sabato 28 giugno 2008

Sondaggio: Qual è il miglior Indiana Jones?

Eccoci arrivati alla fine del terzo sondaggio di Eyes Wide Ciak!

Vi avevo chiesto, un mese fa, qual è secondo voi il miglior Indiana Jones.

Ecco come avete risposto:


1. "Indiana Jones e l'ultima crociata"
62% dei voti





A furor di popolo, il terzo capitolo delle saga sbaraglia gli altri tre film.
E sono contenta perchè è anche il mio capitolo preferito!
Spesso considerato inferiore al primo film dalla critica, in realtà è il favorito di quasi tutti i fan accaniti della saga: tutto merito della straordinaria coppia Ford-Connery, che ci regala uno dei rapporti padre-figlio più divertenti e memorabili della storia del cinema.

Diventate un must battute come:

"Senza biglietto!"

"Beh sai, parla nel sonno!"

"C'è qualcuno che parla la mia lingua? O almeno il greco antico?"

"- Stanno tentando di ucciderci!
- Lo so papà!"

"Cretino! In latino Geova si scrive con la i!"

"- E tu cos'hai trovato papà?
- L' illuminazione!"

"- Un cane? Tu porti il nome di un cane?!
- Adoravo quel cane!"


2. "I predatori dell' arca perduta"
24 % dei voti





Al secondo posto invece il primo leggendario capitolo della saga. Sul poster del film c' è scritto "Il ritorno della grande avventura": ed è proprio così.
Questo film ha cambiato per sempre il modo di fare e pensare i film di avventura, creando uno dei personaggi più amati della storia del cinema.
Azione, ironia, suspence, un pizzico di horror, numeri musicali: in Indiana Jones c'è tutto!

Da antologia la scena in cui Indiana Jones secca con un colpo di pistola l'arabo con la sciabola e quando il nazista sembra che stia per tirare fuori un terribile strumento di tortura per usarlo contro Marion e invece si tratta di una stampella!

Una delle mie battute preferite:

"I datteri fanno male!".


3. "Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo"
10 % dei voti






A sorpresa, il nuovo capitolo della saga conquista il terzo posto, superando il secondo episodio.

Il tempo è passato ma Indy è sempre lui, e l'attesa durata 19 anni ha inevitabilmente influenzato positivamente quei fan che non vedevano l'ora di incontrare di nuovo sullo schermo il dottor Jones.
Forse meno spontaneo e frizzante dei primi tre, accusato di essere stato troppo "studiato a tavolino", il film ha delle scene pazzesche come quella iniziale nel deposito, l'inseguimento in moto e quello nella giungla.
Inoltre è una summa dell'opera spilberghiana: rapporto padre-figlio, avventura, scene d'azione, alieni, ironia, spettacolarità.

Non sarà perfetto, ma comunque è sempre Indiana Jones!

Tra le battute migliori:

"- Un'ultima provocazione dottor Jones?
- Vota Heisenower!"

"- Afferra il serpente!
- Non dire serpente! Dì afferra la cima!"

"- Ma tu sei un professore?
- Part-time!"


4. "Indiana Jones e il tempio maledetto"
6% dei voti





Si piazza all'ultimo posto il secondo capitolo della serie, considerato da sempre dalla critica il capitolo meno bello e bollato da Spielberg come il film di cui va meno orgoglioso.

In realtà da piccola io ho amato molto anche questo film e forse è quello che ho visto di più.

Questa pellicola infatti vanta molte scene veramente cult: il numero musicale all'inizio del film nel club Obi-Wan, il salto nel vuoto all'interno del gommone, la cena "a sorpresa" nel palazzo di Penkot e il mitico inseguimento sui carrelli della miniera.

Qui Spielberg ha incontrato sua moglie Kate Capeshaw e Harrison Ford ha avuto un serio incidente alla schiena per voler assolutamente fare le scene pericolose da solo.

Tra le battute memorabili:

"Fortuna e gloria!"

"- Dammi il cappello!
- Perchè?
- Ci devo vomitare dentro!"

" Mi scusi signore, non avrebbe qualcosa di più semplice? Un brodino?"

"Attività notturne!"

"- Fammi entrare, fammi entrare!
- Facci uscire, facci uscire!"

"Ehi, guarda che io sto qui!"

"- Ci sono due morti stecchiti qui!
- Se non ti sbrighi ce ne saranno due anche qui!"

"Poteva essere la tua più grande avventura!"



venerdì 27 giugno 2008

Citazione cinematografica n. 21


"La diga ha ceduto!"

da: Signore e Signori




Titolo originale: Id.
Anno: 1965
Regia: Pietro Germi
Cast: Virna Lisi, Gastone Moschin, Franco Fabrizi, Beba Loncar, Nora Ricci, Gigi Ballista, Alberto Lionello

lunedì 23 giugno 2008

Corti and Cigarettes

Il 18 Giugno 2008, al Caffé Fandango, si è svolta la serata conclusiva del I° Festival per Corti targato M'P.

Il 18 giugno al Caffè Fandango di Roma, nella suggestiva cornice di Piazza di Pietra, in pieno centro storico, ha avuto luogo la serata conclusiva del concorso di cortometraggi “Corti e cigarettes”, organizzato dalla rivista Meltin’Pot.
Il concorso, cominciato a febbraio e concluso il 20 maggio scorso, ha portato alla selezione di sette cortometraggi, valutati nella serata finale da una giuria composta da esponenti di rilievo del mondo del cinema.


Foto di Valerio Celletti

Il primo lavoro ad essere visionato è stato Gion Braun – l’ultimo dei modicani (10’52) di Giuseppe Tumino: un simpatico e divertente affresco della città siciliana, in cui a raccontare il luoghi, i sapori e i profumi di Modica sono stati i bambini della scuola elementare.

Di tutt’altro argomento e spirito il secondo corto, Condominio per uccelli (9’00), di Alberto Comandini: una donna, oppressa dalla vita frenetica della città e dal suo lavoro di architetto, viene chiamata in campagna per un misterioso progetto. A farle da guida un vecchio sereno e illuminato, che, grazie al contatto con la natura, riesce a capire il senso delle cose semplici. “Tutto quello che il vento prende poi lo restituisce”: proprio attraverso questo viaggio nel verde e nell’animo, la protagonista si ricongiunge con la terra e con se stessa.

Dalla placida serenità del corto di Comandini, passiamo al corto forte e asciutto di Paky Perna: in Pattaya è il paradiso (4’00), l’autore ci sbatte in faccia uno dei temi più sconvolgenti che si possano affrontare. Un padre di famiglia, mandato in Thailandia dalla sua azienda, telefona alla moglie e ai figli per raccontare loro delle bellezze del posto: interrogato dalla moglie se stia facendo il turista, questo risponde di non avere il tempo. Con uno stacco crudo, la macchina si sposta dalla figura ripresa di profilo dell’uomo al quadro complessivo, rivelando la tremenda verità: l’uomo l’ha trovato, eccome, il tempo di fare il turista, ma il turista sessuale. L’autore ci ha poi ricordato che sono migliaia le persone che ogni anno si “intrattengono” con bambini - spesso di età inferiore ai dieci anni - e adolescenti in questi paesi pieni di povertà.

Dopo questo pugno allo stomaco, è stata la volta di Vietato fermarsi (8’40) di Pierluigi Ferrandini : un giovane abitante di un piccolo paesino qualsiasi della provincia italiana si vede bloccare la soglia di casa da uno sfrontato macchinone ultramoderno. Il nonno accanto al ragazzo dorme, al muro tiene ancora appese le foto di quando era un partigiano, e non c’è modo di uscire di casa. Al mattino la macchina se ne va: il passaggio è libero e il ragazzo ha una visione. Il nonno giovane che disegna sul muro un simbolo rosso: falce e martello, simbolo di tante battaglie ideologiche e politiche. Il ragazzo torna in casa, il nonno continua a dormire, e il barattolo di vernice rossa c’è ancora, sotto il lavandino. Con impeto e convinzione il giovane riprende il vecchio disegno: le pennellate di colore rosso come il sangue sul muro bianchissimo ricalcano le rotondità tracciate anni prima dal nonno, quasi come a chiudere un cerchio generazionale.
Ma i tempi sono cambiati e al posto della falce e del martello adesso c’è un divieto di sosta.

Dall’ironia amara di “Vietato fermarsi”, all’omaggio al cinema gangster in salsa romana: in Roma calibro 7 (7’59) di Fabio Garreffa, personaggi dai nomi da Little Italy come Sicilia, L’uomo del marchese, Er Rumeno, intrecciano un intricato gioco di caccia al criminale, con doppie e triple alleanze segrete. Condito da un linguaggio colorito, dall’inflessione inequivocabilmente romana, Roma calibro 7 si ispira ai recenti fasti di opere come “Romanzo criminale”.

Ancora pistole e droga in Full circle (10’58), di Joseph LeFevre: girato in inglese, con filtri dai colori saturi, con un montaggio frenetico e moderno, il corto racconta di Leo e Joe, due amici uniti dalla passione per feste, droghe e donne. I due devono incontrarsi a casa di Joe, ma qualcosa non va: l’amico non viene e Leo si trova invischiato in una torbida storia di sangue.
Il regista ha un evidente talento visivo e visionario e con la sua pellicola ha dato un tocco di sperimentazione al concorso.

L’ultimo candidato ad essere proiettato è stato Work (4’16), di Luigi Coppola: in un mix di animazione, scene da videoclip e musica a tutto volume, il regista ha affrontato l’argomento degli operai sfruttati dai ricchi proprietari di azienda, che con una manciata di spiccioli li tengono buoni anche di fronte alle tragedie delle morti sul lavoro.

A questo punto è stato proiettato, fuori concorso, Onde corte (11’43) di Simone Catania, con la partecipazione straordinaria di Maria Grazia Cucinotta, anche produttrice. Mentre il pubblico apprezzava la suggestiva “mediterraneità” del corto di Catania e della splendida Cucinotta, la giuria si è ritirata per proclamare i vincitori.

Foto di Valerio Celletti

La giuria è stata una giuria di qualità, composta da esponenti di spicco del mondo del cinema: il presidente, il regista Maurizio Ponzi, vanta collaborazioni cinematografiche con personaggi del calibro di Sophia Loren e successi televisivi come “Il bello delle donne”; Luca Verdone, sceneggiatore e regista, nonché impegnato in campo teatrale, si occupa anche di radio e documentari; Giulietta Revel, comparsa in importanti fiction come “Orgoglio”, “Incantesimo” e “Giovanni Paolo II”; Giuseppe Francone, direttore di produzione di film di grandi registi come “Allónsanfan” dei Fratelli Taviani e “I cannibali” di Liliana Cavani; Giuliano Sorgini, compositore di colonne sonore di film di genere degli anni ’70, diventati di culto, come “Diabolicamente…Letizia” e “Non si deve profanare il sonno dei morti” e recentemente creatore dell’opera “L’asino d’oro”; Annamaria Liguori, script supervisor di pellicole diventate fenomeno di costume come “Bianco, rosso e verdone”, “Borotalco”, “Tre uomini e una gamba” e recentemente impegnata in fiction di successo come “Il capo dei capi”.

Foto di Valerio Celletti

Tra un drink e una sigaretta all’ombra del Tempio di Adriano, c’è stato un interessante dibattito sui corti proiettati e sul cinema in generale, soprattutto quello realizzato dalle nuove leve, in cui sono intervenuti il regista del piccolo gioiello “Cover Boy – l’ultima rivoluzione”, Carmine Amoroso, che ha invitato i giovani aspiranti registi a “Osare ancora di più” e l’attrice Veronica Lazar, protagonista di film come “Al di là delle nuvole” di Antonioni e Wenders, “Identificazione di una donna”, sempre di Antonioni, e “La luna” di Bertolucci.
Di seguito sono intervenuti Giancarlo Scarchilli, il regista del recente "Scrivilo sui muri" con Cristiana Capotondi, Alfredo Covelli, promettente sceneggiatore che ha vinto il prestigioso Solinas (già vinto da Paolo Sorrentino) e lo scenografo Enzo De Camillis.
Da segnalare l’intervento musicale fuori programma della vulcanica attrice Ada Pometti, che si è lanciata in un esilarante “Bye bye Baby” alla Marylin de "Gli uomini preferiscono le bionde", divertendo ospiti e pubblico.

La giuria ha quindi raggiunto un accordo e il pubblico ha assistito alla cerimonia di premiazione: il premio, consegnato dal Presidente di Giuria Maurizio Ponzi e da Giulietta Revel, per Miglior Corto è stato conferito a “Work” di Luigi Coppola, la Migliore Interprete è stata giudicata Sara Alzetta , protagonista di “Condominio per uccelli” di Alberto Comandini e il Miglior Soggetto è stato quello di “Pattaya è il paradiso” di Paky Perna.
Inoltre sono stati conferiti dal Presidente di Cinema Giovane, Diego Biello, i due premi speciali: il Premio Sandro Bevilacqua - Torri del Benaco a “Vietato fermarsi” di Pierluigi Ferrandini, che ha vinto vitto e alloggio per ritirare il premio durante la manifestazione cinematografica organizzata dal 27 al 29 Giugno sulla sponda veronese del Lago di Garda, e il Premio Cinema Giovane a “Full Circle” di Joseph LeFevre, che ha vinto la produzione di un cortometraggio entro il 2009.

Foto di Valerio Celletti

A serata conclusa vincitori e vinti, giurati e organizzatori, pubblico e curiosi, hanno proseguito la serata nei magici vicoli di Roma, con la speranza che il cinema italiano stia ripartendo anche da qui: da un gruppo di persone che credono nel cinema e lo sostengono fin dai primi timidi passi.


Pubblicato su Meltin'Pot.

domenica 22 giugno 2008

Buon Compleanno Meryl!

Tanti auguri a Meryl Streep che oggi compie 59 anni!


Meryl Streep


Lo so, non è bello dire l'età di una signora, ma nel caso di Meryl Streep non c'è da vergognarsi.

A quasi 60 anni, è ancora una delle attrici di punta di Hollywood, al contrario di molte altre che smettono di essere prese in considerazione già a 40 anni.

Questo perchè Meryl Streep è la più grande attrice vivente e, forse, la migliore della storia del cinema.

Insieme a Cate Blachett e Nicole Kidman è sul podio delle mie tre attrici preferite e quindi volevo farle i migliori auguri.

Brava nel dramma, nella commedia, con un passato da cantante lirica, Meryl ha preso parte a capolavori come "Manhattan", "Kramer contro Kramer", "La mia Africa", "Il cacciatore", fino ai più recenti "The Hours", "Radio America", "Il diavolo veste Prada" (questo non è un capolavoro, ma lei è straordinaria!) e "Leoni per agnelli".

Un'attrice poliedrica e sensibile, dalla fortissima personalità: un mito!


Meryl Streep in "Leoni per agnelli"


sabato 21 giugno 2008

Meme Awards

Con sommo ritardo, partecipo anche io all'iniziativa dei "Meme Awards".

Il mio giovanissimo e sbarbatello cineblog, on-line da neanche 5 mesi, è stato, non so come, nominato per il premio "Meme Awards" da Iohannes, frontman di Buon Cinema.

Continuo allora il premio a catena ideato da Gianluca.

Ecco le regole del premio:

1. bisogna inserire il banner

2. bisogna linkare il blog che ti ha dato il meme

3. bisogna linkare altri 6 blog (cifra flessibile) che meritano un premio e, se possibile, spiegare il perché. un blog può ricevere il premio innumerevoli volte!

4. chi riceverà il meme potrà mettere il banner con la coppa in homa page sul lato in modo da far vedere il premio ricevuto a tutti i visitatori!

And the winners are...
(in ordine alfabetico)

- Buon Cinema: no, no, non lo faccio solo perchè mi ha nominata! Iohannes ha un blog molto curato, fa recensioni precise e sentite, commenta le locandine dei film, si preoccupa dei bambini mettendo i bollini tipo "parental controll" e soprattutto mette le faccine per commentare i dvd! Il suo è un blog giovane ma ha già tanta personalità: per questo lo nomino.

- C'era una volta il cinema: Ale55andra è un cavallo di razza: riesce a tenere il ritmo impressionante di una recensione al giorno e le scrive tutte con estrema competenza e qualità. Scrive sempre benissimo e in modo molto spontaneo, ti fa rivivere i film facendoti riflettere su certi aspetti che magari non avevi preso in considerazione.
Lei è "Il Mereghetti" dei cinebloggers: quantità e qualità!

- Cinemasema: l'ho scoperto solo oggi, ma è stato come l'illuminazione sulla via di Damasco: Luciano è un GRANDE, non fa recensioni, fa piccoli saggi pregni di una cultura spaventosa, senza per questo risultare pedante o noioso. Le sue recensioni sono dei piccoli capolavori: un faro nell'oscurità per gli amanti del cinema.

- Peeping Tom: Peeping Tom credo che sia una persona molto, molto interessante e il suo blog è come lui: molto, molto intrigante. Pieno di curiosità e di chicche per veri intenditori, con qualche spinta maniacale e feticista: imperdibile!

- Il teatro dei vampiri: anche questo blog l'ho scoperto da poco, ma si può definire con un solo aggettivo: CULT! Non c'è altro da dire...Il Conte Nebbia è un vero guru.

- Tuttattaccato: e infine, dopo tanti blog seri, faccio un omaggio a un uomo che è un mito: Valerio è un genio delle recensioni comiche e dissacranti. Non fatevi ingannare dal tono scherzoso e dal linguaggio a volte scurrile: dà delle interpretazioni geniali dei film e a volte ti fa ridere come uno scemo da solo davanti al computer!

Inoltre in questi giorni ho scoperto tanti blog veramente ben fatti e ben scritti che sto cominciando a leggere e ad apprezzare particolarmente: Movie's Home, Cinedrome, Cineroom... Sono ancora nuova quindi lo so che non conosco tanti blog favolosi, ma al più presto rimedierò!



venerdì 20 giugno 2008

Buon Compleanno Nicole!

Tanti auguri a Nicole Kidman che oggi compie 41 anni!

Nicole Kidman

Auguri alla Divina Nicole, che è l'attrice per eccellenza: bravissima, bellissima, elegante, irraggiungibile...

Auguri a un'attrice che per me è un punto di riferimento, un'icona, una che ha saputo fare colpo su Stanley Kubrick, e ho detto tutto.

Una che con Baz Luhrmann fa scintille e che non vedo l'ora di vedere nel film "Australia", che aspetto da ben sette anni.

Auguri Nicole e fai più film e meno sedute di botox, che tanto sei bellissima lo stesso!


Nicole Kidman


Citazione cinematografica n. 20

"Sono tornato come il conte di Montecristo:
ricco e spietato!"

da: Straziami ma di baci saziami

Nino Manfredi


Titolo originale: Id.
Regia: Dino Risi
Anno: 1968
Cast: Nino Manfredi, Pamela Tiffin, Ugo Tognazzi, Moira Orfei

mercoledì 18 giugno 2008

Corti and Cigarettes


La rivista di informazione ed approfondimento culturale

Meltin'Pot

www.meltinpotonweb.com

è lieta di presentare

la serata conclusiva del I Festival per Cortometraggi Meltin'Pot

“CORTI AND CIGARETTES”

Mercoledì 18 Giugno 2008, alle ore 21.30

a Roma presso il Caffé Fandango, Piazza di Pietra n. 32/33



Foto di Andrea Pergola


Programma della serata:

- Proiezione dei 7 cortometraggi finalisti:

*Vietato Fermarsi (8’40) di Pierluigi Ferrandini
*Gion Braun (10’52) di Giuseppe Tumino
*Pattaya è il paradiso (4’00) di Paky Perna
*Full Circle (10’58) di Joseph LeFevre
*Condominio per uccelli (9’00) di Alberto Comandini
*Work (4’16) di Luigi Coppola
*Roma Calibro 7 (7’59) di Fabio Garreffa

- Proiezione del cortometraggio Fuori Concorso:

*Onde corte (11’43) di Simone Catania con Maria Grazia Cucinotta


- Interventi degli ospiti di spicco del panorama cinematografico italiano.

- La giuria proclamerà i vincitori.


Premi:

- Miglior Corto, il cui autore vincerà un'esperienza di due settimane su un set cinematografico
- Miglior Soggetto
- Miglior Interprete

Nella stessa serata verranno anche assegnati da una giuria speciale i seguenti premi:
- Premio Sandro Bevilacqua - Torri del Benaco. Al vincitore sarà offerto vitto e alloggio per ritirare durante la manifestazione dal 27 al 29 Giugno il premio sulla sponda veronese del lago di Garda.

- Premio Cinema Giovane. Al vincitore verrà offerta, entro il 2009, la produzione di un cortometraggio.





Crediti


Giuria Meltin'Pot:

Presidente di Giuria - Regia: Maurizio Ponzi, stimato regista cinematografico e televisivo che ha girato, tra gli altri, Io, Chiara e lo scuro, Il volpone, Volevo i pantaloni e Qualcosa di biondo con Sofia Loren, oltre che, per la televisione, Il bello delle donne.

Sceneggiatura: Luca Verdone, regista (Sette chili in sette giorni e La bocca) e sceneggiatore, si occupa anche di teatro, documentari e radio.

Recitazione: Giulietta Revel, ha recitato nelle fiction Rai Pompei, Orgoglio, Giovanni Paolo II e Incantesimo 7. Nel Giugno del 2008 presenterà Le Grolle d’Oro per lo Sport a Saint-Vincent.

Produzione: Giuseppe Francone, direttore di produzione de I cannibali di Liliana Cavani e Allónsanfan dei Fratelli Taviani e produttore de Il caso Raoul e I visionari di Maurizio Ponzi.

Edizione: Annamaria Liguori, nota script supervisor che ha lavorato in film memorabili come Bianco, rosso e Verdone, Borotalco, Una vita in gioco, Tre uomini e una gamba e nelle fiction di successo De Gasperi e Il capo dei capi. Recentemente ha finito di lavorare sul set di Albert Einstein di Liliana Cavani.

Musica: Maestro Giuliano Sorgini, compositore musicale cinematografico che ha lavorato in vari film negli anni ’70 e ’80, tra cui La bestia in calore e Diabolicamente…Letizia.


Giuria Speciale per i Premi Sandro Bevilacqua e Cinema Giovane:


Diego Biello, Presidente di Cinema Giovane e della sezione cinema del Premio Sandro Bevilacqua – Torri del Benaco e produttore.

Maria Russo, Vice Presidente di Cinema Giovane e sceneggiatrice.

Alessandro Zonin, direttore della fotografia (a.i.c.).

Giampiero Francesca, critico cinematografico della rivista culturale Close Up.

Matteo Ierimonte, giovane regista.

Ospiti che interverranno a seguito della proiezione dei cortometraggi:

Giancarlo Scarchilli, noto regista e sceneggiatore italiano di Scrivilo sui muri, I fobici e Mi fai un favore.

Carmine Amoroso, regista dell'acclamato Cover Boy – L’ultima rivoluzione. Nel 1992 ha scritto la sceneggiatura di Parenti serpenti di Mario Monicelli.

Luca Lionello, attore visto recentemente in Cover Boy e Nero Bifamiliare, che ha inoltre vestito i panni di Giuda in La passione di Cristo di Mel Gibson.

Giancarlo De Leonardis, hair designer di fama internazionale che ha lavorato in capolavori del calibro di C'era una volta in America, L’ultimo imperatore, L'uomo delle stelle, Non ci resta che piangere, Hannibal, Black Hawk Down e tantissimi altri..

Alfredo Covelli, sceneggiatore, vincitore del Premio Solinas nel 2005 per la Miglior Storia Drammatica con Pinoy. Ha sceneggiato ultimamente per la tv I liceali.

Antonello Emidi, direttore della fotografia di Last Minute Marocco.

Ada Pometti, attrice di cinema e teatro diplomata al Centro Sperimentale, che lavora presso il Teatro Stabile di Catania. Ha inoltre preso parte in svariati film diretti da Lina Wertmuller e Luigi Magni.

Enzo De Camillis, scenografo che ha lavorato con grandi registi italiani come Steno, Sergio Rubini, Giancarlo Giannini, Giuseppe Tornatore e Neri Parenti. E’ anche Vice Presidente della A.S.C. (Associazione Italiana Scenografi, Costumisti ed Arredatori).

Conduttore dell’evento: Nicola Liguori, direttore della rivista di informazione ed approfondimento culturale Meltin' Pot.

Organizzazione dell'evento:

Coordinator: Annamaria Liguori

Direttore Artistico: Tommaso Ranchino

Ufficio Stampa: Leonardo Rumori

Relazioni esterne: Beatrice Mosele, Eva Songini


Per tutte le informazioni:
e-mail:cinemania.meltinpot@gmail.com
telefono: 333/6619389

lunedì 16 giugno 2008

L'incredibile Hulk

Il gigante verde è tornato



Il film sul gigante verde girato nel 2003 da Ang Lee ha deluso pubblico e critica: troppo lungo, troppo lento, poca azione.
Per questo motivo a quel film non sono seguiti sequel, prequel e simili e i fan della creatura hanno dovuto aspettare che una nuova produzione si cimentasse in una differente rivisitazione del personaggio creato da Stan Lee.
Nuova produzione significa nuovo regista, il francese e giovanissimo Louis Leterrier, autore di “Danny the dog”, e soprattutto nuovo cast. Niente più divi muscolosi e aitanti come Eric Bana: Bruce Banner stavolta ha il volto intelligente e riflessivo di Edward Norton, la fidanzata di Bruce, Betty, è interpretata da Liv Tyler, il cattivo di turno, il militare Emil Blonsky, ha il volto crudele di Tim Roth e nei panni del generale Ross c’è il grande William Hurt.
La pellicola fin da subito si distacca dal precedente lavoro: la storia non comincia con la creazione del mostro, tutta la parte del percorso che porta lo scienziato Bruce Banner a diventare un gigante verde dalla forza sovrumana è infatti condensata in appena due minuti di flashback del protagonista, che si trova in Brasile per cercare di sconfiggere la belva che cela dormiente dentro di sé.
Un incidente fatale porta il generale Ross e una squadra speciale, capitanata dall’ambizioso Blonsky, sulle tracce di Bruce dando inizio a un inseguimento che dura per tutto il resto del film.
Durante questa caccia al mostro, Bruce ritrova la sua amata Betty, unico essere vivente di fronte a cui Hulk si calma, e Blonsky, accecato dal desiderio di ottenere gli stessi poteri del colosso, si fa trasformare in una creatura mostruosa dalla forza portentosa: il terribile Abominio.



Il film parte in maniera promettente: grazie alla presenza di un grandissimo cast sembra possibile la magia che si creò con il primo “Spiderman” - intrattenimento spettacolare di qualità - ma non è così.
Nonostante Edward Norton sia uno dei migliori attori della sua generazione e sia stato affiancato dal grande Tim Roth e dal mostro sacro William Hurt, il contesto soffoca le interpretazioni dei tre attori, generando un ammasso confuso di inseguimenti, lotte, esplosioni e effetti speciali.
La prima parte va troppo per le lunghe, mostrandoci il mostro dopo una buona mezz’ora; la parte centrale presenta le lacune più evidenti, buchi mostruosi nella sceneggiatura e dialoghi imbarazzanti; il finale risolleva la pellicola, regalandoci uno dei combattimenti più lunghi tra good e bad guy: Hulk e Abominio se le danno di santa ragione monopolizzando la scena a suon di onde d’urto e urla disumane.
Grande pecca della pellicola è proprio la regia: la mano di Leterrier non è sicura, a volte sembra che non sappia dove posizionare la macchina da presa e tutto il film dà l’idea di un gigantesco video clip di serie b, facendoci rimpiangere la regia virtuosa di Ang Lee. Anche il montaggio non funziona, presentando degli stacchi a volte veramente troppo bruschi e irrisolti, fiaccando in questo modo il ritmo del film.
Il regista ha inoltre seminato nella pellicola diverse citazioni, non tutte riuscite: il bacio sotto la pioggia tra Betty e Bruce alla “Spiderman”, Hulk e Betty moderni King Kong e Ann Darrow, laboratori con macchinari riportanti il logo dell’industria del Tony Stark di “Iron Man”.
Altra cosa che non convince è la coppia Norton – Tyler: tra i due non c’è un gran feeling, e la Tyler risulta troppo poco incisiva.
I momenti migliori sono i camei di Stan Lee e Lou Ferrigno e il colpo di scena finale: si prevede un altro capitolo forse ben più entusiasmante di questo.
Insomma ancora una volta l’incredibile Hulk si è mostrato non così incredibile, portando a pensare che forse il suo destino è quello di rimanere un prodotto più adatto alla tv che al grande schermo.

La citazione: "Se quella cosa si rifarà viva ci saranno tanti duri di professione che se la faranno sotto, signore!"


Voto: ♥1/2

Uscita italiana: 18 giugno 2008

Pubblicato su
Supergacinema.

venerdì 13 giugno 2008

Citazione cinematografica n. 19

"E' giunta l'ora di spugnare!"

da: Hook - Capitan Uncino

Bob Hoskins

Original: "It's time for Smee!"

Titolo orignale: Hook
Regia: Steven Spielberg
Anno: 1991
Cast: Robin Williams, Dustin Hoffman, Bob Hoskins, Julia Roberts, Maggie Smith, Charlie Korsmo, Amber Scott

martedì 10 giugno 2008

Noi due sconosciuti


Immaginate di essere una giovane donna dalla vita perfetta: marito innamorato e affettuoso, due figli bellissimi, casa da sogno e vicini gioviali. Pensate adesso a come stareste se tutto questo vi fosse portato via nel giro di una notte: è quello che accade ad Audrey (Halle Berry), cacciata prepotentemente dal suo piccolo paradiso quando il marito Brian (David Duchovny) è ucciso da un balordo. Audrey vede la sua vita andare in mille pezzi e per sopportare il dolore decide di ospitare in casa il migliore amico di Brian, Jerry (Benicio Del Toro). C’è però un problema: Jerry è un ex-avvocato sprofondato nel baratro dell’eroina, che nonostante gli sforzi non riesce a disintossicarsi.
L’iniziale disprezzo che Audrey prova per Jerry si tramuta pian piano in un bisogno disperato d’aiuto e quando l’uomo riesce a farsi amare dai figli dell’amico, i sentimenti della vedova si tramutano in profondo affetto ed entrambi trovano una solida pietra d’appoggio su cui far ripartire le loro vite.
La regista danese Susanne Bier è al suo esordio americano e ha il compito difficile di conciliare due megastar hollywoodiane come la Berry e Del Toro con una storia dal sapore più intimo ed europeo.

Halle Berry e Benicio Del Toro


Il tocco personale della regista c’è e si vede, ma al contrario dei suoi film precedenti l’effetto non è quella stessa delicatezza e profondità di sentimenti: la storia si impelaga ben presto in una rappresentazione esasperata e stereotipata del dolore, risultando a tratti poco sincera, come se in realtà lo scopo fosse quello di strappare a tutti i costi una lacrima allo spettatore.
Ne risulta così un drammone pesante, che non commuove fino in fondo il pubblico: non si può cedere totalmente ad un tale ricatto psicologico.
Di conseguenza l’interpretazione dei protagonisti risulta spesso sopra le righe: la Berry fa quasi la parodia di se stessa in “Monster’s ball” e Del Toro non deve far altro che mettere mano al suo, ormai vasto, repertorio di espressioni da drogato dal cuore buono.
Anche lo stile della regia risulta forzato e a tratti ridondante: l’intuizione buona di fare continui primissimi piani degli occhi dei protagonisti e di soffermarsi su vari dettagli anatomici alla lunga esaspera e toglie ritmo alla pellicola.
Anche il montaggio con le sequenze temporali alterate sembra un espediente per infondere più ritmo ad una storia che sembra immobile nella sua linearità.
In un film dalla musica assente per sottolineare il dramma esistenziale dei protagonisti in cui purtroppo non ci si identifica quasi mai, il silenzio diventa quasi insopportabile e a vincere sopra ogni cosa è la noia.
Speriamo che la Bier torni all’ispirazione di un tempo.

La citazione: "Accetta quello che c'è di buono"


Voto: ♥♥

Pubblicato su Supergacinema.

Uscita italiana: 12 giugno 2008

Conferenza stampa "Noi due sconosciuti"

Intervista alla regista danese Susanne Bier


Al cinema Eden di Roma una radiosa Susanne Bier, la regista di “Non desiderare la donna d’altri”, colei che detiene, unica donna al mondo, il record di biglietti venduti nella natia Danimarca, si è concessa alla stampa. Inoltre era a Roma anche per presentare il primo cofanetto italiano di dvd dedicato al suo lavoro.
Ecco come ha risposto alle domande dei giornalisti.

Come è stato lavorare con Halle Berry e Benicio Del Toro che sono due star hollywoodiane?

S.B.: Con attori così grandi non è difficile lavorare, io voglio trovare in loro dei momenti profondi e soprattutto veri e loro li hanno. Quello che cambia è l’entourage, attori di questo calibro infatti arrivano sul set con cinque macchine: una per i truccatori personali, l’altra per i parrucchieri… Benicio però arrivava ogni giorno sul set estremamente preparato e pieno di idee per le sue scene.

Come è stato il suo sbarco in America?

S.B.: Quando ho letto questa sceneggiatura ne avevo lette altre 200, tutte in lingua inglese, e quelle belle erano solo 10 ma erano già state prese da altri registi.
Poi mi è capitata sotto mano questa e mi ha colpito perché i personaggi sono veri, non da fumetto.
La produzione mi ha dato molte libertà, non volevano un film in stile americano, e mi hanno permesso di cambiare l’inizio e la fine dando un’impronta molto più personale.

Come mai nei suoi film c’è sempre un triangolo amoroso con la morte di uno dei tre protagonisti?

S.B.: Non ho mai analizzato questa cosa. E forse in effetti anche nel mio nuovo film ci saranno tre personaggi protagonisti! Questa sceneggiatura non l’ho scritta io, quindi è stata una scelta inconscia. Forse perché sono affascinata dall’amicizia tra uomini, dal rapporto tra fratelli e mi piace quando entra in gioco una donna che fa funzionare tutto.

Gli studios le faranno rifare un film del genere? E lei vorrebbe ripetere quest’esperienza?

S.B.: Spero di si. Io non condivido quest’atteggiamento secondo cui i film europei sono fantastici e quelli americani delle cose orribili. In Europa c’è la tendenza a esaltare tutto ciò che un artista di successo propone, invece a me piace trovare una resistenza, così le mie idee devono essere buone.
E’ vero che c’è il lato glamour ma ci sono anche i grandi attori che se il ruolo lo richiede non vogliono essere truccati alla perfezione.

Lo script in origine era più lineare, lei invece ha mescolato le sequenze temporali: perché?

S.B.: La sceneggiatura era molto più lineare: la famiglia felice, la morte, il lutto e la storia tra i due personaggi. In fase di montaggio ci siamo accorti che c’erano 20 minuti troppo noiosi, in cui si aspettava che il film cominciasse; allora abbiamo pensato di introdurre i personaggi nel momento del dolore e abbiamo cambiato il finale: doveva finire con la ragazzina che corre dietro alla macchina, invece ho voluto dare un senso di speranza.

Questo è anche un film sulla dipendenza, che può essere da una persona, dall’amore o dalla droga. Inoltre ritorna spesso il tema dell’acqua, come mai?

S.B.: E’ diverso essere dipendente da una droga e dall’amore. Volevo mostrare il dolore che causa la dipendenza dalla droga, non renderla affascinante o trasgressiva. Quando perdi una persona che ami il dolore forse è simile.
L’acqua mi affascina molto ma non mi va di spiegare questo aspetto.

Ci parla della sua scelta di utilizzare dei primissimi piani, in particolare degli occhi?

S.B.: Non erano presenti nella sceneggiatura, l’ho deciso io.
I primi piani degli occhi erano funzionali al film: un dettaglio diventa un’immagine astratta, una cosa più universale. Per il personaggio di Halle Berry erano importanti perché Audrey non esprime i suoi sentimenti, quando però vediamo i suoi occhi non può più fingere, perché con gli occhi è più difficile mentire.


Pubblicato su Supergacinema.

Sex & the City

Le ragazze sono tornate?




Scarpe dal tacco dodici, colpi di sole, borse firmate, uomini affascinanti sottobraccio e cosmopolitan a fiumi: le quattro ragazzacce di Manhattan sono tornate! I fedeli fan della serie televisiva aspettavano da quattro anni di rivedere Carrie (Sara Jessica Parker), Samantha (Kim Cattral), Miranda (Cynthia Nixon) e Charlotte (Kristin Davis) e finalmente sono stati accontentati.
Alla fine della sesta stagione avevamo lasciato le quattro amiche tutte felicemente accasate: Miranda ha sposato Steve, Charlotte e Hanry hanno adottato una bambina cinese, Samantha ha sconfitto il cancro al seno ed è diventata monogama grazie a Jerry e Carrie si è finalmente fidanzata con il suo amore di sempre mister Big.
Carrie e Big decidono allora di andare a vivere insieme, lui le regala addirittura un armadio grande come un aeroporto e, a sorpresa, le chiede di sposarlo.
Per anni i fan hanno atteso questo momento: Carrie in un meraviglioso abito bianco che può finalmente dire si all’uomo che ha amato perdutamente per ben sei stagioni di fila.
Ma c’è un ma, e il matrimonio non va esattamente come ci si aspetta, anzi, non va proprio: come Julia Roberts in “Se scappi ti sposo” mister Big fa dietro front e spezza per l’ennesima volta il cuore di Carrie. Nel frattempo Miranda scopre che Steve l’ha tradita e la sua felice vita matrimoniale va in pezzi, Samantha, che si è trasferita a Los Angeles, non è felice perché Jerry non c’è mai e la trascura e Charlotte invece ha finalmente una bella sorpresa.
Insomma sono passati gli anni ma i problemi sono sempre tanti e il finale da favola sembra farsi sempre più lontano; ma siccome ormai le “ragazze” non sono più tanto ragazze, avendo superato la soglia dei famigerati “anta”, e sentono il bisogno di dare stabilità alle loro vite, con qualche compromesso tutto si aggiusta e il tanto sospirato happy ending arriva puntuale come la settimana della moda newyorchese.


Kristin Davis, Sara Jessica Parker, Cynthia Nixon e Kim Cattral


Il film girato da Michael Patrick King ha ben poco della serie televisiva che alla fine degli anni novanta ha sconvolto i salotti d’America: la trasgressione, le battute fulminanti e politicamente scorrette, il sesso selvaggio e promiscuo hanno lasciato il posto a un atteggiamento buonista e borghese, a una somma di avvilenti luoghi comuni tanto da far pensare per un attimo di trovarsi di fronte a una mega puntata di “Settimo cielo”.
Carrie, Miranda, Charlotte e Samantha da formidabili conquistatrici e maghe del sesso si sono trasformate in quattro casalinghe disperate dagli abiti superfirmati: dove sono finite le quattro pazze che parlavano esplicitamente di sesso con la naturalezza di chi si informa sulle previsioni del tempo? Anche la moda, elemento fondamentale nel telefilm, è diventata solo un pretesto per mettere in mostra i prodotti degli sponsor e il risultato è una sfilata di abiti dal cattivo gusto decisamente esagerati e fuori luogo.
Un’altra pecca è rappresentata dagli uomini: Big, Harry, Steve e Jerry nella serie erano forti, dalla personalità spiccata, rappresentavano l’altra faccia della medaglia di Carrie, Charlotte, Miranda e Samantha ma nel film sembra che siano dei pupazzi destinati soltanto a comparire come figuranti.
In questo modo anche le protagoniste sembrano meno incisive e tutta la vicenda si risolve in una serie di momenti noiosi e forzati per di più condensati in due ore e mezza di film che scoraggerebbero anche il più accanito fan.
Peccato perché la serie televisiva così come si era conclusa era perfetta e deliziosa e con questo film dall’umorismo annacquato si è fatta una pura operazione commerciale che non soddisfa gli appassionati e annoia i neofiti.
In più gli autori non ci hanno risparmiato nemmeno la morale da Baci Perugina: la pellicola si conclude infatti con la melensa frase “L’amore è l’unica griffe che non passa mai di moda”.
A quanto pare l’umorismo invece si.

La citazione: "Tesoro non è vero che non ti amo, ma amo me stessa di più!"


Voto: ♥♥

Pubblicato su Supergacinema.

lunedì 9 giugno 2008

Serie tv: Nip/Tuck

Il lato oscuro del bisturi.


“Mi dica cosa non le piace di se stesso”.
I chirurghi plastici Sean McNamara (Dylan Walsh) e Christian Troy (Julian McMahon) pongono sempre questa domanda ai loro pazienti durante la prima visita.
Una domanda difficile: quanti possono realmente dire di accettare il proprio aspetto nella sua totalità?
Proprio su queste insicurezze è basata la loro fortuna: sono i chirurghi plastici più in voga a Miami, una città in cui, stando a quanto si vede nella serie, la gente è più piena di silicone e botox che di sangue.
Con i loro bisturi incidono la carne delle persone per donare loro un aspetto migliore, più giovane, ma in realtà fanno molto di più: scavano nella loro anima, donano loro un’illusione di bellezza e perfezione, suturano le loro debolezze e ne ricuciono l’identità.
Mai come in questi anni l’ossessione della bellezza e della giovinezza è stata tanto forte e soprattutto radicata in maniera capillare ad ogni livello della società occidentale. Complici i mezzi di comunicazione di massa che ci hanno abituato a un certo canone estetico, la tecnologia con cui si può ritoccare un’immagine per renderla priva di difetti e la chirurgia plastica resasi alla portata di, quasi, tutti, le persone ormai hanno la convinzione che acquistare il sogno della bellezza perfetta sia facile e normale. Ed ecco che rinoplastiche e mastoplastiche sono diventati tra i regali più in voga tra le ragazze che compiono diciotto anni.
Nip/Tuck racconta tutto questo dal punto di vista degli americani che hanno imposto al mondo intero il loro ideale di bellezza: fisico magrissimo, seno esagerato, labbra carnose, zigomi rialzati e nasi all’insù.

Dylan Walsh e Julian McMahon

Oltre ad essere due virtuosi del bisturi, Sean e Christian hanno una vita personale travagliata: il primo è infelicemente sposato con Julia (Joely Richardson) da cui ha avuto due figli e che gli rimprovera di aver distrutto le sue ambizioni di diventare chirurgo, il secondo ha avuto un’infanzia terribile, abbandonato dai genitori e violentato dal suo padre adottivo, ha il suo riscatto portandosi a letto tutte le donne di Miami. Tra un lifting e una liposuzione, i due incontrano gli individui più strani e spesso sinistri che si possano immaginare, a volte con conseguenze drammatiche. Ma a tutti doneranno un piccolo frammento di perfezione.
Nip/Tuck è una serie molto particolare, torbida, sexy, violenta, perversa, all’apparenza frivola ma in realtà molto intelligente: critica la società americana partendo dal suo ventre più opulento e vizioso, l’upper-class costituita dalle mogli dei magnati del tabacco, dalle modelle cocainomani, dai narcotrafficanti e dagli avvocati in carriera. Una serie che ci ha donato uno dei personaggi più affascinanti e complessi degli ultimi anni: l’irresistibile dottor Troy a cui nessuna donna può dire di no. Bello, intelligente, ossessionato dal sesso e all’apparenza senza morale, incarna l’ideale di uomo di successo, che con la sua lama da sedici si fa strada tra le miserie umane. Indimenticabile. L’esuberanza di Christian è bilanciata da Sean, la parte buona e onesta della coppia, un uomo di saldi principi, che farebbe di tutto per tenere unita la sua famiglia, ma decisamente meno intrigante del suo collega scapolo incallito. Durante le prime quattro stagioni abbiamo assistito a cose incredibili: criminali che hanno cambiato faccia, transessuali che hanno sedotto ragazzini, gemelle siamesi separate e killer psicopatici che sfregiavano ragazze.
Grande pregio di questa serie sta nell’affrontare temi scabrosi con un velo di umorismo nero, irresistibile e inquietante. L’unico difetto è che con il succedersi delle serie si è voluto strafare con la violenza e il sesso, cercando di stupire sempre più e scivolando a volte nel cattivo gusto. Nonostante questo merita di essere vista e analizzata strato per strato: ne uscirete spesso a pezzi.
In America stanno trasmettendo la quinta stagione, in cui i due chirurghi si trasferiscono a Los Angeles: si può già immaginare che siliconeranno tutta Hollywood.

Pubblicato su Meltin' Pot.

Il poster della quinta stagione


Buon Compleanno Johnny!

Tanti auguri a Johnny Depp che oggi compie 45 anni!

Johnny Depp

Sempre più bravo, sempre più affascinante, sempre più attore di culto!

Uno dei pochissimi attori che sa inventarsi una camminata diversa per ogni nuovo personaggio!

Uno che è più personaggio quando non recita!

Lui è Tim Burton sono la coppia più pazza del cinema e speriamo che continuino sempre così.

Auguri Johnny e continua sempre così!

Johnny Depp

Approfondimento cinema: Steven Spielberg

L’inventore di sogni


Steven Spielberg


I ragazzi nati negli anni ’80 sono cresciuti guardando alcuni dei film più avvincenti, leggendari e ormai di culto della storia del cinema: a cominciare dalla saga di Indiana Jones, passando per quella di “Ritorno al futuro”, fino a “E.T”, “I Gooneis”, “I Gremlins”, “Jurassic Park” e “Hook”. Ognuna di queste pellicole ha in comune con le altre una costante: sia che compaia nelle vesti di regista o produttore - e spesso di entrambi - il burattinaio dietro questi giocattoloni pieni di effetti speciali e avventura è lui, il Re Mida di Hollywood, sua maestà Steven Spielberg.
Spielberg è in assoluto una delle figure più influenti nella storia del cinema, uno che da semplice e volenteroso ragazzo di provincia è diventato l’uomo in grado di produrre i blockbuster più costosi, di creare dal nulla delle star e di avere l’ultima parola su ogni progetto di cui si occupa. Ha inventato, insieme all’amico di sempre George Lucas, un nuovo modo di fare cinema: effetti speciali spettacolari, piani sequenza mai visti prima fatti apposta per creare suspence, frenetici movimenti di macchina, un uso prepotente di effetti sonori e musica solenne.
Quando si parla di Spielberg non si può parlare di un semplice regista: lui è l’essenza stessa dello spettacolo, uno che – come dice egli stesso – “sogna per vivere”.


Steven Spielberg sul set di "Lo squalo"


Nato il 18 dicembre del 1946 a Cincinnati, in Ohio, da padre ingegnere informatico e madre musicista, il giovane Spielberg comincia fin dall’età di 12 anni a girare filmati e cortometraggi: con la sua super8 coltiva la passione per il cinema e decide fin da subito che nella vita vuole fare il regista. Si trasferisce allora in California e si iscrive alla California State University di Long Beach e intanto prova ad entrare alla prestigiosa USC Cinema School, ma è rifiutato per ben due volte.
Sempre più convinto del suo sogno, Spielberg lascia l’università e decide che il miglior modo per imparare a fare il regista non è sui libri, ma provando direttamente sul campo: riesce a farsi assumere come assistente al montaggio in vari set e presto riesce ad approdare alla regia, contribuendo a dirigere diversi film e alcune serie tv, tra cui l’episodio pilota del “Tenente Colombo”. Nel 1968 dirige il cortometraggio “Amblin’ ” – che successivamente diventerà il nome della sua casa di produzione - : la pellicola vince alcuni premi e Spielberg si guadagna la possibilità di dirigere il suo primo film “Duel”. A soli 24 anni il giovane Steven debutta alla regia cinematografica con un film dalla gestazione rimasta leggendaria: subentrato alla regia all’ultimo momento, in appena 22 giorni Spielberg gira il film che lo lancia a pieno diritto nello star system. La pellicola racconta di un duello psicologico e fisico tra l’automobilista David Mann (Dennis Weaver) e un mefistofelico camionista, che per tutto il film tenta di buttare fuori strada il protagonista, senza che lo spettatore possa mai vederlo in volto.
Il suo secondo progetto è “Sugarland Express”, del 1974, con Goldie Hawn; l’anno seguente è il vero momento di svolta: Spielberg dirige “Lo squalo”, un film che ha cambiato l’idea di suspence e ha creato il filone dei blockbuster estivi. Questo film segna anche l’inizio della lunga collaborazione tra il regista e John Williams, il compositore di colonne sonore divenuto oggi una leggenda.


Steven Spielberg sul set di "E. T."


Il film incassa cifre esorbitanti al botteghino e la giovane promessa è ormai un golden boy che può chiedere alle majors tutto quello che desidera. Il progetto successivo è “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, del 1977, in cui c’è uno dei temi più ricorrenti del regista: gli alieni e la vita nello spazio.
Nel cast c’è anche il grande Truffaut: quasi a simboleggiare il passaggio di testimone tra la vecchia generazione di registi e quella nuova grande squadra di artisti composta da Malick, Scorsese, Coppola, De Palma, Scott, Lucas e Spielberg che negli anni ’70 hanno completamente cambiato il modo di fare cinema.
Spielberg si afferma negli anni ’70, ma è negli anni ’80 che diventa veramente un’icona: nel 1981, insieme all’amico Lucas, dirige un film che entra nella storia del cinema: “I predatori dell’arca perduta” racconta le gesta Indiana Jones, un archeologo sbruffone e avventuriero, interpretato da Harrison Ford. A questo primo capitolo seguono altri due episodi nel 1984 e nel 1989: “Il tempio maledetto”, sul cui set Spielberg incontra l’attrice Kate Capshaw, che poco dopo diventa sua moglie, e “L’ultima crociata” in cui recita anche Sean Connery nel ruolo del padre di Indiana Jones: lui e Harrison Ford danno vita a una delle coppie più azzeccate e divertenti della storia del cinema.
Nel 1982 è la volta di un altro film entrato di prepotenza nell’immaginario collettivo: in “E.T. l’extraterrestre” Spielberg torna ad affrontare il tema degli alieni che tanto lo affascina, aggiungendoci altri aspetti che gli stanno a cuore come l’infanzia, la paura di crescere, il problema dell’altro e del diverso. Il film è un piccolo grande capolavoro, che piace a tutti, grandi, piccoli e critici cinematografici; in molti ci vedono una metafora di Gesù Cristo: E.T. ha il dono di guarire le persone, è buono e porta amore, muore e resuscita. Chiavi di lettura filosofiche a parte, E.T. è un film che cambia completamente le carte in tavola per quanto riguarda il genere fantascienza: l’alieno qui non è un mostro assetato di sangue pronto a uccidere gli uomini e invadere la terra, ma un essere buono che cerca affetto e amicizia, gettando un velo di speranza sul futuro.


La locandina di "Hook"



Nel 1983 prende parte al film a episodi “Ai confini della realtà” e nel 1985 dopo tanti alieni, effetti speciali e avventure arriva la svolta impegnata: Spielberg gira “Il colore viola”, con protagonista Whoopy Goldberg, qui per la prima volta sullo schermo, tratto dal romanzo autobiografico di Alice Walker, vincitore del premio Pulitzer, e prodotto da Quincy Jones che compone anche la colonna sonora. La pellicola ottiene 11 nominations agli Oscar ma nemmeno una statuetta, forse perché accusata di essere in certi momenti troppo strappalacrime per ingraziarsi il pubblico. Senza demoralizzarsi, Spielberg ci riprova con “L’impero del sole” del 1987: la storia di un ragazzino, Jim (l’allora tredicenne Christian Bale), che si trova nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale; il film stavolta convince la critica, perché più asciutto e meno ricattatore nei confronti dello spettatore. Nel 1989 è la volta di “Always – per sempre”, remake del film che il regista ha più amato da bambino (“Joe il Pilota”), in cui recupera uno dei suoi attori preferiti, Richard Dreyfuss, e dona alla mitica Audrey Hepburn il suo ultimo ruolo sullo schermo.
In questi anni comincia anche la carriera di produttore, finanziando successi come la trilogia di “Ritorno al futuro”, “I Goonies” e “I Gremlins”.

Stevan Spielberg con i dinosauri di "Jurassic Park" sulla copertina del Times


Gli anni ’90 si aprono con un film massacrato dalla critica, che però col tempo è diventato un piccolo cult per molti ragazzi che erano bambini nei primi anni ’90: “Hook – Capitan Uncino” con Robin Williams nei panni di un ormai cresciuto Peter Pan, che ha scordato le sue gesta di ragazzo volante per costruirsi una famiglia e diventare un avvocato e uno spettacolare Capitan Uncino, magistralmente interpretato dall’immenso Dustin Hoffman, che costringe Peter a tornare sull’Isola Che Non C’è. Nel cast c’è anche una giovane e bellissima Julia Roberts, nei panni della fatina Campanellino, che di lì a poco diventerà la fidanzatina d’America per tutto il decennio.
Nel 1993 è la volta di un altro enorme successo: Spielberg porta sullo schermo il romanzo di Michael Cricton “Jurrassic Park” e cambia per sempre il modo di fare e concepire gli effetti speciali: i bestioni del giurassico sono realizzati al computer e l’effetto è talmente realistico da lasciare senza fiato; spettacolare la sequenza con il brontosauro sulle note della musica di John Williams. A questo primo capitolo ne segue un secondo, nel 1997, “Il mondo perduto” dove il T-Rex sbarca a Manhattan e poi un terzo, nel 2001, di cui il regista è solo produttore.


Steven Spielberg sul set di "Schindler's list" con Liam Neeson


A questi megablockbuster, Spielberg alterna film più impegnati, primo tra tutti “Schindler’s list”, del 1993: la storia di un industriale, interpretato da Liam Neeson, che durante la Seconda Guerra Mondiale salvò degli ebrei dai campi di sterminio. La pellicola, girata in un bellissimo bianco e nero, affronta uno dei crimini più orribili della storia dell’umanità in maniera asciutta, senza momenti patetici e senza cercare di accattivarsi il pubblico a tutti i costi: ne esce fuori un film bello, dal potere emotivo enorme, in cui il pubblico si identifica e finalmente anche la critica apprezza. La pellicola vince ben sette premi Oscar tra cui Miglior Film e Miglior Regia: per il regista è la consacrazione definitiva.
Nel 1997 ancora un film impegnato: in “Amistad” questa volta il tema affrontato è quello della deportazione degli africani per essere venduti come schiavi in America. La magia di “Schindler’s List” però non si ripete e il film risulta troppo politically correct anche se formalmente impeccabile.


Leonardo DiCaprio, Steven Spielberg e Tom Hanks sul set di "Prova a prendermi"


Nel 1998 il regista affronta ancora il tema della Seconda Guerra Mondiale con “Salvate il soldato Ryan”, questa volta trattando lo sbarco delle truppe americane in Normandia. La scena iniziale dello sbarco è un capolavoro: abbandonata ogni forma di buonismo o sentimentalismo, il film è crudo e spietato, ci sono morti e pallottole ovunque, tanto che uno schizzo di sangue sporca la telecamera. Dopo però la pellicola si perde in un eccessivo patriottismo e in un modo di affrontare il tema della guerra che sembra a tratti quasi guerrafondaio (anni luce lontano da quel capolavoro che è “La sottile linea rossa” di Terrence Malick, uscito lo stesso anno), ma l’Academy apprezza e Spielberg vince la seconda statuetta come Miglior Regia. In questo film lavora per la prima volta con Tom Hanks, attore che diventa un suo punto di riferimento.


Steven Spielberg con l'Oscar per "Salvate il soldato Ryan" e la moglie Cate Kapshaw


Concluso alla grande il secolo, Spielberg si lancia nel nuovo millennio con un progetto ambizioso: dirige “A.I. – Intelligenza artificiale”, un film che il sommo Kubrick voleva realizzare ma non fece in tempo. La storia parla di David (Haley Joel Osment) un bambino-robot che, come un Pinocchio tecnologico, deve affrontare diverse peripezie. Il film è troppo lungo, troppo presuntuoso e sfocia nella melassa più stucchevole: il finale è terribile e il film non ha traccia del genio visionario di Kubrick. Nel 2002 dirige due film: ancora fantascienza con “Minority Report”, tratto dal libro di Philip K. Dick, e commedia con “Prova a prendermi”. In questi due film dirige i due Tom che sono i suoi attori di riferimento: Cruise per la prima volta e Hanks per la seconda, insieme a Di Caprio. Grandi incassi e consenso di pubblico ma il solito scetticismo della critica.
Nel 2004 lavora ancora con Tom Hanks in “The Terminal”, altra commedia in cui recita anche Cathrine Zeta Jones, una sorta di sua creatura, visto che proprio Spielberg l’ha resa una star scritturandola in “La maschera di Zorro” di cui è produttore.
Nel 2005 ancora alieni e ancora Tom Cruise con “La guerra dei mondi”: questa volta però i visitatori non sono simpatici e buffi come E.T., l’11 settembre si fa sentire e il regista sembra aver perso quella speranza nel futuro e la fiducia nel prossimo che pervade le sue opere anni ’80. Effetti speciali a non finire per un altro grande successo commerciale e l’ascesa di una baby star: Dakota Fanning, dal talento così spiccato da dare una lezione al ben meno espressivo Tom Cruise.


Tom Cruise e Steven Spielberg sul set di "La guerra dei mondi"


Sempre nel 2005 esce “Munich” con protagonista Eric Bana: il film parla dei servizi segreti israeliani ed è uno dei più cupi del regista, che divide la critica e il pubblico.
Nel 2007 produce “Transformers”, grande successo al botteghino, elevando al grado di star il giovane attore Shia LaBoeuf.
Sempre nel 2007 insieme a Lucas e Coppola, consegna l’Oscar per la Miglior Regia al collega Martin Scorsese.
Quest’anno Spielberg è tornato a lavorare con Lucas e Ford nel quarto capitolo di Indiana Jones, in “Il regno del teschio di cristallo”: accontentando milioni di fan, che aspettavano da 19 anni una nuova avventura dell’archeologo, il regista ha creato un film colossale e pieno di effetti speciali, forse non proprio fedele alla trilogia originale ma comunque una grande occasione per rivedere finalmente Harrison Ford nei panni dell’eroe più amato e simpatico.
Il regista sta lavorando attualmente a più progetti: alla produzione di “Transformers 2”, “Eagle eye” - entrambi con LaBoeuf come protagonista - e “Jurassic Park 4” e alla regia di “Lincoln”, un film sulla figura di Abramo Lincoln, interpretato da Tom Hanks, e di “Tintin”, tratto dalla celebre serie a fumetti.
In quarant’anni di carriera Spielberg ha creato un impero e oggi è la figura più influente nel mondo del cinema: i suoi sono i film che hanno incassato di più e pare che il suo patrimonio personale si aggiri intorno ai 3 bilioni di dollari!
Si è preso anche parecchie soddisfazioni: oltre ai due Oscar come Miglior Regista, nel 1993 ha preso finalmente la laurea in regia, presentando come lavoro finale “Schlinder’s list” (al momento della consegna del diploma l’orchestra ha suonato la musica di “Indiana Jones”!), è diventato un membro del consiglio della USC School of Cinema-Television, la stessa che lo aveva rifiutato per ben due volte, ha fondato la casa di produzione Dreamworks ed è l’unico regista ad avere ben 5 dei suoi film nella lista dei migliori 100 film dell’American Film Institute (“Incontri ravvicinati del terzo tipo” al 58esimo posto, “Il colore viola” al 51esimo, “Salvate il soldato Ryan” al decimo, “E.T.” al sesto e “Schlinder’s list” al terzo).


Shia LaBoeuf, Steven Spielberg, Ray Winstone, Karen Allen e Harrison Ford sul set di "Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo"


Sposato da anni con Kate Capshaw, il regista ha ben sette figli che spesso lo vanno a trovare quando gira: con la scusa di far divertire i suoi bambini, Spielberg sul set è egli stesso un bambino in un negozio di caramelle, si dice infatti che sul set di Jurassic Park non la smettesse più di giocare con i modellini dei dinosauri! Più volte è stato accusato di essere un semplice intrattenitore, un regista per famiglie che pensa solo al botteghino: in parte può anche essere vero, ma in pochi hanno il suo talento per le immagini e il montaggio e il suo uso dei piani sequenza può far scuola a chiunque.
Si dice anche che ogni volta che sta per girare un nuovo film guardi sempre le sue quattro pellicole di riferimento: “Lawrence d’Arabia”, “La vita è meravigliosa”, “I sette samurai” e “Sentieri selvaggi”. Recentemente ha dichiarato che i film di cui va più orgoglioso sono “E.T.” e “Schlinder’s list”.
Certo forse gli manca lo spessore dei grandi intellettuali, ma di fronte all’ironia di Indiana Jones, alla tenerezza di E.T. e alla magia delle sue storie chi può dire di rimanere distaccato?
Forse non sarà un genio come Kubrick, ma per quanto riguarda la spettacolarità e il divertimento non ha pari: i suoi film sono come una giostra piena di luci, basta salirci sopra senza pretese e il divertimento è assicurato.

Pubblicato su Meltin' Pot.
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