martedì 20 maggio 2008

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo

Indy è tornato!




L’ HO VISTOOOO!!!!

Finalmente, dopo anni e anni di attesa, ho visto il nuovo capitolo della trilogia per eccellenza: Indiana Jones è tornato!
Da fan ossessiva della serie (so tutte le battute dei 3 film a memoria) avevo un misto di attrazione e paura per questa pellicola: da una parte c’era l’enorme desiderio di vedere ancora una volta il mio personaggio preferito sullo schermo, dall’altra il terrore che, vedendolo ormai vecchio, la magia dei precedenti film sarebbe stata compromessa.
Inoltre un nuovo film della saga come potrebbe mai essere all’altezza di un capolavoro del calibro di “Indiana Jones e L’Ultima Crociata” (ebbene sì, il mio preferito è il terzo!)?!
Con fervente attesa sono andata all’anteprima del film, accompagnata da mio fratello - forse ancora più fan di me - che provava la mia stessa emozione: c’è tutta la nostra infanzia in Indiana Jones!
Preso il pressbook (con due chicche eccezionali: un libretto a colori pieno di foto e curiosità sulla trilogia e un audio-cd con trailer, Spielberg che dirige e momenti sul set), siamo entrati nella gremitissima sala 4 dell’Adriano, a Roma, dove c’erano praticamente tutti i giovani critici cinematografici della città: alla fine la sala era talmente piena, che moltissime persone hanno dovuto sedersi sui gradini!
Conquistati faticosamente due posti a sedere, abbiamo atteso l’inizio del film parlando dei tre capitoli precedenti, mimando qualche scena e citando alcune nostre frasi mito (tipo “I datteri fanno male!” di “I Predatori dell’Arca perduta”, o “Scusi signore avrebbe qualcosa di più semplice? Non so un brodino?” di “Il Tempio maledetto” o “Senza biglietto!” del terzo) e intanto l’attesa cresceva.
Finalmente, con mezz'ora di ritardo, si sono spente le luci in sala e il film è iniziato.



America 1957: in un’area isolata e desertica, vediamo un corteo di veicoli militari dirigersi verso una base segreta. I soldati si rivelano essere spie russe e hanno catturato due prigionieri: uno è Gorge McHale, detto Mac (Ray Winstone), l’altro, visto di spalle, è un po’ più anziano e, una volta tirato fuori dal bagagliaio della macchina in cui era stato imprigionato, non si scompone, raccoglie tranquillamente da terra il suo cappello marrone, se lo rimette in testa e dalla sua ombra leggendaria capiamo subito di chi si tratta, è il mitico Dottor Jones (Harrison Ford)!
I russi, comandati dalla perfida e glaciale Irina Spalko (Cate Blanchett), sono alla ricerca di un misterioso reperto archeologico e vogliono che il dottor Jones lo trovi per loro.
Indy rifiuta di collaborare, ma è messo alle strette e per di più si ritrova da solo visto che Mac l’ha tradito: non resta che la fuga. Fin dalle prime immagini Harrison Ford stupisce: sarà il trucco, saranno le luci, ma non dimostra affatto i 66 anni che ha! L’aria ironica, spaccona e intelligente è sempre quella e lui è sempre Indiana Jones: cappello, frusta, giacca di pelle e sorriso smaliziato. Mitico!
Col procedere dell’azione ci si rende conto che anche nelle scene d’azione Indy è sempre lui: pugni sonori, schiocchi di frusta, corse improbabili su casse e pali, certo magari adesso che un po’ più vecchio sbaglia la mira (bellissima la scena in cui torna indietro mentre è appeso alla frusta), ma la tempra è quella di 20 anni fa!
La scena iniziale è mozzafiato: il film parte subito con l’azione e lascia ben sperare.

Cate Blanchett e Harrison Ford

Durante la sua fuga disperata dai russi a Indy ne capitano di tutti i colori: si trova bloccato in un’area per test nucleari, viene inseguito dall’FBI, assalito dal KGB e licenziato dall’Università.
Nel frattempo incontra Mutt Williams (Shia LaBoeuf), giovane imbrillantinato e tutt’uno con la sua moto, un po’ Elvis un po’ Marlon Brando, che cerca il professor Jones per aiutare sua madre Marion (Karen Allen). Per aiutare il ragazzo Indy scopre che il suo collega Oxley (John Hurt) è stato rapito in Sud America e ha trovato un oggetto avvolto da una leggenda misteriosa: un teschio di cristallo, costruito dalla civiltà Maya, che si dice abbia oscuri poteri.
Jons e Mutt partono alla volta del Sud America e qui devono affrontare manicomi, antichi cimiteri, tombe piene di trappole, i soliti russi che continuano a braccarli, insetti carnivori, serpenti, sabbie mobili e chi più ne ha più ne metta! In tutte queste rocambolesche imprese, i due trovano Oxley e Marion, ostaggi dei russi. Marion è invecchiata, ma conserva anche lei lo spirito di un tempo: fiera, litigiosa, logorroica, un po’ maschiaccio e ancora profondamente innamorata del dottor Jones. Tra i due riscocca immediatamente la scintilla e quindi i litigi continui e tra un pericolo e l’altro scopriamo che Mutt è in realtà Hanry Jones III, il figlio di Indiana Jones!

Harrison Ford e Shia LaBoeuf

Lo strano gruppo parte alla ricerca del tempio maya nascosto, con l’obbiettivo di rimettere il teschio di cristallo al suo posto: come al solito leve segrete, trappole e guardiani combattivi proteggono la costruzione, ma i protagonisti arrivano ugualmente al tesoro e al luogo sacro.
Qui ognuno troverà quel che cerca, ma dovrà pagarne le conseguenze.
La pellicola finisce con un lieto evento: ma non lo dico per non rovinare la sorpresa.
Indiana Jones e il suo cappello ci salutano: forse sono pronti per altre avventure, forse invece hanno voglia di fermarsi, certo è che la loro leggenda continuerà per sempre!

Karen Allen



Il quarto capitolo di Indiana Jones non delude: l’azione c’è, l’humor anche, i dialoghi pungenti e le battute esilaranti pure. Il cast è sublime: Harrison Ford all’età di 66 anni è in forma come non mai, si butta in mezzo a risse, tombe, si appende ancora alla frusta, fa inseguimenti all’ultimo sangue…I maligni che dicevano che la debolezza del film sarebbe stata proprio lui dovranno ricredersi: lui E’ Indiana Jones e regge da solo tutto il film. Il cast di contorno non è da meno: Cate Blanchett è perfetta come spia russa, gelida, spietata e allo stesso tempo attratta dal paranormale, i suoi occhi sono bellissimi e inquietanti, insomma altra ottima prova per quest’attrice che ormai entra nella storia del cinema per aver partecipato a due delle trilogie più importanti e famose di tutti i tempi (questa e quella del “Signore degli anelli”); Shia LaBoeuf mi ha stupito, pensavo fosse troppo insipido e banalotto per interpretare il figlio di Indiana Jones, invece il ragazzo ha stoffa, è convincente, simpatico e ha un certo non so che, il nuovo pupillo di Spielberg ha le sue carte e le sa giocare bene; John Hurt è sempre grande, anche se qui è relegato in un ruolo minore; Karen Allen sprizza gioia da tutti pori, sorride, si diverte, si vede che è stata molto felice di partecipare al progetto; l’unico che non convince, ma non per colpa sua, è Ray Winstone, il suo personaggio è un di più inutile che si poteva tranquillamente eliminare. Gli appassionati di serie tv riconosceranno gli agenti del FBI: sono l’inserviente di Scrubs (Neil Flynn) e il cattivissimo signor Widmore di Lost (Alan Dale). Nota di merito anche al mitico Jim Broadbent (l’indimenticabile Zidler di Moulin Rouge!) che ha dato un’ottima prova nonostante avesse appena due scene.

Harrison Ford

Bellissima la fotografia e l’ambientazione del film: sembra veramente di essere negli anni ’50!
Spielberg alla regia sembra aver ritrovato il brio di 20 anni fa e non delude.
L’ormai leggendaria musica di John Williams, elemento indissolubile quando si parla di Indiana Jones, emoziona come sempre e il nuovo arrangiamento non sfigura rispetto ai precedenti.
I momenti migliori sono sicuramente i dialoghi padre-figlio (questa coppia funziona proprio bene e non mi stupirei se Lucas decidesse di continuare la saga con il personaggio di Mutt) e le espressioni di Indy di fronte ai vari imprevisti, che assicurano momenti di vero divertimento.
Ho molto apprezzato le continue auto-citazioni: all’inizio nell’esplosione al deposito da una cassa si intravede l’Arca dell’alleanza, Sean Connery – Hanry Jones sorride da una fotografia e così anche il vecchio amico Markus, i serpenti, il mare d’ insetti e l’inondazione come nel secondo capitolo, la corsa lungo le cascate, le leve segrete, l’inseguimento in moto come nel terzo capitolo qui però con l’inversione dei ruoli, infatti ora è Indiana il padre e Mutt il figlio, il continuo giocare sul significato simbolico del cappello…Insomma Spielberg ha saputo ricreare l’atmosfera della trilogia, anche se ogni tanto si è lasciato prendere la mano dagli effetti speciali, creando scenari apocalittici che sono più adatti a film come “La guerra dei mondi” che non per l’avventuriero-archeologo.

Shia LaBoeuf e Harrison Ford

Geniale l’utilizzo delle marmotte e delle scimmie: sono diventate anche loro dei personaggi e hanno creato alcuni dei momenti più divertenti.
Insomma il film nella sostanza è buono, anche se alcune cose non funzionano e gli hanno impedito di essere un vero capolavoro: intanto l’introduzione della vicenda va un po’ troppo per le lunghe, anche se comunque il ritmo tiene, il personaggio di Mac è stato caratterizzato male e alla lunga si rivela totalmente inutile e la cosa che proprio non funziona è il finale. Purtroppo Spielberg e Lucas chiudono la storia con un finale un po’ troppo scontato, frettoloso e dal sapore estraneo alla vicenda dell’archeologo: più che Indiana Jones sembra “Incontri ravvicinati del terzo tipo”!
Comunque in sostanza il film ha un gran ritmo e la magia della saga è intatta, tanto che mio fratello ha detto che secondo lui questo quarto capitolo è migliore del secondo.
I fan non resteranno delusi e i neofiti potranno godersi un buon film d’avventura, di come non se ne vedevano da un po’, anche perché quando si parla del genere “avventura” Indiana Jones è quasi un sinonimo!
Grazie Indy per averci fatto sognare ancora una volta!

Harrison Ford, Shia LaBoeuf e Karen Allen

2 commenti:

  1. Se shia lebeuf diventa il nuovo indiana jones mando un pacco bomba a lucas.
    Indy è Harrison Ford, stop.
    Emblematica la gag col cappello alla fine :P

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  2. Sono d'accordissimo!
    Infatti spero che si fermino qui.
    Perchè credo che possano solo peggiorare.
    Si è vero la scena finale è come a dire "A regazzì lascia stà, non è robba pe' te!" :-)

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