martedì 17 maggio 2011

Se il dottor House balla in frac

Il peso del successo di Glee si fa sentire, ed altre famose serie tv cedono al fascino delle sette note.

Hugh Laurie in House M.D.

Cappello a cilindro, farfallino rosso e frac nero: se non ci fosse l’iconico bastone (questa volta però in una scintillante versione di cristallo) a completare l’insolito look di House, stenteremmo a riconoscere il dottore più amato della tv. Eppure è successo: nella puntata Bombshell della settima stagione di House M.D., Greg e la dottoressa Cuddy si sono concessi un numero di canto e danza in pieno stile Broadway. Non sono gli unici dottori ad aver ceduto al fascino glamour del musical: anche al Seattle Grace Hospital di Grey’s Anatomy un’intera puntata della settima stagione, Song beneath the song, è stata dedicata al canto, e protagonista assoluta, con la sua voce calda e sensuale, è stata la dottoressa Callie Torres, interpretata da Sara Ramirez.

Prima dei medici però, anche una serie apparentemente opposta a tutto ciò che è canto e ballo come Fringe aveva dato un’ottima prova con un’intera puntata musical: nella scorsa stagione, nella bellissima puntata Brown Betty, Olivia Dunham e soci hanno cantato in un originale stile jazz-noir.

La colpa, o il merito, dell’invasione del piccolo schermo da parte del musical va sicuramente attribuito all’enorme successo di Glee: la serie, ambientata in un liceo dell’Ohio in cui un gruppo di ragazzi con la passione per lo spettacolo si cimenta ogni settimana con sofisticati numeri musicali, ha conquistato l’America e non solo. Appena alla seconda stagione la creatura di Ryan Murphy, lo stesso autore di Nip/Tuck, ha conquistato una pioggia incredibile di premi (tra cui i prestigiosi Golden Globes e gli Emmy), ha una nutritissima schiera di fans e porta in giro per il mondo i suoi talentuosi ragazzi con un tour infinito. Lo stile Glee sembra inoltre aver contagiato anche la pubblicità: lo spot per una nota casa di automobili con protagonisti i ragazzi del McKinley High School è stato uno dei più attesi ed amati all’ultimo Super Bowl.

La ricetta è semplice: una manciata di canzoni famose, riarrangiate in chiave adatta alla serie e intorno ai protagonisti si costruisce uno spettacolare numero musicale con tanto di coreografie, luci e costumi appariscenti.

Una ricetta non nuova sul piccolo schermo, basti pensare alle puntate musical di Scrubs o di How I met your mother, nonché a tutto il filone di shows per ragazzini targati Disney come High School Musical e Hannah Montana.

Tutte queste serie però, sono debitrici ad un unico grande capostipite: al grande Joss Whedon, creatore della serie Buffy l’ammazzavampiri, e ideatore di quel cult ancora insuperato di Once more with feeling. L’episodio musical di Buffy, presente nella sesta stagione e risalente ormai a ben 10 anni fa, fu una piccola rivoluzione per le serie tv. In quella puntata tutto il cast si cimenta con il canto e il ballo – per alcuni con risultati sorprendenti – le canzoni sono originali e scritte da Christophe Beck (attualmente ancora unico caso di canzoni originali in una serie tv: ma proprio in Glee si attende una grande conclusione di stagione con una canzone scritta per il finale della serie), e le coreografie sono firmate da Adam Shankman. Un esempio che è rimasto ben impresso nella mente di tutti gli autori di serie tv, che, in un modo o nell’altro, hanno voluto inserire un episodio musical nelle loro opere.

Volendo risalire a più nobili natali, il genio alla base del nuovo immenso amore che il mondo ha scoperto per il musical è Baz Luhrmann: nel 2001 con il suo straordinario film Moulin Rouge!, il regista australiano ha fatto capire che c’era ancora bisogno di personaggi che si dichiarano il proprio amore cantando, meglio se vestiti di lustrini e giacche eleganti. La ricetta originale era tutta lì: canzoni famose riarrangiate ed una mescolanza di stili e generi degna del miglior stile post-moderno. Da lì in poi sono arrivati una serie infinita di cloni: Chicago, Il fantasma dell’opera, Across the Universe, Rent, The Producers e così via, fino a contagiare anche il piccolo schermo.

A Glee va il merito di essere riuscito a convogliare questa “voglia di musical” in un prodotto che poteva facilmente scadere nel banale e nel ripetitivo e che invece si è rivelato ben scritto, ironico, a volte spietato, con un riguardo particolare per i temi sociali e dalla travolgente carica empatica. Un carrozzone così colorato e contagioso da coinvolgere anche i colleghi in camice.

Pubblicato su Kataweb.it

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