Sangue.
Tanto, tantissimo sangue.
Fin dai titoli di testa, bellissimi e in pieno stile burtoniano, si capisce che “Sweeney Todd” non ha nulla delle favole dark a cui
Burton ci ha abituato.
Questa volta l’immaginifico regista ci catapulta in un vero e proprio incubo: cupo, grumoso e fetido.
Il sangue pastoso, denso, quasi una tempera, che vediamo piovere dal cielo all’inizio del film, sarà l’unico colore della pellicola: per il resto il regista ha usato esclusivamente toni che vanno dal nero al grigio. Ma veniamo alla storia.
Sweeney Todd (
Johnny Depp) è un uomo pensieroso.
E’ un uomo cupo.
E’ un uomo con un tremendo passato.
E’ soprattutto un uomo assetato di vendetta.
Ed è anche un barbiere, che una volta si chiamava Benjamin Barker.
Fuggito dalla prigione in cui era stato ingiustamente rinchiuso per ben quindici anni, Barker cambia identità e torna a Londra, pronto a punire chi gli ha distrutto la vita.
Giunto nella sua vecchia casa e rimpossessatosi dei suoi rasoi d’argento, progetta di uccidere il giudice Turpin (
Alan Rickman) che, innamorato della sua bella e virtuosa moglie, lo ha ingiustamente condannato, separandolo dalla sposa e dalla figlia neonata, Johanna.
Al piano inferiore della casa di Todd c’è il negozio di Mrs. Lovett (
Helena Bonham Carter), che cucina i “peggiori pasticci di carne di tutta Londra” e che offre il suo aiuto a Todd. Da lei apprendiamo che, dopo l’arresto, la moglie di Sweeney è impazzita e si è suicidata e che il giudice ha adottato Johanna e da allora l’ha tenuta rinchiusa nella sua casa, senza che nessuno la veda.
I due escogitano un diabolico piano: nell’attesa che il giudice venga al negozio di Todd, il barbiere taglierà la gola a tutti i malcapitati clienti, che poi Mrs. Lovett farà sparire usandoli come ingrediente principale delle sue torte di carne.
La trama in sé non è originalissima, perfino l’uso dei cadaveri a scopo alimentare si era già visto (ad esempio in “Pomodori verdi fritti alla fermata del treno”): il fascino di questo film sta nel grande stile personale del regista.
Johnny Depp
Solo Tim Burton poteva fare un film di vendetta, omicidi e violenza che è anche un musical!
Riprendendo l’opera teatrale di Stephen Sondheim, Burton ha realizzato un’opera unica nel suo genere: un horror-musical, un incubo patinato, una macabra danza gotica.
Anche qui, la famiglia e i rapporti umani escono, questa volta letteralmente, a pezzi: abbiamo un uomo, che una volta era buono e che amava la sua famiglia, trasformato in un mostro dalla cattiveria altrui, un uomo che è stato talmente ferito da non conoscere più il confine tra giusto e sbagliato.
Sweeney sembra essere l’evoluzione di Edward Mani di forbice: ma mentre Edward faceva del male agli altri involontariamente perché le sue lame gli erano state imposte, Todd sceglie volutamente di impugnare i rasoi e di seminare morte. L’escluso decide di reagire facendosi giustizia da solo e lo fa con ancora più cattiveria dei suoi aguzzini. Anche nella capigliatura Todd ricorda Edward, ma, a dimostrazione che il tempo è passato, ha una ciocca di capelli bianchi.
Accanto al protagonista non troviamo personaggi positivi: Mrs. Lovett incarna tutte le meschinità e le avidità della gente comune, pur di avere il proprio vantaggio è pronta a sacrificare qualsiasi cosa e a compiere i crimini più efferati. Il giudice Turpin è la classe potente che opprime i più deboli e si fregia di un’autorità che in realtà nasconde perversioni terribili e corrotte. Abbiamo Beadle Bamford (
Timothy Spall), il servo, il viscido, pronto a salire sul carrozzone del vincente di turno, che calpesta gli altri con gusto. Soltanto Johanna e Anthony, il ragazzo che si innamora di lei, sembrano dare una speranza, ma solo perché ancora non hanno vissuto abbastanza e non sono entrati in contatto con le altre persone: presto dovranno sporcarsi anche loro, proprio come il piccolo Toby, l’aiutante di Mrs. Lovett, che impara subito ad essere adulto.
Johnny Depp e Helena Bonham Carter
Il film è una metafora nera, nerissima, dei giorni nostri: tempi mostruosi, tempi da lupi, tempi in cui è impossibile essere buoni e innocenti perché il resto del mondo non te lo permette.
La famiglia, l’amore, l’onestà, sono solo illusioni: l’uomo accanto a te, la donna che dice di amarti, le persone che dovrebbero essere integerrime e amministrare la giustizia sono pronti a schiacciarti, a fare carne da macello di te. L’unica soluzione è o farsi schiacciare, o farsi giustizia da soli.
Sweeney sceglie la seconda opzione.
Ma la vendetta è un’arma pericolosa: il cuore di Todd si è talmente indurito da non riuscire a pensare ad altro, da non ricordare più nemmeno le cose e le persone che lo rendevano felice.
La vita, a modo suo, pareggerà i conti.
Burton ha confezionato un film personalissimo, cupo, malato, macabro, perverso, affascinante e visionario, ha saputo mescolare le musiche allegre con immagini terribili, splatter e cruente, creando un contrasto a volte disturbante.
Londra è resa livida e tetra, grazie alla bellissima fotografia di Dariusz Wolski.
Nota di merito va anche alle stupende scenografie e ai costumi (dei nostri Dante Ferretti e Francesca Schiavone), premiati con l’Oscar.
Inutile parlare di Depp: straordinario come e più del solito, abbandonata la dolce malinconia di Edward e la follia allegra di Willy Wonka, qui assume un’espressione truce, malata e senza pietà, in più canta in maniera convincente, con una voce roca, intensa e sensuale. Depp poi è l’unico attore che si inventa una camminata diversa per ogni nuovo personaggio. Fantastico!
Ottima anche la Bonham Carter, perfetta nel ruolo della perfida Mrs. Lovett a modo suo innamorata di Todd, ma comunque sempre pronta all’infanticidio.
Stupendo il pezzo in cui Todd e la Lovett progettano di cucinare tutti gli uomini della città e veramente psicopatico, bellissimo e perfino ironico il trip della Lovett che si immagina il suo futuro con Todd: un capolavoro in cui c’è tutto Burton.
Alan Rickman
L’unica nota dolente del film, è proprio il caso di dirlo, sono le canzoni, non esattamente memorabili. Ma, in effetti, sono l’unico elemento dove non c’è il tocco del regista.
Molti potrebbero dire che il film è noioso, ma la lentezza e la macchinosità con cui a volte la storia procede sono funzionali al percorso psicologico del protagonista: il tempo è immobilizzato sull’idea di vendetta di Todd, lui non riesce a pensare che a quello, è come se la sua mente e il suo corpo non percepissero altro, e di conseguenza il tempo è dilatato e fermo.
Un film unico nel suo genere, che nasconde molte più riflessioni di quanto non appaia in realtà: i tempi moderni visti dall’occhio di un regista visionario e anomalo.
La pellicola è di quelle che divide il pubblico in due fazioni: quelli che lo considerano un mero esercizio artistico noioso e a volte troppo cruento e quelli che lo ritengono un capolavoro.
Io sono sicuramente tra i secondi.
La citazione: “Tornerò quando avrà un giudice nel menù!”
Voto: ♥♥♥♥
Curiosità: praticamente mancava solo Daniel Radcliffe e il film poteva essere uno spin-off di Harry Potter: infatti sia Rickman, Bonham Carter che Spall sono nel cast dei film sul maghetto creato da J.K. Rowling!