiali e una pompa di benzina. Non c'è dunque da stupirsi del fatto che le immagini patinate dei film, prevalentemente americani, si siano radicate profondamente nella mente del giovane Luhrmann, facendogli sognare grandi amori, storie epiche, set scintillanti e stelle del cinema. Cresciuto a pane e Hollywood, Mark è diventato Baz, è stato anche attore, poi regista teatrale e infine si è dedicato al cinema.

I suoi primi tre film, la "Red Curtain Trilogy", ovvero "la trilogia della tenda rossa", sono un inno d'amore alle arti teatrali, che celebrano ogni aspetto del palco: la danza in Strictly Ballroom, il testo drammatico in Romeo + Giulietta e il canto in Moulin Rouge!. Con questo tris di film Luhrmann si è da subito mostrato come un artista a tutto tondo, abile nella messa in scena di grandi spettacoli, a suo agio nella gestione degli attori e a girare in interni, e ha donato al pubblico il suo genuino amore per la rappresentazione, per la bellezza, per la ricerca della perfezione della coreografia di suoni, colori e luci.

Con il film successivo, Australia, Luhrmann ha forse peccato di ambizione, cercando di realizzare il suo Via col vento, ma, anche se bocciato dai più, il film è un grido d'amore per la terra natia del regista, per i suoi paesaggi da sogno e come sempre per il grande cinema hollywoodiano.

Regista poco prolifico dal punto di vista del numero delle pellicole, siamo a 5 film in 20 anni di carriera, Luhrmann ha dovuto rinunciare al progetto di Alessandro Magno (ancora grazie mille dannato Oliver Stone!), ma possiamo dire che parte di quell'idea è ricaduta all'interno del suo ultimo film, Il Grande Gatsby, appunto. La chiave di lettura è tutta nel titolo: il GRANDE Gatsby. In Luhrmann ogni cosa, ogni dettaglio, ogni vestito, ogni oggetto, ogni inquadratura aspira alla grandezza. Grandezza spesso esagerata, caotica e a volte kitsch, ma una grandezza sincera, sempre alla ricerca della bellezza. Non a caso il motto degli artisti in Moulin Rouge!, ad oggi il suo capolavoro, è "Bellezza, Verità, Libertà e soprattutto Amore". 

In pochi registi come in Luhrmann la forma diventa narrazione e sostanza: le storie sono semplici, quasi secondarie, è il modo in cui vengono raccontate che stupisce ed emoziona lo spettatore. Ed è per questo che per Il Grande Gatsby sembra evidente che il regista non si sia immedesimato nel protagonista, ovvero lo scrittore Nick (Tobey Maguire), come invece fa Fitzgerald, quanto piuttosto in Gatsby, vero deus ex machina del racconto. Le parole di Fitzgerald, rappresentate letteralmente sullo schermo, sono infatti la cornice: ad interessare il regista è la figura misteriosa, opulenta e quasi metafisica di Gatsby. Un uomo che vive tante vite quante se ne raccontano, che costruisce un mondo incantato da cui tutti sono attratti ma che nessuno conosce davvero, che semina intorno a sé bellezza e grandezza. Impossibile per Baz non identificarsi in questo personaggio. Ecco perché il regista lascia sullo sfondo la critica sociale e la demolizione del sogno americano e si concentra appena sulla storia d'amore: il Gatsby-regista-mago è il centro della sua attenzione, diventando il simbolo del suo amore per il cinema e la rappresentazione.
Ecco spiegato quindi il motivo del taglio di alcuni passaggi chiave del libro (su tutti la comparsa del padre al funerale) che avrebbero umanizzato troppo il personaggio, rendendolo un semplice uomo: Gatsby dev'essere grande, e la sua grandezza sta nella sua visione, nel suo sognare, nell'aspirare a qualcosa di perfetto e irraggiungibile.

Per realizzare la sua visione Luhrmann non poteva non scegliere Leonardo DiCaprio, praticamente lanciato quasi 20 anni fa dal suo Romeo + Juliet: oltre ad essere uno dei più grandi attori contemporanei, DiCaprio, con il suo viso perennemente giovane, è l'essenza di Gatsby: un viso e un sorriso che promettono eterna giovinezza e bellezza. Perfetti anche gli altri attori, che sembrano letteralmente provenire dagli anni '20, su tutti la scoperta Elizabeth Debicki nei panni di Jordan Baker.

E allora sì con le feste, con gli abiti scintillanti, con gli strabilianti gioielli disegnati da Catherine Martin insieme a Tiffany, alla musica rap che sostituisce quella jazz, attualizzando Gatsby ai nostri giorni, avvicinando quell'epoca di decadenza alla nostra, dimostrando che la ricerca della ricchezza, del piacere e della bellezza sono sempre attuali e universali. Luhrmann sa che questo è un sogno, che non ha contatti con la realtà, non a caso vediamo continuamente torte meravigliose non mangiate, champagne che viene stappato a fiumi ma che viene spesso versato a vuoto, vestiti costosi gettati a terra, amori e giovinezza che sfioriscono presto. Solo sul grande schermo, all'interno di una sala cinematografica, tutto questo è davvero possibile: il regista lo sa bene e semina il suo film di citazioni a film epici come Titanic (la scena del brindisi di DiCaprio-Gatsby è quasi la stessa di Jack Dawson, solo con qualche anno di vita vissuta e di esperienza in più sul volto dell'attore), il finale in piscina grida Viale Del Tramonto da tutti i pori e la mano di Gatsby che tenta di afferrare la luce verde sembra quella di Charles Foster Kane alla ricerca del suo "rosebud". 

Ancora una volta Luhrmann segue quindi la frase chiave del suo primo film, divenuto poi il motto della sua casa di produzione, "una vita vissuta nella paura è una vita vissuta a metà", e realizza contro tutto e tutti il suo ennesimo "spettacolo spettacolare". 
Because he can can-can.

Leonardo DiCaprio


La citazione: "Vorrei aver fatto con te tutte le cose che ho fatto"

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥♥


Titolo originale: The Great Gatsby 
Regia: Baz Luhrmann 
Anno: 2013 
Cast: Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Joel Edgerton, Elizabeth Debicki, Jason Clarke, Isla Fisher 
Durata: 143 minuti 
Colore: colore 
Genere: Dramma 
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce 
Fotografia: Simon Duggan 
Musiche: Craig Armstrong 
Costumi: Catherine Martin 
Paese di produzione: USA, Australia 
Casa di produzione: Bazmark Productions, Village Roadshow Pictures 
Distribuzione italiana: Warner Bros.

6 commenti:

  1. Si bello visivamente.....
    a me non è piaciuto più di tanto perché credo che manchi una chiave di Volta e ci devo pensare su (ci potrebbero passare dei mesi, anni).
    Comunque un film positivo, dipende un pò dai gusti personali.....i 4 cuoricini ci possono stare!
    I film precedenti li hai visti, per esempio quello con Redford e Mia Farrow (che non ha un bel voto su IMDB, tipo 6.2)?
    Buon weekend!

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    1. Bello bello visivamente!
      Anche se forse il 3D è quasi dannoso: toglie luminosità ai colori originali (mi sono scordata di scriverlo nella recensione).
      No, il film con Redford lo devo vedere!
      Mi sa che lo recupero a breve.

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  2. Secondo me un grande ritorno per Buz.
    Mi sono emozionato molto, e l'ho trovato davvero perfetto sia nella forma che nella sostanza.

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    1. Ma grandissimoooooo!!!!
      Non ti facevo tipo da apprezzare gli eccessi kitsch del Luhrmann!
      Sottoscrivo ogni parola! :D

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  3. Splendida recensione, Vale! Hai toccato argomenti sui quali io, nello scrivere 'a caldo', non mi ero soffermato... ad esempio, appunto, l'assenza del padre di Gatsby al funerale: la tua spiegazione è più che convincente, io non ci avevo proprio pensato. Così come la 'teoria' del sogno, che ha ripreso anche Alberto Crespi su 'L'Unità'. E che ci fa riflettere sul finale: si tratta davvero dei ricordi di Nick, oppure sono solo i deliri di un alcolizzato depresso?
    Ad ogni modo, hai perfettamente ragione sulla 'grandezza' di Luhrmann: per qualcuno sarà pure kitsch, ma è l'unico regista moderno che omaggia in ogni film il cinema 'bigger than life', quello che una volta Hollywood celebrava e oggi quasi se ne vergogna: gli aggettivi 'eccessivo' e 'barocco', nel suo caso, sono degli attestati di stima. Questo è il 'Gatsby' di Luhrmann al 100% , e avercene di film kitsch come questo!!

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    1. Grazieeee!!!
      Ho letto la tua recensione: molto bella.
      Alla "teoria del sogno" ho pensato anche io ma alla fine non sono convintissima.
      In certe scene sembra essere suggerita, ma poi non sono sicura che sia così.
      D'accordissimo su Luhrmann "bigger than life": e lasciatelo esprimere in pace questo pover'uomo! Comunque il film al cinema sta andando bene, a dimostrazione che Baz è un regista che arriva molto di più al pubblico che alla critica.
      E vai così! :)

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