Il cinema tedesco sta rifiorendo.
E si interroga sempre più sulla sua storia recente.
Dopo l’Oscar a “Le vite degli altri”, al Festival Internazionale del Film di Roma sono stati presentati due film che parlano, da diversi punti di vista, del terrorismo politico anni settanta che va sotto il nome di “anni di piombo”, dal titolo del film di Margarethe Von Trotta.
“Shattenwelt” parla delle conseguenze di un attentato della Raf, “La Banda Baader Meinhof” invece segue da vicino le vicende di questo gruppo di intellettuali che abbandonarono le loro famiglie per imbracciare kalashnikov e lottare sul campo per i loro ideali politici.
Andreas Baader (Moritz Bleibtreu, star in patria e protagonista di “Le particelle elementari”), Ulrike Mehinof (Martina Gedeck) e Gudrun Ensslin (Johanna Wokalek) combattono una guerra intestina e sotterranea fatta di bombe e attentati per contrastare l’imperialismo americano sostenuto dallo stesso governo tedesco tra cui figurano ancora ex-esponenti del nazismo.
A dar loro la caccia Horst Herold (un ottimo Bruno Ganz), capo della polizia che forse li capisce più di chiunque altro.
Il film è diviso in tre momenti: quello della lotta armata, dell’arresto e del post arresto, fino al misterioso “suicidio” avvenuto in carcere di tutti i componenti della banda.
Il regista Uli Edel – che con questa pellicola conclude la sua trilogia sulla violenza dopo “Christiane F. – Noi ragazzi dello zoo di Berlino” e “Ultima fermata Brooklyn” – confeziona un film ben fatto e strutturato, avvincente nella prima parte, che perde però un po’ di mordente nella seconda.
Ottimo il cast, composto dalle maggiori stelle del cinema tedesco contemporaneo.
Un film che ha il pregio di non schierarsi né da una parte né dall’altra, senza giudicare e senza un moralismo facile che appesantirebbe il tutto.
Interessante lo sforzo di approfondire la psicologia di questi personaggi realmente esistiti: vediamo così come Ulrike Menhiof, giornalista di successo e madre, pian paino maturi la decisione di abbandonare tutto e tutti per darsi alla lotta violenta.
Il film, prodotto e sceneggiato da Bernd Eichinger, lo stesso di “La caduta”, è tratto dal romanzo di Stefan Aust e in patria ha destato numerose polemiche.
Per l’Italia, che negli anni settanta ha vissuto lo stesso clima di terrore, è interessante vedere come oltralpe hanno vissuto e continuano a vivere questi tragici avvenimenti.
E si interroga sempre più sulla sua storia recente.
Dopo l’Oscar a “Le vite degli altri”, al Festival Internazionale del Film di Roma sono stati presentati due film che parlano, da diversi punti di vista, del terrorismo politico anni settanta che va sotto il nome di “anni di piombo”, dal titolo del film di Margarethe Von Trotta.
“Shattenwelt” parla delle conseguenze di un attentato della Raf, “La Banda Baader Meinhof” invece segue da vicino le vicende di questo gruppo di intellettuali che abbandonarono le loro famiglie per imbracciare kalashnikov e lottare sul campo per i loro ideali politici.
Andreas Baader (Moritz Bleibtreu, star in patria e protagonista di “Le particelle elementari”), Ulrike Mehinof (Martina Gedeck) e Gudrun Ensslin (Johanna Wokalek) combattono una guerra intestina e sotterranea fatta di bombe e attentati per contrastare l’imperialismo americano sostenuto dallo stesso governo tedesco tra cui figurano ancora ex-esponenti del nazismo.
A dar loro la caccia Horst Herold (un ottimo Bruno Ganz), capo della polizia che forse li capisce più di chiunque altro.
Il film è diviso in tre momenti: quello della lotta armata, dell’arresto e del post arresto, fino al misterioso “suicidio” avvenuto in carcere di tutti i componenti della banda.
Il regista Uli Edel – che con questa pellicola conclude la sua trilogia sulla violenza dopo “Christiane F. – Noi ragazzi dello zoo di Berlino” e “Ultima fermata Brooklyn” – confeziona un film ben fatto e strutturato, avvincente nella prima parte, che perde però un po’ di mordente nella seconda.
Ottimo il cast, composto dalle maggiori stelle del cinema tedesco contemporaneo.
Un film che ha il pregio di non schierarsi né da una parte né dall’altra, senza giudicare e senza un moralismo facile che appesantirebbe il tutto.
Interessante lo sforzo di approfondire la psicologia di questi personaggi realmente esistiti: vediamo così come Ulrike Menhiof, giornalista di successo e madre, pian paino maturi la decisione di abbandonare tutto e tutti per darsi alla lotta violenta.
Il film, prodotto e sceneggiato da Bernd Eichinger, lo stesso di “La caduta”, è tratto dal romanzo di Stefan Aust e in patria ha destato numerose polemiche.
Per l’Italia, che negli anni settanta ha vissuto lo stesso clima di terrore, è interessante vedere come oltralpe hanno vissuto e continuano a vivere questi tragici avvenimenti.
Voto: ♥♥♥
Pubblicato su Cinema4stelle.
Interesanti blogi...
RispondiElimina"“La Banda Baader Meinhof” invece segue da vicino le vicende di uno di questi gruppi di intellettuali che abbandonarono le loro famiglie per imbracciare kalashnikov e lottare sul campo per i loro ideali politici"
RispondiEliminanon è "uno di questi gruppi".
Baader e Meinhof fondarono proprio la Raf di cui tu dicevi poco prima nell'articolo, e ne costituirono il gruppo d'azione della prima generazione.
Tra l'altro, mi permetto di notare, a livello di caratterizzazione è proprio il personaggio della Meinhof ad essere più approssimato in confronto allo svolgimento storico della vicenda
In effetti, come semplice film "storico" e "documentaristico" forse è poco equilibrato e un pò esagerato, però come film "d'azione" secondo me è riuscitissimo, è girato davvero molto bene, ottimamente recitato e ci sono alcune sequenze "da paua".
RispondiEliminaAle55andra
bravi i crucchi, mi piace quando fanno così. da notare poi come loro facciano sti film e ne traggano uno spunto di riflessione mentre da noi se fai un film sulle Brigate Rosse ti prendi del terrorista
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