Christopher
Nolan costruisce il più classico dei viaggi spazio-temporali per tuffarsi con
coraggio nel buco nero dell'ignoto e trasformare la magia del cinema nella
quinta dimensione
Fin dal primo respiro, conosciamo ed esploriamo il
mondo utilizzando i nostri sensi: vista, udito, tatto, gusto, olfatto, grazie
ai neuroni sensoriali creiamo una mappa della vita, la trasformiamo in
esperienza, ricordi, emozioni. E se è vero che anche piante e animali possiedono
un sistema nervoso, quello dell'uomo si è sviluppato a tal punto da portarlo a
interrogarsi sul perché della sua esistenza, a desiderare di trascendere la sua
natura mortale e limitata, a chiedersi cosa ci sia nello spazio profondo oltre
a noi, minuscoli granelli di sabbia in confronto alla vastità dell'universo.
La natura contraddittoria dell'uomo, uno spirito che
tende all'infinito racchiuso dentro un corpo mortale, è forse il tratto più
affascinante del genere umano, che ha tormentato e ispirato nel corso dei
secoli poeti, scienziati e filosofi. Questa natura è il centro d'interesse
dell'opera di Christopher Nolan, regista che fin dai suoi primi lavori ha
cercato di esplorare i sensi umani e le implicazioni morali che portano con sé:
dopo aver scomposto la memoria in particelle elementari in Memento, aver dimostrato l'estrema facilità con cui può essere
ingannato lo sguardo in The Prestige
ed essersi tuffato negli abissi più profondi del subconscio in Inception, il naturale step evolutivo
della cinematografia del regista inglese non poteva che essere l'affrontare il
mistero sublime dell'ignoto.
Pescando a piene mani dai film di fantascienza che
più hanno contribuito all'evoluzione del genere, Nolan ha costruito il suo
personale ritratto della natura umana: nella sua ultima pellicola il regista ha
l'ambizione di spingersi dove nessun altro ha mai osato prima, ovvero
direttamente all'interno del buco nero dell'ignoto, cercando di fornire una
risposta.
In Interstellar
siamo di fronte a uno scenario apocalittico: la Terra è ormai spacciata, le sue
risorse sono quasi esaurite e l'uomo è tornato a uno stadio primitivo in cui
agli scienziati si preferiscono gli agricoltori. Cooper (Matthew McConaughey),
un ingegnere e astronauta che ha sognato da sempre lo spazio senza mai poterci
andare, non è pronto ad accettare con rassegnazione la fine del genere umano e
il suo imbarbarimento: grazie alla figlia, Murph, chiamata così in onore della
Legge di Murphy, segue il suo sogno e parte alla ricerca di un nuovo pianeta in
cui l'umanità possa vivere. Durante il viaggio però, Cooper deve fare i conti
con diversi fantasmi, a cominciare dal tempo, che nello spazio scorre a
velocità differente che sulla Terra, e soprattutto con i sentimenti, che
possono portare a grandi gesti di altruismo o a egoistica violenza.
Il riferimento principe del nuovo film di Nolan,
grande estimatore di Stanley Kurbrick, è palese: il regista inglese ha
concepito e realizzato il suo 2001:
Odissea nello spazio, inserendo, come nella pellicola del 1968, buchi neri
e salti temporali, interrogativi filosofici e immagini mozzafiato, creando
persino dei robot che nel design ricordano il monolite nero del film di
Kubrick. 2001 però non è l'unica
fonte di ispirazione: come in L'uomo dei
sogni, film del 1989 di Phil Alden Robinson, c'è il rapporto tra un padre e
una figlia, piantagioni di granturco e campi da baseball, e come in Solaris, pellicola del 1972 di Andrej
Tarkovskij, c'è lo studio di nuovi pianeti e lo straziante rapporto tra chi
viaggia tra le stelle e chi invece rimane sulla Terra. Come un Don Chiscotte
spericolato, Nolan decide però di fare il passo successivo: contrariamente a
quanto fatto da Kubrick, il cui film è un'esperienza visiva che penetra
direttamente nel subconscio per stimolarlo e interrogarlo e su cui ognuno può
speculare a suo piacimento, Nolan decide di spingersi oltre cercando di fornire
le risposte a quegli interrogativi. La grandezza di Interstellar, così come la sua debolezza, sono qui: da una parte il
coraggio del regista è ammirevole, dall'altra, a meno che lo spettatore non
decida di farsi coinvolgere dalla sua visione, che è umana e quindi per sua
natura non misurabile scientificamente ma soggettiva, l'ambizione del regista
potrebbe essere confusa facilmente con presunzione o hybris.
A prescindere dal fatto che la risposta piaccia o
meno, il modo di arrivare a quella risposta è fondamentale: che lo si ami o lo
si odi, Christopher Nolan è forse l'unico regista in grado di realizzare grandi
film dal budget milionario che allo stesso tempo sono opere autoriali, in cui
la forma e il contenuto cercano di coesistere e di darsi forza a vicenda. Il
viaggio fisico e interiore di Cooper è terribile e affascinante, reso tangibile
da immagini spettacolari che si accompagnano a fiumi di parole, che cercano di
spingere lo spettatore sempre un gradino più in là. Questa natura duplice del
film di Nolan, da un lato forte di immagini di grande impatto e parole
inarrestabili, è ancora una volta forza e debolezza: se da una parte gli intricati
sviluppi della trama sono affascinanti, dall'altra appesantiscono a volte il
racconto, laddove le immagini erano già sufficienti a raccontare.
Questi aspetti apparentemente contraddittori
dell'opera di Nolan sono però l'elemento chiave: il regista sa che, dato che
ognuno di noi è dotato di un sistema nervoso simile a quello dei suoi simili ma
unico e differente, non è possibile avere un'identica visione del mondo,
soprattutto emotiva, quindi dapprima cerca di portare lo spettatore sull'orlo
dell'abisso grazie a trame calcolate al millimetro e dati scientifici, e poi,
una volta dentro l'ignoto, ne emerge con la sua visione personale. E cosa è
l'arte se non la visione del mondo attraverso uno sguardo unico e personale? È
proprio l'arte che permette di dare un senso al tempo e allo spazio, laddove
fisica e numeri non possono, almeno per ora, arrivare: se comprendessimo
davvero cos'è la quinta dimensione probabilmente saremmo esseri diversi, con
emozioni e ambizioni diverse. La quinta dimensione, per chi non si accontenta
semplicemente di sopravvivere ma vuole guardare in alto, non può che essere
l'amore: nel caso dei personaggi del film l'amore tra un padre e una figlia, o
un uomo e una donna, nel caso del regista amore per la cultura e il cinema,
dimensione che fisicamente esiste solo nella pellicola, ma che in astratto
plasma spazio e tempo, gioca con vista e udito, racchiude una vita in tre ore e
suscita emozioni vere.
Il fascino di Interstellar
è dunque nei versi di Dylan Thomas citati più volte: bisogna arrabbiarsi per il
morire della luce, combattere l'oscurità della mente e dello spirito. All'uomo
è stata data la scintilla della curiosità e dell'intelletto: usarla per
attraversare l'infinitamente grande per poi tornare all'infinitamente piccolo è
ciò che lo rende umano e splendidamente banale. L'artista che cerca di compiere
questo atto, allo stesso tempo folle e coraggioso, assumendosi anche il rischio
di fallire, è come l'uomo delle stelle cantato da David Bowie in Starman:
"There's a starman waiting in the sky.
He'd like to come and meet us. But he thinks he'd blow our minds".
Matthew McConaughey
La citazione: "Non andartene docile in quella buona notte, I vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno; Infuria, infuria, contro il morire della luce".
Hearting/Cuorometro: ♥♥♥♥
Uscita italiana: 6 novembre 2014
Titolo originale: Interstellar
Regia: Christopher Nolan
Anno: 2014
Cast: Matthew McConaughey, Jessica Chastain, Anne Hathaway, Michael Caine, David Gyasi, Wes Bentley, Matt Damon, John Litghow, Casey Affleck, Topher Grace, Mackenzie Foy
Colore: colore
Durata: 169 minuti
Genere: fantascienza
Sceneggiatura: Christopher e Jonathan Nolan
Fotografia: Hoyte Van Hoytema
Montaggio: Lee Smith
Musica: Hans Zimmer
Paese di produzione: USA, Regno Unito
Casa di produzione: Warner Bros., Syncopy Films, Paramount Pictures, Legendary Pictures
hey valentina,
RispondiEliminati ho scopiazzata... volevo dire omaggiata nella mia recensione del film ;)
http://www.pensiericannibali.com/2014/11/ilonastellar.html
Vengo a leggere! :)
EliminaHi ggreat reading your blog
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