venerdì 21 settembre 2012

Stanley Kubrick e me



Come si può facilmente intuire dal nome del blog, da queste parti Stanley Kubrick non è considerato un semplice regista, ma il più grande regista cinematografico che sia mai esistito, nonché uno dei geni assoluti della storia dell'umanità.
Parole grosse, ma assolutamente giustificate nel momento in cui si guarda 2001: Odissea nello spazio, Barry Lyndon o Arancia Meccanica.
In soli 12 film (più il primo e meno noto Fear and Desire) Stanley Kubrick ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema grazie alla sua regia perfetta, agli altissimi temi trattati, ad immagini che sono entrate nella coscienza collettiva e ad una sensibilità ed intelligenza fuori dal comune.

Del regista Kubrick e dei suoi film si è detto e si sa praticamente tutto.
La leggenda vuole Kubrick come un uomo intransigente e quasi tirannico, maniacale, perfezionista oltre ogni modo, che blindava i suoi set e costringeva gli attori a ripetere le scene anche 70 volte.
Pettegolezzi, dicerie, mezze verità: il Kubrick che ne viene fuori sembra un uomo difficile, che incute soggezione e non ispira certo simpatia.

Poco, quasi nulla, si sa invece di Stanley, l'uomo che si nasconde dietro al genio della macchina da presa. Ha avuto tre mogli, tre figlie, si è rifugiato in Inghilterra abbandonando l'America.
Basta. Questo è quello che è trapelato negli anni.

A colmare questa lacuna e a rendere un ritratto completo, appassionante e commovente dell'uomo, è un personaggio che ha avuto un peso enorme nell'esistenza di Stanley Kubrick: Emilio D'Alessandro, il suo assistente personale.
La storia che ha legato questi due uomini ha dell'incredibile, tanto da assomigliare alla trama di un film. Questa storia è raccontata in un libro uscito da pochi giorni, dal titolo: Stanley Kubrick e me.
E' meglio mettere subito le cose in chiaro: qualsiasi appassionato di Kubrick non può fare a meno di leggere questo libro. Il racconto infatti non solo svela alcuni retroscena irresistibili della lavorazione dei film di Kubrick, ma tratteggia un'immagine inedita, privata e affascinante del Kubrick dietro la macchina da presa.
Grazie al sentito ed emozionante racconto di D'Alessandro si intuisce infatti come Kubrick fosse una persona gentilissima, generosa, molto intelligente, sensibile e per questo spesso diffidente, sempre in fermento, dotata di grande energia ed ironia, vittima di alcune assurde manie come solo le grandi menti possono essere.

Emilio D'Alessandro e Stanley Kubrick

Nato a Cassino, fuggito a Londra per evitare il servizio militare, Emilio D'Alessandro nella sua vita ha fatto di tutto: giardiniere, assistente cuoco in un ospedale, meccanico, operaio in fabbrica e soprattutto pilota automobilistico, abilità che gli ha permesso di entrare in contatto con Kubrick. D'Alessandro in Inghilterra si è sposato, ha avuto due figli, e per mantenere la famiglia, dopo diversi impieghi, ha intrapreso la professione di autista per la Mac's Minicabs. Dal 1971 è diventato autista in esclusiva per la Hawk Films e una sera gli capitò di dover trasportare un passeggero molto particolare: il fallo in porcellana di Arancia MeccanicaD'Alessandro non lo sapeva ma quell'oggetto così singolare avrebbe cambiato la sua vita. Poco tempo dopo infatti Kubrick lo volle come suo autista personale.
Il primo incontro tra i due ha del leggendario: sulla soglia di Abbots Mead, la residenza dell'epoca di casa Kubrick, D'Alessandro conobbe il genio, e la sua prima impressione fu, parole sue: "Mi sembrò Fidel Castro". Kubrick, dopo averlo salutato, gli fece vedere un articolo di giornale del 1968 in cui si parlava di D'Alessandro come pilota. Le sue prime parole furono: "Guida così anche in strada? Rispetta i limiti di velocità e la segnaletica stradale?".
In quel momento nacque un sodalizio destinato a durare 30 anni.

Entrato nell'"entourage kubrickiano", come lo definiva la costumista Milena Canonero, Emilio pian piano è diventato molto di più di un semplice autista: assistente, confidente, spalla sempre pronta a dare una mano, membro stretto della famiglia.
Grazie al suo racconto pieno di affetto e onestà possiamo quindi essere spettatori del Kubrick più privato: veniamo infatti a conoscenza di tutte le sue manie, come l'amore quasi cieco e ossessivo per gli animali, la passione per tutto ciò che ha origine militare, la sua totale noncuranza dell'abbigliamento, di cui comprava decine di copie dello stesso capo, l'odio per gli avvocati e i sindacati, l'amore per le penne stilografiche, il caffé in grani e i supermercati.



Pian piano D'Alessandro è diventato il confidente più stretto di Kubrick, tanto da sapere in ogni momento cosa pensasse: "Esistevano due modi per andare d'accordo con lui: dargli sempre ragione o farlo ridere quando volevi contraddirlo". Diventato il suo uomo di fiducia, Emilio era il tramite di Kubrick con il mondo: "Era compito mio non fargli perdere tempo, liberarlo dalle piccole e grandi incombenze della vita, perché lui potesse semplicemente essere Stanley Kubrick".
Grazie a questa stretta collaborazione, che impegnava entrambi anche 15-19 ore al giorno nei momenti di lavorazione dei film, Emilio ha potuto essere testimone e protagonista di fatti incredibili avvenuti sui set, come quando ha salvato la produzione di Barry Lyndon recuperando i fucili di scena dalla dogana irlandese, quando ha portato Marisa Berenson in un locale per camionisti dopo averla presa all'aeroporto, quando sul set di Shining negli stessi studi George Lucas e Steven Spielberg stavano girando contemporaneamente L'impero colpisce ancora e I predatori dell'arca perduta portando i tre registi a stringere amicizia, o quando ha fatto da traduttore per le telefonate tra Kubrick e Federico Fellini. Per non parlare delle lunghe conversazioni che i due avevano davanti ad una tazza di caffé nello studio privato di Kubrick, in cui solo ad Emilio era permesso entrare. Qui i due sono stati protagonisti di conversazioni incredibili, come quando hanno discusso sulla scelta del protagonista di Shining: Kubrick cercava di giustificare la scelta di Jack Nicholson, mentre Emilio avrebbe voluto Charles Bronson.

Aiutato nella stesura del racconto da Filippo Ulivieri, creatore del sito Archivio Kubrick, D'Alessandro ci ha commosso con il racconto di due vite straordinarie che si sono indissolubilmente intrecciate fino all'improvvisa e inaspettata morte del regista, avvenuta nel marzo 1999. Il racconto lucido, ironico, sincero e pieno d'affetto di Emilio D'Alessandro colpisce direttamente al cuore, appassiona come se si stesse parlando delle avventure del protagonista di un romanzo epico, e rende giustizia a due persone eccezionali, ognuna a modo suo. 
Come dice Emilio nelle ultime pagine del libro: "Ora che il suo tempo si era esaurito e il mio aveva perso ragione, mi sembrava di cogliere il filo che ci aveva legato, quel punto di impensato, eppure stabile equilibrio in cui la sua intelligenza e la mia ignoranza si erano toccate, in una unione che aveva funzionato in maniera semplice e sorprendente".


Titolo: Stanley Kubrick e me
Autori: Emilio D'Alessandro e Filippo Ulivieri
Casa Editrice: ilSaggiatore
Uscita italiana: 30 agosto 2012
Pagine: 354
Prezzo: 17 euro

6 commenti:

  1. Ottimo consiglio! Aspetto una tua recensione sui film di Kubrick oltre a quella di 2001 che mi è piaciuta molto. Un consiglio: falla su Eyes Wide Shut!

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    Risposte
    1. Eh lo so...ma scrivere di quei film per me è difficilissimo!
      Lui è il mio regista preferito in assoluto.
      Cmq hai ragione: devo cimentarmi con le recensioni dei suoi film.
      Così ho anche la scusa di rivedermeli tutti! :)

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  2. sembra un libro interessante, mi sa che lo leggerò
    http://lilimarlene0988.blogspot.it/

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  3. io lo sto leggendo ora, per ora è solo stupendo.... dai suoi film si poteva capire che era uno che amasse il suo lavoro, ma apprenderlo da questi dettagli ti riempe il cuore....

    p.s. io già per miei motivi (serie tv) amavo i golden retriever, questa è la ciliegina sulla torta....

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    1. E' un libro stupendo, è vero.
      Per i golden ti riferisci per caso ad un certo Vincent? :)
      Per me è fantastico proprio perché ti fa vedere l'uomo Kubrick di cui si sa pochissimo.

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