Intervista al protagonista della serie “Peaky Blinders”. Il suo rapporto con la musica, la celebrità, la televisione e il suo ultimo film “Aloft”, presentato a Berlino
Occhi di ghiaccio indecifrabili e una voce calma e profonda: Cillian Murphy dal vivo sembra un gatto che studia il suo interlocutore e che difficilmente si lascia andare, un’immagine molto diversa dai ruoli che interpreta sul grande schermo, sempre molto passionali e spesso tragici. Forse è per questo che, quando gli facciamo notare che nella sua carriera ha interpretato quasi esclusivamente ruoli drammatici, non si scompone e conferma questa tendenza: “Le storie che mi interessano di più, i libri, l’arte e la musica che amo, riguardano la parte più oscura e profonda della mente. Le commedie mi piacciono ma non mi appartengono a pieno. Ci sono ottime commedie, ne ho interpretata qualcuna a teatro, ma i film che faccio sono sempre quelli che, leggendo la sceneggiatura, vorrei vedere da spettatore e il genere che prediligo è differente dalla commedia”.
Non stupisce quindi che nella sua ultima pellicola, “Aloft”, diretta da Claudia Llosa e presentato al festival di Berlino, Murphy interpreti un uomo con un passato oscuro ossessionato dal rapporto con la madre: “Le persone oggi sono così prese da se stesse che è sempre più difficile connettere con gli altri. Il mio personaggio è così: è molto chiuso, ha subito dei traumi da bambino, e quando comincia ad aprirsi non trova le risposte. Credo che lo scopo dell’arte sia questo: far porre le domande ma non dare necessariamente le risposte”. Nel film, oltre al rapporto tra genitori e figli, si parla anche di misticismo e perdono, temi delicati che affascinano l’attore: “Sono una persona aperta, non sottoscrivo una scuola di pensiero piuttosto che un’altra, sono aperto a tutto. Credo che non saremo mai in grado di capire appieno il potere della mente, ma non voglio dare sentenze definitive su nulla. Io mi definisco ateo e credo che si possa essere atei e comunque aperti: se qualcuno riuscisse a provarmi che Dio esiste comincerei ad avere fede, ma devo avere le prove. Credo che questo tipo di mentalità sia necessaria per chi fa l’attore: se non cambi mai idea e non sei disposto a modificarti non puoi fare un buon lavoro. Per quanto riguarda il perdono certamente riuscire a perdonare e a perdonarsi è una grande crescita interiore, ma non posso dire cosa farei nella vita reale. Ancora una volta il cinema pone le domande: io personalmente non ho nessuna risposta da dare. Un artista non ha più risposte da dare, è nella stessa condizione di tutti. Quello che possiamo fare in quanto artisti è raccontare una storia nel modo migliore e più onesto possibile. Ho opinioni, ma non risposte”.
Totale dedizione all’arte: questo è il mantra di Murphy, che ha impostato la sua carriera sul sacro fuoco: “Voglio sempre mettermi alla prova, voglio dimostrare a me stesso che non mi importa della mia carriera e del successo ma che voglio sempre migliorarmi lavorando con le persone giuste. Persone come Claudia LLosa e Ken Loach, veri artisti, registi che hanno una voce propria”. Una concezione della vita d’attore molto diversa dall’idea che il pubblico ha delle star del cinema, che Murphy rinnega a gran voce: “Non sono molto bravo nel seguire lo stile di vita hollywoodiano e cerco di evitarlo: per me meno si sa dell’attore più si riesce a entrare in sintonia con lui quando interpreta un personaggio. A differenza di tanti altri colleghi non ho un entourage: io sono il boss e prendo le decisioni. Non so nemmeno cosa sia lo star system. Ho lavorato molte volte a Hollywood ma non voglio viverci: preferisco stare vicino alla mia famiglia. Ormai viviamo in un mondo molto piccolo: non devi per forza vivere a Beverly Hills per essere un attore. Inoltre essere una persona di successo non vuol dire solo essere un attore. Per me avere successo è essere un buon marito, un buon padre, un buon essere umano: in sostanza essere bravo in quello che faccio. La gente non si aspetta mai di più: se sei un attore allora sei automaticamente una persona di successo. Per me è strano”.
Sulla scia della ricerca di ruoli intensi e stimolanti, Murphy ha recentemente preso parte a “Peaky Blinders”, serie tv della BBC creata da Steven Knight e ambientata nell’Inghilterra primi ’900, in cui interpreta Tommy Shelby, capo di una gang criminale; una scelta che non stupisce, come ci ha spiegato l’attore: “La grande scrittura è quello che cerco e oggi in tv ci sono degli sceneggiatori eccezionali, che raccontano grandi storie: il mio obbiettivo è quello di seguire sempre la grande scrittura e trovo che “Peaky Blinders” sia un prodotto eccezionale, che mi ha convinto a recitare in televisione. Io stesso vorrei essere uno scrittore, ma purtroppo non lo sono. Conosco i miei limiti”.
Non solo cinema e scrittura: altra grande passione di Murphy è la musica, in origine sua aspirazione: “Diventare attore è stato un incidente: volevo essere un musicista, poi invece sono finito a teatro e pensavo che il mio percorso si sarebbe fermato lì. Invece è arrivato anche il cinema. Suono ancora la chitarra e suonare per me è fondamentale, fa parte di quello che sono, ne ho bisogno, ho scritto diverse canzoni, è un altro modo per esprimermi. La musica permette di metterti in relazione con emozioni che sono più tue, a differenza della recitazione in cui devi interpretare sentimenti di altri. Da appassionato ascolto di tutto, sono curioso, non ho un genere prediletto, mi piace essere aperto a ogni tipo di musica”.
In questi giorni Cillian Murphy è sul set della seconda stagione di “Peaky Blinders”, le cui riprese sono cominciate lo scorso 28 febbraio nella contea di West Midlands in Inghilterra. Nella seconda serie, pronta a tornare sugli schermi inglesi in autunno, Murphy ritroverà il suo collega di set Tom Hardy, con cui ha già lavorato nel film “Inception” di Christopher Nolan.
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