Il regista e attore Diego Luna ha presentato il suo ultimo film, "César Chávez", raccontando la vita di un eroe semplice e di un'America diversa
Sguardo intelligente e parlantina veloce: Diego Luna, attore messicano che in 20 anni di carriera ha lavorato con molti dei più grandi registi contemporanei, da Alfonso Cuaron a Spielberg, passando per Harmony Korine e Gus Van Sant, ha presentato, fuori concorso, alla 64esima Berlinale il suo ultimo film da regista, "César Chávez", pellicola sulla vita di César Chávez, attivista americano di origini messicane che negli anni '60 fondò la National Farm Workers Associacion, boicottando i produttori di uva americani che costringevano i braccianti di origine messicana a salari miseri. Nella pellicola figurano Michal Pena, nel ruolo di César, America Ferrera, protagonista della serie tv "Ugly Betty", che veste i panni di Helen, la moglie di Chávez, Rosario Dawson e John Malkovich.
Orgoglioso della sua ultima opera, Luna ci ha parlato proprio a Berlino del suo film e di come affronta, da attore, il ruolo da regista.
"Questo film è stato una sfida, un lungo viaggio che si è concluso solo con la fine della proiezione a Berlino: è stato in quel momento che ho capito di aver finito questo percorso. In un certo senso mi sono tolto un gran peso dalle spalle, mi sono liberato dalla tensione. Allo stesso tempo ho sentito un senso di vuoto: non farei questo mestiere se non mi piacesse la sensazione che dà essere sotto pressione. Il rischio che qualcosa possa andare storto, la paura che il pubblico possa non apprezzare, sono tutte cose che mi terrorizzano e stimolano allo stesso tempo. Durante la proiezione del film ho sentito il rumore di una poltrona che si spostava: ho visto una spettatrice andare via e mi sono sentito perso. Sono stato a proiezioni, a Cannes per esempio, dove il rumore delle persone che se ne vanno sembra quello del pop corn che esplode ed è terribile: ho pensato che anche la mia proiezione sarebbe andata così. Invece un minuto dopo questa spettatrice è tornata in sala: era semplicemente andata in bagno! Tutti hanno seguito con attenzione il film e alla fine, quando hanno applaudito, mi sono sentito felice e appagato. Poi mi sono sentito anche triste: ormai il film non è più mio e devo tornare alla vita normale".
Una soddisfazione incontenibile quella di Luna, che ha creduto fin da subito nel progetto, imbarcandosi in un'avventura difficile, quella di raccontare le gesta di un uomo i cui parenti sono tuttora in vita e le cui azioni sono ancora oggi una testimonianza storica importante.
"Il movimento è ben documentato, ci sono tonnellate di registrazioni, video e articoli: c'era molto materiale da cui attingere. Il punto di vista su cui mi sono voluto concentrare però è quello dei figli: la nuova generazione. La persona con cui ho lavorato di più per realizzare il film è Paul Chávez, il più giovane dei figli di César, ho incontrato tutti quelli ancora in vita, Helen, gli altri figli, e ci hanno dato tutti molti dettagli e materiale su cui lavorare, ma la prospettiva che ho scelto è quella di chi è rimasto a casa e ha vissuto il movimento da fuori. Alla fine la storia è quella di un rapporto genitori figli, di un padre che per lottare in quello in cui crede sacrifica il tempo da trascorrere con la famiglia. E' un aspetto che mi interessa molto: alla fine, a prescindere dal tipo di film che faccio, parlo sempre di rapporti tra padri e figli".
Per Luna umanizzare la lotta politica di Chávez è stato un punto fondamentale, così da dare ancora più forza alla sua causa.
"Il rapporto padre figlio rende la storia universale: così diventa non solo un film sulla dura condizione dei braccianti nei campi o sui diritti dei lavoratori, ma sul rapporto tra un padre e un figlio in cui ci ritroviamo a capire l'uno o l'altro, o entrambi. A fine proiezione ho capito che questa storia è ancora molto importante. Il pubblico tedesco ha seguito il film con attenzione, l'ha apprezzato, alcuni ne sono stati ispirati, altri toccati, tutti volevano parlarne. Il boicottaggio ha in qualche modo affascinato il pubblico: una forma di protesta non violenta ma efficace. Spiegando che dietro un prodotto o un'industria c'è la vita di altre persone o soprusi come il lavoro minorile, la gente capisce di che cosa stai parlando: quando le vittime sono solo numeri la reazione della gente è fredda, ma quando qualcuno racconta cosa c'è dietro quei numeri, una famiglia ad esempio, la gente reagisce perché capisce che non facendo nulla un giorno potrebbe succedere anche a lei. Oggi raccontare storie è la cosa più importante che si possa fare per sensibilizzare la gente".
Un cinema d'impegno quindi quello di Diego Luna, che ha ribadito come sia essenziale raccontare la storia della comunità latina degli Stati Uniti, molto spesso ancora oggi messa in secondo piano.
"Il popolo latino mette quello americano di fronte a una verità scomoda: il bisogno di una riforma sull'immigrazione. Una realtà che gli americani non vogliono vedere e allo stesso tempo non possono rinunciare alla manodopera. C'è molta ipocrisia: l'America si vende come terra della libertà dove la legalità e la giustizia sono i valori più importanti e allo stesso tempo sfrutta tutti questi lavoratori in nero lasciandoli senza diritti".
Lo spirito democratico dell'attore si riflette anche nel suo modo di essere regista.
"Essere un attore mi ha aiutato moltissimo a essere un regista: gli attori sanno che posso capirli e inoltre posso mostrare loro come vorrei che interpretassero una determinata scena. Essere un attore mi aiuta a risultare sia rassicurante che una guida quando dirigo. Ci sono registi che non amano condividere le proprie idee con gli attori: ho girato diversi film in cui fino alla fine non ho capito che tipo di film stessi girando, alcuni registi danno agli attori solo le pagine di copione con le loro battute, io invece non sono questo tipo di regista. Credo nel rendere tutti parte della squadra, credo nel chiarire fin da subito qual è l'obbiettivo che voglio raggiungere. Per me essere un regista è trovare un equilibrio tra l'ascoltare il parere di tutti e sapere quand'è il momento di prendere le redini in mano. Amo essere sorpreso degli attori: credo sia fondamentale lasciarli liberi di esplorare". Finita quest'avventura Luna, per sua stessa ammissione, non ha ancora pensato a cosa fare in seguito: "La mia priorità è stata fare questo film negli ultimi mesi e ora promuoverlo. Mi sono svegliato l'altra mattina pensando: mio dio non ho più niente da fare! Non so cosa fare adesso! Mi ci vorranno altri quattro anni per riuscire a fare un nuovo film, cinque-sei mesi per trovare un ruolo da attore.... Sono un idiota, avrei dovuto cominciare a cercare qualcos'altro molto prima. E mi avevano anche avvertito: un regista mi ha detto che non appena comincia la fase del montaggio, quello è il momento in cui bisogna cercare un nuovo progetto. Non l'ho ascoltato e ora sono così depresso! E così vuoto!".
Il film "César Chávez" uscirà nelle sale americane il prossimo 28 marzo.
Pubblicato su Trovacinema.
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